To Elsie/A Elsie
di William Carlos Williams
I puri prodotti dell’America
impazziscono —
gente di montagna del Kentucky
o dell’estremo nord scanalato del
New Jersey
con i suoi laghi e le sue valli
isolate, i suoi sordomuti, ladri
nomi antichi
e la promiscuità tra
uomini strafottenti che si son dati
alle ferrovie
per il semplice gusto dell’avventura—
e giovani sciattone, risciacquate
di sporco
dal lunedì al sabato
per essere quella notte raggirate
con ciarpame
pescato in un immaginario che non possiede
tradizioni contadine per conferirgli
carattere
ma solo sfoggio e sfarfallio del cuore
semplici stracci che soccombono senza
emozione
salvo un attutito terrore
sotto siepi di ciliegio della Virginia
o di viburno–
che non sanno esprimere —
A meno che non sia un matrimonio
magari
con uno spruzzo di sangue indiano
a sfornare una ragazza così desolata
così accerchiata
di malattia e assassinio
che possa essere riscattata da un
agente–
allevata dallo Stato e
a quindici anni mandata a lavorare
in qualche oberata
casa nei sobborghi–
qualche famiglia del dottore, qualche Elsie
acqua voluttuosa
che esprime con mente
spezzata la verità su di noi —
i suoi grossi
sgraziati fianchi e seni cascanti
rivolti verso monili
da quattro soldi
e ricchi giovanotti dagli occhi belli
come se la terra sotto i nostri piedi
fosse
l’escremento di qualche cielo
e noi prigionieri degradati
destinati
a patir la fame finché non mangiamo sporco
mentre l’immaginazione si affanna
dietro a cervi
che attraversano campi di verga d’oro
nella soffocante calura di settembre
in qualche modo
sembra distruggerci
Solo in chiazzette isolate
qualcosa
viene rilasciato
Nessuno
per testimoniarlo
e aggiustarlo, nessuno per guidare l’automobile.
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The pure products of America
go crazy—
mountain folk from Kentucky
or the ribbed north end of
Jersey
with its isolate lakes and
valleys, its deaf-mutes, thieves
old names
and promiscuity between
devil-may-care men who have taken
to railroading
out of sheer lust of adventure—
and young slatterns, bathed
in filth
from Monday to Saturday
to be tricked out that night
with gauds
from imaginations which have no
peasant traditions to give them
character
but flutter and flaunt
sheer rags-succumbing without
emotion
save numbed terror
under some hedge of choke-cherry
or viburnum-
which they cannot express—
Unless it be that marriage
perhaps
with a dash of Indian blood
will throw up a girl so desolate
so hemmed round
with disease or murder
that she’ll be rescued by an
agent—
reared by the state and
sent out at fifteen to work in
some hard-pressed
house in the suburbs—
some doctor’s family, some Elsie—
voluptuous water
expressing with broken
brain the truth about us—
her great
ungainly hips and flopping breasts
addressed to cheap
jewelry
and rich young men with fine eyes
as if the earth under our feet
were
an excrement of some sky
and we degraded prisoners
destined
to hunger until we eat filth
while the imagination strains
after deer
going by fields of goldenrod in
the stifling heat of September
Somehow
it seems to destroy us
It is only in isolate flecks that
something
is given off
No one
to witness
and adjust, no one to drive the car
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Il primo – celebre- verso di questa poesia era venuto in mente a un’amica traduttrice dopo la strage di Newton. Così ho visto che non si trovano traduzioni in italiano su internet e ho provato a cimentarmi io. Elsie – a quanto pare – era una ragazza un po’ disturbata che dava una mano in casa alla moglie di un dottore del New Jersey. Il dottore era William Carlos Williams. (hj)
“. . . qualche Elsie
acqua voluttuosa
che esprime con mente
spezzata la verità su di noi”
il sogno-America spezzato, il verso spezzato sulla mente spezzata, in una lingua tutt’altro che “broken”, quella che ti aspetti dai mezzosangue e dai disperati di chissà dove – diventano una parlata lunga come la pianura, che singhiozza in terzine
grande, grande poeta di una nazione già allora piena di allucinazioni
grazie h
Che ritmo, che forza. Si vede da dove vengono Ginsberg e tutti i beat. Non sono in grado di giudicare una traduzione di poesia, ma funziona di brutto.
Grazie.
Beh, ci sono traduzioni anche in internet, e questa è buona, ma consiglio di leggere quella contenuta (e la relativa interpretazione) in (appunto) “I frutti puri impazziscono” di James Clifford ,Bollati Boringhieri. (e devo dire che la scelta “frutti” sarebbe da preferire a “prodotti”)
Grazie della traduzione Helena, mi è molto piaciuta.
Grazie a tutti!
@alessandromeis
Perché non pubblichi qui la traduzione di Clifford?
Tradurre è ermeneutica per cui più versioni di un testo si hanno più è possibile inoltrarsi nella polisemia del medesimo.