à Michel Déon (Parigi, 4 agosto 1919 – Galway, 28 dicembre 2016)

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“Longtemps, je me suis promené d’île en île…”

di

Michel Déon

(Appena ieri pomeriggio ho saputo della scomparsa del mio amico Michel, nonostante fossi in viaggio, ho voluto ritrovare un suo articolo pubblicato su Le Figaro cinque anni fa e tradurlo per voi, subito, per lui, ora.  Il titolo lo lascio in francese e mi riservo di poterci ritornare su appena possibile per correggere eventuali passaggi. effeffe)

A lungo, ho vagato da un’isola all’altra, con una frase di Paul Morand in testa: “Le isole saranno forse il rifugio degli ultimi aristocratici, mentre i continenti saranno schiacciati dalle masse.” (1927. ) Due guerre mondiali per mare e per terra hanno gravemente ridotto la speranza di salvare uno stile di vita, isolamenti che fanno sognare chi abita il continente. Non tutti possono giocare a fare i Robinson Crusoe: ventotto anni naufrago al largo del Cile su un’isola dell’arcipelago Juan Fernandez ormai nota per il nome inventato da Daniel Defoe, e la vicina isola, che a sua volta reca il vero nome del marinaio che gli ha raccontato la sua avventura: Alexander Selkirk.

Sulla cartina del mio atlante la cui scala è 1/24 000 000, l’isola è solo un punto, mentre all’equatore le Galapagos sono macchie rosa, come l’Isola di Pasqua, su cui Laperouse sbarcò verso la fine del XVIII secolo, poco prima della sua tragica morte a Vanikoro. Sulla grande mappa del Pacifico, numerose sono queste isole che si crederebbero inaccessibili nell’antichità e la cui unica Isola di Pasqua conserva traccia di una misteriosa civiltà con statue di pietra colossali scavate alle pendici di un vulcano spento. In quale epoca? Un mistero ed è un bene che si sia ben lungi dal sapere come la razza umana abbia popolato non solo i continenti, ma miriadi di terre disperse nel Pacifico, e in minima parte nell’Atlantico. Nell’immaginario umano, le isole occupano uno spazio importante e spesso mitico. Così l’isola di Calypso, in cui prigioniero dell’incantesimo della dea – dei piaceri del talamo e della tavola – Ulisse visse per diversi anni e da cui non si sarebbe mai liberato senza l’aiuto di Hermes. Dov’era questa isola? Il poeta ha mischiato le carte, ma è probabile che si situasse in prossimità dello stretto di Gibilterra, dove l’Atlantico e il Mediterraneo si affrontano. Lo stesso Omero, pare sia nato a Chios nelle Cicladi e la sua tomba si troverebbe a Ios, con una splendida vista sul resto del povero mondo.

Negli anni a seguire, un’altra isola, ma questa volta nella Manica, passerà alla storia grazie a un esule politico: le incisioni dell’epoca raffigurano un Victor Hugo pensieroso su uno scoglio battuto dalle onde. Senza tale confino, di quanti versi saremmo stati privati. Si passi al largo dell’Isola d’Elba, cesto di fiori selvatici, senza pensare a quel principato da operetta (500 km2) con cui gli inglesi tentarono d’addomesticare l’ambizione di Napoleone? Una corte di fedeli, cospiratori frustrati di gloria non fosse non bastarono a trattenerlo. Si può mai ricominciare una vita di conquista a 45 anni?

Così furono Waterloo e il confino nell’Atlantico del Sud, a Sant’Elena, feroce tomba di roccia appartata dal mondo. Sant’Elena non inganna gli elementi. Jean-Paul Kauffmann, che l’ha visitata di recente, ha sentito fino a farsi mancare il respiro tale destino di prigione marittima. L’ombra di Napoleone sovrasta l’isola, raggiungibile solo via mare: almeno quindici giorni di navigazione, e uno scoglio sgraziato piantato non si sa bene per quale motivo in un oceano vuoto, spesso ostile; una dimora, Longwood: “Niente è più sconvolgente di questa capanna situata sull’altopiano battuto dal vento. È la casa del tempo ritrovato. L’illusione è così intensa che si potrebbe pensare che l’imperatore e i suoi compagni se ne siano stati via solo per un po’ e che da un momento all’altro faranno la loro comparsa in veranda … “Mi sono sempre chiesto se gli inglesi gli avessero riservato tale destino in segno di rispetto per un isolano come loro, il solo loro unico punto comune, ma capitale. In epoca moderna si è un po’ meno raffinati: i capi degli stati sconfitti vengono impiccati a Norimberga, a Baghdad.

Non meno tragiche, le isole Kerguelen nell’Oceano Antartico, restano poco accessibili. Dalla Reunion, una nave, due o tre volte l’anno, approvvigiona la stazione meteorologica francese con il suo personale. Vi si caccia la foca e il coniglio, importato … moltiplicatosi nell’isola principale. Per chi ama la lontananza, la solitudine e sopporta la vita in comunità, al momento della cena a base di carne di foca, è un tipo di villeggiatura che le agenzie di viaggi vivamente sconsigliano.

Chi dice isola spesso pensa a naufragio. Nella solitudine dei mari terribili, le isole sono ciambelle di salvataggio. Tutto l’equipaggio non ce la farà. Spinta a riva, la nave s’infrange sugli scogli, onde gigantesche la fanno esplodere in mille pezzi. Solo Robinson si salva e si ritrova su una spiaggia. L’isola è deserta, solo grazie al suo coraggio potrà sopravvivere e agli utensili che riesce a strappare ai detriti della carcassa, un fucile e una cassa di cartucce. È di questo che si ha bisogno per durare ventotto anni. Vorrei aggiungere un altro bene di grande valore: una Bibbia che, ogni giorno ravviverà la speranza, e vedremo come con gli altri naufraghi, quanto fosse prezioso questo libro dei libri. La storia eroica di Robinson ha nutrito la mia infanzia e devo confessare che da vecchio adulto, mi capita di pensarci ancora spesso. L’immagine di questo eroe affascina ogni singola generazione. D’ingegno possibile, si costruisce una capanna vicino a una fonte di acqua dolce, coltiva un orto, caccia, pesca. I suoi vestiti sono laceri. Si cuce dei vestiti con pelle di capra, una sorta di capra, le scarpe con quella di foca, un ombrello. Ammaestra un pappagallo cui insegna a parlare, incontra un cane, una sorta di cane, e lo addomestica. Le immagini ce lo mostrano come un solitario dall’aria beata. La vegetazione è tropicale ma riesce ad addomesticare anche quella. Manca solo un grappino al calar della sera. Sarebbe quasi una benedizione vista la situazione. I giorni, le date hanno smarrito ogni significato. Vano sarebbe sperare. Delle vele passano in mare aperto senza scorgere i fuochi accesi da Robinson per attirare la loro attenzione. Un uomo solo è un mondo intero. Robinson è forse stato il più felice degli uomini. (…)

Tanto le Auckland sono radicate in un mare del sud che difende le proprie terre ostili, tanto l’Egeo e il Mediterraneo ospitano arcipelaghi felici, Cicladi e Sporadi, che hanno partecipato allo sbocciare di una civiltà rimasta un sogno: Creta, Delos, Rodi, l’indimenticabile Santorini (o Thera), che sarebbe, secondo Aristotele, l’ultima massa di terra emersa di Atlantide. Queste isole resistono perfino al turismo, flagello dei tempi moderni. A due di loro sono particolarmente grato, Hydra e Spetses, dove ho trascorso venti anni di felicità senza nuvole, aprendo la finestra al mattino su una miriade d’isolotti messi a guardia contro gli intrusi. Hydra ha il potere magico di scomparire nella bruma e riapparire nel bagliore del sol levante come una nave che levi l’ancora.

L’argomento è troppo vasto da potersi esaurire in poche righe, ma non posso concludere questa mia navigazione senza citare Strabone, un greco di Cappadocia, del 50 aC, circa, nume tutelare dei geografi. Strabone descrive un’isola a partire dai racconti di marinai dispersi nell’Atlantico. Si trova a poca distanza dalla foce di un grande fiume che potrebbe essere la Loira. La sua peculiarità è di essere popolata esclusivamente da donne. Nessun uomo vi si può avvicinare senza essere immediatamente tagliato a pezzettini. Avendo l’isola l’impellenza d’essere ripopolata, la Gran Sacerdotessa autorizza le donne a raggiungere a nuoto le rive del continente, dove potranno accoppiarsi con un maschio. Dopodiché riguadagnano la riva dell’isola, sempre a nuoto. Se il bambino nato da questa unione è un ragazzo, viene immediatamente sgozzato, se si tratta di una ragazza, si unisce alla comunità. Nonostante accurate ricerche da parte dei più grandi oceanografi, non si è mai riusciti a determinare  con precisione dove sia situata quest’isola.

No, di sicuro non è l’isola di Noirmoutier.

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francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017