Orient-Express : Ye Funa

Come dirsi Cinesi

di Barbara Waschimps

YEFUNA, Minority Scenery, 2013,Lightbox, 110 x 220 cm. ©Ye Funa
YE FUNA, Minority Scenery, 2013,Lightbox, 110 x 220 cm. ©Ye Funa

 

La ridefinizione di un’identità culturale nel composito sistema cinese è un’istanza fortemente sentita dagli artisti contemporanei. Soprattutto coloro che sono nati negli anni 80 (i cosiddetti balinhou) si sono trovati immersi nella standardizzazione che passa sotto il termine glamour di globalizzazione subendone la eccessiva velocità e, di conseguenza, non avendone esperito il processo. E’ il caso di Ye Funa, classe 1986, in mostra con la sua prima personale in Occidente presso la storica galleria parigina Pièce Unique* 1.
Artista definita concettuale, nelle sue foto e nei suoi video mette in scena con maestria tecnica, precisione formale e fisico coinvolgimento una rilettura di modelli fortemente caratterizzanti della recente memoria collettiva cinese.

Ye Funa cresce come ogni suo coetaneo bersagliata da cliché piatti, limitati e impoveriti, imposti con dovizia dalla televisione e dal cinema. La sua reazione iniziale è quella di entrare nella parte: “Mi chiedo sempre se la nostra cosiddetta identità non sia in realtà un altro ruolo.”(YF) L’imitazione, il travestimento, la recitazione diventano fin dall’ inizio un prisma ottico per decodificare la realtà, agendone in sostanza i codici. Ben presto, tuttavia, Ye Funa decide di volgersi verso un sostrato piu’ autentico, con il fine (e il bisogno) di restaurare la visione di una memoria concreta, sfaccettata, che rappresenti il patrimonio umano che sta dietro l’immagine apparentemente monolitica del gigante cinese. Nei fatti, si orienta verso il periodo storico che precede la sua generazione.

Le serie Nationalities Illustration Covers e Family Album esposte a Parigi sono tra i progetti piu’ significativi dell’artista e rispondono, in due modi differenti, alla ricostruzione di questa memoria. Sono il recto e il verso, la macro e la microanalisi di una cultura proteiforme.

 

Nationalities Illustration Covers

Nationalities Illustration Covers è il frutto di un monumentale lavoro che Ye Funa compie dal 2008 al 2012 documentando l’evoluzione dell’immagine delle minoranze etniche nei media cinesi. Immagine che si basa, ci indica, su stereotipi originati negli anni ’50. La strumentalizzazione di una visione idilliaca, quasi arcadica, di minoranze che il sistema centrale desiderava mostrare come perfettamente integrate collimava con la propaganda di un governo di successo e democratico. In pratica si vetrificavano le caratteristiche culturali per rivendicarne l’appartenenza. Ye non esita a coinvolgere amici e conoscenti , lavoratori e operai affinché incarnino i personaggi rappresentati sulle copertine del Mingzu Huabao (= Nationality Pictorial, pubblicazione edita per 50 anni dal Partito Centrale e da lei minuziosamente studiata e ricreata con perfezione quasi maniacale). Ye Funa è nata a Kunming, capitale dello Yunnan, una regione che vede la presenza di 25 etnie riconosciute nell’ambito delle 56 ufficiali, e dove ha sede l’ Università delle Minoranze: “uno dei dieci istituti nazionali istituiti sin dal 1949 al fine di educare il personale indispensabile per la propaganda della politica nazionale del Partito” 2 . Sua madre appartiene all’etnia Bai, la seconda  per numero. Non stupisce quindi la ricettività di Ye Funa nei riguardi dell’argomento.

I lavori compresi in Nationalities Illustration Covers si compongono delle foto delle copertine delle riviste originali del Minzu Huabao affiancate a quelle ricostruite da Ye Funa attraverso un’elaborata mise en scène.

 

YE FUNA, Front Cover - National leaders, 2008. Video: PAL, 2', colore, muto, cm 54 x 33.  Foto: stampa digitale, cm 75 x 55 ©Ye Funa
YE FUNA, Front Cover – National leaders, 2008.
Video: PAL, 2′, colore, muto, cm 54 x 33.
Foto: stampa digitale, cm 75 x 55 ©Ye Funa

 

In ‘National Leaders’ sono quattro guardie di sicurezza ad incarnare una foto storica, quella dell’agosto del ’56, in cui il Panchen Lama, Mao Zedong, e l’attuale Dalai Lama camminano affiancati e sorridenti durante un incontro con le 56 minoranze etniche. Nel video gli attori si muovono impercettibilmente, come provassero la posa per lo shooting. Mao sembra tenere per mano il Panchen Lama; il Dalai Lama tende per due volte il suo braccio verso il Grande Timoniere, invano.

Il corposo lavoro sulle Nationalities Illustration Covers di cui la mostra parigina espone 11 composizioni fotografiche e 3 video, culmina nell’ incantevole Minority Scenery che ne riassume l’intero significato. Sullo sfondo di uno scenario di cascate caro alla tradizione pittorica cinese, Ye Funa pone gli attori abbigliati secondo la tradizione dell’etnia corrispondente componendo un rondo’ corale e gioioso di convivenza. Nessuna divisa, nessuna bandiera. Ye Funa sottolinea in tal modo che nella memoria collettiva l’identità culturale non è il risultato dell’ assimilazione da parte del modello dominante, ma deve rappresentarne una parte integrante e distinta. E nel redifinire questa memoria Ye Funa ne restituisce prima di tutto i codici (visuali e linguistici).

Un’ archeologia del Sé: Family Album

Family Album è il secondo progetto di ampio respiro cui Ye Funa lavora dal 2010 al 2012. In brevi video e foto l’artista mette a confronto nuovamente l’originale con il restituito attuale, le antiche fotografie di famiglia con quelle da lei ricreate, senza fotomontaggi, nelle quali interpreta quasi ogni singolo personaggio. Nei primi video della serie, da lei stessa definiti come moving images, le voci registrate sono quelle dei personaggi originali intervallate con i suoni delle conversazioni familiari in dialetto. Nei video più recenti in mostra a Parigi, la suggestione evocativa diventa più intensa. Un lavoro che partendo da una traccia personale assume un significato storico e documentario che “riconcilia finzione e realtà, esibizionismo e voyeurismo, attore e spettatore” (YF).

 

 

YE FUNA, My maternal grandparents and me,2012, Video PAL, 3’20”, muto , b/n, dimensioni variabili. ©Ye Funa
YE FUNA, My maternal grandparents and me,2012,
Video PAL, 3’20”, muto , b/n, dimensioni variabili.
©Ye Funa

 

L’atto del mettersi in scena non è mai un mero espediente in arte contemporanea, ed è un tratto comune a molti artisti della generazione che precede Ye Funa. E non c’è bisogno di richiamarsi a Cindy Sherman per trovare un esempio di auto-rappresentazione fotografica en deguisé . Basti pensare alla serie Urban Fiction di Xing Danwen (artista ora in mostra a Milano in una personale piuttosto tardiva, ma i cui lavori la galleria Pièce Unique ha presentato a Parigi a partire dal 2004) laddove è l’artista a calarsi nella parte dell’attore. Tuttavia Xing Danwen in quelle opere descrive una contemporaneità urbana composta da milioni di satelliti di solitudine. Le figure da lei interpretate si perdono, isolate, nelle forme in colorato cemento di una repentina urbanizzazione. Xing descrive la “disintegrazione e liquefazione del Sé“ generata dalla distruzione e ricostruzione delle città cinesi, anticipata da Hanru e Obrist nel ’97 3. Xing Danwen nasce nel secondo anno della Rivoluzione Culturale (66 – 76) e inizia a fotografare durante i moti di piazza

Tiananmen (1989). Ye Funa nasce nel 1986. I contenuti sono necessariamente differenti, e quanto. Lo scarto generazionale di un solo ventennio diventa emblematico dell’evoluzione dell’arte cinese contemporanea.

Dopo la Rivoluzione Culturale e la morte di Mao, le Accademie poterono riaprire i battenti e nuovi linguaggi e contenuti trovarono finalmente spazio, grazie anche alla politica della “porta aperta” instaurata da Deng Xiaoping. Dal 1985 al 1989, (anno della leggendaria esposizione China Avant-Garde  al National Art Museum di Pechino – e dei fatti di Tiananmen) la Cina conosce l’esplosione del cosiddetto ’85 New Wave Movement (Bawu yundong o Bawu xinchao). Nei soli due anni 1985-86 29 province vedranno la nascita di circa 80 gruppi artistici. La scena di Pechino è intensa e provocatoria -come descrive Xing in una bella intervista per Art in America 4 . Tra gli artisti della capitale ci sono Zhang Huang, Ma Liuming, Zeng Fanzhi, giusto per citarne alcuni 5. Una delle principali correnti di quegli anni farà capo al Southwest Art Research Group (Xinan yishu qunti), che unisce tredici artisti dello Yunnan e dello Sichuan. Caratterizzato da un approccio soggettivo e anti-razionalistico il gruppo ha le sue punte di diamante in Zhang Xiaogang, Mao Xuhui e Ye Yongqing.

 

YE FUNA, My Parents and me, 2012.Video: PAL, 5’, muto , b/n, dimensioni variabili .Foto: stampa digitale, 70x70 cm ©Ye Funa- nella foto in basso Ye Yongqing e Fu Liya, ripresi nella loro casa di Kunming nel 1984.
YE FUNA, My Parents and me, 2012.
Video: PAL, 5’, muto , b/n, dimensioni variabili .
Foto: stampa digitale, 70×70 cm ©Ye Funa- nella foto in basso Ye Yongqing e Fu Liya, ripresi nella loro casa di Kunming nel 1984.

 

Nel 1999 Ye Yongqing, che era stato appena classificato come uno dei venti artisti d’avanguardia più autorevoli degli ultimi due decenni da Asian Art News, istituisce un cenacolo artistico all’interno di una villa vecchio stile di Kunming, che chiama “Upriver Club”. Mentre il concetto di gallerie d’arte era ancora nuovo per la Cina, l’“Upriver Club” divenne il primo luogo di promozione in Cina gestito da un artista, e ospiterà i lavori di Xu Zhongmin, Xin Haizhou, Fang Lijun, Zeng Fanzhi, Yue Minjun, and Zhang Xiaogang. Ampliando il suo raggio d’azione, un anno dopo Ye Yongqing creerà “LOFT”, uno spazio poli-funzionale ricavato nei locali di una vecchia fabbrica, sempre a Kunming. Nel giro di un anno “LOFT” diventa una comunità capace di ospitare più di trenta laboratori di pittura, quattro gallerie, due ristoranti, quattro bar, una libreria, una società di scambio culturale e diversi atelier di design e di fotografia. Nulla del genere esisteva prima in Cina. Dal 2004 Ye Yongqing torna con la famiglia a Pechino, per spostarsi infine a Dali, città natale della moglie, ma continuerà la sua opera di curatore ed organizzatore parallelamente alla personale attività artistica, divenendo uno dei più celebrati artisti cinesi contemporanei.

 

YE FUNA, 2012,Pregnant maternal grandma and me. Video: PAL, 5' , colore, muto, dimensioni variabili. Foto: stampa digitale, cm 70x70 ©Ye Funa
YE FUNA, 2012,Pregnant maternal grandma and me.
Video: PAL, 5′ , colore, muto, dimensioni variabili.
Foto: stampa digitale, cm 70×70 ©Ye Funa

 

Ye Funa è decisamente figlia d’arte dunque, eppure ad una prima lettura non vi sono punti di contatto con la generazione che l’ha immediatamente preceduta. E’ in questo figlia del suo tempo: si laurea a Pechino alla Central Academy of Fine Arts; consegue il master al Central St. Martin’s College of Art di Londra. Di questo tempo padroneggia tecnicamente tutti i mezzi. Ma a differenza di altri artisti suoi coetanei (mi riferisco anche agli scrittori, come Han Han o Chun Shu) non mette in risalto un’alienazione generazionale o una rivolta contro i sistemi educativi. Non è più un’esibizione di sé quella di Ye Funa; finita la drammatizzazione presente in altri suoi lavori. Piuttosto si tratta di un’ archeologia del Sé, come è stata definita, e il suo lavoro, assolutamente unico, conduce a ripensare l’ingombrante passato recente del suo paese in modo nuovo, lucido, individuale, fino a rivelare anche dettagli potenzialmente sovversivi. In un periodo in cui la generazione di Ye Funa ancora non può accedere ad una informazione libera, puntare l’indice su un’epoca che il sistema considera gloriosa per riportarne in luce ciò che non è da sottolineare definisce Ye Funa come artista dalla forte maturità e consapevolezza, pronta a riprendere un ideale testimone. La figurina sottile e intensa che ‘agisce’ la madre di sua madre incinta ci guarda con fiera enigmaticità come a dire: se la fotografia è memoria, la memoria sono io.

YE FUNA, Galerie Pièce Unique, Parigi,

4, rue Jacques Callot e 26, rue Mazarine, 6° Arr.

fino al 31 maggio 2014

 

 

 

 

NOTE
  1. voluta nel 1988 da Lucio Amelio e gestita dopo la sua scomparsa con indomito impegno da Marussa Gravagnuolo e Christine Lahoud. Ringrazio le direttrici per avermi messo a disposizione il materiale biografico e iconografico relativo all’ artista.🡅
  2. Cristiana Turini, Società multietnica e pluralismo culturale: considerazioni su problemi delle minoranze etniche nella Repubblica Popolare Cinese, MONDO CINESE N. 101, maggio 1999🡅
  3. Cristiana Turini, Società multietnica e pluralismo culturale: considerazioni su problemi delle minoranze etniche nella Repubblica Popolare Cinese, MONDO CINESE N. 101, maggio 1999🡅
  4. Richard Vine, Beijing Confidential, Xing Danwen, Art in America, Febbraio 2010, USA, P84-93 – http://www.danwen.com/web/press/pdf/2010_ArtinAmerica_XingDanwen_Feb.pdf🡅
  5. per onore di cronaca in quegli anni Ai Weiwei si trova a New York, da dove farà ritorno nel ’93. A seguito degli scontri di piazza Tiananmen, Ai Weiwei organizzerà uno sciopero della fame di otto giorni, insieme al collettivo Solidarity for China. 🡅

2 COMMENTS

  1. refuso: Minzu, non MinGzu.

    Come ognun sa, le minoranze nazionali cinesi danzano e cantano in continuazione, cristallizzate in un sorriso senza scampo.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017