Extraterrestrial Activity #1 : Confessione

di Bob Perelman

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Gli alieni abitano la mia estetica
da decenni. Praticamente dagli anni Settanta.

Prima che iniziassi a scrivere come
il me attuale, ma giovane. Eppure

qualcosa deve essermi accaduto alla memoria,
allo spirito di giudizio – è evidente:

sono stato condizionato. Le vecchie cose,
il bivio nella testa, il mio

primo casa base, papà che cade
dalla macchina. Io ricordo le parole

ma non so tornare indietro. Penso
proprio che stiano monitorando le mie

sensazioni. È certo: le mie categorie
sono state scompigliate. Osservo le antologie

nelle grandi catene librarie, sugli scaffali
delle università, persino i piccoli editori

come case d’oppio, tutte quelle stanze
sullo spazio bianco: sembrano giusto modelli

usciti dai cataloghi. I modelli hanno
braccia e gambe e una testa,

le poesie solitamente no, ma a parte
questo, è dura, almeno per me,

distinguerle. C’è la poesia tipo biancheria
sexy, quella in tuta da lavoro

da indossare a una festa mascherata
in caso di necessità, la piccola

blasfema sottoveste in versi. C’è varietà,
dici: lo stile Oxford chiusa con

lacci intrecciati a mezza-rima; l’epica toga
che lascia scoperta qualche caviglia antica;

la Guarda! Il mondo è cambiato!
E infine vesto fluente casual con

gli shorts; poi il nudo integrale;
il disintegrato… Sì, suppongo ci sia

varietà, ma gli sguardi, quelli avanzano
e mi leggono dal di dentro

il tu rinchiuso insieme al mio
dispositivo facciale di Riconoscimento Capitale Culturale!

No grazie, Jay Peterman! No grazie,
“Sera qualunque a New Haven”! Sto

solo aspettando il biglietto di ritorno
per avere un qualche senso, aspetto

che calino le nuvole-a-padella! Le autorità
negano ci siano incursioni, non sorprende.

E io stesso le nego, pensate.
Cosa potrebbe motivare un gruppo di

tentacolosi viscidi estetisti dalle teste oblunghe
con tecniche molto oltre le nostre

a visitare la terra, rapire ingenui
poeti e inculcare in loro forme

ultramondane che sono persino, se credi
ai tabloid, lascive? E questi rapimenti

sembrano sempre aver luogo in qualche
ambientazione di provincia: non risulta più

che sospetta la cosa? Perché mai
non si manifestano sul tetto di

un editore newyorchese? Non sarebbe male
avere delle risposte soddisfacenti a riguardo…

potremmo imparare qualcosa, sulla poesia se
non altro, ma io non sono

di grande aiuto, essendo un rapito,
almeno in teoria, sebbene, come ho

già detto, non ricordi molto. Eppure
questa scrittura sembra abbastanza normale:

frasi complete; punti e virgola; blabla.
Pare che abbia perso il mio

abbonamento all’avanguardia nei panni da lavare.
Dicono sia tipico. Bene, dovrete usare

il vostro metro di giudizio, terrestri!
Giudizio: compito vostro! Al lavoro! Come

se poteste partire! E voi pensavate
che fosse la gravità il problema!

 

*

 

“Confession” è il primo testo di The Future of Memory, di Bob Perelman (1998), leggibile in lingua originale qui. La traduzione è di Renata Morresi.

 

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