Gundam e Evangelion
Gundam e Evangelion, due paradigmi narrativo-commerciali dell’animazione nipponica
di Gualtiero Bertoldi
Sono oramai diversi decenni che l’animazione nipponica, nella fattispecie della serie televisiva a cartoni animati (o anime, per essere più precisi), si è diffusa nel mondo come forma di narrativa seriale a largo consumo. Con questo articolo si vogliono presentare due serie televisive che hanno avuto un grande impatto sia sulle modalità della narrazione televisiva, sia sulla cultura di massa giapponese, ponendole quindi a confronto fra di loro per dare conto non solo di un differente approccio alla narrazione, ma anche di una trasformazione più generale nel mercato legato a questi cartoni animati, e di come questi fattori si sono influenzati gli uni con gli altri.
Due brevi precisazioni prima di entrare nel merito: per quanto riguarda Gundam, si sono prese in considerazione, con tutto quello che vi è connesso, quelle serie televisive create sotto l’egida e la direzione di Yoshiyuki Tomino, ideatore originario di gran parte degli aspetti del franchise, e che sono contraddistinte dalla sigla UC (Universal Century); per quanto riguarda Evangelion, dall’analisi si sono escluse le ultime due uscite cinematografiche appartenenti al marchio, note con la sigla Rebuild (alle quali dovrebbero aggiungersi altri due film nel corso dei prossimi anni). Queste scelte sono state operate per motivi di semplificazione e di praticità, dal momento che il prendere in considerazione le serie alternative di Gundam o gli ultimi film di Evangelion avrebbe comportato uno sviluppo del discorso verso campi più specialistici, da affidare eventualmente a un ulteriore articolo.
Gundam
Ideato e sceneggiato da Yoshiyuki Tomino, in collaborazione con lo staff creativo della casa di produzione Sunrise, Kidou Senshi Gundam (Gundam, il guerriero corazzato mobile) va in onda in Giappone per la prima volta fra il 1979 e il 1980. La serie è ambientata nel cosiddetto UC 0079 (data che, secondo le ricostruzioni dei fan dell’opera, può corrisponde a diversi anni, tutti comunque situabili dopo il nostro 2045), ovvero 79 anni dopo che gli esseri umani hanno iniziato la migrazione nello spazio, costruendo delle enormi colonie sulla Luna e su dei satelliti artificiali. La storia si apre nel bel mezzo di una situazione di stallo nella guerra di secessione che vede contrapposte da una parte la Federazione Terrestre, una federazione di tutti gli stati sovrani della Terra simile nella struttura e nell’organizzazione all’ONU, e dall’altra il Principato di Zeon, entità politica che amministra una delle colonie spaziali e che si è autoproclamata indipendente. Pur se in inferiorità numerica, il Principato di Zeon dimostra una grande capacità militare, sconfiggendo a più riprese la Federazione e letteralmente decimando la popolazione terrestre (sia sulla Terra che sulle altre colonie spaziali) in una serie di attacchi che vedono l’impiego di armi chimiche e atomiche, e una nuova tecnologia conosciuta come Mobile Suit, overo dei robot corazzati dall’aspetto antropomorfo. L’anime segue principalmente le vicende di Amuro Ray, un quindicenne abitante di una colonia teoricamente neutrale, Side 7, nella quale però alcuni scienziati, fra cui il padre di Amuro, e ingegneri della Federazione Terrestre stanno sviluppando in segreto un avanzatissimo mobile suit, il Gundam RX-78, per cercare di ribaltare le sorti della guerra. In seguito alla comparsa di due mobile suit in missione di spionaggio per conto di Zeon, denominati Zaku, Amuro scopre casualmente il Gundam, e per difendere la propria colonia entra nella cabina di pilotaggio del robot, sconfiggendo gli Zaku dopo aver semplicemente letto il manuale di funzionamento del robot. Il combattimento rende però instabile la colonia e svela il progetto Gundam agli occhi di Zeon: Amuro, che si scoprirà poi essere un newtype, ovvero una mutazione evolutiva dell’homo sapiens dotata di superiore consapevolezza sensoriale e mentale, assieme ai profughi di Side 7 e ad alcuni militari della Federazione si imbarca sulla Base Bianca, una corazzata spaziale nascosta sulla colonia, per dirigersi con il Gundam verso la Terra, finendo così suo malgrado a combattere nella guerra contro il Principato di Zeon.
Yoshiyuki Tomino, ai tempi autore già affermato e con diverse serie di successo alle spalle (aveva preso parte di volta in volta come produttore, sceneggiatore e regista, a serie come Astroboy, Il tulipano nero, Vultus 5, Daitarn 3 e altre), assieme allo staff della Sunrise crea con Kidou Senshi Gundam un nuovo genere animato per la televisione: sul finire degli anni 70 il pubblico giapponese è abituato alle esagerate serie robotiche di Go Nagai, come Mazinga e Goldrake, o alle serie comiche della Tatsunoko denominate Time Bokan (di cui fanno parte cartoni come Yattaman e Calendar Men), anime i cui fattori principali sono la trama, solitamente risolta in una ripetitiva serie di scontri dall’esito sempre uguale, e la stravaganza delle situazioni e dei personaggi. Gundam, al contrario, presenta non solo un universo narrativo articolato e complesso, nel quale lo spettatore è catapultato in medias res, ma anche un elemento robotico fortemente realistico. Tomino delinea infatti, prendendo ispirazione sia da molta narrativa fantascientica del XX secolo (il Gundam stesso si basa sulla tuta potenziata presente in Starship Troopers di Robert A. Heinlein) che dalla contemporanea saggistica astronautica, un universo verosimile nel quale valgono le stessi leggi fisiche del mondo reale, e nel quale i robot sono macchine rigide dalle capacità limitate e definite che si possono rompere, funzionare male o esaurire la propria energia, e devono essere continuamente riparate e revisionate. L’anime è ricco di dettagli di questo tipo: dalle colonie spaziali, dei cilindri situati nei punti di Lagrange, alla dinamica stessa dei combattimenti (in un episodio Amuro è costretto a combattere al limite dell’atmosfera terrestre: mentre il Gundam è rivestito di una speciale pellicola antiattrito che gli permette di rientrare sulla Terra senza problemi, i mobile suit nemici si disintegrano bruciando), la fantascienza di Gundam pone una grande enfasi sulle componenti tecnologiche e scientifiche di ciò che rappresenta, inserendo il tutto, come già accennato, in un contesto variegato nel quale abbondano i temi politici e sociali.
La serie, originariamente pensata per durare 52 episodi, soffre durante la prima messa in onda di pessimi indici d’ascolto, e viene così ridotta in corso d’opera a 43 episodi. Tuttavia il merchandise legato a Gundam, in particolar modo i modellini e le riproduzioni su varia scala dei robot, corredati di schede tecniche e diagrammi ricchi di dati tecnici, vende bene, tanto da riportare sullo schermo la serie per diverse repliche, fino a esplodere, da un punto di vista commerciale e di costume, con il passaggio in sala di una trilogia di film che riassumono le vicende della serie televisiva. Pur se tardivo, il successo di Gundam risulta epocale: alla prima serie se ne aggiungono altre, che espandono l’universo narrativo tramite sequel e prequel, e lo sconfinamento in altri settori mediali (manga, romanzi scritti dallo stesso Tomino, versioni per la radio, videogiochi) avviene di riflesso. È possibile intuire lo status di vera e propria icona culturale nipponica raggiunto dall’opera pensando alla statua a dimensioni reali di un Gundam RX-78 eretta a Tokyo nel 2009, in occasione del trentennale della prima messa in onda, e che accolse, nel giro di tre mesi, oltre 4 milioni di visitatori.
Evangelion
Shin Seiki Evangelion, che si può tradurre con “Il vangelo del nuovo secolo”, è una serie animata di 26 episodi, prodotta dallo studio Gainax e ideata e diretta da Hideaki Anno, andata in onda per la prima volta sulla televisione giapponese a cavallo fra il 1995 e il 1996. La serie è stata seguita nel 1997 da due film per il grande schermo, Death and Rebirth e The End of Evangelion, i quali riassumono in parte gli episodi della serie, sostituendo però al controverso finale televisivo una differente conclusione narrativa. La serie parte da questi presupposti: nell’anno 2000 un evento catastrofico denominato Second Impact, inizialmente presentato come la caduta di un meteorite sul Polo Sud, ha cambiato il mondo intero – l’Antartide è scomparsa, causando un globale innalzamento del livello degli oceani con conseguenti inondazioni, l’asse del pianeta si è spostato, e la popolazione umana è stata dimezzata. Nel 2015 il quattordicenne Shinji Ikari, orfano della madre che il ragazzo crede essere morta molti anni addietro per le conseguenze del Second Impact, è convocato da suo padre Gendo presso la città fortezza Neo Tokyo-3. Gendo Ikari è il direttore della NERV, un’organizzazione paramilitare il cui compito è quello di contrastare, tramite dei robot antopomorfi giganti conosciuti come Evangelion, la comparsa sulla Terra di esseri dalla natura e dagli obiettivi non meglio precisati definiti come Angeli. Shinji, appena arrivato a Neo Tokyo-3, è testimone della comparsa di uno di questi esseri e il padre gli chiederà di prendere il comando di una unità Evangelion per fermarne l’attacco. Assieme ad altri adolescenti, piloti di ulteriori unità Evangelion, il ragazzo si troverà quindi coinvolto in una serie di combattimenti tramite i quali si giocheranno su più livelli le sorti dell’umanità intera.
Hideaki Anno, ex animatore e figura di punta della Gainax (agli inizi della propria carriera, nei primi anni 80, aveva lavorato sulla serie Fortezza superdimensionale Macross, e quindi a stretto contatto con Hayao Miyazaki per le animazioni del film Nausicaä della Valle del vento; co-fondatore della stessa Gainax, aveva quindi diretto con grande successo la serie Fushigi no Umi no Nadia, conosciuta in Italia come Nadia – il mistero della pietra azzurra), in Shin Seiki Evangelion parte da una premessa relativamente standard per l’animazione giapponese, il ragazzino che si trova all’improvviso costretto a pilotare un robot gigantesco per la salvezza del genere umano, trasformando però gradualmente il tutto in un drammatico studio sulla natura umana, nel quale l’analisi psicologica, i riferimenti religiosi, la decostruzione del genere narrativo da una parte, e dall’altra l’esplorazione di temi quali l’alienazione sociale e la depressione (il regista stesso aveva appena superato una depressione durata quattro anni, inserendo così nell’anime molte delle riflessioni annotate in quel periodo) sono mescolati tra di loro in un ordine narrativo che si fa mano a mano sempre meno lineare, fino ad abbandonare del tutto, negli ultimi due episodi della serie, qualsiasi parvenza di sequenzialità: schizzi a matita in bianco e nero, scene ripetute o riprese dagli episodi precedenti, lunghe inquadrature fisse con le voci over dei personaggi che riflettono sul significato della vita sono solo alcuni dei momenti che hanno reso il finale televisivo di Evangelion uno dei finali più controversi e amati/odiati dai fan dei cartoni animati giapponesi.
Alla metà degli anni 90 la televisione giapponese è dominata dal revival del genere mahou shojo (ovvero le ragazze magiche, o maghette): Sailor Moon va ininterrottamente in onda dal 1992 (la serie finirà nel 1997 al 200esimo episodio), e il successo strepitoso del cartone e del manga da cui è tratto hanno hanno generato un mercato gigantesco, oltre a tutta una risma di manga e serie televisive che si basano sulla stessa formula. Sul fronte robotico resiste ancora il marchio Gundam, con alcune serie dirette da Tomino, e quindi appartenenti all’universo creato con Kidou Senshi Gundam, e altre che di Gundam mantengono il nome e alcuni elementi dell’ambientazione, ma sono dirette da altri autori e appartengono a universi narrativi considerati paralleli a quello d’origine (nello stesso periodo di Evangelion va in onda, con risultati d’ascolto appena nella media, Mobile Suit Gundam Wing, diretto da Masashi Mukaeda). La messa in onda di Evangelion sembra, a prima vista, non sconvolgere troppo questa situazione: la produzione è ben curata, e le scelte registico-narrative di Anno non sono affatto banali, ma nonostante questo il cartone non ottiene dei grandi indici d’ascolto, che vanno anzi scemando con il susseguirsi degli episodi. La china è talmente evidente che gli sponsors iniziano a ritirare i finanziamenti, e la Gainax fatica a trovare aziende che producano e vendano modellini e giocattoli ispirati ai protagonisti o ai robot (sono infatti in molti a considerare il design delle unità Evangelion semplicemente brutto e malriuscito, inadatto a essere commercializzato con profitto). La situazione finanziaria si fa talmente grave che nella seconda metà della serie sono sempre di più le occasioni in cui Anno si trova costretto a riutilizzare sfondi e animazioni create per i primi episodi, e ricorre a particolari escamotage stilistici per cercare comunque di mantenere quella che lui sente essere l’integrità artistica dell’anime. Il punto di svolta per Evangelion è rappresentato dall’uscita per il mercato home video di due laserdisc contenenti i primi quattro episodi, rispettivamente il 3 febbraio e il 6 marzo 1996, quando ancora la serie televisiva deve terminare (l’ultimo episodio andrà in onda il 27 marzo). Le vendite dei laserdisc oltrepassano ogni aspettativa, e riattirano il pubblico verso la serie, che nel frattempo viene conclusa con due episodi totalmente spiazzanti e che suscitano una notevole mole di proteste da parte degli spettatori (alcune lettere inviate ad Anno contengono anche minacce di morte). In ogni caso, il successo riattira i finanziatori: oltre ai due film che narrano nuovamente la fine della storia da un altro punto di vista e con una struttura narrativa più tradizionale per venire incontro alle lamentele degli spettatori, il mercato viene invaso da action figure, videogiochi, addirittura macchine per il pachinko, giochi di carte e di mahjong, e, più in generale, da varia oggettistica che riprende nelle più svariate forme i vari dettagli grafici del cartone. Se gli appassionati della serie si dedicano, soprattutto su internet, a interminabili discussioni sui significati più reconditi dell’anime, la maggior parte dei consumatori si accontenta semplicemente degli involucri offerti: certi personaggi, certe caratteristiche, una volta tramutati in oggetto (portachiavi, cuscini, sciarpe e indumenti, cibi precotti, etc) diventano conosciuti e cercati anche da chi non ha mai visto la serie televisiva, decretando così l’influenza di Evangelion sia su tutte le successive serie animate non solo di fantascienza, sia sulle mode e gli usi di consumo della popolazione giapponese.
Gundam vs Evangelion
Per mettere a confronto i due anime e ciò che vi è collegato, partiamo prima di tutto dagli elementi che condividono. Il genere a cui appartengono è la fantascienza, e in entrambi gli anime la premessa è identica: un ragazzino adolescente si trova costretto suo malgrado a pilotare un robot gigante, per salvare se stesso e chi gli sta intorno. Si tratta di un vero e proprio tòpos dell’animazione e del fumetto giapponesi, il cui primo esempio è Tetsujin 28-go, risalente al 1956, manga nel quale è presente anche la figura del padre scienziato che costruisce il robot e lo affida al figlio (in Gundam questo passaggio di consegne sarà casuale e non voluto, mentre in Evangelion il padre imporrà al figlio questa sua volontà in maniera brusca e ambigua). Sia Gundam che Evangelion soffrono di una scarsa considerazione iniziale, per poi letteralmente esplodere grazie a eventi di mercato collegati alla serie televisiva (i modellini e i film cinematografici per Gundam, i laserdisc con i primi episodi della serie per Evangelion), successo che porterà a sviluppare ulteriormente l’universo narrativo e il mercato relativo alle serie.
Su questi dati iniziali si possono già operare delle prime distinzioni: come abbiamo visto, la fantascienza di Gundam è una fantascienza hard, o tecnologica, mentre Evangelion si focalizza più sui risvolti psicologici dei personaggi che agiscono sulla scena. L’universo mostrato in Gundam e in tutte le opere, i testi e gli oggetti che lo seguono è pensato come un sistema chiuso e perfetto, supportato da una serie di informazioni di contorno ricche e dettagliate fino allo spasimo, una sorta di mondo parallelo al quale lo spettatore e il consumatore si possono affidare senza paura di trovarvi angoli ciechi. La finzione offerta da Gundam si propone, e viene apprezzata dai fan, proprio per l’estrema ricchezza e coerenza della stessa, per la verosomiglianza interna, tanto da andare a costituire una sorta di grande narrazione al pari delle grandi narrazioni ideologiche e politiche del XIX e del XX secolo (il termine “grande narrazione” è ovviamente commutato da Lyotard). Anche il mercato originato da Gundam si incastra in tale struttura: ogni modellino, ogni gadget, ogni opera sono un ulteriore mezzo per godere meglio la grande narrazione proposta, per immergercisi ancor di più, soddisfancendo la sete di dettagli e informazioni, essenziali per mantenere il tasso di credibilità richiesto da chi vuole entrare in questo tipo di narrazione. Evangelion, al contrario, è un’opera che esalta e privilegia non tanto la coerenza narrativa dell’universo rappresentato, quanto l’accumulo e l’offerta indiscriminata di propri singoli tratti. Hideaki Anno, di una generazione più giovane rispetto a Yoshiyuki Tomino, ha fatto a lungo tempo parte della cultura otaku che si andava sviluppando negli anni 80 in Giappone; l’autore è quindi egli stesso un grande fan delle serie televisive giapponesi, e conosce bene i cambiamenti intervenuti nelle modalità di consumo del pubblico giapponese degli anni 90. Gli elementi religiosi, le sottotrame politiche di Evangelion, sono caratteristiche tutto sommato secondarie rispetto ai tratti moe dei vari personaggi, e sono inserite nell’anime perché “davano un’aria di profondità” alla storia, come Anno stesso candidamente ammette durante un programma televisivo (sono però note la stramba ironia e la generale riservatezza che il regista nutre nei confronti del proprio operato). Evangelion, più che un universo narrativo, si può considerare un database di informazioni fruibili e riarrangiabili a piacere – mossa, questa, messa in pratica dallo stesso Anno con la riproposizione di un finale parallelo alla serie, e da tutto il merchandise legato al cartone (sono diversi i videogiochi e i manga ufficiali che utilizzano alcuni personaggi e li mettono in situazioni narrative che nulla hanno a che vedere con la serie televisiva originaria).
Evangelion si impone in un contesto sociale e culturale nel quale i fan hanno iniziato a trovarsi già da diversi anni in fiere amatoriali dalla grandezza e dall’importanza sempre maggiori, e a produrre delle proprie opere derivate dalle serie ufficiali (illustrazioni, doujinshi, oggettistica) che, in alcuni casi, replicano o hanno addirittura più successo dei prodotti ai quali si ispirano. Gli spettatori-consumatori degli anni 90 sono più interessati al consumo e alla manipolazione di elementi isolati che non a immergersi in un intero universo preconfezionato, come invece era accaduto con gli spettatori-consumatori di Gundam. L’opera di Tomino era stata infatti da subito pensata e progettata come capostipite di una serie di altre storie e prodotti perfettamente integrati gli uni negli altri, con, alla base, un complesso di dati, cronologie e personaggi coerenti e ben delineati. Nel caso di Evangelion, al contrario, Anno e la Gainax non avevano progettato sequel o ulteriori narrazioni complementarie da incastonare mano a mano sull’opera originaria; quello che fecero fu di prendere in considerazione e prevedere la comparsa di opere amatoriali derivate, andando così e inserire nell’anime dei precisi appigli sui quali i fan (e la Gainax stessa) avrebbero potuto far presa per poi svilupparli in maniere anche del tutto discordanti, o che niente avevano a che vedere se non per l’aspetto grafico, rispetto al testo di origine. Per fare un esempio particolarmente significativo, nell’episodio televisivo finale di Evangelion vi è una scena nella quale viene rappresentato un mondo parallelo a quello fino a quel momento raccontato, e vi si vede uno dei personaggi, Rei Ayanami, affrettarsi in ritardo verso scuola. La scena riprendeva un’illustrazione amatoriale che aveva iniziato a circolare tra i fan subito dopo la messa in onda dei primi episodi, e di cui Anno era venuto a conoscenza, nella quale il personaggio di Ayanami, schivo e taciturno, veniva all’opposto raffigurato come una persona energica e vivace. In Evangelion, quindi, il rapporto fra opera originale e spettatori-consumatori non è monodirezionale come in Gundam, ma si può dire che l’opera ufficiale simula in anticipo i propri stessi simulacri, assumendoli e integrandoli su di sè.
Da una parte abbiamo quindi Gundam a rappresentare un universo narrativo-commerciale chiuso e fortemente controllato, che può diramarsi all’infinito senza che mai questi sviluppi si sovrappongano, si neghino o si mettano in contraddizione – un universo al quale lo spettatore-consumatore può accedere per soddisfare la propria necessità di rifugiarsi in un mondo alternativo a quello reale; dall’altra sta invece Evangelion, un insieme semi-strutturato di dati narrativo-commerciali disposti a spirale e continuamente riarrangiati, riscrivibili e riscritti, nel quale contano di più i singoli tratti di questo o quell’aspetto dell’opera che non la sistematicità dell’insieme, e dal quale lo spettatore-consumatore pesca di volta in volta gli elementi che più lo stimolano in un determinato momento, senza curarsi della coerenza degli stessi con l’opera ufficiale di partenza.
Bibliografia
Alcune informazioni, dati e idee presenti nell’articolo sono tratti da:
– Azuma H., Generazione otaku. Uno studio della postmodernità, Jaca Book, Milano 2010
– Castellazzi D., Mobile Suit Gundam. Trent’anni nello spazio, Iacobelli, Roma 2010
Il programma televisivo di cui si parla verso la fine è una serie della NHK il cui titolo si può tradurre come “Bentornato per una lezione supplementare, maestro!”, in cui di volta in volta veniva chiesto a famose personalità giapponesi di tenere una lezione nella scuola elementare in cui avevano studiato da bambini. Qui si possono vedere alcuni fotogrammi tratti dal programma.
my two cents:
http://kaizenology.wordpress.com/?s=Eine+Anime+für+Alle+und+Keinen
Ottimo articolo, molto interessante. Spero di leggere altre cose di Gualtiero Bertoldi su NI.
@j: grazie mille per il link. sono riuscito finalmente a dare una lettura. direi gruppo di post molto interessante. in genere diffido di operazioni come quella che hai portato avanti tu, rileggendo con strumenti “alti” un prodotto della “cultura di massa” (scusa l’abuso di virgolette ma sono espressioni che considero inadeguate ma per le quali ora non trovo alternative valide). e tuttavia, devo ammettere che in più di un passaggio la tua analisi era veramente suggestiva e riusciva a trasmettere il fascino di evangelion (di cui, lo ammetto candidamente, io vidi ai tempi sono un paio di puntate ma la cui drammaturgia estrema mi aveva davvero colpito).
@jan: in verità sono già con il fiato sul collo di gualtiero (che è tipo il mio tumblero preferito). vediamo se riesco a strappargli ancora qualcosa.
Sì, devo ammettere che è un’ottima analisi. [Svelo le carte: Gundam non l’ho mai considerato, mentre sono un fan delirante e compulsivo di Evangelion]
Tempo fa, giocando con un amico, decidemmo di analizzare socio-antropologicamente NGE. Poi desistemmo, ma le chiacchierate restano nella memoria.
Non credo che (almeno per NGE) ci troviamo di fronte ad un “prodotto di massa”. Troppa teoria a fondamento (Bibbia, Cabala, principi di psicologia, di antropologia, di scienza, di tecnologia), troppa profondità, troppo il messaggio mediato per due robot che combattono…
In NGE è in ballo (e lo dico senza vergogna) la storia e il destino dell’uomo. L’autore manda il suo messaggio. Come Michelangelo, per citarne uno. E la battaglia per il destino dell’uomo si combatte principalmente dentro l’animo stesso dell’uomo – credo voglia dirci Anno. Dietro l’AT Field = le barriere sociali e psicologiche con cui ci difendiamo. Dentro. A fondo. Forse già dentro il grembo materno = dummy plug, la capsula contenente il pilota che si infila dentro l’Eva, la donna, la madre che ci genera e protegge. (http://it.wikipedia.org/wiki/Neon_Genesis_Evangelion)
Spero se ne parli ancora, e spero accada su NI.
A presto
J: leggerò con avidità :)
jan: grazie!
gherardo: ho in mente grandi cose (a dire il vero son due o tre argomenti, vedremo insieme quale potrebbe essere il più interessante) :D
Chiappanuvoli: be’, sì, in Evangelion ci sono molti elementi al lavoro (e parte del post è dedicata appunto a provare a spiegare come e perché ci sono questi elementi così configurati), ma il dato di partenza è che comunque l’opera è un prodotto televisivo finanziato e pensato prima di tutto per essere visto e seguito da milioni di persone, svolgendo anche la funzione di traino al merchandise ad essa collegato. È nella sua struttura essere un prodotto di massa, così come è nella sua struttura contenere dettagli che portino a un genere di interpretazioni che di massa non sono (e la genialità di Anno e dello studio Gainax sta anche qui, nel creare un’opera con più punti di ingresso e di uscita, usufruibili a piacere, o a seconda della necessità, da parte di chi la guarda).
saranno interessanti tutti e due o tre ;-)
ti quoto sul discorso “prodotto di massa” anche se in effetti la nozione di “cultura di massa” è stata profondamente rielaborata, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, e andrebbe oggi rivista e corretta (ma non è la sede e temo di non avere del tutto gli strumenti).
Articolo molto interessante, specialmente perché esco da un rewatch di Evangelion seguito da postaggio compulsivo a riguardo. Sto addirittura preparando un articolo solo sul ruolo del femminile nella serie, per dire. Tuttavia nel confronto con la precisione dell’universo di Gundam (osservazione verissima) terrei presente che, comunque, causa mancanza fondi la Gainax non ha realizzato la serie come avrebbe voluto, tant’è che i primi episodi hanno un ritmo e un dettaglio diverso degli eventi. Con due soldi in più credo che in realtà sarebbe venuta fuori molto meno criptica di com’è (tant’è che la prima parte di The End of Evangelion, Air, era effettivamente lo script che sarebbe dovuto essere dell’episodio 25).
Strano che nessuno abbia evocato quell’incrocio fra parodia, teatro dell’assurdo e metafisica in commedia che era il manga di Haruhi Suzumiya.
obbe’, solo perché Suzumiya Haruhi no yūutsu c’entra poco con Evangelion e Gundam: diverso il genere, diversi i riferimenti, diverso il contesto storico, diverso lo sviluppo di mercato sia all’origine (il marchio ha infatti origine da una serie di light novels, ovvero romanzi per adolescenti (o, per usare un termine ancor più equivalente seppur in altra lingua, “young adult”), scritti a partire dal 2003, e rappresenta un particolare momento di slancio e riconfigurazione del settore legato a questo tipo di narrativa popolare) che nello sviluppo. Magari, interesse permettendo, se ne potrebbe parlare in futuro :)
be’ grazie
mi permetto di segnalarvi che il termine “pop filosofia” è entrato nell’Enciclopedia Treccani. Come fonte viene citato proprio il volume Pop filosofia, in cui c’è il mio lavoro su evangelion
http://www.treccani.it/vocabolario/pop-filosofia/
Fa piacere vedere pubblicato un articolo così ben documentato, e professionalmente sviluppato, su questi temi. E per di più da un mio omonimo! Sono generalmente assai recalcitrante a discutere con tono accademico di animazione giapponese, perché lo trovo sbagliato e odiosi in molti modi, ma a volte sono necessarie eccezioni. Lo faccio comunque di fretta e di getto (o non ci riuscirei), e mi scuso preventivamente per i molti errori di battitura che sono certo disseminerò nel testo che seguirà.
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Fermo restando il giudizio positivo sull’articolo, trovo doverso far notare alcuni punti chiave che mi paiono errati o tralasciati nel testo.
-Su “Kidou Senshi Gundam”
E’ terribilmente tipico del pubblico e dell’accademia occidentale pensare al ‘realismo’ di Gundam in termini narrativi, ovvero di Real-SF, ovvero poi ancora di ‘real-robot anime’. Tuttavia, tale realismo narrativo è del tutto funzionale -in Tomino- a un altro tipo di realismo che era in effetti quello a cui il regista mirava: quello sociopsicologico. Si parla in questo senso di ‘real-drama’, in cui l’emento SF (il robot), sia esso realistico o meno, è comunque SF. Il fuoco dell’interesse del regista, in Gundam, non è certo la narrativa fantascientifica, di cui Tomino non è di per sé né cultore né tantomeno otaku, quanto il tentativo narrativo allegorico di rivolgersi educativamente a una nuova generazione e ai suoi problemi di crescita. L’idea è quella di proiettare una psicologia adolescenziale credibile in una situazione di guerra reale come le nuove generazioni non avevano potuto conoscere. Esperienze simili si erano già viste con precedente Zanbot-3, del resto, altro pinnacolo della produzione tominiana colpevolmente tralasciato dell’articolo. Il Gundam RX-78 è comunque nelle fattezze un modello fatto per essere riproducibile in modellino, come Bandai aveva imposto, ed è unico come un super robot, come Bandai impose (nel progetto originale sarebbe stato un prodotto in serie tanto quanto gli Zaku stessi). Ma non è questo il punto.
Il punto è la psicologia di Amuro e lo schiaffo di Light, e i dialoghi con Lala. Si noti che non sono un esperto di Gundam, ma non è necessario esserlo per capirlo. Verrebbe quasi da dire ‘anzi’, dato che proprio i sedicenti esperti di Gundam sembrano poi appuntarsi tipicamente sul mezzo e non sul fine narrativo dell’autore che, a differenza di Anno, non ha mai parlato a sé stesso, o alla sua ‘tribùì, con le sue opere: ma ai ‘nuovi giapponesi’ che vedeva nei giovani delle generazioni successive alla sua.
– Su “Shin Seiki Evangelion”
Benché anche questa parte dell’articolo sia molto documentata, ho rivenuto diverse imprecisioni. La più obiettiva è che Shinji credesse la madre morta nel Second Impact. Come tutti i Children, Shinji è nato DOPO il Second Impact, e chiaramente ha conosciuto la madre e se ne ricorda. Il fatto che avesse ‘rimosso’ il momento della ‘scomprasa’ di Yui assorbita dallo Shougoki non significa che ritenesse la genitrice morta prima della sua stessa nascita (?).
Vi sono poi errate cognizioni sul successo e non successo di Eva. Il fatto è che Eva partì come un piccolo progetto su una piccola TV (TerebiTokyo). Il suo successo non tardò ad arrivare con la messa in onda, in un crescando costante, e sicuramente esplose con l’uscita dell’home-video, ma in effetti l’anomalia era che non vi era uno sponsor di giocattoli a priori. Bandai si era rifiutata di produrre modellini di un robot “di un colore tanto improbabile”, e gli unici sponsor era SEGA e Kadokawa Shoten, secondo il modello di businness vagamente schizzato con Magic Knight Rayearth (la progettazione preventiva di anime-manga-videogiochi).
Le mosse da cui muove Eva, e i suoi contenuti, non hanno nulla a che fare con il cabalismo o l’architettura citazionistica religiosa, introdotta dai creatori giapponesi solo in virtù di una ricerca di ‘esotismo’ che nello spirito del tempo -quel tempo- faceva rima con esoterismo. Anno voleva il robot e l’opera chiamarsi Alcion, non Evangelion. L’idea fondamentale era quella di fondere i temi di ‘Devilman’ e ‘Ideon’ in un SF-robot real-drama a là Gundam. Poco conta la citazione dall’originale Mazinger-Z (Shinji vede in primis il volto del robot), o il topos del ‘sali sul robot che non hai mai visto e pilotato’, chiaramente strumentale -sino al limite della necessità- di una tipologia narrativa a puntate che vuole la fabula ‘ingranare’ sin da un primo episodio.
Anche Eva è un’opera grandemente freintesa. Di per me, ho avuto il privilegio di cenare e parlare con Sadamoto Yoshiyuki, Takeda Yasuhiro e Yamaga Hiroyuki. Ho visitato Hakone e tutti i siti in cui si colloca la serie, andando a ricercare il filo conduttore del sentimento della GAiNAX nel quartiere ShinSekai di Osaka, e poi nel parco dell’Expo ’70. Il punto di Evangelion, forse impercettibile al pubblico straniero, è che -nel 1995- Misato è una quasi trentenne non sposata e senza prospettive di matrimonio che vive da sola comprando i cibi al konbini. Il punto è il senso di alienazione passiva di Shinji, e il suo modo di rapportarsi al mondo interiore, tipico di un ragazzo sul crinale dei disturbi nella gamma dell’autismo. Il punto, come in ogni opera di Anno, è ovviamente il rapporto genitore-figlio, sdoppiato tra il padre discomunicante e la madre santificata (chi ha visto Nadia, ricorderà).
Ma la differenza fondamentale rispetto al referente Gundam è che Anno parlava a sé stessi, e ‘ai suoi’, e parlava di una condizione condivisa. Tomino assolutamente no, la sua era piuttosto una lezione frontale. Al contrario, Anno, vittima di una frattura generazionale dell’otakuzoku, avrebbe scoperto a sue spese come le sue angosie e terrori (fuan, zetsubou: parole chiave dell’opera mutuate dal dizionario di Kierkegaard) non corrispondevano precisamente a quelle del suo nuovo pubblico. Tuttavia, il successo dell’opera presso un pubblico generalista ansioso di avvertire una scossa lontana avrebbe cambiato il mercato, ovvero il modello di mercato, dell’animazione di quegli anni.
Oggi anche questa è storia di ieri, poi che altri mutamenti ancora avvennero.
-Gualtiero Cannarsi
Gualtiero, grazie per le precisazioni e gli addenda, graditissimi entrambi. Da vecchio IACer (da qualche parte ho ancora un mp3 della cena in cui canti le doti di Don Marco sull’aria della sigla di Daikengo) non potevo sperare in un intervento più puntuale e informato del tuo :)
Ahah, non sapevo che anche nel più duro degli zoccoli si celasse un “altro” Gualtiero! :)
In ogni caso, questo è davvero un posto pulito, e quindi bello, per scrivere sui temi più vari delle cose che intendano avere un senso. Non posso non complimentarmi con chi ha creato e gestisce questo spazio, e ringraziare l’amico che me l’ha segnalato, mentre medito le modalità di accettare un invito a collaborare gentilmente rivoltomi da uno degli editor di questi lidi.