Overbooking: Roberto Arlt
Scrivere per seminare il panico
Breve viaggio nella letteratura di Roberto Arlt
di
Alessio Arena
“Arlt è il traduttore di Dostoievski in lunfardo”
Juan Carlos Onetti
L’irriducibile Artl, ostinato contraffattore della sua biografia e autore di un’opera sfacciata e onesta, vive negli ultimi tempi un rinnovato interesse editoriale, grazie soprattutto alle precise traduzioni di Raul Schenardi, che per Sur Edizioni ha tradotto recentemente la raccolta di racconti “Scrittore fallito” e per la salernitana Arcoiris ha invece riscattato la nouvelle “Un viaggio terribile.”
Il vero fondatore della città moderna nella letteratura argentina, che per primo la plasma definendone i limiti e le zone d’ombra con una lingua strampalata e una sintassi, all’epoca, censurabile, quella Buenos Aires che avrebbe lasciato in eredità a scrittori come Cortázar, Sabato e Piglia, Roberto Arlt conquista sempre più lettori, che si lasciano facilmente ammaliare dall’universo dell’argentino con accento tedesco, come alcuni lo definivano, lo scrittore autodidatta che odiava parlare di letteratura e che intendeva invece la sua occupazione come un doveroso esercizio di solitudine, l’unico paesaggio possibile per produrre dei libri che si leggano come pugni in faccia, che racchiudano la violenza di un cross, un montante alla mascella, come egli stesso scrive nella celebre introduzione al suo romanzo “I lanciafiamme.”
Certo tradurre Arlt non è un lavoro facile: i suoi racconti, i romanzi e soprattutto le Aguafuertes porteñas, i testi della rubrica che curava sul giornale El Mundo e che gli procurarono una certa popolarità, facendo impennare le vendite del giornale, rendono visibili, per la prima volta nella storia della letteratura argentina, i tuguri, i conventillos, le case collettive dove convivevano diverse famiglie, affittando ognuna di loro una stanza, e soprattutto il clima di ostilità vissuto in una città come Buenos Aires tra gli emigranti europei che l’avevano sognata come il luogo delle speranze e che, nella maggior parte dei casi, non avevano tardato a comprendere di essersi sbagliati.
La lingua di Arlt, teatrale e ricca, quando non scende a compromessi di trasparenza e di leggibilità, che pure succede spesso nei suoi articoli, letti normalmente anche da manovali, artigiani, negozianti, riproduce tutta la musicalità e il carattere essenzialmente “misterico” del lunfardo, la lingua dei bassifondi – “ese código entre dos para que no se entere un tercero” –sulla quale si sarebbe fondata anche la poesia del tango, l’espressione più autentica di questo argot.
Tra le due più recenti pubblicazioni in italiano, tradotte da Schenardi, il lungo racconto “Un viaggio terribile”, incluso nella collana “Gli eccentrici” di Arcoiris Edizioni, rappresenta, per il lettore che voglia iniziarsi al mondo di Roberto Arlt, una corsia preferenziale per scoprire la ricca e personalissima opera dello scrittore argentino.
Derivata dal soggiorno di Arlt in Cile nel 1940, solo due anni prima della sua prematura morte a Buenos Aires, questa nouvelle contiene infatti molti interessi manifesti nella vita e nella letteratura del suo autore.
Scritto a partire dalla fusione di due racconti precedenti, “¡S.O.S.! Longitud 145″ 30’, latitud 29″ 15” e “Prohibido ser adivino en este barco”, il libro narra il tremendo viaggio di una nave che parte dal porto di Antofagasta verso il Panamá, e che sta per concludersi tragicamente, per il narratore e per gli altri singolari passeggeri, quando la navigazione procede di fianco alla costa del nord del Perù.
La Blue Star, così si chiama la nave, inizia il suo viaggio nel più terribile dei pronostici proprio perché ha adottato questo nome cambiandone l’originario, la qual cosa, secondo l’allucinato cugino del narratore, basterà a decidere il destino di tutto l’equipaggio. Ma in fin dei conti, la “traversata del terrore” benché stia lentamente spingendo la nave verso il centro di un pericolosissimo vortice nell’oceano, non è poi tanto spaventosa per il carattere inesorabile di tale evento, quanto per le spropositate e assurde reazioni dei passeggeri: una piromane, una femminista svedese che finisce addirittura per invaghirsi del figlio di un emiro, un pastore metodista, un conte marpione col vizio di rubare: tutti personaggi di una studiata corte di miracoli che traghettano verso la parodia e la letteratura dell’assurdo un racconto che, almeno nelle prime pagine, potrebbe far pensare a un’avventura di Jules Verne.
È indicativo del rapporto che Arlt aveva con la sua scrittura, dei tempi forsennati della sua produzione letteraria, il fatto che, come ho già detto, per costruire questo racconto ne riprendesse due precedenti, e finisse per amalgamarli nella stessa narrazione. Conseguenze, senza ombra di dubbio, di una vita sacrificata al durissimo laburo di inventare storie, anche ogni giorno, secondo i dettami della carta stampata, per tentare di reagire meglio alla quotidianità o per capire che la soluzione stia proprio nell’arrendersi, nello smettere di cercare un senso, nell’ accettare, magari anche con una certa eleganza, con un minimo di compostezza di pensiero, l’inequivocamente assurdo corso degli eventi, come l’orribile vortice aperto in mezzo all’oceano che attira verso di sé una nave di infelici.
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Le Aguafuertes porteñas sono appena uscite in italiano per Del Vecchio di Roma, collana «formebrevi», nella traduzione di Marino Magliani e Alberto Prunetti:
http://www.delvecchioeditore.com/libro/cartaceo/158/acqueforti-di-buenos-aires