Satura – Parodie

di Daniele Ventre

1.

Gli ominidi del paleolirico
si estinsero per consunzione
estetica e rarefazione
dell’antico ossigeno onirico.

Non rimasero che tribù
di avanguardisti andati a male
stretti al rifugio postglaciale
a dettare arguti tabù.

Così vennero in fin di storia
le iene critico-mortuarie
per le esequie abitudinarie
e i lauri offerti alla memoria.

Ora i fossili di metallo
pesante e le voci leggere
sfilano in paramenti e cere
fra pedine in pose di stallo.

Nel frattempo tu spandi a credito
spazi bianchi senza mercato
per chi ti loda a malcelato
scherno il pregio d’essere inedito.

Sarà che abbiamo la mania
di canonizzare i beati
e di bruciare l’eresia
nel processo dei trapassati.

* * *

2.

Del resto i piatti preconfezionati
non sono troppo di gusto –Il deserto
d’oro riflesso nella birra bionda
era lo specchio dell’età di mezzo
e di una mezza età senza biglietto
sul tram di mezzanotte –Lo sentivo
che parlava da solo Il signor Hythloday
sottofondo un Gargano di taranta
power failure e via coi quattro salti
dalla padella nella brace –E forse
ti diranno che sì sèi pessimista
ma giusto un po’ (sarà la tua natura
per volontà di rappresentazione
in te per te) –Che al buio sì ti interroghi
la lampada da ufficio sulla faccia
contro gli occhi abbagliati in cerca d’alibi
e capisci che certo sì la vita
si fa di incontri scontri di chiamate
e di scopate –Una erinni che scopa
sul soffitto con graffi di saggina
e raffi di vagina e di vagiti
e schiaffetti al didietro –E sì le ipotesi
considerate non altro ci dicono
se amici se irrelati intimi o meno
(a parte il turpe l’ovvio che fa fico)
e comunque non sanno poi di nuovo
–Perché poi ogni bocca ha troppi denti
magari forse per mangiarsi meglio
bambina mia –O per mordere almeno
quando ti va di scorticare il teschio
di tornare all’origine e ai frammenti
di qualche pensatore un po’ sciamano
che la conferma rimane in astratto
e da sola si cassa la verifica
–Ma resta l’opinione inopinata
ma senz’altro opinabile a sostegno
dei passaggi sfumati e basculanti
nel dire senza dire. E fosse ancora
adesso il tempo dell’esperimento
–però sperimentare non c’è colpa …
E sì la filogenesi ripete
l’ontogenesi –o forse era il contrario–
a risognarsi nel futuro andato
a incominciare a bersela a finirsi
nel mezzo della via di vostra vita
che va pezza per pezza senza appoggio
alla sentenza senza alternativa
(diceva Tina e ti rubava il latte)
e non c’è colpa che non te la cerchi
–Quadri astratti e distratti e senza testo
e metà testo torna operativo
qualche oggetto che serve a qualche cosa
che non ricordi scopo né funzione
–verificare l’alibi di nuovo
la lampada da ufficio sulla faccia
che facevi sul tram di mezzanotte
nel mezzo della via di nostra Tina
che speculava sulle obbligazioni
e ti lasciava a piangere sul latte
rubato senza versarne una goccia
nella gola ai vagiti –Disorienti
la luce degli orienti e dei suoi dèi
finiti senza inizio all’infinito
e viceversa –che l’otto si è chiuso
e tutto scorre come nei frammenti
del vecchio pensatore un po’ sciamano
a seppellirsi in mucchi di letame
limandosi di vita e malattia
prescrivendo la morte confessando
a sé stessi il dolore insuperato
–Che forse puoi rimuoverlo il fardello
per un momento e pensare alle cose
leggere buone –Ma resta la vita
quella degli altri che si specchia in noi
come nel gioco delle canzonette
di quattro salti da padella in brace
–Che tutto scorre e dopotutto perde
dal rubinetto per gocce cinesi
di persistenze preconfezionate
sempre uguali e diverse come l’onda
inquinata da un velo di gasolio

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daniele ventre
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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).