Hannah Sanghee Park, 4 poesie
Come una cornice incorniciata il fossile
conteneva una carcassa, una corazza,
e il proprio cofano in un altro cofano,
il proprio, naturale sarcofago.
Non ho mai raccontato a nessuno questa storia:
un’estate come questa mangiai una nettarina
fino al nocciolo grezzo di velluto a coste, seguitai
a rotolarlo e a masticarlo finché non si
schiuse, e un ragno inerte, seduto
in un ciuffo bianco, era all’interno come un gioiellino.
Com’è che una cosa si sente reale. Gli strati
che mi costituiscono sono, riduttivamente, soffici
duri, soffici, una facile separazione fino alla verità,
ma la vendita diretta e l’inghiottire vanno fatti lo stesso.
Tracciami: (x, 0) (0, x) sul corpo
il corpo che pompa: gruppo sanguigno O (si spera) il corpo
che elabora: O (elemento)
facciamo x (moltiplicazione) racchiudiamo x (moltitudini)
o me: XXX (orcio del moonshine marcato) o
te: la O accesa della tua sigaretta
Perché non roviniamo insieme i nostri organi in un modo lento
annerendoci nella o del tuo colosseo e nella x del mio sacrificio
Posso domare amore, disfare ardore
far fuori ciò che ci fa ardere?
Posso sfrecciare per i tendini
all’osso? O la fatica fa parte
di guadagnare fiducia? Posso sbucciare
e limare il tuo corpo, aprendolo alla mia
freccia cupìda? Posso trovare
la risposta alla chiamata del corpo
(se la voglia ti lascia volere)?
La domanda era dubbiosa.
E il dire tutto detto.
E quindi, in tandem,
Anatema, ed antifona.
La verità era sospesa,
Sforzarsi troppo stancante.
E la lana fu tirata
All’insù da isolante.
Nessun occhio si tenne aperto.
Il mio iride, ignorai
La verità, ora diffido
Di tutto ciò che si vede, e questa
Sfiducia, segnale sfrenato di strazio
Chiamato e chiamato e procurato dalla tua dama.
*
Like a frame within a frame the fossil
carried a carcass, a carapace,
and its own casket in another casket,
its own natural sarcophagus.
I never told anyone this story:
in a summer like this I ate a nectarine
until its rough corduroy pit, continued
rolling and chewing it until it hinged
open, and an inert spider, sitting
in white wisp, was inside like a small jewel.
How does a thing feel real. The layers
comprising me are, reductively, soft
hard, soft, an easy sift to the truth
but the hard sell and swallow done anyway.
Plot me: (x,0) (0,x) on the body
the body pumping: blood type O (one hopes) the body
processing: O (element)
we can x (multiply) we contain x (multitudes)
or me: XXX (jug of marked moonshine) or
you: the burning O of your cigarette
Why don’t we ruin our organs together in a slow way
blackening in the o of your coliseum and the x of my immolation
May I master love, undo its luster
do in the thing that makes us lust?
May I speed through the body’s sinew
to marrow? Or is toiling a part of
the gaining of trust? May I pare and narrow
your body down, and open it to my
cupidity’s arrow? May I find my
response to body’s unanswered call,
(if the want leaves you wanting, at all)?
The asking was askance.
And the tell all told.
So then, in tandem,
Anathema, and anthem.
The truth was on hold,
Seeking too tasking.
And the wool was pulled
Over as cover.
No eyes were kept peeled.
My iris I missed
The truth, now mistrust
All things seen, and this
Distrust, the sounded distress signal
Called and called and culled from your damsel.
*
Hannah Sanghee Park (Tacoma, 1986) ha vinto il Walt Whitman Award 2014 con il libro inedito The Same-Different, giudicato così pieno di “chiasmi, giochi di parole, rime che le figure si avvitano su se stesse come filamenti di DNA o scalinate di Escher”. Tra le altre cose Park scrive per il cinema e la televisione. Queste traduzioni sono di Isabella Livorni.
The Night They Raided Minsky’s
https://www.youtube.com/watch?v=g9V0ppNdBsw