Home-made porn e guerra santa
di Helena Janeczek
Un’ accozzaglia di estremisti cristiani fabbrica qualcosa che forse è soltanto un trailer di 13 minuti postato su Youtube o forse un film allungato con spezzoni di altre pellicole – nella migliore tradizione dei b-movie – visto qualche tempo fa da quattro gatti in una sala di Hollywood Boulevard. Senza dubbio, però, è un falso, prodotto arruolando dei poveretti convinti di recitare in un innocuo polpettone dal titolo Desert Warrior, e poi trasformato grazie al doppiaggio (soprattutto quello in arabo), in un vilipendio sistematico di Maometto. Una megaproduzione con un cast di 80 attori costata 5 milioni di dollari, sovvenzionata da 100 donatori ebrei e diretta da un ebreo israeliano di nome Sam Bacile, non è mai esistita.
Tali informazioni mistificatorie, non a caso attinte al repertorio sempreverde dei Protocolli dei Savi di Sion, fanno già parte della fiction, anzi rappresentano un ingrediente essenziale per farla detonare.
Questa è una delle novità del caso Innocence of Islam.
La violenza che fin qui abbiamo conosciuto dopo l’11 settembre 2001 è sempre stata insieme reale e spettacolare. Lo “Scontro di Civilità” nasce come guerra di immagini e di immaginari, dove ciò che viene reso visibile – deliberatamente o per caso- manifesta il potere di condizionare il corso degli eventi. L’efficacia della violenza-messaggio sperimentata in quei conflitti ha fatto sì che essa sia stata emulata in altri contesti, come nella guerra tra narcos messicani dove la prassi del taglio della testa ha conosciuto una diffusione parossistica.
Stavolta, invece, alcune menti nient’affatto raffinate hanno capito che si può fare a meno della minima goccia di sangue autentico per farlo scorrere nel mondo vero.
Bastano le immagini, la narrazione, la comunicazione in rete.
I precedenti più noti sarebbero la vicenda delle vignette danesi e, in tempi più remoti, la fatwa contro Salman Rushdie e i suoi Versetti Satanici. Il paragone è fuorviante, benché gli autori del video avranno tratto la loro lezione dagli esiti involontari di quegli incidenti.
Qui non è in gioco la libertà d’espressione, il suo diritto alla satira e alla visione critica, mentre per quella d’opinione siamo palesemente oltre il limite tracciato, secondo i criteri di diritto vigenti in Occidente, dall’intenzionale denigrazione e propaganda d’odio.
Solo di questo si tratta, in questo caso: di un semplice prodotto propagandistico, di uno strumento forgiato per fomentare odio e violenza, di un’arma. Un’arma politica impiegata con precisi obiettivi: dare man forte alla destra statunitense durante la campagna presidenziale e, al contempo, impedire un’evoluzione più democratica o anche solo più “moderata” nel mondo islamico post-rivoluzionario.
L’attacco all’ambasciata USA in Libia pare essere stato pianificato in precedenza, ma le rivolte di ieri in Egitto e Yemen rappresentano uno straordinario successo per gli incendiari.
Che ci fosse un legame sempre più stretto fra pornografia e violenza-spettacolo è stato ampiamente analizzato e commentato sia per le stesse immagini delle Twin Towers e dei loro “uomini cadenti”, sia per i video delle decapitazioni, sia per le fotografie di Abu Ghraib.
Ma solo dall’altro ieri abbiamo appreso che è possibile produrre ondate di violenza politicamente devastanti a livello planetario con i mezzi e i costi di un porno casalingo.
sinistre assonanze con il caso teheran-ambasciata americana che impedì la rielezione di jimmy carter
Credo che fosse tutto ampiamente pianificato per produrre ondate di violenza in concomitanza con un 11/9. Trovare qualcosa che “offende Maometto” è estremamente facile per certa gente fanatica, tra le cui vittime ci sono – non dimentichiamolo – anche i propri correligionari non abbastanza duri e puri.
Ci pottrebbe essere a esempio la Divina Commedia, dove l’eretico Maometto è posto all’Inferno. Ci potrebbero anche i Vangeli cristiani, nei quali Gesù mette in guardia dai falsi profeti che verranno dopo di lui: per i cristiani Maometto non è un profeta e nel crederlo e dirlo bestemmiano. Ci sono siti e libri zeppi di stupidaggini sull’Islam, disponibili a iosa in Internet. E c’è questo film talmente brutto da uccidere lui per primo di noia i suoi spettatori che non si capisce che bisogno ci fosse di dare una mano, si potrebbe notare amaramente.
Per gli integralisti è stato facile pescare una scusa disponibile tra le tante per cominciare a uccidere, in risposta a un “film” di infimo livello tra le tante cose che si trovano con facilità.
Quel che a me ha infastidito profondamente è stata la risonanza data al fatto che l’autore sarebbe stato un “israeliano” (leggi: un ebreo) in praticamente tutti i media. Come dire “noi non c’entriamo”… Era israeliano qui mmaq copto in Egitto. Ci deve essere gente bravissima a far girare voci alla bisogna, che toccano le corde profonde di quelli alle quali le bufale vengono vendute (sennò non comprano).
“Qui non è in gioco la libertà d’espressione, il suo diritto alla satira e alla visione critica, mentre per quella d’opinione siamo palesemente oltre il limite tracciato, secondo i criteri di diritto vigenti in Occidente, dall’intenzionale denigrazione e propaganda d’odio”
E anche questo però è profondamente vero: chi ha realizzato il film lo ha fatto con intento, sapendo quel che sarebbe successo o che sarebbe potuto succedere. Vi era lo volontà evidente di provocare. I fanatismi si offrono sponde e legittimano a vicenda; nella loro rete di odi incrociati siamo tutti vittime. L’unica via d’uscita sta nel buon senso dei più, che deve evitare che certe manifestazioni d’odio (anti islam in questo caso) abbiano il seguito per le quali sono state pensate e messe in atto.
Mi verrebbe da dire, ognuna di queste mosse sullo scacchiere dell’immaginario si presenta come completamente avulsa e nello stesso tempo è iperdeterminata dallo scacchiere dei conflitti reali irrisolti.
Riformulo l’osservazione: l’impasse dei conflitti e delle contraddizione reali, fa sì che in qualsiasi momento l’immaginario possa essere attivato e scatenato anche dai soggetti meno credibili e più marginali. E in questo immaginario ognuno può giocare la propria partita: il cristiano copto oltranzista, l’antisemita d’ogni provenienza, l’integralista musulmano. Dietro questo gioco d’ombre o a questa pornografia da casa, però, non c’è modo di ritrovare un mondo dalle giuste proporzioni: i conflitti sono tutti lì, perfettamente reali. La politica statunitense nelle guerre afgana e irakena, la politica israeliana in palestina, la politica dei gruppi terroristici islamici, e poi ci sono tutte le reali tensioni culturali e ideologiche: l’islamofobia di molti occidentali, il disprezzo per la donna e per la libertà intellettuale di molti abienti musulmani, ecc. ecc.
Forse è proprio la difficoltà a tenere assieme uno sguardo articolato sullo scacchiere reale a sollecitare questi scivolamenti di massa verso immaginari di grande semplificazione e mistificazione.
Ognuno, occidentale o meno, cristiano o musulmano, egiziano o statunitense, cova almeno due o tre nemici nel proprio seno, nemici interni ed esterni, nemci infraculturali, infranazionali, ed extraculturali e extranazionali. Solo che l’immaginario garantisce una liberatoria, effimera, semplificazione: un solo nemico e sufficientemente lontano, per immaginare che almeno il nostro campo è sicuro, omogeneo, controllabile.
Proseguo il ragionamento, per giungere a una piccola sintesi. Nella maggior parte dei casi, le priorità che una data cultura ha, in termini evolutivi e di equilibrio da (ri)costituire, riguarda innanzitutto se stessa, è una lotta e una dinamica interna. Più raramente avviene che l’equilibrio di una cultura dipende dalla sua capacità di lottare contro un’altra cultura, facendo muro della propria identità. Certo, le cose non appiaono così se ci poniamo in termini puramente politici, di puri rapporti di forza. In questo caso c’è sempre la possibilità di individuare un dominato e un dominatore: un popolo, una nazione, un gruppo etnico, che ne domina un’altro o un’altra. Ma in termini culturali, il nemico non è mai esclusivamente esterno, anzi, è per lo più un nemico interno.
Andrea, soprattutto il tuo primo commento mi sembra un’integrazione chiarissima e necessaria. Per farla semplice (e rispondere anche a Itzik). Ci sono mille pezzi di carta adatti ad attizzare il fuoco, ma in questo caso si è trattato della fabbricazione deliberato (e il fatto che sia orribilmente rozza non è un argomento attenuante) del fiammifero ben intinto nello zolfo.
Ma – tornando ad Andrea – il fiammifero non produce un gran danno se non cade su un terreno particolarmente riarso. Che il Medio Oriente e Nord Africa lo sia, non lo sappiamo solo da oggi. Un divampare di rabbia come quello di ieri e oggi richiama molte cose, perfettamente reali. Quelle che citi tu, i casini politici interni, i problemi sociali, la percezione dell’odio da parte dell’Occidente e così via.
Infuriarsi a partire da UNA cosa e darsi battaglia con gli sbirri – mica accade solo a piazza Tahrir e nei paraggi. Non bisogna fare troppi sforzi per ricordare esempi nostrani.
Anche lì c’era da dire, in fondo, le stesse cose.
Che la violenza non va, non perché cattiva, ma perché fa il gioco del nemico, il gioco della reazione e repressione.
E che nemmeno condannare la violenza risolve alcunché finché non si guarda in faccia alla realtà che fa venir voglia di spaccare tutto.
Comunque c’è un tweeter dal Cairo che ha riassunto in modo geniale.
“Il film che diffama il profeta Maometto non è un film, è solo un trailer. Noi siamo il film”. Armad H. Eggour @psypherize
Bello davvero il tweet…
Tornando a noi, Helena, oggi mi chiedo anche un’altra cosa. Quanto sia, in termini reali, quantificabili il danno provocato dal trailer suddetto. Chi, in Occidente, rappresenta quel trailer? (E’ come dire, quanto della vera sessualità delle persone rappresenta un film pornografico?) E chi, nel mondo arabo e musulmano, rappresenta l’odio scatenato contro l’Occidente? Detto, in altri termini, quanto, in questo gioco sull’immaginario, le maggioranze si fanno ipnotizzare dalle minoranze? Forse mi sbaglio, ma all’altezza dei famosi eventi e conflitti reali, tutto questo, trailer e reazioni incluse, non sarà forse un non-evento, o semplicemente un evento di una serie ormai rodata, minore, che semplicemente sta nell’epoca, ma non inventa né rompe nulla?
Gli pseudo-cristiani integristi che interrompono lo spettacolo di Castellucci sono davvero un evento, o fannoo parte di serie minori, come il tipo (ce n’è sempre almeno uno) che in coda alla posta sbrocca e inizia a imprecare contro l’Italia, lo Stato o il governo?
Nel caso dei cristiani che se la pigliano con Castellucci la diagnosi di minoranza abbastanza marginale (però politicamente non irrilevante) è piuttosto facile. Persino il casino assai più spaventoso sul caso Englaro non ha cambiato una virgola del fatto che la maggioranza degli italiani, cattolici inclusi, fossero a favore del testamento biologico e contro l’accannimento terapeutico.
Quanto le spinte reazionarie riescono a incidere, dipende da un sacco di variabili.
Molti cittadini occidentali saranno, al fondo, più o meno islamofobici (e impastati di altri pregiudizi), ma senza farne un contenuto delle loro vite. Per cui ti sembra normale andar d’accordo con il tuo collega d’origine magrebina, ti sembra normale baciare una tipa che si chiama Rachida ecc.
Dall’altra parte, non sono solo i simpatizzanti salafiti che sentono l’offesa di un film del genere o che hanno le loro gatte da pelare con gli Stati Uniti. Ma hanno anche loro una vita più vasta, più contradittoria, più ricca di altri desideri e altre rabbie.
All’epoca delle vignette danesi sono morte un centinaio di persone. Era l’irruzione di una rabbia che poi sembrava finita nel nulla. E dopo un tot di anni è invece venuto fuori qualcosa che non è stata la Rivoluzione islamica mondiale.
Non so cosa succederà stavolta. La situazione è molto più complicata e i conflitti aperti ovunque (i conflitti sociali, prima di tutto) potrebbero aiutare i ministeri della semplificazione con il loro pacco offerta low-cost del Nemico esterno.
Però le teste che pensano da sole non le fermi, e sono un preoccupante fenomeno globale.
Se capisco bene quel che Helena ha scritto e quel che ha letto in quel che ho scritto, credo di essere stato frainteso. Se così, ovviamente colpa mia.
Non intendevo giustificare o sminuire le colpe del film, che era volto e atto a produrre violenza. Volevo solo dire che non condivido la lettura “causa-effetto” che di questi fatti sono stati dati. Cioè non credo che il film abbia scatenato la violenza delle piazze, ma – considerata la data – secondo me ci possiamo trovare di fronte all’azione di pochi fanatici che hanno strumentalizzato all’uopo uno dei tantissimi materiali anti islamici che è facilissimo trovare in rete. Cose che “offendono Maometto” altrimenti ce ne possono essere dovunque a volerle cercare: la religione non favorisce il pensiero razionale. E questo è vero anche per i cristiani e per tutti. Insultare la fede dell’altro è tipico della destre clericofasciste dei tre monoteismi: si tratta del primo passo verso l’escalation.
Quindi sta alle persone di buon senso non rispondere alle provocazioni per spezzare la spirale di intolleranza che tanti, da fronti pretesi contrapposti, si sforzano di alimentare.
Purtroppo esistono fondamentalisti anche nelle religioni politeiste che in teoria dovrebbero essere immuni al fanatismo. Vedi in India, e non scherzano niente in quanto a violenza contro gli altri.
Al mio discorso manca un tassello, lo ammetto. Che è quello dei mullah salafiti, muniti di canali tv che hanno fatto girare il video e aizzato i fedeli.
Tutto qui, allora: il lavoro sporco di due destre clericofasciste?
Non so. Per quel poco che capisco mondo islamico, una rappresentazione del Profeta come cialtrone frocio e pedofilo (a parte il fatto che non prenderebbero benissimo, e giustamente, una roba del genere manco i cristiani se fosse applicata a Gesù Cristo) è vissuta come pesante affronto simbolico anche da chi non ha fatto della moschea o della madrassa il centro della propria vita.
I tizi che hanno fatto la frittata – cristiani arabi – questo lo sapevano benissimo.
Anch’io che non ho avuto una formazione religiosa di alcun tipo, avverto che qui si tratta di qualcosa di un po’ diverso. L’attacco alla fede coincide con l’attacco indifferenziato a tutti gli “islamici”. E’ razzismo dei più cattivi, in fondo (la stessa cosa che è stato e ancora è l’antigiudaismo).
Lo dico per chiarire (anche a me stessa) che secondo me qui non si tratta di schierarsi, alla fine, dalla parte di qualche barbuto più o meno invasato, ma di riconoscere quel che non possiamo accettare per noi stessi.
Il pretesto religioso è puntualmente abusato nei periodi di crisi economica. Mi scuso se debordo i temi trattati ma vorrei stimolare una riflessione. Studi scientifici attendibili ( http://comune-info.net/2012/09/quanto-manca/ ) indicano a breve (2020?) il punto di non ritorno dell’eco-sistema. Governi e multinazionali, per un verso sanno benissimo tutto questo e sono anche persuasi della fondatezza di quelle analisi e previsioni. Per un altro, fingono di non sapere o di non credere, convinti che solo in pochi ed i più forti si salveranno. Strategie di armamento militare, concentrazione di poteri (europa unita? degli stati o dei popoli? No, solo dei governi) , impoverimento del tessuto normativo dei diritti e delle tutele. In questo quadro , buttato qui in modo molto approssimato, dobbiamo attenderci molti, tanti episodi di chi dai processi para-democratici si sente escluso. Estrema destra, formazioni nazifasciste , fondamentalismi para-religiosi ed anche, certo, apparati terroristici di sinistra . Il senso geometrico del pensiero politico si struttura tanto più fortemente nei radicalismi quanto destra e sinistra assumono colori sempre più sbiaditi nei parlamenti europei. Connettere l’esiguità e l’alto costo delle risorse disponibili nel pianeta, quelle energetiche in testa, l’aumento esponenziale della popolazione terreste, alla crisi economica, la ridefinizione dei processi interni ed internazionali di sovranità, ai conflitti inevitabili, se si pensa – così come si pensa universalmente – che crescita e PIl risolveranno ogni problema, è un’attività ineludibile dell’intellettuale contemporaneo.
Confesso innanzitutto di non riuscire a seguire l’intervento che mi precede, che dice molte cose condivisibili, ma la cui correlazione mi appare carente.
Per il resto, la cosa che mi pare di leggere negli ultimi avvenimenti (e so pertanto di non essere in grande sintonia con chi è già intervenuto) è la minore capacità di controllo della situazione dei paesi della cosiddetta primavera araba da parte dell’occidente.
Partendo dal fatto che la madre dei cretini è sempre incinta, e che quindi occasioni di infiammare i musulmani ce ne saranno sempre, come di musulmani così facili a farsi infiammare ce ne saranno sempre, rimane dimostrato che anche chi non metteva in dubbio la radice occidentale delle rivolte arabe, aveva tutto il diritto di sperare che la presa dell’occidente non sarebbe aumentata così facilmente come altri temevano.
Che poi la violenza sia sempre una iattura, credo che non ci sia messaggio più ideologico di questo (scusa helena la franchezza…).
Mica ho detto che la violenza è sempre una iattura.
Mi riferivo alla frase nell’intervento del 14 alle ore 23,50
“Che la violenza non va, non perché cattiva, ma perché fa il gioco del nemico, il gioco della reazione e repressione”
Mi sembrava che ti riferissi ad ogni forma di violenza, mi scuso per il malinteso.
qui, una ricostruzione dei fatti successi dopo la pubblicazione del “trailer” su you tube:
http://www.rivistastudio.com/editoriali/politica-societa/come-siamo-arrivati-a-questo-punto/
E’ che sicuramente hai ragione in quel che dici. Questo è un punto che mi crea grandi dubbi e non so come trattarlo. Prima ancora che qualcosa sia atto a offendere l’altro e a scatenarne la reazione incontrollata, c’è il potere delle parole e delle rappresentazioni. Ci si trova di fronte alla necessità da un lato di salvaguardare la libertà di espressione, e dall’altro quello di non permettere espressioni che obliquamente incitino alla violenza, senza però disporre di strumenti oggettivi che permettano di distinguere l’espressione artistica o delle opinioni dalla violenza. E’ una vasta area grigia da affrontare con moderazione e apertura mentale.
Di certo è vero quel che dici: ci sono cose che non si possono fare. Non si può accettare personalmente di fare qualsiasi cosa. Sebbene l’etica non possa investire la sfera dello stato, *deve* investire quella delle scelte personali: questo film intendeva risultare gratuitamente insultante. A prescidere dall’inaccettabilità delle reazioni.
scusatemi mi è sfuggita la precisazione: rispondevo @ helena