una rete di storie CALUMET VOLTAIRE cabaret letterario


una rete di storie
CALUMET VOLTAIRE
cabaret letterario
Sabato 28 ottobre alle ore 21.00 après le buffet!
Mediateca Montanari di Fano [PU]
Sala Ipogea
 
Cose mai viste (le riviste)
di Francesco Forlani
Anni fa – molti anni fa – un noto intellettuale napoletano mi raccontò di come gli impresari che gestivano le serate di avanspettacolo al Salone Margherita avessero trovato un espediente pubblicitario per fare gola al pubblico- presumibilmente in gran parte di maschi- e attirare quanti più spettatori. Invece di mettere sulla locandina sei ballerine scrivevano dodici bellissime gambe. Dodici è più di sei, come confermeranno i fisici matematici tali il nostro indiano Antonello Sparzani, eppure, almeno in questo caso, può essere uguale a sei visto che per fare dodici gambe ci vogliono sei ballerine. Il piccolo aneddoto mi serve per condividere con voi una riflessione che mi faccio da anni – da molti anni- ovvero da quando ben quasi trent’anni fa sono caduto nell’incantesimo delle riviste. Poteva andarmi peggio in quella fine degli anni ottanta, tipo inciampare nell’eroina o peggio ancora nell’ultraliberalismo dei goldenboys, ma a occupare in modo ossessivo lo spazio mentale e del cuore dei miei desideri, ci sarebbero state solo riviste. A proposito di Nazione Indiana  tra noi redattori si è sempre detto che quella che a molti appariva come una debolezza- la mancanza di una gerarchia redazionale, di una parola d’ordine diktat condivisa da tutti, un’estetica e un pensiero unici e trionfanti – e perché no anche un po’ tronfi-  costituiva il punto più saldo e solido, insieme alla stima e all’amicizia che hanno reso il nostro sito longevo e vivace. Eppure uno degli elementi che ci accomuna va a mio avviso identificato in quella parola di cui si diceva all’inizio: le riviste. La maggior parte di noi si è formato sulle riviste e per alcuni addirittura nelle stesse, come è stato prima il caso di Baldus, poi  Paso Doble, Sud, Alfabeta e l’Atelier du Roman. L’elenco va chiaramente completato ed è proprio questo che chiederò agli altri collaboratori o lettori di Nazione Indiana: segnalate nei commenti la rivista in cui vi siete formati. Ma formati a cosa? ci si potrebbe chiedere. A stare con gli altri? A crescere insieme? A farsi le ossa? A scoprire da subito che la qualità letteraria non va affatto a braccetto con “l’argent”? Che non si è pagati per fare cultura ma appagati dal desiderio di farne parte? Che il conflitto può essere foriero di scoperte e non solo di spaccature? O più semplicemente si impara con le riviste che le cose possono finire e ricominciare, che nulla è più duraturo dell’effimero. Ma tornando da dove eravamo partiti, ovvero dalle dodici bellissime gambe, una cosa mi ha sempre incuriosito, come strani misteri che ci si porta dietro dall’adolescenza ed è il fatto che un numero di avanspettacolo e quello di un dossier monografico portassero lo stesso nome: rivista!! La risposta è semplice. Entrambe portano lo stesso nome perché le caratterizza la periodicità, il suo ripetersi almeno nella cornice che ospita contenuti diversi. In realtà anche altro, ancora più essenziale, unisce queste due rappresentazioni, ed è il loro mettere insieme generi  diversi, gusti differenti, proponendo una mescla di alto e basso, elitario e popolare. Avanspettacolo e avanguardia hanno calcato per decenni  lo stesso palco a cominciare dalla grande lezione di Tzara e Compagni, inventori di quel Cabaret Voltaire a cui è ispirato il titolo delle nostra serata. Ci saranno performance, musica improvvisata, reading, convivialità, conversations, preferendo questo termine, civile, a quello di dibattito generalmente stantio come l’acqua nelle caraffe posate sul tavolo dei relatori. Le feste di Nazione Indiana sono state e saranno questo. A Fano faremo come a Milano, Mesagne, Pistoia, Torino, Parigi, Fos’di Novo, Bolzano, dunque non mancate.
 

 

Enfin! Ventiquattro bellissime mani
[ dieci magnifiche penne ]
il 28 e 29 ottobre a Fano!

 
P.S. Rivista è anche termine militare, nel senso di passare in rivista le truppe  e infatti non è un caso che le stesse si definiscano in molti casi proprio in questa accezione: riviste militanti. Ma questa è un’altra storia.
 
ConMariasole Ariot, ⇨ Gianni Biondillo, ⇨ Francesco Forlani, ⇨ Helena Janeczek, ⇨ Renata Morresi, ⇨ Orsola Puecher, ⇨ Jan Reister, ⇨ Giacomo Sartori, ⇨ Antonio Sparzani, ⇨ Maria Luisa Venuta [improvvisazioni musicali di Ettore Mazzoli e Fabio Strinati]
 
ETTORE MAZZOLI E’ nato ad Urbino nel 1994. Il suo percorso musicale è iniziato a con l’approccio da autodidatta prima alla chitarra e poi al basso elettrico. Nel 2009 si è iscritto al Conservatorio Rossini di Pesaro in strumenti a percussione per poi passare nel 2012 al corso preaccademico di basso elettrico jazz. Dopo la maturità classica, conseguita presso il liceo Nolfi di Fano, ha intrapreso il corso di laurea triennale di basso elettrico che ha portato a termine nel 2016 sempre presso il Conservatorio di Pesaro. Attualmente è iscritto al secondo anno del biennio di arrangiamento e direzione d’orchestra jazz. In contemporanea frequenta il corso di laura magistrale in filosofia dell’informazione all’Università di Urbino.
 
FABIO STRINATI (poeta, scrittore, aforista, compositore) nasce a San Severino Marche il 19/01/1983 e vive ad Esanatoglia, un paesino della provincia di Macerata nelle Marche.Molto importante per la sua formazione, l’incontro con il pianista Fabrizio Ottaviucci. Ottaviucci è conosciuto soprattutto per la sua attività di interprete della musica contemporanea, per le sue prestigiose e durature collaborazioni con maestri del calibro di Markus Stockhausen e Stefano Scodanibbio, per le sue interpretazioni di Scelsi, Stockhausen, Cage, Riley e molti altri ancora. Partecipa a diverse edizioni di “Itinerari D’Ascolto”, manifestazione di musica contemporanea organizzata da Fabrizio Ottaviucci, come interprete e compositore. Strinati è presente in diverse riviste, antologie letterarie e pubblicazioni.
 

articoli correlati

Il silenzio è cosa viva

di Giorgio Morale La prosa dei poeti: Il libro Il silenzio è cosa viva di Chandra Livia Candiani (Einaudi 2018,...

Cosa ne dirà la gente? Festa di Nazione Indiana 2018

Vi aspettiamo alla Festa di NazioneIndiana 2018! Quest'anno si terrà sabato 27 ottobre dalle 16.30 e domenica 28 ottobre dalle 10 alle 12 ed è stata organizzata in collaborazione con l'Associazione C.A.R.M.E.

Sistema #1

di Antonio Sparzani Sistema, che straordinaria parola nella lingua italiana e nelle altre lingue vicine alla nostra: la sua etimologia...

[1938-1940] ILIO BARONTINI “vice-imperatore” dell’Abissinia

di Orsola Puecher

In questo 25 aprile 2018, che ancora pervicacemente mi sento in dovere di “commemorare” contro il rigurgito di tutti i fascismi e razzismi, manifesti o striscianti che siano, nel raccontare l’avventurosa e straordinaria missione di sostegno alla resistenza etiope compiuta dal 1938 al 1940 da Ilio Barontini...

una rete di storie I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI


STORIE DI EMIGRAZIONE
di Andrea Inglese
Il migrante è senza dubbio una delle grandi e terrificanti figure del nostro tempo, lo è a tal punto grande (e terrificante) da evocare una quantità di immagini estremamente forti, perturbanti e spesso contraddittorie: il migrante è colui che annega, che non può essere salvato, che nessuno vuole sia salvato, ma il migrante è anche quello che viene salvato, agguantato per un soffio, strappato alla morte quasi esausto.

una rete di storie STORIE DEL TRAUMA DEL TERREMOTO


Storie del trauma del terremoto
di Renata Morresi
La catastrofe ha questo potere: di mostrare come la questione non è tanto quella della lotta ‘contro la natura’, ma della costituzione di una comunità consapevole. Quella, insieme alle case, da ricostruire. Ci siamo rimessi a pensare, a litigare, a discutere, ma con tutte le facoltà politiche atrofizzate, con tutte le decisioni affidate altrove. Abbiamo scoperto persino di amarli i posti, solo ora, dopo averli usati fino all’estenuazione. E che sia nessuna regola che la pletora di regole a poco valgono senza la fiducia. Che persino ad amarlo un posto dobbiamo reimparare.