Matrimonio greco
I miei amici, Lakis e Doris, Lakis Proguidis è il direttore dell’Atelier du Roman, una delle più belle riviste letterarie europee, mi hanno scritto la seguente mail: Chers amis, à notre humble avis, la vérité concernant la situation en Grèce, ce qui se passe là, est dans cet appel de Mikis Théodorakis et pas dans la presse officielle. Amicales salutations. Lakis+Doris Io sposo la loro causa, così. effeffe
Un appello di Mikis Théodorakis (traduzione dal francese di Francesco Forlani)
Un complotto internazionale è in corso e mira a portare a termine la distruzione del mio paese. Gli assalitori hanno incominciato nel 1975 con, come bersaglio, la cultura greca moderna, poi hanno perseguito la decomposizione della storia recente e della nostra identità nazionale e oggi tentano di sterminarci fisicamente con la disoccupazione, la fame e la miseria.
Se il popolo greco non si ribella per fermarli, il rischio di scomparsa della Grecia è veramente reale. Lo vedo arrivare nei prossimi 10 anni. Il solo elemento che sopravvivrà del nostro paese sarà la memoria della nostra civiltà e delle nostre lotte per la libertà.
Fino al 2009 la situazione economica della Grecia non aveva nulla di gravissimo. Le grandi piaghe della nostra economia erano le spese senza moderazione per l’acquisto di materiali di guerra e la corruzione di una parte del mondo politico, finanziario e mediatico. Ma una parte di responsabilità appartiene anche agli stati stranieri tra cui la Germania, la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti che guadagnavano miliardi di euro ai danni della nostra ricchezza nazionale con la vendita annuale di materiale di guerra.
Questo sanguinamento costante ci ha schiacciati e non ci permetteva più di andare avanti, mentre costituiva la fonte di ricchezza di altri paesi. Si può dire la stessa cosa per il problema della corruzione. Per esempio la società tedesca Siemens aveva una branchia speciale per corrompere dei greci per meglio piazzare i propri prodotti sul mercato greco. Così il popolo greco è stato vittima di questo duo di predatori, tedeschi e greci, che si arricchivano a spese della Grecia. E’ evidente che queste due grandi piaghe avrebbero potuto essere evitate se i dirigenti dei due partiti politici pro americani non fossero stati infiltrati dalla corruzione. Questa ricchezza, prodotto del lavoro del popolo greco era così dirottato verso le casseforti dei paesi stranieri.
I politici hanno tentato di compensare questa fuga di denaro facendo ricorso a dei prestiti eccessivi che risultavano in un debito pubblico di 300 miliardi di euro, ovvero 130% del PIL. Con questa truffa, gli stranieri guadagnavano il doppio. Da un lato, attraverso la vendita di armi e dei loro prodotti e dall’altro, attraverso gli interessi sul denaro prestato al Governo, e non al popolo. Come abbiamo visto, il popolo greco era la principale vittima nei 2 casi. Un solo esempio basterà per convincervi. Nel 1986, Andreas Papandreou ha ottenuto un prestito di un miliardo di dollari da una banca di un grande paese europeo. Gli interessi di questo prestito sono stati rimborsati solamente nel 2010 e si elevavano a 54 miliardi di euro.
L’anno scorso, M. Juncker ha dichiarato di avere notato lui stesso la massiccia emorragia finanziaria dovuta a spese eccessive (e forzate) per l’acquisto di materiali bellici– dalla Germania e dalla Francia in particolare – ed ha concluso che questi venditori ci portavano ad un disastro certo. Purtroppo ha confessato che non aveva fatto nulla per opporsi a questo, per non nuocere agli interessi dei paesi amici. Nel 2008, la grande crisi economica è arrivata in Europa. L’economia greca non è stata risparmiata. Eppure, il livello di vita che era fin lì assai alto (la Grecia era classificata tra i primi 30 paesi più ricchi del mondo) è rimasto praticamente immutato nonostante l’aumento del debito pubblico. Il debito pubblico non si traduce necessariamente attraverso una crisi economica. Il debito di grandi paesi come Stati Uniti e Germania sono stimati in migliaia di miliardi di euro. I fattori determinanti sono la crescita economica e la produzione. Se questi due fattori sono positivi, è possibile ottenere dei prestiti presso le grandi banche ad un tasso di interesse inferiore al 5%, finché la crisi non sia passata. Nel 2009 (a novembre) al momento dell’arrivo di G. Papandreou al potere, eravamo esattamente in questa posizione. Per far capire perché il popolo greco pensa oggi della sua politica disastrosa, mi basti citare 2 cifre: alle elezioni del 2009 PASOK – il partito politico di G. Papandreou – ha ottenuto il 44% dei voti. Oggi i sondaggi gliene danno soltanto il 6%.
M. Papandreou avrebbe potuto far fronte alla crisi economica (che rifletteva quella dell’Europa) con prestiti di banche straniere al tasso abituale ovvero inferiore al 5%.
Se lo avesse fatto, il nostro paese non avrebbe avuto problemi. Siccome eravamo in una fase di crescita economica il nostro livello di vita sarebbe migliorato.
Ma M. Papandreou aveva già cominciato la sua cospirazione contro il popolo greco nell’estate del 2009, quando ha incontrato in segreto M. Strauss-Kahn, con lo scopo di far passare la Grecia sotto tutela del F.M.I.. Questa rivelazione è stata divulgata dal vecchio presidente del F.M.I..
Per riuscirci, la situazione economica del nostro paese doveva essere deformata affinché le banche straniere avessero paura ed aumentassero i tassi di interessi del prestito a cifre proibitive. Questa operazione onerosa è cominciata con l’aumento artificiale del deficit pubblico dal 12% al 15% per l’anno 2009. (nota del traduttore francese: M. Andreas Georgiou, presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Nazionale di Statistica, ELSTAT, ha improvvisamente deciso nel 2009 senza chiedere l’accordo né tanto meno informare il proprio Consiglio di Amministrazione, di contabilizzare nel calcolo del deficit pubblico certi organismi ed imprese pubbliche che non lo erano mai state prima in nessun altro paese europeo con eccezione della Norvegia. L’obiettivo era di far passare il deficit della Grecia al di sopra di quello dell’Irlanda – 14%- affinché fosse la Grecia ad interpretare il ruolo di anello debole dell’Europa.)
Per questo forfait il procuratore Peponis ha aperto un procedimento nei confronti di M. Papandreou e M. Papakostantinou, 20 giorni fa.
M. Papandreou e il ministro delle Finanze hanno fatto una campagna di discredito per 5 mesi, nel corso della quale hanno tentato di persuadere gli stranieri che la Grecia, come il Titanic sta affondando, che i greci sono corrotti, fannulloni e dunque incapaci di far fronte ai bisogni del paese. Dopo ognuna di queste dichiarazioni, i tassi di interesse salivano affinché la Grecia non potesse più fare prestiti e con lo scopo di dare un carattere di salvataggio alla nostra adesione alla F.M.I. ed alla Banca Europea. In realtà era l’inizio della nostra fine.
Nel maggio del 2010, un ministro, quello delle Finanze, ha firmato il famoso Memorandum (Mnimoniumo, in greco) ovvero la nostra sottomissione ai nostri creditori. Secondo il diritto greco l’adozione di un tale accordo necessita di essere messa ai voti ed approvata da 3/5 dei deputati. Dunque, il Memorandum e la Trojka che ci governa, funzionano illegalmente –non soltanto rispetto al diritto greco ma anche a quello europeo.
Da allora, supponendo che il nostro percorso verso la morte sia rappresentato da una scala di 20 gradini possiamo dire di averne percorso più della metà. Immaginate che il memorandum accorda agli stranieri la nostra indipendenza nazionale ed il tesoro pubblico, ovvero: i nostri porti, aeroporti, il rete stradale, l’elettricità, l’acqua, tutta la ricchezza naturale (sotterranea e sottomarina) ecc..
Persino i nostri monumenti storici, come l’Acropoli, Delfi, Olimpia, Epidauro, ecc. dopo aver rinunciato a tutti i nostri diritti.
La produzione è stata frenata, il tasso di disoccupazione è balzato al 18%, 80.000 negozi hanno chiusi, così come migliaia di fabbriche e centinaia di aziende artigianali. Un totale di 432.000 imprese hanno depositato il bilancio.
Decine di migliaia di giovani ricercatori lasciano il nostro paese che affonda sempre di più nelle tenebre del medioevo.
Migliaia di persone che erano benestanti fino a poco tempo fa, sono adesso alla ricerca di cibo nei cassonetti e dormono sui marciapiedi.
Intanto, si suppone che noi si viva grazie alla generosità dei nostri prestatori di soldi, le banche europee e l’F.M.I.. Di fatto, l’integralità del pacchetto di decine di migliaia di euro versati per la Grecia ritorna al mittente mentre noi siamo sempre più indebitati a causa di interessi insostenibili. E poiché è necessario far funzionare lo Stato, gli ospedali e le scuole, la Trojka carica la classe media ed inferiore della nostra società con tasse esorbitanti che portano direttamente alla fame. L’ultima volta che abbiamo vissuto una situazione di fame generalizzata nel nostro paese era all’inizio dell’occupazione tedesca nel 1941 con più di 300.000 morti in sei mesi soltanto. Ai nostri giorni lo spettro della fame ritorna nel nostro paese infortunato e calunniato.
Se pensate che l’occupazione tedesca c’è costata un milione di morti e la distruzione completa del nostro paese come possiamo accettare, noi greci, le minacce di Mme Merkel e l’intenzione dei tedeschi di imporci un nuovo Gauleiter che però questa volta indosserebbe una cravatta.
Il periodo di occupazione tedesca del 1941 fino all’ottobre del 1944, prova fino a che punto la Grecia sia un paese ricco, e a che punto i greci siano lavoratori e coscienti (coscienza del dovere della libertà e dell’amore per la patria).
Quando le S.S. e la fame uccidevano un milione di persone e la Wehrmacht distruggeva il nostro paese, confiscava tutta la nostra produzione agricola e l’oro delle nostre banche, i greci hanno potuto sopravvivere grazie alla creazione del Movimento di Solidarietà Nazionale e di un esercito di partigiani che contava centomila soldati –costringendo i tedeschi a mantenere 20 divisioni nel nostro paese.
Allo stesso tempo non soltanto i greci erano sopravvissuti grazie alla loro applicazione al lavoro, ma ha avuto luogo in condizioni di occupazione un grandissimo sviluppo dell’arte greca moderna più particolarmente nel campo della letteratura e della musica.
La Grecia ha scelto la via del sacrificio per la libertà e per la sopravvivenza contemporaneamente.
Siamo stati attaccati, abbiamo risposto con solidarietà e resistenza e siamo sopravvissuti. Facciamo ora esattamente la stessa cosa, con la certezza che il popolo greco sarà alla fine vincitore. Questo messaggio è rivolto a Mme Merkel e Mr. Schauble, sottolineando che rimango un amico del popolo tedesco ed un ammiratore del suo grande contributo alla scienza alla filosofia, all’arte ed in particolare alla musica. La migliore prova di questo è nel fatto che abbia affidato l’integralità della mia opera musicale a due editori tedeschi, Schott, e Breitkopf, che sono tra i più grandi editori al mondo e con cui la mia collaborazione è di grande amicizia.
Minacciano di espellerci dall’Europa. Se ci fosse almeno un motivo per fare a meno di noi, ne abbiamo almeno 10 noi per fare a meno di loro, dell’Europa di Merkel-Sarkozy.
Oggi, domenica 12 febbraio io e Manolis Glezos –l’eroe che ha strappato la svastica dall’Acropoli, dando così il segnale d’inizio, non solo della resistenza greca, ma di quella europea contro Hitler- ci prepariamo a partecipare ad una manifestazione ad Atene. Le nostre strade e piazze saranno riempite da centinaia di migliaia di persone che manifesteranno la loro rabbia contro il governo e la Trojka.
Ho sentito ieri il Primo Ministro banchiere dire, rivolgendosi al popolo greco, che abbiamo quasi toccato il fondo. Ma chi ci ha portato a questo punto in due anni? Sono gli stessi che invece di essere in prigione minacciano i deputati perché votino per il nuovo Memorandum, peggiore del primo, e che sarà applicato dalle stesse persone che ci hanno portato lì dove siamo. Perché? Perché quello che l’F.M.I. e l’Eurogroup ci costringono a fare dicendoci minacciosi, che se non obbediamo sarà fallimento.
Qui siamo al teatro dell’assurdo. I circoli che ci odiano (greci e stranieri) e che sono i soli responsabili della situazione drammatica del nostro paese ci minacciano e ci ricattano, per poter perseguire la loro opera distruttrice fino alla nostra estinzione definitiva.
Nel corso dei secoli siamo sopravvissuti in condizioni difficilissime. E’ certo che i greci non soltanto sopravvivranno ma potranno rivivere se ci portano con forza al penultimo gradino della scala prima della morte.
In questo momento consacro tutte le mie forze all’unità del popolo greco. Tento di convincerlo che la Trojka e l’F.M.I. non sono una strada a senso unico, che c’è un’altra soluzione: cambiare l’orientamento della nostra nazione.
Orientarsi verso la Russia per una cooperazione economica e la formazione di partnariati che ci aiuteranno a mettere in valore la ricchezza del nostro paese in termini favorevoli al nostro interesse nazionale.
Propongo di non acquistare più materiale bellico dai tedeschi e dai francesi. Faremo di tutto perché la Germania ci risarcisca i danni di guerra. Sanzioni che corrispondono con gli interessi a 500 miliardi di euro. La sola forza capace di fare questi cambiamenti rivoluzionari è il popolo greco unito in un Fronte di Resistenza e Solidarietà, perché la Trojka (F.M.I. e banche europee) sia cacciata dal paese. Parallelamente, bisogna considerare come nulli tutti gli atti illegali (prestiti, debiti, interessi, imposte, acquisti della ricchezza pubblica). Certamente i loro partner greci –che sono già stati condannati nell’animo del nostro popolo come traditori- devono essere puniti. Sono totalmente concentrato su questo scopo (unione del popolo in un solo fronte) e sono persuaso che lo raggiungeremo.
Mi sono battuto armi in pugno contro l’occupazione hitleriana. Ho visto i covi della Gestapo. Sono stato condannato a morte dai tedeschi e sono sopravvissuto per miracolo. Nel 1967 ho fondato il PAM (Patriotiko Metopo -Fronte Patriottico), la prima organizzazione di resistenza contro la giunta militare. Mi sono battuto nella clandestinità. Sono stato arrestato e imprigionato nel mattatoio della polizia della giunta ed alla fine sono ancora sopravvissuto.
Oggi, ho 87 anni, è molto probabile che non sarò vivo il giorno del salvataggio della mia tanto amata patria. Ma morirò con la coscienza tranquilla perché avrò continuato fino alla fine a fare il mio dovere verso gli ideali della libertà e del diritto.
Atene, 12 febbraio 2012
Giorno lucente, conchiglia della voce che mi plasmò
Nudo, per camminare nelle mie domeniche quotidiane
Tra i benvenuto delle spiagge
Soffia nel vento mai prima conosciuto
Stendi un’aiuola di tenerezza
Perché il sole vi rotoli la testa
E i papaveri accenda con le labbra
I papaveri che uomini fieri coglieranno
Perché non resti altro segno sui loro petti nudi
Che il loro sangue sprezza-pericoli che cancellò il dolore
Giungendo fino al ricordo della libertà.
Dissi l’amore, la salute della rosa, il raggio
Che solo e dritto riesce a trovare il cuore
La Grecia che con passo sicuro entra nel mare
La Grecia che sempre mi reca in viaggio
Su monti nudi gloriosi di neve.
Porgo la mano alla giustizia
Diafana fonte, sorgente della vetta
Profondo e immutabile è il mio cielo
Ciò ch’io amo nasce incessantemente
Ciò ch’io amo è sempre al suo principio.
Odisseas Elitis
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne’ nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; piu’ profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.
Kostantin Kavafis
Traduzione di Nelo Risi e Margherita Dalmati
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Ghiorgos Seferis (1900-1971)
La nostra terra è chiusa, tutta monti,
notte e giorno per tetto cieli bassi.
Non abbiamo né fiumi, né pozzi, né sorgenti:
solo poche cisterne, anch’esse vuote
e rimbombanti, che noi veneriamo.
Vano rimbombo, pari al nostro amore,
pari al nostro deserto, ai nostri corpi.
Così strano ci pare d’aver potuto un tempo
erigere le case, le capanne, gli stazzi.
Le nostre nozze, le fresche ghirlande, le dita…
Enimmi inestricati al nostro cuore.
Come son nati, come cresciuti i nostri figli?
La nostra terra è chiusa. Chiusa
dalle nere di Simplégadi. Quando
scendiamo le domeniche, nei porti, a respirare,
vediamo rischiararsi nel crepuscolo
legni rotti da viaggi interminati,
corpi che più non sanno come amare.
Odisseas Elitis
Di Efeso
Libere al mio fianco corrono le vigne e sbrigliato
Rimane il cielo. Incendi si cambiano le pigne e un
Asino fuggito risale l’erta
________________________ per un po’ di nuvole
Deve accadere qualcosa la festa di Sant’Eraclìto
Che seppure l’olfatto riconosce
Sono gli imbrogli del vento scalzo che si aggrappa all’orlo
Della camicia da notte della sorte e sta per lasciarci esposti
_____ sullo spiazzo delle capre
Me ne vado di soppiatto con tutta la refurtiva in mente
Per una vita senza genuflessioni. Senza ceri senza lampadari.
Con una vera d’anemone d’oro soltanto al posto del
_______ diamante
Dove se ne va a tentoni? E che cosa cerca? La metà ombra
_____ della nostra luna
E’ assolutamente necessario tranquillizzare perfino le tombe
Se di connazionali o no è irrilevante. L’universo è
L’odore della terra smarrito anche dai segugi, con eriche
_______ aceri e cipolle,
Sia ristabilito nella lingua peculiare
E che? Una parola basta a contenerti, contadino del verde e
______ della notte
Efesto! Quattordicesima generazione del nonno e dello zio e
______ del fosforo
Nei giardini dorati dell’arancio e nelle parole contigue allo
____ scalpello
Prima che si distendano le tende e altre meteore di poli
_____ perduti
Improvviso rumore di ruote. Proclami del mare dai golfi
_______ prospicienti
Doppie falci del pavimento per il tempio o per il teatro
Acque di prato verdi e altre dell’infatti e del dunque
Che scorrono increspate. Se mai disegnasse cerchi di trifoglio
_______ e gramigna
La sapienza, diventerebbe altro, come prima
L’impronta della punta del tuo dito
Ci saranno sempre lettere. Gli uomini continueranno a
______ leggere e ad afferrare ancora
La storia per la coda. Purché le vigne galoppino e sia
______ sbrigliato
Il cielo come lo vogliono i bambini
Con galli e aquiloni azzurri bandiere
La festa di Sant’Eraclìto
______________________ Il regno di un bimbo
(tradotta da N. Crocetti, è bene ricordare anche il traduttore.)
Amo questa Grecia al di sopra di tutto. Essa porta il color del mio cuore. Ovunque si guardi, giace sepolta una gioia.
(Friedrich Hölderlin)
Grazie mille a Francesco Forlani per la traduzione di questo appello di Théodorakis…più vedo quel che sta succedendo nella Grecia più ricordo la poesia di Kavafis “I barbari”…
credo che, essendo anziano e non vedendo le cose come realmente stanno, Théodorakis sbagli: il popolo greco attuale non è il popolo dell’occupazione tedesca. È un popolo infiacchito da decenni di benessere economico; i giovani greci, come quelli italiani, sono figli del “disastro antropologico” profetizzato da Pasolini, e obbediscono ad un unico imperativo categorico: GODITELA. Come pretendere da questi sacrificio, lungimiranza o, addirittura (e in maniera un po’ retorica), amor di patria. Essi non sono neanche in grado di amor proprio.
Effettivamente la lettera di Théodorakis è toccante e commovente ma contiene parecchie inesattezze che, in questo contesto, possono essere dannose.
La Grecia del dopoguerra non ha saputo modernizzarsi, si è trasformata in un luogo dove facile welfare e disorganizzazione hanno lasciato ampio spazio alla corruzione (se non ci fossero i corruttibili i corruttori avrebbero gioco più difficile). L’eccesso di assistenzialismo ha smorzato la libera iniziativa. La Gracia di fine ‘900 non ha brillato per innovazione, ricerca, iniziativa lasciandosi cullare da un trend di benessere globalizzato. Non vi sono dubbi che in questo clima personaggi con pochi scupoli e interessi internazionali abbiano attecchito approfittando e dilangando ma deresponsabilizzare il popolo greco fino a farne una vittima sacrificale mi sembra poco credibile e soprattutto inutile.
Francesco, magari potresti segnalare l’articolo originale alla redazione di “Internazionale”.
« μὴ μὰν ἀσπουδί γε καὶ ἀκλειῶς ἀπολοίμην,
ἀλλὰ μέγα ῥέξας τι καὶ ἐσσομένοισι πυθέσθαι. »
« Ma non fia per questo
che da codardo io cada: periremo,
ma glorïosi, e alle future genti
qualche bel fatto porterà il mio nome. »
(Ettore, prima dell’ultimo duello contro Achille; Iliade, XXII, 304-305. Traduzione di Vincenzo Monti)
Konstandinos P. Kavafis
Termopile
(1903, trad. Filippo Maria Pontani)
Onore a quanti nella loro vita
decisero difese di Termopile.
Mai dal loro dovere essi recedono;
in ogni azione equilibrati e giusti,
con dolore, peraltro, e compassione;
se ricchi, generosi; anche nel poco
generosi, se poveri; solerti
a soccorrere gli altri più che possono.
Capaci solo della verità,
senza neppure odiare i mentitori.
E di più grande onore sono degni
se prevedono (e molti lo prevedono)
che spunterà da ultimo un Efialte
e i Persiani, alla fine, passeranno.
Demostene, Prima Filippica
(Contro i virtuosi conquistatori macedoni d’Europa, ad Atene che si risolleva)
1 Se l’argomento all’ordine del giorno fosse nuovo, o Ateniesi, avrei atteso finché la maggior parte degli oratori abituali avessero espresso il loro parere, e se qualcuna delle loro proposte avesse avuto la mia approvazione, avrei evitato di intervenire; in caso contrario, a quel punto avrei cercato di esporre anch’io il mio parere. Poiché però anche ora accade di discutere su questioni riguardo alle quali costoro hanno già parlato spesso in precedenza, ritengo di avere diritto alla vostra comprensione anche se mi sono alzato a parlare per primo. Se infatti in passato costoro avessero dato i consigli necessari, ora voi non vi trovereste affatto nella necessità di deliberare.
2 Dunque prima di tutto, o Ateniesi, non bisogna scoraggiarsi per la situazione attuale, anche se all’apparenza è del tutto sfavorevole. Perché proprio quello che in passato è stato il suo aspetto più negativo, è quello che risulta il più positivo per l’avvenire. Di che si tratta? Del fatto che le cose vanno male perché voi, o Ateniesi, non fate nulla di ciò che è necessario; perché, se tale fosse la situazione pur compiendo voi tutto il vostro dovere, non si potrebbe nemmeno sperare in un miglioramento.
3 E poi dovete riflettere – sia chi lo sa per sentito dire sia chi ha potuto averne conoscenza diretta e se ne ricorda – di fronte a quale apparato bellico degli Spartani, or non è molto, voi avete saputo comportarvi in modo splendido, come a voi si addice, senza fare nulla che non fosse degno della città, sostenendo la guerra contro di loro per i vostri diritti. Perché dico queste cose? Perché sappiate, o Ateniesi, e osserviate che nulla è temibile per voi se tenete la situazione sotto controllo, mentre se non ve ne date pensiero nulla può risultare conforme alle vostre aspettative: prendete come esempio la potenza di cui disponevano allora gli Spartani, della quale, pure, voi aveste ragione grazie al vostro impegno, e le attuali sopraffazioni di costui, che ci sconvolgono perché non ci interessiamo di nulla di ciò a cui dovremmo badare.
4 Se poi qualcuno di voi, o Ateniesi, ritiene che sia arduo combattere contro Filippo considerando l’entità numerica delle forze di cui dispone e il fatto che la nostra città ha perduto tutte le sue piazzeforti, ha ragione; tenga però conto di questo, che un tempo noi, o Ateniesi, avevamo il possesso di Pidna, di Potidea, di Metone e di tutto il territorio circostante, e che molti dei popoli che ora stanno dalla sua parte erano autonomi, liberi e preferivano avere buoni rapporti con noi piuttosto che con lui.
5 Se dunque allora Filippo avesse avuto questa convinzione, che era difficile combattere senza alleati contro gli Ateniesi, che potevano contare su fortezze così poderose per controllare il suo territorio, nulla avrebbe fatto di quello che ora ha potuto realizzare, né avrebbe acquisito una potenza così grande. Ma di una cosa egli era ben consapevole, o Ateniesi, che tutti questi luoghi strategici sono premi di guerra a disposizione di chiunque, e che per diritto naturale appartengono ai presenti i beni degli assenti e a chi è disposto ad affrontare fatiche e pericoli quelli di coloro che non se ne curano.
6 Ed è proprio grazie a questa convinzione che ha potuto realizzare tutte le sue conquiste e ora le tiene in pugno, in parte come preda di guerra, in parte dopo aver stretto patti di alleanza e di amicizia; chiunque, infatti, è disposto ad allearsi e a schierarsi con chi vede preparato e determinato a fare ciò che conviene.
7 Se dunque anche voi, o Ateniesi, vorrete venire in tale ordine di idee, almeno ora, dato che non l’avete fatto in passato, e ognuno di voi lascerà da parte ogni pretesto e sarà pronto ad agire là dove il dovere glielo impone e potrebbe rendersi utile alla città, chi è ricco a versare tributi, chi ha l’età giusta ad arruolarsi; insomma, per dirla in breve, se vorrete essere padroni di voi stessi e se ciascuno di voi smetterà di sperare di poter rimanere inerte perché sarà sempre il suo vicino ad agire per lui, allora rientrerete in possesso di ciò che era vostro, se dio vuole, recupererete ciò che avete perduto per la vostra indolenza e lo punirete.
8 Non dovete pensare, infatti, che la situazione presente sia per lui consolidata e destinata a rimanere immutabile per l’eternità, come se fosse un dio: c’è qualcuno che lo odia e lo teme, o Ateniesi, e lo invidia, anche tra le file di coloro che ora danno a vedere di essergli molto amici; e si deve pensare che da tutto quanto si verifica anche tra gli altri uomini non vadano esenti neppure quelli che stanno con lui. Certo, ora tutti questi stati d’animo rimangono celati, perché non trovano uno sfogo a causa della vostra lentezza e della vostra inerzia; che è proprio l’atteggiamento che io affermo che bisogna ormai abbandonare.
9 Vedete infatti, o Ateniesi, a che punto di impudenza è giunto costui: non vi lascia neppure scegliere se agire o restare in pace, ma minaccia e pronunzia, a quanto dicono, parole arroganti, e non è capace di accontentarsi di quello che ha già conquistato, ma sempre si circonda di nuove conquiste e ci accerchia da ogni parte mentre noi indugiamo e rimaniamo inerti.
[…] grazie a Francesco Forlani che ha tradotto e che fa circolare su Nazione indiana, questo appello di Mikis Théodorakis […]
grazie francesco della tua bella traduzione di uno appello molto importante.
Mi ha colpito molto questo passaggio:
“Ma M. Papandreou aveva già cominciato la sua cospirazione contro il popolo greco nell’estate del 2009, quando ha incontrato in segreto M. Strauss-Kahn, con lo scopo di far passare la Grecia sotto tutela del F.M.I.. Questa rivelazione è stata divulgata dal vecchio presidente del F.M.I..”
Quel maiale cosmico (che fa il paio con il nostro ex presidente) di strauss-kahn!
“Ìlieme, na mi pai, mino na di
posson en’òria tuti pu agapò.
Ìlie, pu olo to cosmo ‘su pratì,
pemmu: secundu tui ide tinò?”
Sole, non andare, fermati a guardare
quanto è bella colei che amo.
Sole, tu che giri tutto il mondo,
dimmi: – Hai visto mai nessuna come questa?
(Traduzione di Brizio Montinaro in “Canti di pianto e d’amore dall’antico Salento”, Bompiani).
Anche nel Salento si parla greco e questi versi sono nati in Terra d’Otranto. Ma per la Grecia (e per una certa idea d’Europa) dobbiamo fare anche altro che non soltanto ricordarne la cultura di cui siamo orgogliosi figli – magari tenendo viva la tensione morale e civile che l’anno scorso, in Italia, si è manifestata, per esempio, durante la campagna referendaria e grazie al movimento “se non ora, quando?”
La città
Kostantinos Petrou Kavafis
Hai detto: “Per altre terre andrò, per altro mare.
Altra città, più amabile di questa, dove
ogni mio sforzo è votato al fallimento,
dove il mio cuore come un morto sta sepolto,
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Dei lunghi anni, se mi guardo attorno,
della mia vita consumata qui, non vedo
che nere macerie e solitudine e rovina”.
Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
La città ti verrà dietro. Andrai vagando
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
non c’è nave non c’è strada per te.
Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
tu l’hai sciupata su tutta la terra.
Per i miei amici greci, tutti.
francesco per curiosità dove è apparsa la versione greca?
geo
da « Uomini per i diritti dell’uomo » di Giovanni Coutsocheras
Non ascoltate 1’S.O.S. degli uomini?
Non sentite il messaggio di Prometeo incatenato?
il logorio del nostro pianeta tormentato
per gli infelici diritti degli uomini?
Come!
Non ascoltate il grido dell’uomo?
Parole vuote.
Dialogo contro dialogo fra sordi.
Le labbra umane restano mute.
Prometeo incatenato l’uomo!
E i potenti della terra,
autori e complici,
hanno assassinato i diritti degli uomini.
Uomini così autorevoli,
non ascoltate il grido dei giovani
che sovrappopolano la terra?
La protesta della gioventù?
A fianco a fianco, a fitte schiere,
a viso aperto,
la gioventù di Praga
si lancia sui tanks implacabili
gridando il NO della Resistenza.
E il centro delle ricerche spaziali
discute il rebus omnibus.
La luna piange il suo destino,
piange gli atti e i diritti dell’uomo.
E la pioggia cade tristemente.
Rerum lacrimae.
Si ode il Requiem di Mozart!
Pietra dopo pietra si posava sulla malta,
una sopra, una di fianco.
E quando cessò la lira d’Anfione,
le mura di Tebe s’erano costruite da sole.
D’allora, son passati secoli,
come gocce di pioggia,
come ruscelli,
come torrenti,
come fiumi,
E le mura di Tebe,
e le lunghe mura di Pericle
e le fortezze
sono in parte crollate.
Le mura di oggi sono tutt’altro,
nell’aria
nel mare
sul la terra.
Mura del terrore
visibili e invisibili.
Mura acustiche.
Mura senza equilibrio.
Socrate proclamava:
Io non sono nè Ateniese
nè Greco.
E Gesù
non voleva essere chiamato « figlio di Dio
ma « figlio dell’uomo »».
Tutti due,
Socrate e Gesù
si sacrificarono per l’uomo terreno,
Uomini per i Diritti dell’Uomo.
Mikis Theodorakis ha scritto la sua
AN OPEN LETTER TO INTERNATIONAL PUBLIC OPINION THE TRUTH ABOUT GREECE
anche direttamente in inglese sul suo blog il 16-2-2012 qui
http://spithakentroathinas.blogspot.com/2012/02/mikis-theodorakis-open-letter-to.html
Grazie per questa divulgazione e traduzione Francesco. Temo che Thèodorakis abbia proprio ragione..qui non si tratta di cospirazionismo..è che sono sempre i poteri forti (che guarda caso sono le banche centrali e il Fondo Monetario) a decidere e comandare…
monica
di C. Kavafis
LE FINESTRE
In queste tenebrose camere, dove vivo
giorni grevi, di qua di là m’aggiro
per trovare finestre (sarà
scampo se una finestra s’apre). Ma
finestre non si trovano, o non so
trovarle. Meglio non trovarle forse.
Forse sarà la luce altra tortura.
Chi sa che cose nuove mostrerà.
orsola avevo visto l’appello scritto in inglese direttamente da theodorakis, ma pensi che sia la versione originale, nel senso che non ne esiste prima una greca?
Lo chiedo perchè gira da un po’ di tempo una traduzione schifosa in italiano dove addirittura sono storpiati persino i nomi, ad esempio Stros Chan al posto di Strauss-Kahn, unica giustificazione sarebbe che fosse prodotta direttamente dal traduttore dal greco italiano.
A maggior ragione ancora grazie a francesco forlani
Non mi impelagherei in ipotesi, ma entrambe le versioni: la francese tradotta dal greco e l’inglese che pare scritta direttamente da Theodorakis, o almeno da lui approvata, sono su siti ufficiali di Theodorakis, e pure la versione italiana che da una settimana gira anche qui, nella sostanza non dicono cose diverse.
A sensazione la traduzione francese mi pare leggermente più enfatica e retorica dell’inglese, e meno precisa rispetto ai termini usati.
Le parole per dire le cose cambiano le cose alla fine.
Basta confrontare la seconda frase del primo capoverso
Laddove c’è come soggetto un impersonale They si mette come soggetto i concreti Les assaillants, gli assalitori, o quando al posto di distortion si mette décomposition oppure exterminer physiquement per eliminate us biologically si danno valenze diverse ai concetti.
L’appello vale per la forza emotiva che scatena, anche con il parallelo, quasi naturale in persone di quell’età, con l’invasione nazista e con la Resistenza.
Poi quanto l’analisi politica ed economica sia valida è tutto da vedere.
Certo tradurre forzando ancora di più anche nei termini, e soprattutto della frase iniziale, il fatto che sia si sia arrivati a questo punto solo a causa di assalitori esterni, invasori stranieri, non aiuta la comprensione e soprattutto la risoluzione della crisi.
,\\’
grazie analisi interessantissima (come sempre).
Naturalmente sarebbe molto interessante vedere la versione greca, theodorakis stesso potrebbe aver scritto nella propria lingua una versione più enfatica.
georgia
carissime ho scritto ai miei amici dell’Atelier per sapere se esiste una versione greca
riprendendo le considerazioni di orsola, visto che le due versioni sono sul sito ufficiale di theodorakis e che il “maestro” conosce perfettamente queste lingue credo che le differenze, sicuramente non da poco mostrate da orsola nelle due versioni, siano state “accettate”. appena ho notizie vi dirò
effeffe
pare di no [per fortuna]
la versione greca é questa su molti siti:
http://www.defencenet.gr/defence/index.php?option=com_content&task=view&id=34364&Itemid=131
traducendo al volo, senza voler porre in campo reminescenze scolastiche, il secondo capoverso, preso sopra in esame, con un semplice strumento di traduzione online, risulta così:
UNA CITAZIONE: “Decine di migliaia di giovani ricercatori lasciano il nostro paese che affonda sempre di più nelle tenebre del medioevo”.
***
RIFRASARE in modo giusto: I giovani in cerca delle tenebre lasciano il paese, ostruiscono la luce del medioevo greco, di quel medioevo che rinacque in Italia, di quel medioevo che fu scontento di tutto e cio nonostante andava avanti libero e vario.
Il resto dell’articolo di Mikis Theodorakis e brillante.
ho chiesto via mail a un blogger greco alfakappa quale delle due versioni (inglese o francese) sia la più vicina a quella greca e mi ha dato una risposta interessante
Senza dubbio la traduzione francese e’ la piu’ esatta e completa, anche come stile. Quella inglese e’ approssimativa, usa la parola civilizzazione invece di cultura che e’ il termine usato in greco e’ accorciata manca addirittura il riferimento alla distorsione della storia moderna.
L’uso del termine ‘civilization’ mi pare corretto, usato nella giusta declinazione. Nessuno scarto semantico. Difficile invece declinare in Inglese il pathos di quella che resta un’analisi molto approssimativa.
i miei amici mi hanno scritto
e dicono così:
En ce qui concerne les quelques différences dont tu parles, nous ne voyons que de légères améliorations.
Peut-être au lieu de “les assaillants” mettre “ils” tout court (il fait référence à ceux qui complotent contre la Grèce).
Plus loin, au lieu de “décomposition de notre histoire” mettre “distortion de notre histoire”.
Pour le reste nous ne voyons pas de différence.
Encore mile baci
L&D
molto bello.
un estratto da la fabbrica dell’uomo indebitato
La successione delle crisi finanziarie ha portato a emergere una figura soggettiva che ormai occupa tutto lo spazio pubblico: quella dell’uomo indebitato. Il fenomeno del debito non si riduce alle sue manifestazioni economiche. Esso costituisce la chiave di volta dei rapporti sociali in regime neoliberista, poiché opera una duplice espropriazione: quella di un potere politico già debole, concesso dalla democrazia rappresentativa, e quella di una parte crescente della ricchezza che le lotte passate avevano strappato all’accumulazione capitalista; esproprio, soprattutto, dell’avvenire, vale a dire del tempo come portatore di scelte, di possibilità.
La relazione creditore-debitore intensifica in modo trasversale i meccanismi di sfruttamento e di dominio propri del capitalismo. Perché il debito non fa alcuna distinzione fra lavoratore e disoccupato, consumatore e produttore, attivi e inattivi, pensionati e beneficiari del reddito di solidarietà attiva. Esso impone un medesimo rapporto di potere a tutti: perfino le persone troppo impoverite per avere accesso al credito personale partecipano al pagamento degli interessi legati al debito pubblico. La società intera è indebitata, cosa che non impedisce, ma esacerba, le ineguaglianze – che è tempo siano definite «differenze di classe».
Come senza ambiguità lo svela l’attuale crisi, una delle sfide più grandi del neoliberismo è quella della proprietà: la relazione creditore-debitore esprime un rapporto di forze fra proprietari e non proprietari di titoli del capitale. Somme enormi sono trasferite dai debitori (la maggioranza della popolazione) ai creditori (banche, fondi pensione, imprese, economie famigliari più ricche): attraverso il meccanismo dell’accumulo degli interessi l’importo totale del debito dei Paesi in via di sviluppo è passato da 70 miliardi di dollari nel 1970 a 3.545 miliardi nel 2009. nel frattempo questi Paesi avevano pertanto rimborsato l’equivalente di centodieci volte ciò che essi dovevano inizialmente(1).
Il debito secerne d’altronde una morale che gli è peculiare, al tempo stesso differente da e complementare a quella del lavoro. La coppia fatica-ricompensa dell’ideologia del lavoro vede sé stessa superata dalla morale della promessa (quella di onorare il proprio debito) e della colpa (quella di averlo contratto). Come lo sottolinea il filosofo tedesco Friedrich Nietsche nella sua lingua, il concetto di Schuld (colpa) – concetto fondamentale della morale – rimanda al concetto molto materiale di Schulden (debiti) (2). La campagna della stampa tedesca contro i «parassiti greci» testimonia della violenza propria alla logica che l’economia del debito instilla. I media, gli uomini politici, gli economisti sembra non abbiano che un messaggio da trasmettere ad Atene: «Siete colpevoli»,. «siete responsabili». Insomma, i greci si abbronzano al sole mentre i protestanti tedeschi sgobbano per il bene dell’Europa e dell’umanità sotto un tetro cielo. Questa presentazione della realtà non diverge da quella che fa dei disoccupati gli assistiti o dello Stato assistenziale una «mamma» statale.
Il potere del debito si presenta come quello che non si esercita né con la repressione né con l’ideologia. «Libero», il debitore tuttavia non ha altre possibilità se non di inserire i sui atti, le sue scelte, nel quadro definito dal rimborso del debito che ha contratto. Non siete liberi se non nella misura in cui il vostro modo di vivere (consumi, impiego, spese sociali, imposte, ecc.) vi permette di fare fronte ai vostri impegni. Negli Stati Uniti, per esempio, l’80% degli studenti che terminano un master di diritto accumulano un debito medio di 77.000 dollari se hanno frequentato una scuola privata e di 50.000 dollari se si tratta di un’università pubblica. Uno studente testimoniava recentemente negli USA sul sito del movimento Occupy Wall Street: «Il mio prestito come studente si eleva a circa 75.000 dollari. Presto non potrò più pagare. Mio padre, che aveva accettato di garantire per me, sarà obbligato ad assumersi il mio debito. Presto sarà lui che non potrà più pagare. Ho rovinato la mia famiglia cercando di innalzarmi al disopra della mia classe [sociale] (3)».
Il meccanismo vale tanto per gli individui quanto per le popolazioni. Poco prima di morire, l’ex ministro delle Finanze irlandese Brian Lenihan dichiarava: «Dalla mia nomina, nel maggio 2008, in poi ho ricordato l’ultima definizione del potere fatta da Michel Foucault: “Azione che mantiene come «soggetto libero» colui sul quale essa si esercita (4)». Il potere del debito vi lascia libero, ma vi incita – molto perentoriamente! – ad agire con l’unico obiettivo di onorare i vostri debiti (anche se l’utilizzo che l’Europa e il FMI fanno del debito tende a indebolire i debitori attraverso l’imposizione di politiche economiche che favoriscono la recessione).
Ma la relazione creditore-debitore non riguarda unicamente la popolazione attuale. Poiché il suo riassorbimento non passa attraverso l’accrescimento della fiscalità sugli alti redditi e sulle imprese – vale a dire attraverso l’inversione del rapporto di forze fra classi che ha portato al suo apparire (5) –, le modalità della sua gestione coinvolgono le generazioni future. Portando i governati a promettere di onorare i loro debiti, il capitalismo mette le mani sull’avvenire. Così può prevedere, calcolare, misurare, stabilire equivalenze fra i comportamenti attuali e quelli a venire, in breve, gettare un ponte fra il presente e il futuro. In questo modo il sistema capitalistico riduce ciò che sarà a ciò che è, il futuro e le sue possibilità ai rapporti di potere attuali. La strana sensazione di vivere in una società senza tempo, senza possibile, senza rottura immaginabile – gli «indignati» denunciano altro? – trova nel debito una delle sue principali spiegazioni.
Il rapporto fra tempo e debito, prestito di denaro e appropriazione del tempo da parte di colui che presta è noto da secoli. Se nel Medioevo la distinzione fra usura e interesse non era ben stabilita – poiché la prima era considerata solamente come un eccesso del secondo (ah! La saggezza degli antichi!) –, al contrario si vedeva molto bene a che cosa portava il «furto» di colui che presta denaro e in che cosa consisteva la sua colpa: egli vendeva tempo, qualcosa che non gli apparteneva e il cui unico proprietario era Dio. Riassumendo la logica medievale, lo storico Jacques Le Goff domanda: «Che cosa vende [l’usuraio], in effetti, se non il tempo che scorre fra il momento in cui egli presta e quello in cui è rimborsato con interessi? Ora, il tempo non appartiene che a Dio. Ladro di tempo, l’usuraio è un ladro del patrimonio di Dio (6)». Per Karl Marx l’importanza storica del prestito a usura deriva dal fatto che, contrariamente alla ricchezza consumatrice, esso rappresenta un processo generatore assimilabile a (e precursore di) quello del capitale, vale a dire del denaro che genera denaro.
Un manoscritto del XIII secolo sintetizza questo ultimo punto e il tipo del tempo di cui chi presta denaro si appropria: «Gli usurai peccano contro natura volendo far generare denaro dal denaro, come un cavallo da un cavallo o un mulo da un mulo. Per di più gli usurai sono ladri perché vendono il tempo che non appartiene loro, e vendere un bene di proprietà altrui, nonostante se ne sia in possesso, è furto. Inoltre, poiché essi non vendono altro che l’attesa del denaro, vale a dire il tempo, vendono i giorni e le notti. Ma il giorno è il tempo della luce, e la notte il tempo del riposo. Di conseguenza essi vendono la luce e il riposo. Quindi non è giusto che essi abbiano la luce e il riposo eterni (7)».
La finanza bada a che le sole scelte e le sole decisioni possibili siano quelle della tautologia del denaro che genera il denaro, della produzione per la produzione. Mentre nelle società industriali sussisteva ancora un tempo «aperto» – sotto forma di progresso o sotto quella di rivoluzione – oggi l’avvenire e i suoi possibili, schiacciati sotto le somme esorbitanti mobilitate dalla finanza e destinate a riprodurre i rapporti di potere capitalista, sembrano bloccati; perché il debito neutralizza il tempo, il tempo come creatore di nuove possibilità, ovvero la materia prima di qualsiasi cambiamento politico, sociale o estetico.
gina, quando ho postato il passo di Solone (e per me la mia risposta implicita a questo bel post rimarrà quella, perché rispondere qui mi sembrava riduttivo) perché non hai postato questo estratto, invece di scatenare una polemica inutile sulle cagne?
Con amicizia.
(daniele
mi spiace che tu l’abbia letta come polemica inutile. dal mio punto di vista è stata utile puntualizzazione. utile anche per me, e piacevole lo scambio. nn so perchè non ho ricombinato lazzarato con solone, forse è questione di tempi, di deterritorializzazione, e di linguaggio, e di complessità. c’è pure in gioco una personale cagnesca reattività. baci e squarci, di giugulare:)
Semplicemente mi spiace che si sia presentato in ritardo uno strumento critico importante, da scagliare sul cranio di tutti i teorici ottimisti di cui è pieno l’italicume.
εξαφανίσουν και βιολογικά
annientare anche biologicamente
Del resto si è cercato di ipotecare anche il genoma. Che il capitalismo sia essenzialmente una forma di bioregime si vede da tanti aspetti.
Un altro problema emerge da questo post, e lo si legge fra le righe (ma in realtà non tanto fra le righe) dell’intervento di Gina poco sopra, a proposito della figura dell’uomo indebitato che Maurizio Lazzarato analizza nel suo libro (ne sono rimasto profondamente colpito e l’ho fatto mio): è una delle potenziali chiavi di volta economiche che potrebbero segnare l’arretramento del cosiddetto cristianesimo (in particolare quello protestante) rispetto all’Islam, che ancora oggi nega avallo morale al prestito a interesse (Riba).
POPOLI – Un appello agli intellettuali europei
Salviamo la Grecia dai suoi salvatori
apertura
– Vicky Skoumbi, Dimitris Vergetis, Michel Surya*
Il caso greco e il suo epilogo sono arrivati a un punto di non ritorno. La battaglia da fare per costruire un’altra Europa
Nel momento in cui un giovane greco su due è disoccupato, 25.000 persone senza tetto vagano per le strade di Atene, il 30 per cento della popolazione è ormai sotto la soglia della povertà, migliaia di famiglie sono costrette a dare in affidamento i bambini perché non crepino di fame e di freddo e i nuovi poveri e i rifugiati si contendono l’immondizia nelle discariche pubbliche, i “salvatori” della Grecia, col pretesto che i Greci “non fanno abbastanza sforzi”, impongono un nuovo piano di aiuti che raddoppia la dose letale già somministrata. Un piano che abolisce il diritto del lavoro e riduce i poveri alla miseria estrema, facendo contemporaneamente scomparire dal quadro le classi medie.
L’obiettivo non è il “salvataggio”della Grecia: su questo punto tutti gli economisti degni di questo nome concordano. Si tratta di guadagnare tempo per salvare i creditori, portando nel frattempo il Paese a un fallimento differito.Si tratta soprattutto di fare della Grecia il laboratorio di un cambiamento sociale che in un secondo momento verrà generalizzato a tutta l’Europa. Il modello sperimentato sulla pelle dei Greci è quello di una società senza servizi pubblici, in cui le scuole, gli ospedali e i dispensari cadono in rovina, la salute diventa privilegio dei ricchi e la parte più vulnerabile della popolazione è destinata a un’eliminazione programmata, mentre coloro che ancora lavorano sono condannati a forme estreme di impoverimento e di precarizzazione.
Ma perché questa offensiva neoliberista possa andare a segno, bisogna instaurare un regime che metta fra parentesi i diritti democratici più elementari. Su ingiunzione dei salvatori, vediamo quindi insediarsi in Europa dei governi di tecnocrati in spregio della sovranità popolare. Si tratta di una svolta nei regimi parlamentari, dove si vedono i “rappresentanti del popolo” dare carta bianca agli esperti e ai banchieri, abdicando dal loro supposto potere decisionale. Una sorta di colpo di stato parlamentare, che fa anche ricorso a un arsenale repressivo amplificato di fronte alle proteste popolari. Così, dal momento che i parlamentari avranno ratificato la Convenzione imposta dalla Troika (Ue, Bce, Fmi), diametralmente opposta al mandato che avevano ricevuto, un potere privo di legittimità democratica avrà ipotecato l’avvenire del Paese per 30 o 40 anni.
Parallelamente, l’Unione europea si appresta a istituire un conto bloccato dove verrà direttamente versato l’aiuto alla Grecia, perché venga impiegato unicamente al servizio del debito. Le entrate del Paese dovranno essere “in priorità assoluta” devolute al rimborso dei creditori e, se necessario, versate direttamente su questo conto gestito dalla Ue. La Convenzione stipula che ogni nuova obbligazione emessa in questo quadro sarà regolata dal diritto anglosassone, che implica garanzie materiali, mentre le vertenze verranno giudicate dai tribunali del Lussemburgo, avendo la Grecia rinunciato anticipatamente a qualsiasi diritto di ricorso contro sequestri e pignoramenti decisi dai creditori. Per completare il quadro, le privatizzazioni vengono affidate a una cassa gestita dalla Troika, dove saranno depositati i titoli di proprietà dei beni pubblici.. In altri termini, si tratta di un saccheggio generalizzato, caratteristica propria del capitalismo finanziario che si dà qui una bella consacrazione istituzionale.
Poiché venditori e compratori siederanno dalla stessa parte del tavolo, non vi è dubbio alcuno che questa impresa di privatizzazione sarà un vero festino per chi comprerà.
Ora, tutte le misure prese fino a ora non hanno fatto che accrescere il debito sovrano greco, che, con il soccorso dei salvatori che fanno prestiti a tassi di usura, è letteralmente esploso sfiorando il 170% di un Pil in caduta libera, mentre nel 2009 era ancora al 120%. C’è da scommettere che questa coorte di piani di salvataggio – ogni volta presentati come ‘ultimi’- non ha altro scopo che indebolire sempre di più la posizione della Grecia, in modo che, privata di qualsiasi possibilità di proporre da parte sua i termini di una ristrutturazione, sia costretta a cedere tutto ai creditori, sotto il ricatto “austerità o catastrofe”. L’aggravamento artificiale e coercitivo del problema del debito è stato utilizzato come un’arma per prendere d’assalto una società intera. E non è un caso che usiamo qui dei termini militare: si tratta propriamente di una guerra, condotta con i mezzi della finanza, della politica e del diritto, una guerra di classe contro un’intera società. E il bottino che la classe finanziaria conta di strappare al ‘nemico’ sono le conquiste sociali e i diritti democratici, ma, alla fine dei conti, è la stessa possibilità di una vita umana. La vita di coloro che agli occhi delle strategie di massimizzazione del profitto non producono o non consumano abbastanza non dev’essere più preservata.
E così la debolezza di un paese preso nella morsa fra speculazione senza limiti e piani di salvataggio devastanti diviene la porta d’entrata mascherata attraverso la quale fa irruzione un nuovo modello di società conforme alle esigenze del fondamentalismo neoliberista. Un modello destinato all’Europa intera e anche oltre. E’ questa la vera questione in gioco. Ed è per questo che difendere il popolo greco non si riduce solo a un gesto di solidarietà o di umanità: in gioco ci sono l’avvenire della democrazia e le sorti del popolo europeo.
Dappertutto la “necessità imperiosa” di un’austerità dolorosa ma salutare ci viene presentata come il mezzo per sfuggire al destino greco, mentre vi conduce dritto. Di fronte a questo attacco in piena regola contro la società, di fronte alla distruzione delle ultime isole di democrazia, chiediamo ai nostri concittadini, ai nostri amici francesi e europei di prendere posizione con voce chiara e forte. Non bisogna lasciare il monopolio della parola agli esperti e ai politici. Il fatto che, su richiesta dei governanti tedeschi e francesi in particolare, alla Grecia siano ormai impedite le elezioni può lasciarci indifferenti? La stigmatizzazione e la denigrazione sistematica di un popolo europeo non meritano una presa di posizione? E’ possibile non alzare la voce contro l’assassinio istituzionale del popolo greco? Possiamo rimanere in silenzio di fronte all’instaurazione a tappe forzate di un sistema che mette fuori legge l’idea stessa di solidarietà sociale?
Siamo a un punto di non ritorno. E’ urgente condurre la battaglia di cifre e la guerra delle parole per contrastare la retorica ultra-liberista della paura e della disinformazione. E’ urgente decostruire le lezioni di morale che occultano il processo reale in atto nella società. E diviene più che urgente demistificare l’insistenza razzista sulla “specificità greca” che pretende di fare del supposto carattere nazionale di un popolo (parassitismo e ostentazione a volontà) la causa prima di una crisi in realtà mondiale. Ciò che conta oggi non sono le particolarità, reali o immaginari, ma il comune: la sorte di un popolo che contagerà tutti gli altri.
Molte soluzioni tecniche sono state proposte per uscire dall’alternativa “o la distruzione della società o il fallimento” (che vuol dire, lo vediamo oggi, sia la distruzione sia il fallimento). Tutte vanno prese in considerazione come elementi di riflessione per la costruzione di un’altra Europa. Prima di tutto però bisogna denunciare il crimine, portare alla luce la situazione nella quale si trova il popolo greco a causa dei “piani d’aiuto” concepiti dagli speculatori e i creditori a proprio vantaggio. Mentre nel mondo si tesse un movimento di sostegno e Internet ribolle di iniziative di solidarietà, gli intellettuali saranno gli ultimi ad alzare la loro voce per la Grecia? Senza attendere ancora, moltiplichiamo gli articoli, gli interventi, i dibattiti, le petizioni, le manifestazioni. Ogni iniziativa è la benvenuta, ogni iniziativa è urgente. Da parte nostra ecco che cosa proponiamo: andare velocemente verso la formazione di un comitato europeo di intellettuali e di artisti per la solidarietà con il popolo greco che resiste. Se non lo facciamo noi, chi lo farà? Se non adesso, quando?
*Rispettivamente redattrice e direttore della rivista Aletheia di Atene e direttore della rivista Lignes, Parigi.
Prime adesioni: Daniel Alvaro, Alain Badiou, Jean-Christophe Bailly, Etienne Balibar, Fernanda Bernardo, Barbara Cassin, Bruno Clement, Danièle Cohen-Levinas, Yannick Courtel, Claire Denis, Georges Didi-Hubermann, Ida Dominijanni, Roberto Esposito, Francesca Isidori, Pierre-Philippe Jandin, Jérome Lebre, Jean-Clet Martin, Jean-Luc Nancy, Jacques Ranciere, Judith Revel, Elisabeth Rigal, Jacob Rogozinski, Avital Ronell, Ugo Santiago, Beppe Sebaste, Michèle Sinapi, Enzo Traverso
grazie Gina
memorabili
effeffe
su comunismo e debiti permettimi di citare uno stralcio dal mio manifesto
“Il comunista dandy che affida l’organizzazione della propria vita a un complesso sistema secondo cui quanto guadagna sarà sempre e comunque inferiore rispetto a quanto spende, rispetterà tuttavia una serie di regole ed enunciati che seguono :
Avendo Marx parlato di distribuzione delle ricchezze e non credendo il comunista dandy alla potenza salvifica della violenza, la strategia da sviluppare consisterà nel contrarre debiti con persone ricche e non onorare tali debiti. Se per quanto riguarda organismi come le banche o gli istituti di credito, il comunista dandy si potrà asserire che possiede carta bianca, altro discorso varrà per i privati. Il debito infatti non dovrà in alcun caso superare la sua onorabilità e soprattutto, in caso di “cattiva fortuna “ del creditore dovrà immediatamente essere rimborsato. In che modo? Ovviamente contraendo un debito con un altro creditore ed ancor meglio se quest’ultimo è coinvolto nella sfortuna del primo “benefattore”
ogni iniziativa è benvenuta:
I benefici del deficit e del debito
C’è qualcosa che rende simile l’economia alla religione, e cioè che, anche per l’economia, il suo meglio è che essa susciti eretici. Che nella scienza economica ci sia bisogno di eresia ce lo spiegano gli americani che da tempo guardano con inquietudine a quanto sta accadendo in Europa, in particolare a quella famigerata dottrina secondo cui occorre fare tutto il possibile per raggiungere il pareggio di bilancio. Il che significa mettere in atto politiche d’austerità a mezzo di tagli alla spesa pubblica e di aumenti del prelievo fiscale per ridurre deficit e debiti in un periodo di recessione. Un vero e proprio suicidio economico e sociale pagato a caro prezzo dai cittadini europei e di cui le banche sono le dirette beneficiarie, dato che i soldi prestati dalle banche centrali per evitare i fallimenti di Grecia, Portogallo, Spagna e Italia (per il momento) finiscono nelle loro tasche, senza in alcun modo contribuire a rilanciare la crescita dell’economia reale. Di fronte a questo autismo dottrinale, di cui i tedeschi sono la punta avanzata ma che ormai ha contagiato l’Europa intera, sta crescendo negli Stati Uniti una vera e propria scuola di pensiero capeggiata da James K. Galbraith, figlio di cotanto padre, John Kenneth Galbraith, studioso della Grande depressione e consulente economico di John F. Kennedy. Ne ha parlato recentemente Feredico Rampini, corrispondente dagli Stati Uniti per La Repubblica. La Teoria Moderna Monetaria, così si chiama questa scuola di pensiero, sostiene che non ci sono tetti razionali al deficit e al debito sostenibile da parte di uno Stato, perché le banche centrali hanno un potere illimitato di finanziare questi disavanzi stampando moneta. E questo non solo è possibile, come già si vede con le politiche delle banche centrali americana, inglese, giapponese, e della stessa BCE, ma è soprattutto necessario. “La via della crescita passa attraverso un rilancio di spese pubbliche in deficit, da finanziare usando la liquidità della banca centrale. Non certo alzando le tasse: non ora”. Questa corrente di pensiero, perlaltro ascoltata da Obama, ha questo di, per così dire, “rivoluzionario”: non solo rifiuta il cretinismo della destra economica e la crociata contro la spesa pubblica sulla base dell’equivalenza tra il bilancio pubblico e quello di una famiglia che “non deve vivere al di sopra dei propri mezzi”. Ma critica anche quelle posizioni, certamente più intelligenti, alla Paul Krugman o alla Joseph Stiglitz che, pur sostenendo la necessità di espandere la spesa pubblica per uscire dalla crisi, continuano a pensare che a lungo andare il debito crea inflazione, soprattutto se finanziato stampando moneta, e quindi andrà ridotto appena possibile. Secondo Galbraith e gli economisti di questa scuola, invece, il pericolo dell’inflazione è inesistente. “L’inflazione è un pericolo vero solo quando ci si avvicina al pieno impiego, e una situazione del genere si verificò in modo generalizzato nella prima guerra mondiale”. L’aspetto più innovativo, rispetto alle politiche monetarie odierne e alla paranoia dell’inflazione, riguarda la proposta di erogare liquidità direttamente agli Stati, comprando senza limiti titoli di Stato emessi dai rispettivi governi, senza quindi passare dal sistema bancario che di questa liquidità fa sistematicamente un uso speculativo, generando una bolla finanziaria dietro l’altra. Gli Stati devono però attuare interventi volti a far aumentare la domanda interna con una più equa e sostenibile creazione della ricchezza. Esattamente l’opposto di quanto sta avvenendo oggi in Europa.
sempre per la causa delle parole
che possono essere come pietre
un punto essenziale è questo:
eliminare fisicamente è vago, istantateo, l’annientamento biologico di corpi e anime dei tempi di crisi e delle misure prese per superarli che sempre toccano e impoveriscono le fasce più deboli, e trascinano ad essere fasce deboli quelle che prima si sentivano in margini di sicurezza, è un processo davvero quasi genetico che investe la realtà dei processi vitali degli individui. La sopravvivenza fisico/psichica ai debiti, al terrore di perdere tutto, anche solo alla mancanza di cure dentistiche, che non ti permettono di masticare bene neppure il cattivo cibo che sei costretto a comprarti a minor prezzo, ai libri che non puoi comprare, alle università che non puoi far frequentare ai tuoi figli, ad accettare il lavoro senza alcun potere contrattuale, è qualcosa che cambia davvero i presupposti biologici, vitali: un processo lento, capillare strisciante, non hai di fronte nazisti che i partigiani possano combattere a viso aperto, ma la violenza senza volto di tante piccole violenze quotidiane che hanno un potere di annientamento silenzioso ma micidiale. Anche culturale. In Grecia e ovunque.
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εξαφανίσουν και βιολογικά
annientare anche biologicamente
Del resto si è cercato di ipotecare anche il genoma. Che il capitalismo sia essenzialmente una forma di bioregime si vede da tanti aspetti.
Un altro problema emerge da questo post, e lo si legge fra le righe (ma in realtà non tanto fra le righe) dell’intervento di Gina poco sopra, a proposito della figura dell’uomo indebitato che Maurizio Lazzarato analizza nel suo libro (ne sono rimasto profondamente colpito e l’ho fatto mio): è una delle potenziali chiavi di volta economiche che potrebbero segnare l’arretramento del cosiddetto cristianesimo (in particolare quello protestante) rispetto all’Islam, che ancora oggi nega avallo morale al prestito a interesse (Riba).
Siemens credo abbia una branca non una branchia :)
Quante boiate!
Be’ se presupponi che lo siano, non leggerle.