BATTISTI, LE VITTIME, LO STATO
(riproponiamo questo pezzo su Cesare Battisti pubblicato il 10.01.2011, con il dibattito che ne è seguito nei commenti; certo andrebbero analizzati ora il retroterra e le ragioni della scomposta esultanza del mondo politico e giornalistico nei confronti dell’arresto di Battisti, a tanti anni dai fatti, così come il corrispettivo silenzio nei confronti dell’impunità della maggior parte dei responsabili, e dei mandanti, delle sanguinose violenze di matrice fascista dello stesso periodo storico)
di Giacomo Sartori
Ho conosciuto personalmente Cesare Battisti, intendo il Battisti di cui si parla tanto in questi giorni, non il mio eroico concittadino, quando ci hanno invitato entrambi a una fiera libraria di una cittadina dell’hinterland parigino. A quella manifestazione non c’era molta gente, e nessuno sembrava interessarsi ai due autori italiani non troppo conosciuti che eravamo: lui non era ancora la vedette dei media francesi (e italiani) che sarebbe diventata in seguito, e io ero al mio primo romanzo. Quindi ci siamo messi a parlare, bevendo uno scontroso vino rosso messo a disposizione dall’organizzazione. Confesso che all’epoca sapevo molto poco del suo passato, ma avevo letto e apprezzato un paio dei suoi libri. A distanza di tanto tempo non saprei dire con precisione di cosa, ma abbiamo conversato senza sosta per quattro ore. Quando passava di lì l’accigliata organizzatrice ci guardava un po’ strano, perché presi dalla foga della discussione, e forse un po’ anche dall’alcol, del quale Battisti sembrava particolarmente ghiotto, ci eravamo sistemati di spalle ai disattenti visitatori (non era previsto alcun compenso pecuniario, specifico). Siamo poi rientrati in città assieme con i mezzi pubblici, e ricordo molto bene la sua maniera di salutarmi alla stazione della metropolitana. Per un istante mi ha abbracciato con calore, ma irrigidendosi subito in una postura grave e vigile, come chiudendosi di nuovo in se stesso, come concentrandosi su quello che doveva fare. E’ così che salutano i latitanti, mi è venuto da pensare. Lo ho poi guardato sgusciare con passo ostinato tra la folla, senza voltarsi.
Racconto questo aneddoto per lo stesso motivo per il quale me lo sono ripassato infinite volte nella mia testa: per avere qualche indizio. La verità è che io non so se Battisti sia colpevole o meno. Certo, i processi lo hanno condannato in modo definitivo, e in questo momento quasi tutti danno per scontato che lo sia. Se però si leggono le argomentazioni di persone anche autorevoli che hanno commentato l’iter della giustizia, e io ho provato a farlo, si hanno devastanti dubbi su come la macchina giudiziaria ha proceduto. Non voglio addentrarmi qui nei dettagli delle incongruenze e delle zone torbide (e in primo luogo la pochissima attendibilità dei pentiti su cui si reggeva l’impianto dell’accusa e l’utilizzo della tortura): dico solo che come semplice cittadino io in coscienza non so se Battisti sia responsabile o meno di tutte le nefandezze che gli sono state imputate. Rispetto a altri fatti che hanno insanguinato l’Italia degli anni sessanta e settanta in questo caso la giustizia ha agito con una relativa velocità, ma restano le analoghe lancinanti ombre. Non sto criticando la giustizia italiana, nella quale credo fermamente (e proprio di questi tempi di crisi se ne hanno consolantissime conferme), intendiamoci bene: esprimo solo i miei dubbi su quel particolare episodio giudiziario, i miei dubbi di cittadino che riflette a quello che legge e che prima di essere convinto vuole vedere delle prove chiare e non contraddittorie.
Io capisco benissimo la reazione dei parenti delle vittime. Capisco il loro dolore, capisco il loro bisogno di giustizia, la loro volontà che chi ha fatto loro tanto male paghi. Lo capisco per una mia naturale empatia con le vittime, di qualunque natura e estrazione esse siano, testimoniata dal fatto che la maggior parte dei miei testi letterari narrano vicende di vittime (come ha sottolineato qualche critico). Credo che le vittime vadano rispettate e ascoltate, credo che sia giusto che le loro emozioni pesino. Però credo anche che le vittime vedono solo il particolare, quel particolare che le ha devastate, mentre le istituzioni e chi le rappresenta dovrebbe avere invece una visione più articolata e più generale, non influenzata dalle emozioni. Per il bene della nazione e della democrazia. Per rispettare le ragioni di tutte le parti, perché in futuro quei fattacci non si abbiano a riprodurre. Perché è solo prendendo le distanze con equanimità e senso storico (troppo bello se tutti i torti stessero da una parte sola!) da ciò che è avvenuto che si può voltare pagina e andare avanti, affrontando serenamente le nuove emergenze.
Se c’è una cosa che proprio non si può dire degli anni di piombo, mi sembra, è che le persone che sono state coinvolte nella lotta armata non abbiano pagato. Ricordo che moltissimi protagonisti all’epoca dei fatti erano molto giovani (sempre più giovani mano a mano che la diabolica parabola del terrorismo avanzava), moltissimi venivano da situazioni di subcultura (a questo proposito si veda per esempio l’illuminante Storie di lotta armata di Manconi). Si sono lanciati nella violenza anche perché (sottolineo: anche) nessuno ha spiegato loro in modo convincente le ragioni per non farlo, perché nessuno li aveva educati. La riprova: nei paesi dove quegli stessi giovani in rivolta respiravano un clima culturale che costituiva una potente barriera nei confronti delle grettissime e obsolete farneticazioni teoriche degli ideologici teorici della lotta armata, presenti ovunque, il terrorismo non ha attecchito. Questa naturalmente non può essere una giustificazione, ma è pur sempre una verità che non può essere ignorata. La chiusura e l’arretratezza culturali dell’Italia di quegli anni e della sua classe dirigente, e i retaggi legati alla fine del fascismo, sono stati il substrato sul quale il terrorismo ha prosperato. Ignorare questo mi sembra altrettanto grave che sminuire le ragioni delle vittime della violenza.
Ma lasciamo stare, non voglio addentrarmi in questo discorso che richiederebbe, per evitare fraintendimenti, ben altro spazio. Quello che voglio dire è invece che moltissimi di quei giovani terroristi, la stragrande maggioranza, sono stati in carcere, in condizioni molto dure, hanno poi intrapreso lunghi e umili percorsi di reinserimento. Le testimonianze scritte, più o meno valide sul piano letterario, sono molto numerose. Certo, come sempre succede qualcuno l’ha fatta franca, ma nel complesso i responsabili di fatti di sangue hanno pagato, c’è stata giustizia. E’ un dato di fatto molto importante, sia sul piano oggettivo (in particolare proprio nei confronti del dolore e delle rivendicazioni delle vittime) che sul piano simbolico, per la salute della nostra democrazia. Una democrazia non può permettersi che chi l’ha ferita non paghi.
Il fatto che sugli anni di piombo si sia fatta giustizia non è per niente scontato. Viviamo in un paese che ha vissuto recentemente una dittatura che è durata più di un ventennio, responsabile della morte, per non considerare solo il crimine più infame, di molte migliaia di ebrei. Questo episodio drammatico della nostra storia è stato archiviato prima ancora di cominciare a fare i conti, visto che un anno dopo la fine della guerra è stata fatta un’amnistia. Certo, qualche rara autorità fascista ha pagato con la vita o con la prigione, o con l’esilio, ma la maggior parte dei responsabili non ha affatto pagato. Decine di migliaia di persone che avrebbero dovuto rispondere dei loro atti (e qui non si trattava di ragazzi) sono usciti completamente indenni. Molti mali dell’Italia attuale, e della debolezza della nostra democrazia, possono essere a mio avviso legati proprio a questa mancata presa di distanza dal fascismo. E’ il caso opposto a quello della stagione della lotta armata. E anche qui, mi permetto di ricordare, ci sono vittime le cui piaghe sono ancora aperte. Io ne conosco personalmente più di una. Sono discendenti di oppositori del fascismo, o di ebrei, costretti a sorbirsi l’incredibile benevolenza con cui si tratta, a cominciare proprio da molti rappresentanti del governo e delle istituzioni, il fascismo.
Ammettiamo che Battisti – io in coscienza non lo so, l’ho già detto – sia responsabile di tutti i delitti per i quali è stato condannato, ammettiamo che sia il sordido e sinistro figuro che molti dipingono (a me non ha fatto quest’impressione). Perché queste dichiarazioni inconsulte e questa concitazione da periodo di emergenza, perché queste reazioni per molti versi isteriche? Il fatto che questa buia vicenda della nostra storia si sia conclusa, e che per una volta l’Italia abbia fatto le cose piuttosto bene, non dovrebbe spingere a impiegare toni più pacati, non dovrebbe incitare a parlare con il piglio di chi ha la coscienza a posto, di chi intende guardare con fiducia e con ponderatezza al futuro? Non parlo delle vittime, ripeto, che hanno pieno diritto di gridare la loro rabbia e il loro dolore, parlo dei rappresentanti del governo e delle istituzioni dello stato. Perché non protestare con composta fermezza, se non si ritengono legittime le decisioni delle autorità brasiliane? Perché non approfittare dell’occasione per ricordare che nella maggioranza degli altri casi la giustizia è stata fatta, invece di soffiare sulle braci? Perché non mostrare serenità e equilibrio e equanimità storica, che sarebbero molto salutari in questo momento nel quale alcuni sintomi ci dicono che purtroppo il terrorismo potrebbe risorgere dalle sue ceneri? Perché denigrare l’intellighenzia e i media esteri, che proprio in questo periodo sono così attenti alle vicissitudini della nostra democrazia? (senza contare l’oggettiva ridicolaggine delle avventate affermazioni, per chi conosca un minimo le realtà di cui si vaneggia).
Un’ultima cosa. L’esilio. A mio modesto parere l’esilio è pur sempre una punizione. Una separazione dalle cose, dalle persone, dalla lingua madre. Che sia colpevole o meno (anche un assassino può scrivere dei buoni libri, si sa) per me Battisti è un autore non meno talentuoso di tanti giallisti nostrani di cui si parla tanto. Un autore che scriveva in italiano sempre più incerto, dal quale i suoi libri venivano poi tradotti in francese. E che adesso non scrive più. Certo l’esilio non può essere paragonato con la durezza della prigione, e soprattutto l’esilio non redime, tende piuttosto a fossilizzare, a “bloquer sur image”, a differenza dei percorsi di carcerazione e reinserimento di cui sopra. Probabilmente quello che è successo a Battisti, e che spiega molti suoi comportamenti è proprio questo: è restato agli anni settanta. Non dimentichiamo che l’Italia di quel periodo era piena di personaggi con il suo linguaggio e la sua boria. Dall’una come dall’altra parte. Ma Battisti ha pur sempre vissuto per tanti anni in esilio, e in condizioni difficili (chi afferma il contrario non conosce la realtà, o mente). E da qualche anno è in carcere. Qualcuno può ritenerlo un prezzo troppo basso, e può aver ragione (nel caso che i processi abbiano appurato la verità), ma non dimentichiamo che è anche questo un prezzo. E forse in questo momento non è poi così importante accanirsi su un singolo caso, perdendo l’occasione per dichiarare finalmente quel periodo concluso.
[questo pezzo è apparso sul quotidiano “Trentino” del 05.01.11]
Non ho letto i libri di Battisti, vorrei chiedere se qualcuno di voi può darmi un parere. Grazie.
Anch’io, come lei, non so se Battisti è innocente o colpevole, totalmente o parzialmente, di tutti i reati che gli sono imputati. Non sono un giurista e non ho passato mesi a studiare le carte processuali, come d’altronde la maggior parte della gente che discute del caso. Sono d’accordo anche con il fatto che in una società sana le vittime, dirette o indirette, dei crimini non devono occuparsi di giudicarne e punirne i colpevoli. Proprio per questo, perché ci sono persone cui la società delega il giudizio sui colpevoli e la loro punizione, devo credere alle decisioni della giustizia del mio paese. Magari è vero che Battisti è vittima di un drammatico errore giudiziario o di una persecuzione, ma, non essendo io un esperto di diritto non posso dirlo, come non posso dirlo di nessun altra sentenza emessa dai tribunali italiani, comprese quelle a carico di colui che, a sentire lui, è il più grande perseguitato della storia giudiziaria d’Italia, ossia il nostro Presidente del Consiglio. Insomma, nel dubbio, e se non ci vogliamo improvvisare i giuristi che non siamo, è più sano accettare che Battisti sia, per la giustizia italiana, colpevole. Tutto il resto è una questione di dignità: se è davvero un perseguitato, la risonanza mediatica che il suo caso ha avuto e il suo (vero o presunto che sia) talento di scrittore sarebbero degli ottimi strumenti per cercare di dimostrare la sua innocenza e contemporaneamente far sì che simili clamorosi errori non si ripetano mai più. Converrà con me che dall’esterno l’attitudine che Battisti ha mostrato è soprattutto quella di voler, anziché mostrare la propria innocenza, trovare qualsiasi sotterfugio e complicità per sfuggire alla giustizia italiana. E’ sicuramente seccante finire in carcere a vita. Se l’adesione di Battisti, seppur in una forma completamente distorta, ad un’idea di progresso e di uguaglianza era sincera, sarebbe non solo suo diritto, ma suo dovere, esprimersi pubblicamente – ne avrebbe la possibilità, anche dall’estero – e cercare di fare in modo che le cose progrediscano. Lo ha fatto? Si è posto, in un qualsiasi momento della sua latitanza, nell’atteggiamento di chi dà qualcosa all’Italia? No.
Ritengo comunque, come mi sembra fare anche lei, che l’aspetto puramente tecnico-giuridico della vicenda Battisti sia quello meno centrale. Il caso Battisti è anche e soprattutto un caso politico per l’Italia del 2011. E il problema dell’Italia del 2011 non è certo, sarà d’accordo con me, la troppa giustizia. Sarà vero che la stagione del terrorismo è uno dei rari esempi di giustizia che ha effettivamente agito e funzionato nel nostro paese. Che molti ex terroristi degli anni ’70 hanno pagato e si sono, per così dire, “redenti”. Un atteggiamento “rivoluzionario” (quello sì per davvero) consisterebbe allora ad estendere questo aspetto virtuoso al resto delle vicende giudiziarie che ancora aspettano giustizia in Italia, non il contrario. Si chiede una risposta “politica” alla vicenda degli anni di piombo, una risposta che chiuda definitivamente quella stagione (anche se alcuni tristi emuli sono ancora in giro, lo si è visto proprio oggi a Torino). Ebbene che questa risposta sia “responsabilità”, un’altra parola che, nell’Italia di oggi è rivoluzionaria. I terroristi degli anni ’70 si sentivano in guerra, contro il capitale, contro lo stato. Ebbene, la guerra – se guerra è stata – è finita, e chiedere una risposta “politica” vuol dire riconoscerlo. Per i protagonisti di quella guerra, ci sono allora solo due strade. O ci si sente degli sconfitti, riconoscendo che lo stato ha vinto perché era più forte, ma, implicitamente, ammettendo che si aveva ragione. La posizione di Battisti assomiglia terribilmente a questa. Bene, se è così, lo stato ha ancora il diritto, nei confronti di Battisti, di chiedergli di pagare, se lo considera colpevole, e il dovere, nei miei, nei suoi e nei confronti di tutti gli italiani onesti e che attribuiscono un significato alla parola giustizia, di farlo pagare. Oppure si riconosce che non di guerra si è trattato, ma di una storia di delinquenza. (Quali che ne siano le cause, perché se molti giovani, all’epoca “Si sono lanciati nella violenza anche perché (sottolineo: anche) nessuno ha spiegato loro in modo convincente le ragioni per non farlo, perché nessuno li aveva educati”, molti altri non lo hanno fatto). In questo caso, l’accettazione dello stato, della comunità che un tempo si voleva combattere deve essere piena. In questo caso, ci si deve rallegrare che un reo vada in galera per quello che ha fatto, non si scappa in Brasile.
E’ vero, l’indignazione bipartisan che si è creata attorno al caso Battisti mette a disagio. Soprattutto in un paese che ha la destra più antigiustizialista del mondo occidentale. Mai come in questo momento bisogna chiedere che la giustizia sia applicata, a Battisti come a chiunque altro. I sostenitori della causa battistiana (soprattutto quelli francesi, e ne so qualcosa della conoscenza che i francesi hanno dell’Italia, ci abito insieme…) lo considerano un perseguitato, il capro espiatorio di un regime parafascista. A me, invece, il desiderio di impunità di Battisti, fino al sotterfugio, alla fuga, ricorda dannatamente la parte più oscura del nostro paese. Non abbiamo più bisogno di condoni, di legittimi impedimenti. Neanche per reati di trent’anni fa. L’Italia onesta non sta comoda tra l’incudine del lodo Alfano e il martello di Battisti.
Al contrario di lei, ritengo che “accanirsi”, per riprendere il suo termine, su un singolo caso non è ininfluente nell’Italia di oggi. Una risposta collettiva non può prescindere dalla responsabilità individuale. Non a caso i difensori di Battisti, e degli altri protagonisti degli anni di piombo ancora “in esilio”, cercano di sminuire l’aspetto pubblico della questione. Battisti ci viene presentato come una persona “anonima” (si veda la lettera scritta da Bernard Henri-Lévy al presidente Lula), un individuo preso in meccanismi più grandi di lui. Versione attualizzata della visione brigatista per cui si era semplici guerriglieri, strumenti della rivoluzione, e in cui l’anonimato era insieme una necessità e un valore, perché quello che contava era la sigla. E’ ora che, trent’anni dopo, usciamo da questa logica, e che ci rendiamo conto che l’uomo, ogni uomo, “è quello che si fa”, come diceva un certo Sartre, che i suoi emuli odierni hanno letto, evidentemente, troppo rapidamente. Che la responsabilità collettiva non è un magma in cui si sciolgono le responsabilità individuali, ma ne è la somma. Che non ci può e non ci deve essere un legittimo impedimento per Battisti e gli altri ex terroristi, ma ci si deve riconoscere nella stessa comunità, in cui valgono gli stessi valori, le stesse regole. Molti ex terroristi degli anni di piombo ne sono usciti, hanno avuto percorsi dolorosi e dignitosissimi, meritano, se non la nostra simpatia, il nostro rispetto. Non Battisti, non con le sue parole, i suoi atti, quelli dei suoi avvocati, dei suoi amici. Che, ancora una volta, i “furbi” beneficino del travaglio degli altri sarebbe un modo molto italiano per uscire dagli anni di piombo. Il più insopportabile.
Ammetto di essermi fermata a questa frase:
«Si sono lanciati nella violenza anche perché (sottolineo: anche) nessuno ha spiegato loro in modo convincente le ragioni per non farlo, perché nessuno li aveva educati.»
Il fastidio è stato troppo forte per continuare, ma anche senza chiederti, che ne sai, ti chiedo, la responsabilità personale è nell’orizzonte della tua riflessione? e quanto a Battisti, sul quale anch’io ho solo letto, mi sono fatta, al contrario di te, l’impressione di un delinquente comune politicizzato strumentalmente in galera e mi pare che anche i suoi antichi compagni di galera e di latitanza, salvo il principio che un essere umano sta meglio fuori che dentro, non dicano cose diverse.
Se pensiamo che questo sia uno stato di polizia, allora e anche oggi, bene fanno Battisti a usare tutti i suoi mezzi per starsene altrove e Berlusconi a cercare di schivare i tribunali, in fondo la claque di Battisti e quella di Berlusconi sostengono lo stesso teorema.
quando la finirete di difendere quell’assassino?
possibile che tanti intellettuali di sinistra si siano bevuti l’immagine del povero esule?
e com’è possibile che tanta parte dell’intellighenzia francese abbia continuato a proteggere un criminale comune? ancora oggi.
Per me, resta fondamentale ciò che ha scritto Michele Serra qualche giorno fa: la protezione (fattuale e retorica) di Battisti è una grandissima cazzata, che fa a pugni con documenti e sentenze.
Povero Battisti, “che adesso non scrive più”.
Ci vuole davvero un bel coraggio.
Non so, non conosco la vicenda nei dettagli, ma ho l’impressione che non si voglia entrare nel merito vero della questione, quello del sistema giudiziario italiano. Se non si contesta il sistema, bisogna ammettere che Battisti deve essere carcerato, come dicono le sentenze. Invece bisogna entrare nel merito e contestare il sistema giudiziario. Bisogna dire che le sentenze contro Battisti sono state fabbricate con materiale scadente, la testimonianza di pentiti – a volte contraddittorie e contrarie a quelle di altri testimoni non direttamente coinvolti – i quali, naturalmente, hanno beneficiato di enormi benefici. Pare per esempio che uno dei principali testimoni dell’accusa sia stato l’esecutore materiale di un delitto del quale ha accusato Battisti come palo o qualcosa del genere: naturalmente è libero, magari prossimo candidato al parlamento…
Comunque, senza farla tanto lunga, bisogna fare i conti con il fatto che in Italia le sentenze nei delitti di peso vengono quasi sempre raggiunte con la collaborazione dei pentiti. O si combatte quella pessima legge che doveva essere d’emergenza (e questo pessimo costume, che di fatto premia anche nella società i comportamenti malamente) o si deve essere disposti a pagare il prezzo dei suoi eventuali errori. Compreso quello della carcerazione di Battisti. Io sono per la prima via.
Ringrazio per la qualità dell’articolo scritto da Giacomo Sartori: intelligente, ponderato. L’esilio è un dolore e una punizione.
Ho incontrato Battisti in un “atelier d’écriture”. Quello che mi ha colpito è la sua tristezza che vestiva i suoi occhi, credo verde cupo. Si sentiva che era mai in un luogo definitivo, era sul punto di partire.
Non conoscevo la sua storia e nemmeno la lingua italiana. Era venuto in un piccola città della Picardia per scrivere un racconto.
Sono straniera e di più francese , e mi sento a disaggio per parlare di un caso italiano. C’è sempre un giudice alterato, quando hai incontrato una persona. Non ti viene in mente la parola criminale.
un guidizio
ovviamente non so se battisti sia colpevole o innocente, oppure colpevole di aver commesso alcuni reati, per i quali fu condannato se non sbaglio a dodici anni di carcere, e non colpevole di altri, per i quali è stato condannato solo sulla base delle dichiarazioni di un pentito in un processo in cui ci sono state, sempre se non mi sbaglio, tredici denunce per tortura praticata nei confronti di diversi imputati. mi pare di capire che questo modo di amministrare la giustizia abbia suscitato forti perplessità fuori dal contesto politico emergenziale italiano, più ampie dell’appoggio di vargas e henry-levy. mi pare anche che il dolore dei parenti delle vittime, se evocato, debba valere per tutti i parenti di tutte le vittime: non mi risulta di aver mai letto un’intervista su repubblica/corriere/stampa etc. ai parenti delle vittime di savasta, peci, barbone, fioroni e chissà quanti altri assassini usciti molto velocemente di galera per aver denunciato persone che è difficile pensare potessero essere più colpevoli di loro. come mai certi assassini in libertà non provocano sdegno morale e allarme sociale, anzi non se ne parla proprio, michele serra compreso, mentre il solo battisti genera tali sentimenti? tanto per evitare equivoci: non ho nessuna simpatia per quel pugno di sciagurati che pistola in mano hanno combattuto una guerra paranoica e senza prospettive se non quella di affondare un decennio di lotte di massa, semplicemente mi disgusta la doppia morale, per cui certi pretesi assassini fanno ribrezzo, altri invece si fa finta che non esistano.
Anche Nation sposa la causa del Battisti capro espiatorio. Alla buon’ora! Non si aspettava altro, la lista è al completo! Solo che il signorino sono secoli che scorrazza tra carceri, esili, evasioni e letture poetiche… come mai sposate solo adesso a nave in partenza?
Quando, anni fa, scoppiò questo disgraziatissimo caso e, a rimorchio e in sudditanza dei metrapansè transalpini, alcuni verbosissimi e fumosi intellettuali di queste bande iniziarono a venerare l’immaginetta del martire esiliato, io iniziai a capire perchè l’Italia votava Berlusconi e perchè, soprattutto, fosse impossibile impedirlo.
La piccolaborghesia italiana, sempre puzzona di eversione, ma, percarità, perbenista e ben composta sul sofà, di questo stiamo parlando.
Quoto Alcor, soprattutto le due ultime righe.
@ caracaterina
per esempio questo articolo di BHL, a proposito di metrapansè, che certo molti hanno già letto, mi sembra tutt’altro che fumoso e tutt’altro che verboso e delirante:
http://bernard-henri-levy.blogspot.com/2009/02/cesare-battisti-il-brasile-e-litalia.html
poi si può essere d’accordo o meno, per carità, ma siamo lontanissimi dalle ridicole caricature che si leggono ovunque in questi giorni;
e comunque senza difendere questi metrapansè, che si difendono benissimo da soli, e certo non sono immuni da sparare cavolate, nessuno parla dei media esteri, senza i quali i metrapansè stessi non avrebbero fiato e materia di pensiero e risonanza, e che svolgono spesso il loro lavoro dignitosamente, occupandosi dell’Italia in molti casi in modo molto approfondito; anche loro fumosi e verbosi?
Innocente o colpevole che sia nei fatti, le sentenze devono essere eseguite, giuste o sbagliate che siano. Questo è lo Stato di diritto.
@ alcor
che ne so?; è l’idea che mi sono fatto già tanto tempo leggendo il libro di Manconi che cito nel pezzo, ma anche tante altre testimonianze (es. la Braghetti…); e se permetti dire che spesso la logica della violenza ha attecchito su un humus di totale vuoto culturale non ha niente a che fare – forse se continuavi la lettura lo potevi constatare di persona – con le responsabilità personali, che naturalmente ci sono e restano;
il problema che mi ponevo è: perchè da noi è successo, e in altri paesi dove per molti versi c’erano tutte le condizioni – per esempio la Francia – no? ti sembra una domanda stupida?
come dire, già la sola esistenza di Brel e Brassens, e di Copi, e di Perec … mi sembra costituire un potentissimo antidoto -un vero e proprio vaccino – alle lusinghe del terrorismo; semplicistico? forse;
non sono uno storico, non sono un sociologo, ragiono con i mezzi che ho a disposizione;
mi fa molto piacere, comunque, che molti commentatori siano intervenuti con dei toni pacati, dicendo cose interessanti: vuol dire che a differenza di quello che si potrebbe credere leggendo i quotidiani – in qualche caso (ed è un brutto segno, temo) la stampa parte in blocco per la tengente – non siamo diventati tutti pazzi, non farnetichiamo; ragioniamo con la nostra testa;
Letti alcuni documenti su “Carmilla”, anch’io ho concepito “devastanti dubbi su come la macchina giudiziaria ha proceduto.” Il punto è che tali devbastanti dubbi li hanno anche i seguaci di Berlusconi sui processi che lo coinvolgono. Per questo credo che l’estradizione sia doverosa e necessaria, perchè voglio continuare a sostenere che Berlusconi deve sottoporsi ai processi come qualunque altro cittadino.
Ma c’è di più e di peggio.
A differenza di molti qui, credo che del livello d’inciviltà e della mancanza di cultura istituzionale in Italia sia responsabile non solo il familismo mafioso, ma anche l’ideologia marxista, che per troppo tempo ha insegnato a vedere nell’istituzione solo il gendarme del “nemico di classe”. Non si può dire di difendere la costituzione al lunedì, e al martedì plaudire a chi evade la giustizia. Per qui chiederei agli orfani del marxismo di smettere questa lagna, fare un bel mea culpa (l’ho fatto anch’io a suo tempo) e scegliere definitivamente per il civismo senza se e senza ma.
Per qui = per cui
va beh…Sartori,andiamo a farci un bicchiere…
@ Valter
mah, temo proprio che il marxismo poverino si sia innestato di qualcosa di ben preesistente:
“Lo stato si presentò alle origini dell’Italia unitaria, e si presenta ancora oggi, come un’entità separata, avversa, ostile, che il cittadino non capische e con cui non può neanche entrare in comunicazione”. (R. Simone)
e non sono tanto d’accordo nemmeno con il ragionamento sillogico che proponi: visto che si vuole che la giustizia agisca nei confronti del presidente del consiglio, tutto l’agire della magistratura va preso per buono, altrimenti anche i seguaci del presidente possono mettere in dubbio la bontà del suo agire: ergo non si può aprire la bocca su Battisti;
i sillogismi a matrice ideologica (se c’era un virtuoso per queste cose, era proprio il PCI) sono un’altra nostra specialità; personalmente me ne sono reso conto vivendo all’estero;
:-)
Ma non è un sillogismo Giacomo, è semplicemente l’unico modo in cui si può concepire l’Istituzione, cioè qualcosa che deve essere super partes, senza feticismo peraltro: sarà super partes se chi l’incarna e chi la rispetta faranno sì che lo sia.
Quanto alla citazione che fai, certamente è appropriata, ma proprio perchè si veniva da una sub-cultura del genere la visione ideologicamente strumentale che il marxismo ha imposto è stata da noi particolarmente letale.
Mi pare che il caso battisti sia emblematico perchè in qulche modo fotografa la situazione comatosa di questo paesi colpito da un processo di degrado devastante.
Sono tre le questioni su cui andrebbe fatta una riflessione:
1) la strumentalizzazione della giustizia per fini politici (in un caso aprticolare addirittura per interessi di natura personale e privata e non sto qui a fare il nome del soggetto interessato) e addirittura di spettacolo.
i processi si fanno in televisioni, le condanne o le assoluzioni le emettono i politici.
I politici incriminati, sconfessano e delegittimano la magistratura con dichiarazioni e comportamenti infami antidemocratici e lesivi dell’indipendenza dei magistrati
2) si tende a confondere la valutazione politica di una sentenza e i conseguenti atti giudiziari (che sono degli atti dovuti) con la presunzione di entrare nel merito giuridico della sentenza e dei suoi effetti.
nel caso in questione:
a): se c’e’ una condanna allora la magistratura non puo’ esimersi (non c’e’ discrezionalità nelle procedure giudiziarie) dal compiere tutte le procedure – in questo caso la richiesta di estradizione, nel rispetto delle leggi vigenti – in questo caso il trattato brasile Italia-.
Se una corte di giustizia ha ritenuto di non concedere l’estradizione, lo stato italiano puo’ impugnare la sentenza e fare ricorso nei modi previsti dai trattati internazionali. (qui concordo con sartori che aprla di “pacatezza” che dovrebbe sempre contraddistinguere gli gli atti giudiziari.
Quindi in questo caso bene fanno le istituzioni ad adottare tutti i mezzi che la legge mette loro a disposizione per rendere la sentenza esecutiva. non ci puo’ essere discrezionalità altrimenti si legitttima e si finisce nell’arbitrio dei potenti.
MALE fanno i politici che strumentalizzano questa vicenda usando toni apocalittici e ipocriti (/basta fare un confronto con la vicenda cosentino).
seconda Questione.
la valutazione politica: Se si ritiene che battisti sia stato vittima di un ingiustizia è giusto che si denunci politicamente questo fatto (ma perchè non l osi è fatto prima?) e si faccia di tutto perchè si arrivi a una revisione del processo. ma cio’ non deve in nessun modo delegittimare chi rispettando la legge compie degli atti che sono atti dovuti.
Perché dire che l’Italia, tutto sommato, è uscita dignitosamente dal terrorismo?
Ricordiamoci delle centinaia di vittime di stragi che anche a 40 anni di distanza non conoscono i responsabili.
@sartori
passato il nervoso, ti ho letto, e non ho trovato ragioni per modificare il mio commento, anzi.
Non ho letto invece Manconi e nemmeno la testimonianza della Brachetti, anche perché quegli anni li ho vissuti e ne ho buona memoria, dunque non so cosa dicano né cosa tu ne abbia ricavato, però dire che la logica della violenza politica, se è di quella che stiamo parlando, sia nata in un “totale vuoto culturale” è un’affermazione più che contestabile, vale per alcuni e non per altri, basta leggere le biografie di molti di loro.
Messa come la metti diventa una formula genericamente assolutoria che non condivido, qui non si tratta di gente incolta e selvaggia che usa i pugni o una pistola perché non ha altri strumenti.
E’ successo da noi, è successo in Germania, ma se non è successo in Francia non è stato certo merito di Brel, Brassens, Copi e Perec, quello che dici, scusami, mi rendo conto che può sembrare scortese, ma è peggio che semplicistico, è un obbrobrio politico, storico e culturale.
Brel come antidoto al terrorismo, mio dio, non solo la nostra storia, ma anche quella francese è un po’ più complicata di così.
Comunque, no, non è una domanda stupida, ma quella che dai non è una risposta.
Giacomo,
anche Craxi, a suo modo, è andato in esilio, in Tunisia. E domani forse potrebbe farlo anche Berlusconi, in una delle sue lussuose ville, per evitare il carcere. Entrambi per sottrarsi ad una magistratura politicizzata, sarebbe la spiegazione, una magistratura che non voleva giudicarli per dei reati commessi, ma che li perseguitava, secondo una modalità bolscevica. Si tratta di spiegazioni paranoiche o molto furbescamente strumentali, lo sappiamo. Perché non si può dire la stessa cosa per Battisti? Ha ammazzato delle persone? A quanto pare sì, la giustizia italiana lo ha condannato e allora è giusto che paghi. Giacomo, amico mio, è il caso che ti ricordi che le BR e i vari gruoppi terroristici si erano inventati una guerra (addirittura una prosecuzione della guerra partigiana) e l’avevano dichiarata unilateralmente? Un mio amico si è fatto, nel furore degli anni di piombo e delle leggi emergenziali, carcere e arresti domiciliari, ingiustamente ritenuto di Prima Linea, poi scagionato completamente. Non è scappato, forse perché non aveva chi avrebbe potuto aiutarlo, ha sofferto, ha abbandonato gli studi (era quasi sul punto di laurearsi), ma ha avuto fiducia nella giustizia. Non possiamo criticare Berlusconi e difendere Battisti. In uno stato di diritto non ci possono essere eccezioni, chi infrange le regole, soprattutto chi ammazza le persone, è giusto che paghi, altrimenti è finito lo stato di diritto. Anche i mafiosi si sono inventati una loro guerra, contro lo stato di diritto e la magistratura, anche loro potrebbero andarsene in esilio: potremmo tollerarlo? In uno stato di diritto non si possono ammazzare le persone, altrimenti dovremmo ritenere giusta anche la pena di morte.
Ti consiglio lo spettacolo della trentina Angela Demattè (Avevo un bel pallone rosso) sulla vicenda di Margherita Cagol, moglie di Renato Curcio e fondatrice delle BR. Un’analisi della follia brigatista, del loro linguaggio paranoico, perché in fondo di questo si è trattato, di un delirio che ha autorizzato degli esseri umani a giudicare e uccidere degli altri esseri umani, rovinando anche le proprie esistenze, in nome di un ideale assurdamente astratto. Naturalmente nulla di tutto ciò è servito a rendere migliore (più giusta e più libera) la nostra società, ci siamo sorbiti ugualmente Craxi e De Mita, Forlani e Andreotti, Gava e Cirino Pomicino. E oggi ci sorbiamo Berlusconi e Bossi, Cicchitto e Gasparri.
@ non mi sono spiegato bene, perchè pensavo che si capisse: citavo quei nomi non in quanto tali, ma come sintomo di tutta una paletta di “posizioni” e inquietudini – e possibili “risposte” – che appunto percorrevano la musica, la narrativa e la poesia, il cinema, il teatro (penso in particolare ai ruolo importantissimo dei comici), la stessa televisione, così come i vari saperi più settoriali, io potrei parlarti dell’agronomia, ma si potrebbe tirare in campo anche la psicanalisi e le varie forme di terapia, che da noi hanno avuto uno sviluppo di massa solo molto più tardi, tutte cose che in un certo modo potevano “incanalare” la rivolta e il desiderio di cambiamento che era venuto prepotentemente alla luce, portandolo verso forme non distruttive;
non so quale sia la tua esperienza, ma, anch’io ho vissuto quel periodo, a me ripensandoci sembra un tunnel di completa chiusura ideologica e culturale (con forse anche degli aspetti positivi per carità, ma la chiusura resta);
i rapporti ci sono eccome; non a caso del resto, per tornare da noi, e per parlare di narrativa, i nostri “nuovi narratori” vedono la luce (è un caso?) proprio quando comincia la parabola discendente del terrorismo (= quando si consuma il distacco totale con la società, che inevitabilmente porterà …), e non ha caso, proprio per poter sopravvivere, si potrebbe dire, provano il bisogno di staccarsi completamente dall’impegno e dalle ideologie, dando una sterzata alla nostra narrativa i cui effetti si risentono ancora oggi;
@ ancora per alcor
mi sembra che ci sia una grande differenza tra cercare di capire e assolvere, no?; nel mio pezzo non mi sembra davvero di avere assolto nessuno (del resto chi sono io per assolvere)?
siamo arrivati al punto che ragionare è già interpretato a priori come un assolvere?
@sartori
“…tutte cose che in un certo modo potevano “incanalare” la rivolta e il desiderio di cambiamento che era venuto prepotentemente alla luce, portandolo verso forme non distruttive ”
La cultura come antidoto del terrorismo? Il ” ruolo importantissimo dei comici “? Queste mi mancavano. Si sente bene? Ci prende in giro? Nemmeno sua entità Veltroni, Fazio e la Dandini insieme… Mah! Non so quale sia il suo specifico ” culturale “, ma il suo ricordarci l’espertitudine nel campo agronomo mi fa temere che di lei non si possa neanche dire quel che si poteva una volta dire in certi casi: braccia rubate all’agricoltura.
PS: Battisti è stato condannato da un tribunale dello Stato in basi a leggi dello Stato. Le sentenze non si discutono. Le leggi sì che si possono discutere. Il problema è la legislatura d’emergenza che non è stata mai ritirata, in particolare la legge sui pentiti. Deviare da questa elementare verità rivela ignoranza o cattiva coscienza. Maanche tutteddue…
Scusami @Sartori, ma basta consultare una cronologia per smentire questa tua suggestione, tu fai nomi di gente [Brel, Brassens, Copi e Perec] che negli anni settanta ottanta se non era già morta stava per andarsene, Brel nel ’78, Brassens nell’ 81, Copi nell’ 87, Perec nell’ 82.
Se vogliamo restare alla stessa generazione da noi visto che citi Perec ti ripondo con Calvino, o Basaglia, visto che parli di psichiatria, morto nell’80, affiancato, se parliamo di scrittori da Giuliano Scabia, per esempio, o Dario Fo [Mistero buffo è del ’69], o De André, e un certo numero di cantautori e i gloriosi Canzonieri Popolari. C’era Gigi Nono, lo consideri un rappresentante del vuoto culturale, o magari un sostenitore del terrorismo? Non so chi tu intenda parlando di “nuovi narratori”, forse Tondelli, Lodoli, Veronesi? Anche Tabucchi fu definito così, con suo spasso, ma è del ‘43 e ha cominciato a scrivere nel ’73, ed era amico di Sofri, per dire. Certo non pensi a Gianni Celati, che è del ’37 e ha cominciato a scrivere nel ’71, se non ricordo male. E non cito Pasolini, non cito Zanzotto, non cito Bene. Ma neppure Crepax, tanto per tirar fuori un personaggio ben poco ascrivibile alla “chiusura ideologica culturale” e che vendeva assai. Insomma, di quale vuoto culturale parli? Di quale chiusura ideologica parli? C’era di tutto, bastava scegliere, nel 1971, per dire, escono due libri che forse qualcuno può situare in due epoche diverse, e invece sono contemporanei, Satura di Montale e Vogliamo tutto di Balestrini, e due film, Morte a Venezia di Visconti e Arancia meccanica di Kubrik per i quali si potrebbe dire lo stesso.
Io invece di vuoto parlerei di pieno zeppo.
La mia esperienza è questa, e ho citato in fretta e a caso.
E mi scuso se nei miei ricordi c’è poco pop, colpa mia, ma un altro Battisti, Lucio, vendeva un sacco, se non ricordo male.
Quanto al tuo secondo commento, no, ragionare non è interpretato in sé come un’assoluzione, ma qua mi sembra che il tuo ragionamento sia sostenuto da suggestioni labili.
non entro nel merito dell’articolo tutto, né qui è il caso di rilevare come la giustizia in Italia sia stata “anche di classe” ma questa frase di Binaghi “l’ideologia marxista, che per troppo tempo ha insegnato a vedere nell’istituzione solo il gendarme del “nemico di classe”, un qualche peso ce l’ha – il manifesto solo da qualche anno ammette di aver sbagliato di brutto ai tempi di mani pulite…
e naturalmente, anche se i Lucio Battisti fossero stati di più, non sarebbero stati sufficienti a evitare il terrorismo dei Cesare Battisti, che è il punto più debole del tuo ragionamento.
l’abbraccio del latitante è come il passamontagna?
ma quando siete nati, che avete così poca memoria? il PCI al terrorismo ha fatto la guerra, anche le letture marxiste erano di varia natura.
@ alcor
per “nuovi narratori” intendo i nuovi narratori, nella definizione data da La Porta (“La nuova narrativa italiana”), e che è entrata poi nel linguaggio comune per indicare gli allievi di Celati Palandri (il suo “Boccalone” è stato un piccolo bestseller, e ha aperto la via), e Piersanti, Tondelli, De Carlo, Del Giudice, Tamburini …
citavo quei nomi, che come fai notare appartenevano a generazioni precedenti, e sono venuti a mancare nelle date che puntigliosamente indichi, perchè ritengo che abbiano dato un’impronta fondamentale alla cultura giovanile francese degli anni di cui parliamo, diffondendo le eredità di filoni che erano rimasti vitali, a cominciare dal surrealismo, e che allargavano gli orizzonti della politica strettamente intesa; si potrebbero citare allora decine e decine di artisti più giovani, e molto diversi tra loro (è questa la vera ricchezza) che hanno proseguito quelle vie, e che hanno profondamente influenzato, questo è il fatto, i giovani; ma non mi sembra il caso di farlo qui;
ma che discorsi, anche la cultura italiana ha i suoi grandissimi nomi, che discorsi; sarebbe completamente imbecille lanciarsi in un confronto-gara di questo tipo tra Francia e Italia; quello che volevo dire era altro, e cioè che fino al ’77 bolognese la cultura della sinistra extraparlamentare, chiamiamola così, era chiusissima e extra-ideologica, in molti casi stalinista (ma anche qui si potrebbero citare delle eccezioni che discorsi); questo è il terreno asfittico su cui ha prosperato il terrorismo di sinistra; e non a caso dopo il ’77 c’è la scissioni tra chi – i più – si allontano dalla politica (“il riflusso”) e chi invece si lascia ammaliare dal terrorismo;
Ma dove stavi tu. In qualche biblioteca universitaria, buon per te.
Per strada e sui giornali della “nuova” si sinistra si leggeva:
“Lo stato borghese si abbatte, non si cambia”.
E i terroristi erano “compagni che sbagliano”.
Il commento qui sopra era per Alcor.
:–)
Sartori, scusa, ma se volevi sempre dire altro, dillo finalmente, e chiaro, sii preciso, ma se mi citi Brel, attribuendogli la responsabilità di aver salvato la Francia, io ti rispondo partendo da Brel che se avesse cantato qui da noi (dove lo si ascoltava per altro molto) non avrebbe potuto salvare l’Italia.
Temo che voi (in questo caso tu e Binaghi) vi siate fatti ammaliare da una strana, come dire, egemonia minoritaria che non corrispondeva per niente al paese reale, come SB, in buona sostanza, che vede comunisti dappertutto, voi vedete dappertutto un’asfittica cultura extra parlamentare di sinistra chiusissima e stalinista che ha castrato per anni la creatività del paese, portando a causa di questa castrazione, direttamente al terrorismo. Cioè, non so per quale difetto della vista, avete preso una minoranza per la maggioranza del paese, e non solo una minoranza, una minoranza dotata di enorme potere ipnotico, non si capisce come e dove nata, senza padre né madre, eppure deve averli avuti questi genitori, e non solo delle balie come l’”idelogia comunista” o un “vuoto culturale” che invece non c’era.
Del Giudice, per esempio, che tu citi tra i nuovi narratori e non è allievo di Celati, non ha dovuto “aspettare la fine del terrorismo”. Ma scherziamo? Come puoi pensare, tu che sei uno scrittore, che si arrivi a scrivere un libro con la lingua incollata alla ruota del recentismo? I libri vengono covati in tempi più lunghi.
Eppure tu stesso, sensatamente, rispondendo a Binaghi qualche commento fa, sposti le cose un po’ più a monte. Se vanno spostate più a monte, non bastano i Brel e i Copi e i Perec, o i Calvino o i Celati o gli Scabia. La storia dei paesi è complessa. Forse, più che a Brel, in Francia il merito va all’idea di République.
Tu dai, almeno oggi e qui, alla cultura in senso classico, alle arti, un enorme potere, dimenticando che i nazisti ascoltavano Mozart, e pochissimo mi pare, alla storia complessa e variegata, politica e culturale, del paese.
I più, per altro, vorrei ricordare, la politica non la facevano.
Beati voi che avete le idee così chiare, sulle ragioni per cui il terrorismo [che da noi, e sembra che oggi ve lo dimentichiate, è stato anche di destra] ha attecchito in Italia e in Germania si fanno ancora convegni, perché una risposta sola ancora non c’è, ce ne sono molte, come ci sono molte analisi, ma la parola definitiva sia sul terrorismo che sullo stragismo ancora non è stata detta.
Binaghi, in particolare, quando tu avevi dieci anni io stavo in piazza e nelle assemblee, oltre che in biblioteca, e nelle sezioni, oltre che in emeroteca e quando ne avevi venti e ti facevi menare per il naso, ero già vaccinata.
Di sinistre ce n’erano tante, se tu ne hai visto solo una, cosa ci posso fare, eri un ragazzino, non è stata colpa tua, evidentemente ti affascinava, e se le tue risposte sono così schematiche vuol dire che in qualche modo ancora ti affascina, o ti orripila, e sei rimasto lì. Alza il naso dalla tua giovinezza. Pensa in grande. Respira a fondo. Anzi, espira le tue fissazioni ideologiche e inspira la complessità.
@ alcor
se leggi attentamente il mio testo (“Si sono lanciati nella violenza anche perché (sottolineo: anche)”, vedrai che io non ho la sicumera che mi attribuisci, e come te sono convinto che i fattori in gioco sono tanti; a un altro di quei fattori, la persistenza del fascismo, e il modo bislacco con il quale il paese ne era uscito, ho dedicato un romanzo;
dicevo solo, ed è altra cosa, che uno degli elementi è quello;
Per chi vuole capire il sentimento dell’esilio, consiglio la lettura di Cargo Sentimentale di Battisti… E’ nella sua opera, il romanzo più autobiografica tornando su ricordi d’infanzia e la storia familiale intrecciata con la storia italiana.
A me, invece, il desiderio di impunità di Battisti, fino al sotterfugio, alla fuga, ricorda dannatamente la parte più oscura del nostro paese. Non abbiamo più bisogno di condoni, di legittimi impedimenti. Neanche per reati di trent’anni fa. L’Italia onesta non sta comoda tra l’incudine del lodo Alfano e il martello di Battisti.
maria
eh già non abbiamo più bisogno di condoni e di legittimi impedimenti che tuttavia la classe politica di governo continua a chiedere dandosi daffare per ottenerli a favore del Presidente del Consiglio e io mi dovrei accanire o addirittura manifestare in piazza come hanno fatto coloro che vogliono l’immunità di berlusconi per riportare in italia dopo venti anni Battisti ,e per fargli scontare nelle carceri italiane che sono fuori legge, una pena odiosa come l’ergastolo? ma non ci penso nemmeno perchè sono convinta che questo polverone riguardi ben poco l’ansia di giustizia e lo stato di diritto.
In proposito vorrei dire a Binaghi che è messo male se ha bisogno dell’estradizione di battisti per continuare a chiedere al nostro presidente del consiglio di farsi giudicare come un qualsiasi cittadino italiano!
Gli dico anche che il famoso concetto dei compagni che sbagliano non riguardava tutta la sinistra, il pci non lo sottoscriveva di certo!
Si documenti un po’ meglio.
@Vergé
La letteratura sull’esilio è sterminata, da Ovidio in poi c’è molto di meglio da leggere che Battisti.
Scusa, ma si fa, o almeno io faccio, una certa fatica a tenere la lingua a freno leggendo parole come queste tue «Ho incontrato Battisti in un “atelier d’écriture”. Quello che mi ha colpito è la sua tristezza che vestiva i suoi occhi, credo verde cupo.»
Finora ci sono riuscita, ma non giuro di continuare a riuscirci.
Anzi, è meglio che lasci il thread, non voglio correre rischi.
Sapendo di rischiare un approccio superficiale alla faccenda(e alla grammatica)dico che quando penso alla redenzione il nome che mi viene in mente è quello di Giorgio Pietrostefani liquidato dalla giustizia come un volgare assassino(secondo chi scrive,e qualche altro milione di persone vittima del delitto perfetto.Quello che fa si che la colpa sia attribuita a un altro), impegnato a distribuire derrate e ad aiutare gli ultimi nel cuore della tragedia balcanica.Ora parigino pure lui
http://joebien.com/muz/Muz/I%20Walk%20The%20Line.mp3
Troppo debole Sartori, troppo debole..
Gentile Sartori,
io non so quali siano le cause che in Italia hanno portato allo sviluppo del terrorismo e quelle che lo hanno impedito in Francia. Quello che osservo oggi, però, è una situazione speculare nei due paesi: in Italia è la sinistra ad essere la più legata al concetto di stato e di collettività, mentre abbiamo al governo la destra certamente più eversiva della storia repubblicana. In Francia è il contrario: la destra è ancora (malgrado qualche gaffe di Sarkozy e dei suoi ministri) è ancora la principale portatrice del senso dello stato, la sinistra, invece, è più incline a passare sopra alla legalità, quando considera che una causa è giusta. Forse per reazione all’idea di République difesa dalla destra, non so. In Francia, un sindacato come la CGT (!) – lo so per esperienza diretta – difende gli studenti di un’università indagati per aver demolito parte delle attrezzature durante una protesta studentesca, o per aver effettuato “espropri proletari” nei supermercati (stiamo parlando del 2010)… Naturalmente, sono generalizzazioni, ma la sinistra radicale in Francia è ancora presentabile e alza spesso e volentieri la voce (e le mani), assai più che in Italia. Diciamo che il terrorismo, forse, è almeno servito a vaccinarci dal fascino ombroso della révolte. I metrapensé, come li chiamate voi, non sfuggono a questa tentazione. Già, diciamocelo, sono assai più antipatici dei metrapensé italiani, ma cerchiamo di restare obiettivi. Lei cita e linka la lettera di Henri Lévy al presidente Lula, “tutt’altro che verbosa e delirante”. Anche se su specifici punti si potrebbe discutere. Insomma, paragonare le leggi antiterrorismo degli anni ’70 alla tortura francese in Algeria o alla repressione inglese in Irlanda rasenta, a mio avviso, la malafede. In un caso stiamo parlando di una legislazione che avrà sicuramente conosciuto le sue derive, ma che aveva, perlomeno, lo scopo di eliminare qualcosa che la società italiana identificava collettivamente come un cancro. Nell’altro stiamo parlando di dispositivi violenti e repressivi messi in pratica nel quadro di guerre imperialiste. A me non pare che sia la stessa cosa.
Fatto sta, poi, che accanto ad un Henri-Lévy, che per quanto aderisca ad una causa per me sbagliata, resta una persona ragionevole ed intelligente, si leggono in Francia messaggi di ben altro tenore da parte di altri presunti metrapensé. Ne traduco uno, per i non francofoni (http://www.brunolussato.com/archives/464-Le-journal-du-20-septembre-2007.html):
Korzybski [ammetto la mia ignoranza, non so chi sia] ha dimostrato che non si è responsabili di quello che si è stati. Battisti nr. 2, autore di successo, sposato, padre di bambini carini e che ha richiesto con tenacia un permesso di soggiorno sistematicamente rifiutato, non è il Battisti nr. 1, quello degli anni di piombo, in cui lo si accusa, a torto secondo i suoi amici e lui stesso (è il miglior testimone, poiché c’era!) di aver unicamente incoraggiato gli esecutori dei boia mussoliniani riconvertiti. La Francia si onora, contrariamente all’Italia, chiedendo un’amnistia generale per dei giovani rivoluzionari trascinati dal loro zelo di militanti e caduti nella trappola di leggi vendicative e improvvisate, pronte a servire gli interessi egoisti di individui ostinati ad aggrapparsi ai loro privilegi economici e securitari. Il paese della mafia, della loggia P2, di Berlusconi e del papa germanico dovrebbe farsi perdonare le sue tare e la sua corruzione. Uno strumento sarebbe quello di “smettere di perseguitare i vinti”, le vittime del capitalismo e dell’imperialismo berlusconiano.
Ecco, se lei va sui siti e sui blog di sinistra francesi, accanto agli Henri-Lévy trova queste cose. Il che vuol dire che l’informazione è manipolata da una parte e dall’altra, che la disinformazione e la scelta degli elementi da mettere in evidenza (magari caricaturandoli, come qui sopra) e quelli da nascondere è distribuita in maniera equa tra i pro- e gli anti-Battisti. Il fatto che il caso Battisti sia (anche) manipolato da Berlusconi, così come lo sono stati, in passato, il caso di Persichetti o di Marina Petrella, non redime, per una sorta di grazia ricevuta al contrario, Battisti.
Giudichiamo Battisti per quello che fa oggi, indipendentemente, lo ripeto, dalla sua effettiva colpevolezza (sulla quale lui solo sa la verità). La preoccupazione principale di Battisti e dei suoi difensori, oggi, è quella di spersonalizzare la questione, di far passare Battisti (e, ripeto, Persichetti, la Petrella) come un individuo qualunque, qualcuno che anche all’epoca è stato vittima di un meccanismo più grande di lui. Lo dice Henri-Lévy, lo dice Fred Vargas (si veda, ad esempio, questa intervista a Le Monde: http://www.lemonde.fr/livres/article/2009/02/20/fred-vargas-defendre-battisti-ce-n-est-pas-ignorer-les-victimes_1158153_3260.html. Tanto erano convinti di avere un destino eccezionale all’epoca, tanto oggi si presentano come dei mediocri, delle persone comuni. Il desiderio di ripiegarsi sul privato è forse psicologicamente comprensibile per queste persone. Abbiamo il dovere di assecondarlo? E’ un buon modo, per la società italiana, di fare i conti con il proprio passato?
@maria:
“Ma non ci penso nemmeno perchè sono convinta che questo polverone riguardi ben poco l’ansia di giustizia e lo stato di diritto.”
Io invece sì: ognuno risponde per sé e per la propria coscienza. Non ho partecipato ad alcuna manifestazione, e non so se le mie motivazioni per voler l’estradizione di Battisti sono le stesse di Berlusconi, Gasparri e Frattini. E allora? Devo smettere di difendere una causa perché Berlusconi la sposa? Mi spiace, non sono di quelli che tifano Ghana ai mondiali perché c’è Berlusconi al governo…
Per me TUTTE le cause riguardano la giustizia e lo stato di diritto. Le prevaricazioni di Berlusconi sono più insopportabili delle altre quantitativamente, non qualitativamente. E poi, la mia non è solo “ansia di giustizia”, ma anche giudizio sul Battisti oggi, su quello che dà all’Italia – niente – e quello che chiede – un perdono incondizionato.
“In proposito vorrei dire a Binaghi che è messo male se ha bisogno dell’estradizione di battisti per continuare a chiedere al nostro presidente del consiglio di farsi giudicare come un qualsiasi cittadino italiano!”
Battisti e Berlusconi devono essere giudicati e, se colpevoli, condannati allo stesso modo. L’impunità di Berlusconi non rende l’eventuale colpa di Battisti meno grave. Però, l’impunità di entrambi rende la cosa ancora più insopportabile, e dà un altro piccolo colpo alla credibilità della giustizia e della società italiana.
Non ho mai letto roba più vergognosa. Non si tratta di esilio, ma di fuga dalla galera.
Il fatto che ha scritto dei libri non vuol dire assolutamente nulla.
Se Battisti fosse stato un poveraccio, senza studi e libri alle spalle, nessuno avrebbe gridato allo scandalo.
Si nota in questo articolo il classico, odiosissimo e profondo classismo degli intellettuali. Invito l’autore a leggere qualcosa di Benedetta Tobagi o di Mario Calabresi.
Un’altra cosa: i francesi di quel orrendo periodo non hanno capito un cazzo. Mi riferisco ovviamente agli intellettuali francesi e rimando ad un bellissimo articolo di Barbara Spinelli di qualche giorno fa.
Maria e Alcor
Il bello dei punti di vista è che sono tanti e dipende dal luogo di osservazione. Dolente ma quando avevo vent’anni (nel 77) per i miei coetanei di sinstra il PCI valeva poco più della sacrestia di paese. Non che ci sia d’andarne fieri, ma questa era la realtà della condizione giovanile.
Ma quali intellettuali,sembra una puntata della De Filippi…manco stessimo parlando di Dreyfus!
Alcor,
Tengo da dire che non mi sento in leggitimità per scrivere su un caso italiano.
Volevo solo parlare del mio sentimento che tutti hanno provato.
Incontri una persona e vedi la sua umanità. Punto e basta.
Non conosco bene l’orrendo periodo da cui parla Antonello. Ma mi sembra che oggi, ci sono cose orrende come la prostituzione delle ragazze venute dell’Est, criminali che vivono in Spagna, in Italia e nessuno prende la parola per denunciare questi uomini!
Aggiungo che mi sento a disaggio per commentare. Non sono in grado di tradurre la mia idea.
Per me TUTTE le cause riguardano la giustizia e lo stato di diritto. Le prevaricazioni di Berlusconi sono più insopportabili delle altre quantitativamente, non qualitativamente. E poi, la mia non è solo “ansia di giustizia”, ma anche giudizio sul Battisti oggi, su quello che dà all’Italia – niente – e quello che chiede – un perdono incondizionato.
maria
eh no fabio, le prevaricazioni di berlusconi sono proprio qualitativamente diverse, ti ricordo che il cavaliere è il presidente del consiglio della repubblica italiana con a disposizione fior di avvocati che studiano ogni modo per sottrarlo al giudizio del tribunale, per cui vedere santanchè, meloni e gasparri che in nome delle vittime chiedono “giustizia” con il megafono additando il terrorismo rosso e tirando in ballo e a casaccio dei non meglio, ormai, identificati comunisti non mi lascia indifferente. Ti preciso che io non ho chiesto perdoni o condoni a questo e quello ,e che non conosco bene nel dettaglio la vicenda giudiziaria di battisti che peraltro non difendo a prescindere , come non accuso a prescindere il cavaliere che dovrebbe in ogni caso avere un po’ più di pudore e di accortezza vista la sua situazione.
Osservo solo la strumentalizzazione evidente del caso Battisti in nome di una giustizia che viene calpestata ogni giorno a cominciare dalle carceri e la strana pretesa che uno torni per beccarsi l’ergastolo per far contenti quelli che pongono la questione in modo asettico, dimenticando quando di classista ci sia nella giustizia, basta aver visitato un carcere per capacitarsene immediatamente.
fabio
“In proposito vorrei dire a Binaghi che è messo male se ha bisogno dell’estradizione di battisti per continuare a chiedere al nostro presidente del consiglio di farsi giudicare come un qualsiasi cittadino italiano!”
Battisti e Berlusconi devono essere giudicati e, se colpevoli, condannati allo stesso modo. L’impunità di Berlusconi non rende l’eventuale colpa di Battisti meno grave. Però, l’impunità di entrambi rende la cosa ancora più insopportabile, e dà un altro piccolo colpo alla credibilità della giustizia e della società italiana.
maria
ma è questo che io contesto, questa mettere sullo stesso piano l’impunità di berlusconi e di battisti o per meglio dire del piccolo malvivente o delinquente, certo lo sono sul piano stretto del diritto, lo sono per la norma giuridica, ci mancherebbe altro, ma non lo sono nel giudizio politico e nella pratica di vita per cui accumunarli in modo astratto come tu fai, in nome della giustizia giusta, a mio parere lascia il tempo che trova.
@valter binaghi
cosa valesse il pci per te e i tuoi coetanei non vuol dire poi molto, c’era una parte di paese, magari altrettanto giovane, per cui valeva qualcosa, la storia politica italiana non si fa soltanto in base alle proprie esperienze di vita.
Non prendere queste mie parole per una difesa del pci che ebbe sicuramente delle responsabilità non da poco nel non capire cosa avveniva alla sua sinistra, però il suo rifiuto del il terrorismo è un fatto storico importante che va considerato quando si parla di quelle vicende di cui non vi fu un unico calderone.
Valter, nel 1977 un italiano su tre votava comunista. Il partito raccoglieva, in quel periodo, percentuali superiori al trenta per cento del corpo elettorale. Il fatto che nella mia e nella tua percezione, così come in quella di poche migliaia di militanti della sinistra radicale, contasse meno del due di coppe a briscola, non cambia di un millimetro la verità storica (quella a cui si richiamava Alcor): e cioè che dal primo all’ultimo dirigente e militante era schierato, e lo fu sempre, apertamente e compattamente contro il terrorismo.
@ Cassano
Sì, in questo thread ci sono dei commenti vergognosi, i tuoi un po’ più degli altri. Senza andare troppo indietro nel tempo, dov’eri, e soprattutto cosa hai scritto, quanta indignazione hai manifestato quando una sentenza vergognosa ha mandato definitivamente assolti mandanti ed esecutori della strage fascista di Piazza della Loggia? Credi che il dolore dei familiari di quelle vittime sia meno “importante” e meriti meno rispetto di quello di coloro che citi?
@maria:
giusto per dissipare il dubbio: considero Berlusconi il peggior cancro che l’Italia abbia conosciuto nel dopoguerra e non esiterei un secondo a scegliere se condannare lui o Battisti.
La difesa della giustizia da parte di Berlusconi e dei suoi scagnozzi è ipocrita e strumentale. Il caso Battisti è utilizzato dal governo di centrodestra per mascherare fatti ben più gravi. Tutto questo è insopportabile, e i Berlusconi, le Santanché, Meloni e Gasparri ne sono pesantemente responsabili e sono responsabili di quello che fanno. Tutto questo non monda Battisti dalle sue eventuali colpe. Ci sarà sempre un delinquente più delinquente di me. Questo mi rende meno colpevole? Se davvero Battisti è un innocente e un perseguitato, se la sua adesione (benché distorta) ad una causa di progresso e di giutizia era sincera, che non cerchi di fare il piccolo Berlusconi, ma che faccia qualcosa, nel suo piccolo, perché il suo caso non si ripeta, e perché i veri colpevoli, da Berlusconi in giù, siano condannati, e gli innocenti stiano fuori dalle carceri.
Certo, chi governa dovrebbe essere migliore degli altri, e invece quello che ci governa è il peggiore, ma gridare “o Berlusconi in galera o tutti fuori!”, magari ci fa sentire bene, ma è proprio una manifestazione di quel qualunquismo di sinistra che vigeva negli anni ’70 in Italia e che vige ancora oggi in Francia. Cominciamo a prenderci, ognuno, le nostre responsabilità. Il problema dell’Italia non è solo Berlusconi. Berlusconi non è, politicamente e biologicamente, eterno. Il problema sono i tanti piccoli Berlusconi che ci circondano. Che si sia Battisti o qualcun altro, che si abbiano ottime o pessime ragioni, mettere l’impunità in cima a tutto non è un buon modo per cominciare a deberlusconizzare l’Italia.
@Fm, quello di piazza della loggia è uno scandalo. ma ti deluderò dicendo che qui si sta parlando d’un altro fatto di cronaca, di altre sentenze. cerchiamo di non confondere le cose.
il problema è che sei bloccato ancora nella dinamica fascista contro comunista, quando io invece parlo di colpevoli e innocenti, di assassini e vittime.
Mi sembra che l’articolo di Sartori sia importante perché cerca di strappare alla visione unanime e ristretta la vicenda Battisti. Cerca di fare in modo che, questo, come altri argomenti, non siano solo declinabili nella forma del “tabù”, ossia “ciò che è giusto pensare sul caso Battisti è questo e solo questo”.
Nei programmi televisivi, oggi, un argomento del genere permette di essere sviluppato secondo una domanda con due sole risposte possibili: “Sei favorevole all’estradizione di Battisti?” a) sì (giusto); b) no (sbagliato).
Sartori invece a partire dal caso Battisti si pone altre domande, fa altre osservazioni. Che si condividano le sue opinioni o meno, mi sembra sano che tutto non si risolva nella domanda a due risposte di cui sopra.
Io riprendo solo un punto. L’enfasi, da parte di politici e giornalisti del nostro paese, sul dolore delle vittime, risulta quasi sempre ipocrita e perverso. Lo stato italiano è ingaggiato all’estero in una guerra, le cui vittime ci sono del tutto estranee, e ognuno si guarda bene dall’evocare quel dolore e quelle vittime civili. In Italia, le vittime dello stragismo neofascista attendono ancora giustizia. Di fronte alla proposta di salvare Moro, lo Stato italiano non si è minimamente schierato a difesa della possibile vittima e della famiglia che ne richiedeva la salvezza.
Come ricordava Carmelo questa strumentalizzazione fa schifo. Sopratutto da parte di un governo che, solitamente, tratta la magistratura come una forza ostile e antidemocratica.
Il punto di vista delle vittime è fondamentale, ma non è sufficiente per una valutazione giuridica e tanto meno per una valutazione storica. Assolutizzare il punto di vista delle vittime (quando fa comodo) significa minare il ruolo democratico delle istituzioni.
Poi Sartori dice una cosa che mi sembra importante. La vicenda giudiziaria del terrorismo rosso si è in qualche modo chiusa con un bilancio favorevole per quanto riguarda lo stato italiano. Sappiamo che così non è per i processi e le condanne relative al terrorismo nero, che aveva appoggi statunitensi e interni allo stato.
Ora questo bilancio positivo, dal punto di vista della verità giuridica, potrebbe permettere un dibattito spregiudicato per l’elaborazione di una verità storica e politica. Ora tutto va in direzione opposta. Naturalmente i prima semplificare sono i testimoni diretti della stagione anni settanta. Ciò d’altra parte non è così strano. Come la giustizia non si può fare assumendo il solo punto di vista delle vittime, così la storia non si può fare assumendo il solo punto di vista dei testimoni (io so perché io c’ero).
a antonio cassano,
“il problema è che sei bloccato ancora nella dinamica fascista contro comunista, quando io invece parlo di colpevoli e innocenti, di assassini e vittime.”
mi scuso, ma questa frase mi sembra riflettere perfettamente la “restrizione” del discorso, ossia ciò di cui “bisogna” parlare è: colpoveli e innocenti. Ora in occasione del caso Battisti, si potrebbe parlare anche d’altro. Ad esempio, del tono che viene utilizzato da istituzioni e stampa pluralista per parlare di un tema del genere. E discutere di questo, non dovrebbe fare di me un sostenitore dell’innocenza di Battisti.
Ma perché per evitare di chiamare Battisti col suo nome (ricordo a chi parla di valutazioni giuridiche ancora in corso che è colpevole di quattro omicidi con sentenza passata in giudicato) si citano altri assassini (preferibilmente dell’altro versante politico)? Se proprio le ragioni delle vittime fanno schifo, almeno fidiamoci delle sentenze di primo grado, appello e cassazione della giustizia italiana. Non mi sembra poco neanche per una valutazione storica.
Perché cadere nell’errore del botta e risposta “fascisti contro comunisti”? Botta e risposta che proprio in quegli anni si è incancrenito a tal punto producendo i risultati che sappiamo.
Così si cade nel vecchio errore: chiudersi nella propria tribù.
E’ brutto vedere uno Stato accanirsi contro un uomo solo, è vero.
Ma è anche brutto vedere intellettuali che difendono un assassino solo perché è un intellettuale. O almeno si presume che lo sia.
Un criminale, rimane criminale anche con un libro tra le mani. Un morto, rimane morto.
Siete forti, a NI. Prendete per BIBBIA i contenuti delle inchieste, romanzati a fine di superiore civiltà… tipo quelli di un vostro sodale che per rafforzare ciò che sostiene – a volte zoppamente – cita materiale giudiziario scadentissimo e ripete sempre, anche in tv, la formula magica ” COME DIMOSTRA L’INCHIESTA “, per accusare e infangare chigliparalui. Ma non vi sfiora l’idea che in uno stato di diritto bisogna assolutamente rispettare le sentenze di terzo grado del tribunale, pur sapendo che c’è il rischio che siano sbagliate.
Mi sa che allafineallafine lo stato di diritto non vi piace.
Suvvia suvvia Sartori! La gente non è scema come si crede! Lo capisce che usate le sentenze come i cessi degli autogrill! Tutti buoni finché servono alla causa, tutti da ripulire (sempre i cessi) quando sono modellati alla turca! Purtroppo la verità è pura e semplice, questo signore che ha sparato a freddo da vigliacco canaglia contro persone inermi e indifese, uccidendole, è stato CONDANNATO dai tribunali e perciò deve stare nelle patrie galere a succhiarsi il pollice. Punto. Invece si è fatto mena reclusione di Corona e ora è al centro di una bella cazzata internazionale.
Se mettete in discussione le sentenze di Battisti, dovete mettere in discussione pure quelle che riguardano il noto borseggiatore della giustizia Silvio Berlusconi.
La magistratura, in Italia, ha seri problemi. Uno di questi è che viene usata pro domo sua dalla politica, che suole premere, infiltrarsi, oppure adoperare le sue sentenze per trarne benefici di sorta. Come questo. Ma è poca cosa per voi, no, Nazione Indiana?
@ Cassano
E’ un tuo diritto, come di tutti, credere che Battisti sia colpevole, innocente o quello che ti pare. Quello che contestavo è il modo. Alcor ha criticato duramente l’articolo di Sartori, ma si è guardata bene dall’usare degli epiteti che, per quanto apparentemente rivolti a uno scritto, si risolvono, sempre e comunque, come insulti alla persona. Questione di stile, forse; o forse, molto più probabilmente, di onestà intellettuale. Qualità che difettano, ovviamente, quando, come fai tu (e qualche altro), si entra in una discussione dove una ventina di persone si confrontano, sia pure animatamente, e si bollano come “vergognosi”, ai tuoi occhi, i commenti che, al contrario del tuo, si permettono il “lusso” (non concesso: ma solo a tuo insindacabile parere) di avanzare qualche riserva, porre qualche interrogativo. E’ il tipico atteggiamento di chi ha la verità in tasca, tutta intera, sempre, e non si lascia mai sfiorare minimamente dal dubbio, una pratica che sicuramente gli è estranea: molto più facile, meno faticoso e dispendioso, più rassicurante per le proprie inamovibili certezze cavalcare l’onda dell’unanimismo di facciata (e di bottega). Io, invece, è proprio da un salutare dubbio che voglio farmi sempre accompagnare; se non altro, mi aiuta a restare più “umano” – che è esattamente quello che voglio. E il dubbio, in questo caso, è rappresentato, tra l’altro, dall’oscena farsa di un processo nel quale le parole di un pentito diventano vangelo, anche quando non c’è nessun riscontro o risultano palesemente contraddittorie rispetto ad altre rilasciate dallo stesso soggetto. Ampiamente “ricompensato”, del resto.
Dici che il paragone che ho fatto, quello con Brescia, non regge? Che si tratta di “fatti di cronaca” (!) diversi? Ti sbagli, il parallelo sta in piedi benissimo, ed è una delle poche chiavi di lettura “credibili” per approcciare l’immonda cagnara, la congerie di interessi, confessabili e incoffessabili, che si sta recitando in questi giorni: non ultimo, quello di distogliere l’attenzione dalla realtà di un paese dove i morti di fame ormai sono milioni; dove il ricatto regna sovrano, e se ti offrono un lavoro puoi averlo solo se ti riduci a un simulacro di uomo, privo di diritti e di dignità. Non ci hai mai pensato, vero? Sei in buona compagnia, non preoccuparti, è l’ultimo dei pensieri anche della sinistrina frou-frou che, dopo aver smesso, delusa, di corteggiare il “compagno” fini e il “compagno” casini, ha subito trovato, facendolo suo, un altro luminoso obiettivo strategico…
Non posso darti torto, invece, quando dici che sono “bloccato”, etc. etc. Sì, è vero, lo confesso, e spero di rimanerlo ancora per molto. Se non altro, qualora fossi convinto della colpevolezza di Battisti, questo “blocco” mi eviterebbe di unire la mia voce al coro, quello sì vergognoso, di questi giorni; mi eviterebbe la possibilità, quella sì vergognosa, di ritrovarmi a braccetto con chi (richiamandosi al rispetto delle regole, alle istituzioni, alla giustizia) fino a ieri sputava, tanto per fare solo un nome tra le tante vittime dello “stato di diritto”, sul corpo morto di Stefano Cucchi; mi eviterebbe l’oltraggio, quello sì vergognoso, di manifestare fianco a fianco, innalzando gli stessi cartelli e gridando gli stessi slogan, con chi non ha detto una sola parola che sia una quando la stessa giustizia, che ora invoca contro il “mostro”, ha mandato assolti i responsabili dei massacri di Genova, mentre i mandanti istituzionali gli facevano fare carriera o li elevavano al massimo grado del loro incarico; mi eviterebbe l’obbrobrio, quello sì vergognoso, di fare tutt’uno con un “senso della giustizia e delle regole” che non batte ciglio di fronte allo spettacolo, quello sì vergognoso, di mafiosi condannati con sentenze passate in giudicato e che siedono, comodamente, in parlamento.
Mi eviterebbe, infine, di mettere la ciliegina sulla torta, questa sì vergognosa, come fai tu, quando accusi i tuoi interlocutori, senza che nessuno si sia mai permesso nemmeno di pensarla o di scriverla un’oscenità del genere, di provare “schifo” per le “ragioni delle vittime”.
@Fm
mi onora una risposta così lunga. ma non ti sei stancato a scriverla?
Non ho detto che l’autore è vergognoso, ho detto che lo scritto è vergognoso. Non guardare il dito mentre indico la luna…
altra cosa: non l’ho detto mica io che Battisti è colpevole. l’hanno stabilito tre gradi di giudizio della giustizia italiana.
sentenza definitiva che tu, io e tantissimi altri qui non abbiamo letto.
quindi non puoi giudicare le dichiarazioni rese dal pentito in aula semplicemente per un motivo: rischi di sparare cazzate e parlare per sentito dire. anzi a questo punto mi sembra molto strano che i giudici non abbiano riaperto il caso per rivederlo alla luce delle tue scioccanti dichiarazioni.
ps: non rispondero più a un tuo intervento.
Cassano, le cazzate, per non dire altro, le spari tu, ogni volta che disponi i ditini sulla tastiera. Io ho parlato di dubbi. Ma non ti accorgi di quanta malafede nasconde il tuo furore giustizialista?
http://www.carmillaonline.com/archives/2009/01/002924.html#002924
http://www.carmillaonline.com/archives/cat_il_caso_battisti.html
ps: non rispondero più a un tuo intervento
Cercherò di farmene una ragione.
@fm
ci stiamo a pija per culo?! Carmilla sono 7 anni che si batte ferocemente a favore di Battisti! Usare Carmilla a favore di proprie tesi dubbiste-innocentiste è piuttosto ridicolo. Qui nessuno, spero, è giustizialista. Si tratta solo di rispettare le sentenze. O di contestarle nelle sedi giuridiche opportune. Si tratta di rispettare le regole dello stato di diritto, anche perché ci conviene, perché se quelli che comandano si mettono a non rispettarle contro di noi ci massacrano letteralmente. Perché anche su ognuno di noi loro al potere nutrono dubbi… Se lo ricorda quello che l’altro giorno ha invocato l’arresto preventivo? Lo capisce che fuori dalla cornice dello stato di diritto ci massacrano?
Piuttosto si tratta di battersi per aumentare la qualità dello stato di diritto. Per esempio, avevo già detto, bisognerebbe mettere in discussione quello che delle legislazione d’emergenza è restato in vigore nella procedura penale, a partire dalla validità delle dichiarazioni dei pentiti ai fini di condanna e a partire dall’assurdo reato di concorso esterno, che pare esista solo da noi.
un articolo che mi sembra rispondere in modo sensato E PACATO ad alcune domande venute fuori nel thread, per chi non l’avesse già visto:
http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/01/articolo/3950/
Nessuna presa per il culo e nessuna ridicolaggine, Massino. Quella messe di documenti, indipendentemente dalla cornice innocentista di Carmilla, è un patrimonio consultabile da chiunque, anche dallo “stato di diritto”. E qualche dubbio (di quello parlavo, non di altro), se permette, lo ingenera. Almeno a me. Avere dei dubbi e palesarli, poi, significa per caso, come ha già fatto notare qualcuno, sposare una determinata “tesi”?
Forse prima di passare ad un opportuno rinforzo e aumento della qualità dello stato di diritto, bisognerebbe intendersi sull’accezione in cui accogliamo quel concetto: accezione/ricezione che non può prescindere dalla constatazione, sul campo e nei fatti, dell’uso, e soprattutto dell’abuso per fini personali e di casta, che ne fa oggi chi lo gestisce “anche” (ma solo formalmente, a parole e proclami, nel suo involucro deprivato di valore e sostanza) a nostro nome. Voglio dire: se la sua difesa passa attraverso l’accettazione supina e passiva di una sentenza, quale che sia, io non ci sto. E non credo di pormi fuori dalle sue regole, se, ad esempio, non accetto sentenze come quella di Brescia; anzi, la mia non accettazione è proprio una richiesta di trasparenza “reale” dell’applicazione e del funzionamento di quelle regole.
Massino, lo “stato di diritto” aveva già emesso il suo giudizio sulla morte di Federico Aldrovandi, rubricando allo status di verità inoppugnabile la refertazione (prodotta dalle sue articolazioni locali, da apparati securitari) che la dava quale conseguenza dell’abuso di sostanze stupefacenti da parte di un ragazzo poco più che adolescente. E’ stato proprio il rifiuto di quella “sentenza” da parte di migliaia di persone, che si sono mobilitate in rete in appoggio dei genitori, a ristabilire la verità e a consegnare alla giustizia gli autore dell’omicidio. Cioè a ridare “dignità” a quello stesso stato di diritto che l’aveva fino a un attimo prima fatta a brandelli.
Sartori,l’articolo del manifesto è in soldoni uguale al suo,non chiarisce nada.
Siete allo stesso livelo del Caimano con i casi specifici: “esprimo solo i miei dubbi su quel particolare episodio giudiziario, i miei dubbi di cittadino che riflette a quello che legge e che prima di essere convinto vuole vedere delle prove chiare e non contraddittorie.”
Un arrampicatura sui vetri che piacerebbe al Caimano.
Qua si tratta di un delinquente comune e tirano in ballo la Storia…
La storia è sempre quella,e molto più semplice,ognuno se la canta come vuole,va bene,basta che smettiate poi di far sermoni sulla autonomia della magistratura,la civiltà giuridica,lo stato di diritto…
@fm
mi sembra confuso e assai ideologico, mi scusi se glielo dico. non vuol proprio accettare che discutere delle sentenze, anche quelle definitive, è legittimo, ma non lo è sottrarsi ad esse. lo stato di diritto funziona così. a lei lo stato di diritto non piace. in definitiva non le piace la democrazia. ne prendiamo atto. ma si renda almeno conto di essere parte di una minoranza trascurabile, speriamo non una minoranza sciagurata come quella di cui faceva parte il condannato Cesare Battisti.
Io non ho nessun elemento per pensare che Battisti sia innocente. Non ho nemmeno nessun motivazione per dedicarmi con particolare tenacia ad approfondire le ipotesi sulla sua innocenza.
Credo nell’autonomia della magistratura. Credo che la legge dovrebbe essere uguale per tutti. Sia per Battisti, sia per i neofascisti bombaroli, sia per Berlusconi.
Detto questo, le sentenze come ogni azione umana e istituzionale possono sempre essere criticate, senza che ciò significhi negare in blocco valore all’istituzione giudiziaria. Mi sembra quindi normale che ci siano persone che, avendo da vicino seguito il processo a Battisti, facciano delle critiche su di esso.
Nella storia Repubblicana, le maggiori debolezze le istituzioni le hanno mostrate negli anni Settanta, magistratura inclusa, che non è stata in grado di giungere alla verità giudiziaria proprio sulle stragi. La stagione dell’emergenza, inoltre, rappresenta un altro versante estremamente contestabile, proprio perché, come nel caso dei depistaggi, ha subito l’interferenza politica.
Il semplice fatto di sollevare dubbi e critiche sull’operato della magistratura non vuol dire quindi dover essere sulle medesime posizioni di Berlusconi. I due casi hanno infatti poco in comune. Berlusconi infatti ha il potere che Battisti non ha avuto, ossia quello di non farsi processare grazie al suo ruolo politico e talvolta di corruttore. Battisti si è sottratto al processo come qualsiasi persona comune può fare, che sia colpevole o innocente, ossia fuggendo.
Ultima cosa. Io posso difendere l’autonomia della magistratura e avere fiducia nel suo operato anche se magari penso che il sistema della pena attualmente esistente è in parte sbagliato o fuorviante o inutile.
A me sinceramente non interesserebbe vedere berlusconi in galera. A me basterebbe che non potesse più esercitare nessuna di quelle funzioni che lo mettono in grado di nuocere agli altri, cittadini italiani in primis.
Se ci fosse una sentenza di condanna sulle sue malefatte (di Berlusconi), e pure la certezza che non metterà più piede in un parlamento, o in un azienda, o in una tv, a me andrebbe benissimo.
Scrivo questo per confutare un’equazione fasulla ripresa da alcuni commentatori. Non scandalizzarsi per la mancata estradizione di Battisti, voler sollevare dubbi e criticare la vicenda giudiziaria, equivarebbe a appoggiare posizioni come quella di Berlusconi, il quale è uno dei pochissimi cittadini che, pur essendo più volte indiziato, può permettersi di non farsi processare, e di essere sempre serenamente a piede libero nel governo.
Massino, ho affermato per caso, in un qualsiasi passaggio, che Battisti ha fatto bene a sottrarsi alla sentenza? Non credo di essermi mai espresso in tal modo su tale questione. E allora, mi scusi se glielo dico, perché darmi del “confuso” e dell’”ideologico”? Solo perché non riesce ad afferrare il senso di quello che sto affermando? Che io sia confuso e ideologico è una eventualità, senz’altro, ma ha le stesse possibilità di corrispondere al vero di quante ne ha l’altra, cioè la sua riluttanza, noluntas se vuole, a dare il ben che minimo credito a qualsivoglia discorso non trovi totale ricezione all’interno delle coordinate in cui iscrive le sue convinzioni. E una di tali convinzioni è quella che si può ridurre a questa equivalenza: stato di diritto = accettazione delle sentenze. Gliela ho contestata? Ho per caso tacciato questa sua semplificazione di superficialità e di banalità da bar sport? Non credo proprio. Qualora corrispondesse al vero, lei se la tiene; così come, qualora corrispondesse al vero, io mi tengo l’accusa di confusione e di ideologia. Che male c’è? Anche sul concetto di democrazia, poi, ci sarebbe da intendersi, ma non credo sia il luogo, né il momento.
Un’ultima considerazione, me la conceda. Lei ha perfettamente ragione nel ritenermi parte di una minoranza, trascurabile per giunta; pure lei fa parte di una minoranza, e lo sa bene, anche se io non mi pronuncio sulla sua incidenza e sul suo peso, che non saprei assolutamente quantificare. La ringrazio anche dell’augurio, veramente, e ne approfitto per rassicurarla: quale che sia la minoranza di cui io abbia fatto o possa far parte, quali che siano i suoi vizi, o i suoi deficit di profondità intellettuale, non vi albergheranno mai né la violenza né qualsiasi idea possa mai contemplare la riduzione della vita umana, di qualsiasi vita, a mezzo per raggiungere un fine, anche il più nobile. Mi rassicuri lei, allora, almeno su una cosa (anche se ne sono assolutamente convinto di mio, mi creda): che la minoranza di cui fa parte, quale che sia, non è composta soltanto di pallide caricature céliniane criptofasciste, come le due che la seguono come un’ombra in ogni suo spostamento, facendole da spalla e da debolissimo supporto non richiesti.
La saluto.
Ci sono sentimenti contrastanti e vorrei scrivere più commenti, diversi, uno per ognuno di quelli, compartecipando delle diverse sensibilità e proposizioni. Però il sentimento più forte e anche più razionale è una estenuazione, la stessa che in fondo ha segnato il fallimento (e la conclusione) della mia presenza attiva in rete.
E’ un sentimento cristallizzato nelle parole del mio collega telematico Angelo Rendo di inizio 2008, in uno dei lavori comuni: “Attorno si affolla il Dilettante: ci si interessa a tutti, si aprono le gabbie, ci si crea il pubblico, lo si fidelizza con la buona parola. Minima pubblicità.”
Io credo che dovremmo tutti (tutti quelli di buona volontà) riflettere sul profondamente leso e oramai irrecuperabile dovere al silenzio, quando non si ha la conoscenza -né la rappresentanza- necessaria ad esprimere un parere (in questo caso legale, poi politico e infine civico). Dovere barattato, in Italia, con il diritto all’opinione individuale, in realtà la doxa del consumatore.
Lo scrittore Arminio parla di “autismo corale” che avrebbe infine ucciso la poesia, cioè l’anima di un popolo. Immagine efficace e verticalissima, a guardare dentro l’abisso, che tuttavia non mi pare centri in pieno il bersaglio.
L’immagine che offro io è quella della limitazione progressiva dello spazio illuminato (vorrei dire illuminista), quello su cui opera l’agire competente basato su culture e tradizioni che fanno parte della storia del sapere universale, umano, prima che su quelli applicati, giuridico, tecnico o scientifico che sia.
Nel momento in cui tutte le opinioni valgono uno, come quelle in questo articolo e colonnino equiparate a sentenze passate in giudicato, il fondamento su cui si basa il lavoro di fare luce, lavoro che spetta a chi di quelle sentenze non si fida, viene irriemdiabilmente compromesso.
Ciò che viene vilipeso è il saper fare: il talento necessario -unito alla preparazione tecnica- a cantare, suonare, scrivere poesie, capire di politica, economia, geopolitiche. Il talento della retorica. L’equanimità brutale e naturale di chi certe cose può dirle o farle, mentre altri no, fosse anche solo per ricevuto mandato (la famosa rappresentanza).
In Italia il “saper fare” è spesso visto come fumo negli occhi, soprattutto da chi ha fatto della lotta di classe la sua bandiera. Sostituendo l’ideologia al talento, la comunità alla capacità, l’apparato al gesto verticale (rivoluzionario perché svela l’oscuro, porta luce), si preferisce l’oscuro alla luce. L’opaco. Il diritto naturale, feroce, primitivo, dello stato militare a quello democratico.
E’ questo che mi spaventa ogni volta che torno in Italia e provo a seguire il dibattito pubblico, quello che ormai conosciamo tutti come “teatrino”. Teatrino che da anni si ripropone ormai uguale in rete con gli stessi stilemi e le stesse oscurantiste finalità: affogare la razionalità cosciente in una frenetica (e vana) pulsione, flusso termodinamico che infine smonta ogni forma di complessità a calore. Che smonta l’umano come lo conosciamo in forma europea occidentale da sei secoli a questa parte, a sua volta affondato nell’organizzazione e nel diritto romano.
@fm
quando siete in difficoltà tirate sempre fuori il fascismo… cos’è, vi fanno un corso? succedeva anche negli sciagurati anni ’70: chi non stava con loro della rivoluzione proletaria era fascista. si figuri, a me davano di fascista anche negli ambienti partito comunista, che mi sono familiari per nascita, perché sostenevo che mi interessava più popper che marx. poveretti, poi sono diventati tutti liberali, e anche peggio, anche berlusconiani sono diventati…. vabbè, mi piglierò del fascista criptoceliniano da bar sport con orizzonte ristretto ombreggiato da non richiesti giannizzeri, di minoranza con lo scappellamento a destra. ma mica si offende se ipotizzo solamente (nonostante nel mio intimo, mi creda, ne sia profondamente convinto) che lei è un poveretto? Sempre di minoranza, intendiamoci, con lo scappellamento a sinistra.
Da un punto straniero, leggendo i commenti, sento quanto la ferita degli anni di piombo è viva. Forse è il punto di incomprensione tra gli scrittori francesi che hanno preso una posizione in favore di Battisti e l’opinione italiana. Tanti anni sono passati… L’articolo di Giacomo Sartori è mesurato. Cerca da offrire un cammino di riflessione. Se Battisti deve essere estradato, allora spero che altri che hanno posato bomba siano anche condamnati. Sono contro tutta forma di violenza. penso che la manera di cambiare le cose è di votare, di parlare, di scrivere libri. Il protagonista della pelicula La prima linea dice come tutta questa violenza è stato spietata e destinata al fallimento.
Il semplice fatto di sollevare dubbi e critiche sull’operato della magistratura non vuol dire quindi dover essere sulle medesime posizioni di Berlusconi. I due casi hanno infatti poco in comune. Berlusconi infatti ha il potere che Battisti non ha avuto, ossia quello di non farsi processare grazie al suo ruolo politico e talvolta di corruttore. Battisti si è sottratto al processo come qualsiasi persona comune può fare, che sia colpevole o innocente, ossia fuggendo. inglese
maria
quoto questo passo di inglese che ribadisce la profonda differenza tra i due “casi” “e aggiungo che discutere del caso battisti, almeno per me, ma mi pare per altri interventi, non significa giudicare la magistratura a fasi alterne, ma casomai quella classe politica che la giudica, appunto, in tal modo, sulla base di interessi strettamente personali e di gruppo, e non significa nemmeno non accettare le sentenze passate in gudicato che appurano la verità giudiziaria che non è detto corrisponda sempre alla realtà dei fatti giudicati; quindi la discussione è del tutto legittima senza che si debba tirare il ballo il disconoscimento dello stato di diritto di cui parla Massino ed altri.
e naturalmente, aggiungo a quanto dicono Maria e Inglese, saremmo altrettanto pronti a segnalare eventuali passi poco convincenti della magistratura nei confronti – con tutto il male che gli vogliamo – di Berlusconi;
questo nefasto “dietrismo” che fa supporre l’esistenza di ben precisi e spregiudicati interessi (personali o appunto di “partito”) dietro a ogni affermazione, è una piaga nazionale; e la mia non è ingenuità, intendiamoci; ma il presupposto minimo per dialogare è presupporre, fino a prova contraria, “l’onesta intellettuale” dell’interlocutore, no?; altrimenti, e lo si visto è qui, è solo insulti e rissa;
Carissimi, invece, a me, nonostante il ‘retroterra “sentimentale-culturale”‘ dello scritto di Sartori, a me, dicevo, il pezzo proprio non piace. Perché non è politico, non è appassionato; insomma: se la canta con moderatezza, e lo scrivo giustamente con rispetto al Giacomo Sartori che ho apprezzato per altro. diciamo che, per me, questo Pezzo manca di coraggio.
e io, invece, senza misure di torta e di risorta, voglio libertà per Cesare Battisti.
vittima, non come berlusconi (invece) dello STATO fatto da persone e istituti di repressioni che negli anni hanno portato all’impoverimento e imbarbarimento analiticamente descritto nei vari passaggi del sempre attento Carmilla.
grazie a Evangelisti, soprattutto, e ovviamente non solo, che quando racconta persino le parole fra scrittori, lui e Battisti, aggiunge quel firmamento della giustizia che non trovo di solito in documenti verbali e morali che fanno da contraltare, puro e dunque speculare quanto agganciato, ai vari report messianici della maggior parte, tutte, delle televisioni e di tantissimi giornali, persino i più intransigenti nella ricerca, altre volte, della verità.
perché, come fa capire anche il napolitano, abbiamo un debito, tutti quanti, con anni che hanno soltanto punito persone come Persichetti, Battisti eccetera.
sostanzialmente, ma non solo, anzi SOLAMENTE per il potere dc.
b!
Nunzio Festa
Premetto che si tratta del dibattito più interessante e costruttivo che ho letto sul caso Battisti, in rete e altrove, forse l’unico (almeno per quanto riguarda i post in cui si mostra pacatezza, rispetto per le opinioni altrui e desiderio di un discussione costruttiva).
In realtà ci sono due dibattiti, uno incastrato nell’altro.
C’è il dibattito sul singolo caso Battisti, sulla vicenda giudiziaria e eventualmente umana. E’ normale che sia su questo dibattito che si cristallizzano di più le opinioni e che suscita le reazioni meno razionali. Nelle reazioni non razionali metto tanto il fatto che si sottolinei, per chi ad esempio ha conosciuto Battisti di persona, la sua maniera di salutare o la tristezza dei suoi occhi, quanto ad esempio che, dall’esterno, Battisti appare come una persona antipatica ed arrogante difeso da persone antipatiche, non come Sartori, ma come Henri Lévy (la mia posizione epidermica sul caso). Si può comunque cercare di avere una posizione il più possibile obiettiva e ragionata anche su questa vicenda. In mancanza di elementi certi per sapere se Battisti è veramente colpevole o meno (ripeto: solo lui lo sa), possiamo comunque permetterci di giudicare Battisti per quello che fa e ha fatto da quando il suo caso è pubblico. Il primo elemento da prendere in considerazione è che Battisti è diventato, anche suo malgrado, un simbolo dell’uscita dell’Italia dagli anni di piombo, per l’una e per l’altra parte. L’altro elemento da prendere in considerazione è che Battisti ha intrapreso (anche) un cammino pubblico, è diventato uno scrittore, è entrato a far parte di un entourage di intellettuali in Francia. Sono elementi, secondo me, che devono essere presi in considerazione. Perché è vero che Battisti ha cercato di fuggire, ed è umano. Nessuno ha voglia di stare in galera a vita, probabilmente anch’io, se fossi condannato all’ergastolo, cercherei di scappare in qualsiasi modo. Ma non credo sia giusto dire che “Battisti si è sottratto al processo come qualsiasi persona comune può fare, che sia colpevole o innocente, ossia fuggendo”. Battisti non è il povero spacciatore che cerca di scappare alla polizia. Battisti è uno che ha anche beneficiato della simpatia e dell’appoggio di persone che hanno accesso ai mass-media, che hanno connessioni internazionali, che sono in grado, almeno in un certo ambito, di creare un movimento d’opinione. Questo forse non fa di lui un emulo di Berlusconi, ma fa comunque di lui qualcuno che ha sfruttato, direttamente o indirettamente, una posizione di potere. Potere, certo, meno grande di quello di Berlusconi, ma pur sempre potere di essere ascoltato e influenzare molte più persone di quante, per fare un esempio, io e voi possiamo raggiungere con un dibattito su Nazione Indiana. Ora, posto che – e nessuno credo lo voglia negare – questo potere non ha niente a che vedere, fosse pure quantitativamente, con quello di Berlusconi, è lecito utilizzarlo per cercare di scappare? Dal punto di vista di Battisti, certamente sì. Dal punto di vista della società italiana, sarebbe stato più apprezzabile che Battisti utilizzasse l’accesso ai media che oggettivamente ha, direttamente o indirettamente, per mostrare che oggi crede nella società che un tempo voleva combattere, per (se è veramente un perseguitato) cercare di dimostrare la sua innocenza e cercare di fare in modo che casi del genere non si ripetano. Invece, il messaggio che Battisti lancia è “voglio tornare ad essere una persona comune, lasciatemi in pace”. E’ umanamente comprensibile, ma è giusto usare uno strumento pubblico (l’accesso ai mass-media, la costruzione di un movimento d’opinione) per un fine privato (“lasciatemi in pace”)? E’ questo su cui io, oggi, mi permetto di giudicare Battisti, più che sulla sua innocenza o colpevolezza. Il secondo punto è la legittimità di criticare le sentenze contro Battisti. Certo, qualsiasi sentenza e qualsiasi processo possono essere criticati, compresi – che ci piaccia o no – quelli contro Berlusconi. Ci si può indignare che piazza della Loggia e i fatti di Genova (e se ne potrebbero aggiungere moltissimi altri) non abbiano colpevoli. Anzi, è doveroso. Il problema è che il confine tra la critica e il desiderio di impunità è labile. Visto, non lo si può negare, che nessuno di noi è un giurista e che decidiamo se qualcuno è colpevole o innocente sulla base delle nostre inclinazioni e simpatie personali, il rischio è di ricadere nell’irrazionalità di chiedere l’impunità per chi ci è simpatico e la galera per chi ci sta antipatico. Non è questione di dietrologie o di difesa di interessi di partito. Ho ben capito, cari Sartori, Inglese, e gli altri, che siete nella stessa ricerca della verità in cui sono io. Non cadiamo nell’estremo opposto, però, di considerare che una causa, perché la sposano Berlusconi e Gasparri, nei modi odiosi che li contraddistinguono, è “infetta” e perciò bisogna automaticamente provare simpatia per la vittima.
Caro Andrea Inglese, dici: “Non scandalizzarsi per la mancata estradizione di Battisti, voler sollevare dubbi e criticare la vicenda giudiziaria, equivarebbe a appoggiare posizioni come quella di Berlusconi, il quale è uno dei pochissimi cittadini che, pur essendo più volte indiziato, può permettersi di non farsi processare, e di essere sempre serenamente a piede libero nel governo.”
non so se facevi riferimento a quello che ho scritto io. Il problema di Berlusconi, però, un po’ come quello di Battisti, non è, o non è solo, la persona Berlusconi. Il problema è che Berlusconi fa, a una scala macroscopica, quello che vorrebbero fare, o che fanno, migliaia di italiani: utilizzare i mezzi che hanno a disposizione per fregare le leggi e sfuggire alla pena. In questo dicevo che Berlusconi è quantitativamente ma non qualitativamente diverso da Battisti, ma neanche dall’evasore fiscale o dal datore di lavoro clandestino. Il problema non è tanto che la giustizia in Italia non funziona (è anche questo), è soprattutto che anche quando funziona la cosa interessa a me, a voi e agli altri venti che scrivono su questo thread, ma non alla maggioranza degli italiani. Berlusconi a un certo punto sparirà dalla scena politica, ma i piccoli Berlusconi che ci circondano resteranno. Fare di Berlusconi un unicum, un caso a parte, perché talmente enorme, significa sottovalutare il virus che, dal punto più alto, ha fatto colare su tutta la società italiana. In questo senso, si può, come fa Battisti, ripeto anche se si è innocenti, cercare di sfuggire alla galera. Si fa quello che umanamente chiunque farebbe. Si è semplicemente un italiano tra tanti. Si sarebbe potuto fare altrimenti ed essere qualcos’altro. Su questo porta il mio giudizio su Battisti, non su quello che ha fatto, né sui processi che gli sono stati fatti, ma sul personaggio che si è costruito nel 2011. Sul fatto che, se è fermo agli anni ’70, come dice Sartori, sbaglia.
C’è poi, appunto, il dibattito sull’uscita dell’Italia dagli anni di piombo. Secondo Sartori e alcuni altri che sono intervenuti sarebbe venuto il momento per una riflessione collettiva che cerchi di chiudere quella stagione, anche sulla base del fatto che la giustizia, in questo caso, ha funzionato. Si possono nutrire dubbi su questo (trovate che tutte le ombre sul caso Moro siano state dissipate? che gli appoggi “statunitensi e interni allo stato” esistessero solo per il terrorismo di destra? Io vedo ancora una grande zona grigia, i vari Hyperion, Simioni…, in cui non capisco nulla), ma non si può negare che, a parte qualche rigurgito, il terrorismo di sinistra sia finito da almeno vent’anni. D’accordissimo che l’uscita dagli anni di piombo debba prendere in considerazione il punto di vista dei protagonisti (vittime e ex terroristi), ma che non debba assolutamente ridursi a questo. Il dibattito deve essere anche quello di qual è la maniera più giusta, per l’Italia del 2011, di uscire dagli anni ’70. Non che l’Italia del 2011 sia migliore o peggiore di quella degli anni ’70, ma è indubbiamente profondamente diversa. Uscire dagli anni ’70, per me, vorrebbe dire riconoscersi nella parte migliore della società italiana. Il ripiegamento sul privato che chiedono molti ex brigatisti (“voglio tornare ad essere un anonimo cittadino”) non è, a mio avviso, una soluzione accettabile per la società italiana, così come non lo è l’amnistia che chiedono i più accaniti dei pro-Battisti. Non, ripeto, nell’Italia dei condoni e dei legittimi impedimenti. Se Battisti è rimasto negli anni ’70 è un pessimo inizio perché la società italiana gli chieda un contributo per uscirne.
Rispondendo a chi ha utilizzato Carmilla come fonte certa, ma senza più alcun gusto polemico, lo giuro, vi posto qui un artico di qualche giorno fa di Mario Pirani su Repubblica.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/01/10/ma-anche-in-italia-chi-applaude.html
Buona giornata.
intanto ringrazio maria che coglie il punto, che mi sembra centrale nel discorso di Sartori e che anch’io condivido… personalmente sono scettico e critico non contro la magistratura, ma contro la campagna mediatica portata avanti dalle forze di governo…
e mi rivolgo anche a Fabio Montermini che dimostra di leggere, senza subito travusarle le opinioni diverse dalla sua…
Ecco la posizione che mi sento di difendere: 1) non so se battisti sia innocente o meno, ma se è stato condannato con sentenza definitiva trovo legittimo che lo stato italiano chieda l’estradizione; 2) se battisti non finirà in galera, però, non è questione per me fondamentale; credo infatti che sia fondamentale che vadano in galera delle persone pericolose; ho avuto io stesso modo di conoscere Battisti in più occasioni; sono del tutto convinto che non sia, oggi, una persona pericolosa; 3) non considero battisti un privilegiato; come tutti gli esuli a Parigi ha fatto una vita assai dura; le cose avranno iniziato a girargli meglio negli ultimi anni; questo non lo dico perché simpatizzo empaticamente con lui, ma perché l’immagine di quello “coccolato” è falsa; 4) questa mia personale con convinzione sulla funzione della pena non pretendo sia condivisa da altri, ma io la applico a tutti, Berlusconi, neofascisti, ecc. 5) ora per tutti questi motivi, io NON sento che la campagna per il rimpatrio nelle galere di battisti sia una MIA battaglia. Capisco che sia una battaglia delle vittime, che sia una battaglia della giustizia italiana, purtroppo è una battaglia IPOCRITA da parte di questo governo. E se nessuno lo ha già detto, mi sembra il momento di dirlo. E la questione per me finisce qui.
Più complessa quella sul bilancio degli anni Settanta, che mi permetto di non chiamare in modo semplificatorio anni di piombo.
@ Larry Massino
(ma solo per chiudere, perché qui l’uditorio, a quanto sembra, è di palato fine, e dopo un po’ si stanca; oppure è malinconicamente in malafede, visto che c’è qualcuno che continua ad attribuirti certezze laddove tu sollevavi dubbi).
Larry, “poveretto” è un insulto d’antan, me lo avrà detto almeno in un altro paio di occasioni, o tre, adesso non ricordo con precisione. Poteva anche aggiornarlo, in linea col suo new deal, ma in fondo va bene anche così, ci sono affezionato; e quello “scappellamento a sinistra”, poi, me lo rende particolarmente simpatico. Nessuna replica, dunque, anche perché sono ancora affascinato dallo spettacolo di una delle più geniali metamorfosi che abbia mai avuto modo di seguire in rete – cosa della quale non posso che esserle grato. Non capita tutti i giorni, in effetti, soprattutto in un posto come la rete dove, per parafrasare GiuCo, “domina il dilettante”.
Non riesco a seguirla, comunque, quando mi accusa di averle dato del fascista. Non è vero, e lei lo sa bene, ma in quel momento non aveva nulla di meglio da replicare e ha fatto ricorso a un suo cavallo di battaglia. Guardi, io credo davvero, nel modo più assoluto, che lei sia proprio un vecchio (posso usare l’aggettivo?) socialista, quale a più riprese, qui e sul suo blog, ha dichiarato di essere. Lo so che è così.
E poi, mi scusi, perché quel “siete”? Io non “siamo”, Larry, io sono. Parlava con me, no?
Ma basta così, abbiamo (io) annoiato abbastanza.
Alla prossima.
Io ho, come tutti, un’opinione, una su Battisti, una su Berlusconi, una su Sofri, una su Negri, una su Andreotti, una su ogni cosa, più o meno basata su cose che ho letto, gli interventi su Carmilla, i libri di Travaglio, il libro di Ginzburg, e sui depositi della mia memoria, fondata sulla lettura dei giornali e l’esperienza di com’era e di com’è l’Italia, e su cose sentite e riferite da chi magari me le riferiva fondandosi a sua volta su fonti a cui dava credito e su analisi di persone che si sono trovate più o meno nella mia condizione e anche molto meglio informate, che hanno studiato le carte. Tutte queste opinioni che mi sono fatta io le ritengo abbastanza fondate. A molte di queste opinioni sono arrivata però, e lo so, anche per ragioni irrazionali, fiduciarie, persino di simpatie e antipatie e pregiudizi e istinto, e analisi che più che i singoli casi riguardano la situazione politica e sociale e culturale in cui si sono svolte.
Tutti i miei processi sono indiziari.
Anche molti dei processi fatti in tribunale sono indiziari.
Persino i processi non indiziari si fanno davanti a un giudice con un pubblico ministero e un avvocato della difesa, in una faticosa e non sempre felice ricerca della “verità”, che ormai chiamiamo generalmente “verità processuale”.
Sono d’accordo con tutti quelli qui che hanno detto che si devono poter discutere le sentenze.
Sono anche d’accordo tuttavia con quelli che hanno sostenuto che devono essere rispettate.
In realtà sono PIU’ d’accordo con quelli che dicono che devono essere discusse, anche se le voglio veder rispettate, perché è anche discutendo le sentenze che si discute di noi; il diritto, nella sua lenta mutazione, viene sempre dopo, norma dopo, e si adegua alle necessità della società, non sempre in modo che ci convince.
Ieri sera ho ascoltato brevemente la Cantarella che diceva una cosa secondo me interessante, parlando della nascita del diritto nell’antichità, che si sostituisce lentamente alla vendetta, notava che soprattutto negli Stati Uniti, che hanno un diritto diverso dal nostro, in qualche modo la cosa si sta invertendo, perché una volta stabilita la colpa, nel momento in cui parla la vittima si passa a comminare la pena, e nel momento in cui la pena viene comminata e viene stabilito il risarcimento, prende sempre più il carattere, anche pecuniario, nel loro caso, della vendetta.
Tanto che sosteneva, credo provocatoriamente, e io non so a che punto mi trovo, rispetto al problema che pone, che le vittime non dovrebbero poter intervenire.
Temo di aver grossolanamente semplificato il problema che poneva, e che poneva tra l’altro lei stessa in un servizio televisivo.
Mi sembra una questione spinosissima, ma cruciale.
A che punto ci troviamo noi, qui, tra il diritto delle vittime a chiedere chiarezza e attribuzione chiara delle colpe e delle pene e la pulsione alla vendetta?
Io trovo che da questa strada stretta passi un grande fatto di civiltà, ma trovo anche che il chiasso delle tifoserie, o la partigianeria prudente e strisciante, non aiutino a farci capire verso dove stiamo andando.
Trovo poi pessimo il fatto che si siano create tifoserie in altri paesi, che da quel che ho letto si basano spesso su una visione piuttosto approssimativa della situazione italiana, e anche in qualche modo strumentali a un dibattito interno, ma questo è un altro discorso.
Per questo ho ammirato Sofri, che è rimasto qui e non ammiro, anche se lo capisco, chi ha tagliato la corda, colpevole o innocente che fosse, in questo caso Battisti, nonostante Carmilla.
Questo al di là degli anni 70/80, dove purtroppo sono successe cose di cui forse sapranno i nostri nipoti, dalla banca dell’Agricoltura a Ustica, tutte le nostre ferite sono ancora aperte, e ogni schiamazzo che facciamo qui rende la situazione peggiore.
@alcor
Hai espresso pienamente quello che volevo dire io. Anch’io – senza averlo nominato – intendevo dire che ammiro Sofri e non ammiro Battisti. La non ammirazione, però, finisce lì, e non può essere la sola ragione per voler Sofri fuori e Battisti in galera. Ripeto: si può dare un giudizio su quello che fa (non su quello che è, è stato o ha fatto) Sofri oggi, nel 2011, e su quello che fa Battisti. Questo giudizio è, per me, negativo, su Battisti, sui valori che trasmette. E’ sufficiente per volerlo vedere in galera? Non vederlo in galera, ma volere che una sentenza di un tribunale italiano sia rispettata sì. Possiamo contestare il modo con cui la “verità” che è alla base di quella sentenza è stata ottenuta, non il fatto che debba essere applicata. Non possiamo permetterci, tantomeno nell’Italia del 2011, di far credere che possiamo scegliere, come al mercato, tra le sentenze che ci piacerebbe venissero applicate e quelle che non vorremmo che lo fossero. Ripeto: si tratta di applicazione e non di giudizio.
@maria
io ho detto più volte che le sentenze, in uno stato di diritto, si discutono ma si rispettano. ho detto anche che discutere per discutere bisogna farlo attorno a certe assurde leggi, come quelle che premiano i pentiti che testimoniano a favore dell’accusa, o quelle che infliggono pesanti condanne per concorso esterno a un reato. ho detto anche che prima di discutere le sentenze, bisognerebbe discutere circa l’uso talvolta ” disinvolto ” che si fa delle informazioni contenute nelle inchieste giudiziarie, che non sono verità, né tantomeno prove. per parlare chiaramente, quando ho detto che le affermazioni di roberto saviano sono tutte da verificare, perché appoggiarsi a un generico COME DIMOSTRA L’INCHIESTA per ” infangare ” delle persone fossero anche le più delinquenti è una pratica sbagliata e giustizialista, QUI sono stato infamato. allora bisogna chiarirsi le idee: la verità giudiziaria quasi mai corrisponde alla verità, lo so in prima persona, ma le sentenze di terzo grado sono almeno il frutto di un sistema che sostiene di offrire estesissime garanzie all’imputato, non sono materiali giudiziari utili forse sì e forse no solo al rinvio a giudizio di un imputato. di questo bisognerebbe parlare, se teniamo alla libertà: delle garanzie che il sistema giudiziario offre a un imputato, se queste sono ancora valide o, invece, da rivedere in sede legislativa.
ps: però non fate finta di ignorare che un fuggitivo ha tutto il diritto di fuggire, ma, da sempre, così facendo si mette dalla parte del torto. l’esempio da seguire, secondo me, è adriano sofri, che si dichiara da sempre innocente, ma si sottopose al processo, andò in carcere, e, in più, nemmeno chiede la grazia, che gli avrebbero naturalmente concesso. pure toni negri è stato in carcere diversi anni…
@andrea inglese
“credo infatti che sia fondamentale che vadano in galera delle persone pericolose; ho avuto io stesso modo di conoscere Battisti in più occasioni; sono del tutto convinto che non sia, oggi, una persona pericolosa;”
non credo di travisare la tua opinione se dico che non sono d’accordo con una visione “strumentale” della giustizia, come questa. Lo scopo della giustizia, soprattutto in casi ad alto contenuto simbolico per tutta una comunità nazionale, come quello di Battisti, non può essere ridotto al mettere i delinquenti in condizione di non nuocere. Certo che Battisti non andrebbe più in giro a sparecchiare ai negozianti, se mai lo ha fatto. Nessuno, in buona fede, lo mette in dubbio. Ma non puoi prescindere dal fatto che la richiesta di presa di responsabilità connessa alla pena è anche altamente simbolico per la società, e importante. Neanche Priebke, scusa la provocazione, sarebbe stato nocivo per la società, neanche Eichmann, magari. Era un buon motivo per lasciarli in pace? Recentemente si è citato Padoa Schioppa che definiva le tasse “una cosa bellissima”. Le pene non sono una cosa bella, ma è bello, però, che la giustizia funzioni e che le sentenze siano applicate. Abbiamo poi il diritto e il dovere di chiedere che i tribunali, come le tasse, siano equi e giusti, ma non di chiedere allo stato, se la gente non paga le tasse, di andare a cercare il denaro altrove, perché tanto l’importante è raccattare dei soldi. L’importante non è l’utilità contingente di vedere Battisti in galera, così come non è l’utilità immediata di mettere Berlusconi in condizioni di non nuocere, è piuttosto il progetto di società che ci sta dietro.
“non considero battisti un privilegiato; come tutti gli esuli a Parigi ha fatto una vita assai dura; le cose avranno iniziato a girargli meglio negli ultimi anni; questo non lo dico perché simpatizzo empaticamente con lui, ma perché l’immagine di quello “coccolato” è falsa;”
eh no, non ho parlato di “coccolare”. Ho detto una cosa più precisa. Ho detto che lui stesso e i suoi difensori hanno accesso a media importanti, del suo caso si occupano parlamentari e intellettuali italiani, francesi e brasiliani. Questo l’ho definito, e lo ribadisco, accesso a una forma di “potere”. Accesso, peraltro, efficace, almeno finora, visto che è riuscito a scappare. Magari lo ha avuto solo negli ultimi anni, non lo nego, ma è comunque un fatto. Certo, non un potere pari a quello di cui dispone Berlusconi, ma un potere comunque maggiore di quello di cui dispongono molti altri poveracci anonimi che nessuno fa scappare in Brasile. Battisti dispone dell’appoggio di intellettuali che hanno accesso a grandi giornali, abituati a maneggiare i media. Come dicevo ieri, tutta l’informazione intorno a Battisti, quella pro e quella contro, è manipolata, perché nessuno si prende la briga di leggersi 79 messaggi su Nazione Indiana, ma vede in quello che legge e sente in quello che ascolta solo quello che gli conferma l’idea che ha già. No, Battisti non è il povero spacciatore extracomunitario e, sì, Battisti E’ un privilegiato. Magari, quando avrò pubblicato 15 libri non mi sentirò neanch’io un privilegiato, ma spero di sì, perché sarà più sano così.
Battisti ha fatto una vita assai dura nei primi anni di esilio? Bé scusa, ma, per essere provocatorio, me ne frego. Non per cinismo, ma non voglio entrare in questo discorso e in una gara alla sofferenza e all’esilio. Abitando all’estero, trovo già abbastanza patetica la retorica dell’emigrante per ricordarti che molti altri, prima di lui, hanno fatto una vita grama all’estero, essendoci andati per altri motivi, e senza, alla fine, aver pubblicato neanche un noir. No, il discorso dell’emigrante/esiliato non deve essere tirato fuori in questo contesto, perché ci fa immediatamente ricadere nell’irrazionale e nel sentimentale e i post migliori di questa discussione sono quelli che rimangono nell’oggettività e nella razionalità. Anch’io, che pure sono un privilegiato, che posso tornare in Italia ogni volta che voglio, mi trovo scomodo in Francia, vorrei tornare ad abitare in Italia. E allora? Mi riallaccio anche all’argomento di Sartori per cui “l’esilio è pur sempre una punizione”. Eh no. Il discorso non è la punizione, e noi non possiamo decidere, irrazionalmente e quindi arbitrariamente cosa è una punizione e cosa non lo è. Non abbiamo uno strumento per misurare il disagio e la sofferenza che ogni situazione provoca. A me l’insalata non piace, proprio non posso mandarla giù. Se sono condannato all’ergastolo, mi rimpinzate di radicchio, così potete ridurmi la pena? (Sono volutamente provocatorio). Eh no. L’incarcerazione sarà uno strumento imperfetto, criticabile, ma è il quadro in cui la società occidentale (perlomeno quella italiana) ha deciso di delimitare l’esecuzione delle sentenze. Se usciamo da questo quadro, siamo nell’ambito del personale, dell’arbitrario. Quindi, no, l’esilio di Battisti NON lo redime.
“io NON sento che la campagna per il rimpatrio nelle galere di battisti sia una MIA battaglia. Capisco che sia una battaglia delle vittime, che sia una battaglia della giustizia italiana, purtroppo è una battaglia IPOCRITA da parte di questo governo.”
Ripeto: il fatto che una battaglia sia portata avanti in modo ipocrita da altri non la rende meno degna di essere combattuta. D’altronde, ci sono molti elementi di ipocrisia nel modo in cui la sinistra francese ha difeso Battisti. Direi anzi, che proprio perché Berlusconi e i suoi difendono questa causa in maniera ipocrita e strumentale, è ancora più utile che questa battaglia sia combattuta da persone ragionevoli e dalla parte sana dell’Italia. Per le vittime (che non sono LE vittime, anche tra loro ci sono, presumo, persone degnissime e persone mediocri), e, vorrei dire soprattutto, per la società e la giustizia italiana. Ti faccio un esempio da linguista, solo in apparenza più frivolo. Per decenni i linguisti hanno cercato di valorizzare e di salvaguardare i dialetti. Poi è arrivato Bossi e parlare dialetto è diventato politicamente connotato. Io, scienziato della lingua, devo diventare un imperialista linguistico perché un politico che io considero mediocre e in malafede utilizza, senza averne le competenze, questioni linguistiche in maniera ipocrita e strumentale? Anch’io mi sarei trovato a disagio ad essere in piazza con Gasparri e la Santanché (e in coscienza non so se ci sarei andato). Proprio perché non sia la LORO battaglia, c’è bisogno che sia la battaglia di qualcun altro. Perché nella loro battaglia l’estradizione di Battisti è un fine a se stessa, è un fatto contingente, è una battaglia per il “prestigio” dell’Italia e per sradicare il pericolo comunista che vedono solo loro. Per me è una battaglia per far sì che la nostra convivenza sia basata sulla responsabilità e la giustizia, due parole, lo converrai, non molto berlusconiane.
Anch’io trovo curioso questo criterio della pericolosità, lasciando da parte Battisti, uno che ha ucciso una persona e l’ha uccisa per ragioni legate solo a quella persona, provocate magari da angherie di quella persona, che lo hanno portato a una situazione intollerabile che non si verificherà mai più, che fa, resta a casa? Le valutazioni di non pericolosità, personale e sociale, non sono nelle nostre mani di semplici cittadini. E non sono le uniche che concorrono al giudizio. Varranno magari, scontata una parte della pena, a ottenere misure meno aspre.
C’è un patto tra i cittadini e lo Stato che tutela anche i rapporti tra cittadini e cittadini e impedisce loro tra l’altro di farsi giustizia da sé ed è scritto nei codici, in un insieme di regole, possiamo sempre cambiarle, ma finché esistono si devono fare i conti con quelle. A garanzia di tutti.
Questo criterio della pericolosità sociale, tra l’altro, è così labile e difficile da trattare, così facilmente strumentalizzabile da una parte e dall’altra.
Anche il peggior giudice, a mio avviso, è miglior giudice dell’opinione pubblica, alla quale resta il ruolo non piccolo di sentinella.
arrampicature di sesto grado all’inglese..!
ad alcor e fabio montermini,
il punto che contesto è uno solo e preciso: ben espresso da Fabio Montermini, la battaglia per l’incarcerazione di Battisti è una battaglia essenziale per l’Italia, indipendentemente dalla sua strumentalizzazione…
Ebbene, scusate, sarò eretico, ma dico che PER ME non è così. Non è quella una battaglia essenziale. Capisco che sia importante per tante persone, ma ribadisco che, politicamente, è fuorviante volerne fare una battaglia fondamentale di tutti gli italiani. Non si può essere su ogni battaglia. Ognuno deve scegliere a quali battaglie dà la priorità. Per me non è quella per l’incarcerazione di Battisti. Cosa volete fare allora? Trasformarmi in un alleato di Battisti? In un sostenitore del terrorismo? In una persona priva di senso civile? Io vorrei dirvi che altre sono le battaglie, oggi, per me fondamentali. I francesi – intellettuali e no – che tanto sarcasticamente sono oggi considerati hanno mandato ieri in onda su una canale nazionale (la due) un lungo servizio intitolato “Il romanzo della crisi”, in prima serata, tutto dedicato alla crisi finanziaria che dalla finanza statunitense si è abbattuta in Europa. Nel dibattito successivo si metteva in discussione il nesso tra democrazia e capitalismo nella società attuale e in quella futura. Ecco, se mi volete ingaggiare in una battaglia, io sono in questa, di oggi, per la sopravvivenza della democrazia nei paesi del capitalismo avanzato.
Sul caso Battisti, scusate, non scenderò in piazza.
ps Sulla pericolosità: ho già detto che la mia concezione della pena non è riconducibile a quella vigente nell’odierno sistema penale. Non per questo considero illegittimo questo sistema, ma lo considero imperfetto. Questo è uno dei motivi per cui non ritengo essenziale dedicarmi alla battaglia per l’incarcerazione di Battisti.
Capisco che è sempre un po’ irritante non ottenetre l’unanimità, laddove essa è a portata di mano. Ma anche in questo caso dovrete sottrarre dalla giusta battaglia di TUTTI gli italiani qualche individuo, senza per questo poterlo inserire nei cattivi filo-terroristi.
sul fatto che l’incarcerazione di Battisti non sia una battaglia essenziale per l’Italia sono d’accordo con te, non è la priorità, perché ti rivolgi a me pensando che io voglia vederti come alleato di Battisti?
scusa, ma mi sembri piuttosto irritato tu.
nel mio commento Battisti lo ho messo tra parentesi, non mi sento né un inquisitore né un cacciatore di taglie, quando si parla però di norme, penso che vada ricordato qual è il patto, e la pericolosità o non pericolosità IN GENERE non è così facilmente maneggiabile come sembri pensare.
tutto qui.
calma e gesso
Magari un po’ troppo prolissamente (ma è difficile essere sintetici e non cadere negli slogan) ho preso il tempo di rispondere, e ho cercato di trasmettere le mie opinioni e di alimentare il dibattito.
Invece non ho
-accusato nessuno di essere alleato di Battisti o filo-terrorista
-cercato di fare proselitismo per la causa anti-Battisti
-fatto del sarcasmo sui francesi o su chicchessia
-mostrato segni di irritazione.
Oppure vuol dire che mi spiego molto male…
alcor e fabio,
mi scuso io se il tono del mio ultimo commento era troppo veemente…
sul merito, spero comunque di aver chiarito la mia posizione…
sulla questione valutazione del pericolo: sì, alcor, hai perfettamente ragione… come posso decidere io, singolo cittadino…
ma qui entra in gioco un elemento casuale ma importante… ho avuto modo di conoscere la comunità degli esuli politici a Parigi, e lo stesso Battisti… inoltre, con il più recente successo di romanziere, come dice lo stessa Fabio, Battisti è in qualche modo divenuto persona pubblica; per lui e altri come lui la pagina della lotta armata è sta girata molti anni fa…
insomma, è un caso questo in cui posso farmi un giudizio diretto su una persona, cosa che sarebbe difficile o impossibile fare in tante altre circostanze
in linea generale hai ragione tu; salvo che il problema che ho sollevato rimane, ossia il significato e la funzione della pena carceraria;
e non sia scambiato per irenismo questa mia posizione; ho lavorato per corsi di formazione anche in carcari di alta sicurezza, con detenuti sottoposti a regime duro, ossia mafiosi, grandi trafficati, terroristi. E in quel caso, la mia netta impressione – sopratutto per i reati di mafia – è che il carcere duro sia del tutto giustificato vista la pericolosità sociale dei soggetti in questione.
Leggo con passione i commenti di questo post e apprezzo la qualità della riflessione nonstante l’ambiente un po’ bruciante.
Non sono brava nell’argomentazione, ma volevo aggiungere che mi piacerebbe trovare la stessa determinazione dalla parte del governo per i casi di schiavitù che occupa l’Europea ( prostituzione, traffici) e la volontà di mettere in carcere aguzzini di ragazze torturate, costrette alla prostituzione e altri ciminali della mafia, anche si osserva una lotta più efficace per scovare quelli che si nascondono ancora.
anch’io come Véronique ho molto apprezzato, al di là delle diverse posizioni (che è benissimo che ci siano) la qualità di tanti interventi; e devo confessare che nella più completa e monocorde isteria che regna (adesso per fortuna il Manifesto e l’Unità si sono distinti dal coro, ma prima faceva davvero impressione), mi sembra molto consolante
ok:-)
altri alpinisti in cordata
http://www.militant-blog.org/?p=3952
Considerando il fatto che tengo conto di tutte le fonti in gioco (e mi spiace, Carmilla on-line è obbiettivamente un po’ più attendibile di Emilio Fede), non prenderò posizione sul caso Battisti, ma anche ammettendo che questi sia colpevole, vi porrò una semplice domanda.
Vi siete chiesti come mai il caso Battisti sia tanto sulla bocca dei catoni della destra, mentre nessuno ricorda la facile assoluzione, l’intoccabilità o la semi-irraggiungibilità di certa gente coinvolta in altre, ben più feroci e “mirate” stragi (Piazza Fontana, Via Fani etc.). Avete mai considerato il fatto che un Licio Gelli è andato e venuto indisturbato e se ne sta a invecchiare a Villa Wanda, sostanzialmente intoccato, comparendo qua e là in giornali e tv locali come opinion-maker e “storico”?
Poniamo i pesi sulla bilancia e cominciamo a puntare gli occhi sui veri problemi relativi al terrorismo.
…Già, per non parlare del rogo dei libri di Zaia, che però poi voleva pure sponsorizzare un “filologo” capace di dimostrare, a suo dire, che Shakespeare in realtà era veneto.
Libertà per Cesare Battisti. Liberiamo gli anni ‘70. Amnistia.
Questo articolo publicato il 10/1/2011 riporta i commenti di quella data e dei giorni successivi. Ripropposto il 15/1/2019 dopo l’arresto ed estradizione di Battisti in Italia, penso sia importante distinguere il diverso clima dei due momenti e di conseguenza, il diverso spirito che anima i commenti del 2011 e del 2019.
Concordo molto con Jan. Chi volesse una documentazione puntuale sulle fasi del caso Battisti fino al 2004 può vedere questo: https://www.amazon.fr/V%C3%A9rit%C3%A9-sur-Cesare-Battisti-bis/dp/2878581954/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1547628502&sr=1-2
altro ottimo riferimento di oggi mi pare questo: https://www.corriere.it/cronache/19_gennaio_17/milani-io-scampato-terrorismo-critico-arresto-show-di-battisti-8faa7664-1a95-11e9-b5e1-e4bd7fd19101.shtml
Che curioso! Qualche anno fa, quando il Battisti era ancora uccel di bosco, l’intevento di NI aveva causato una subissante pletora di pros e cons. Catturano, grazie a Bolsonaro, l’uccel di bosco o primula rossa che dir si voglia e….silenzio pressoché assoluto. Il che indurrebbe a riflettere i lettori di NI o no?
Credo, Carlo, che più semplicemente la discussione animosa, in questi anni, si sia spostata su FB. E la cosa non può che rendermi felice, è questione di igiene mentale.
D’accordo sull’igiene mentale Gianni e sulle inanimate questioni pros e cons. Poi é cambiato il clima…..Mi diaspiace che un blog come NI che ha la sua storia, da un pó di tempo in qua, su certi temi piú specificatamente letterari (si puó ancora dire?) non raccolga attenzione o temperie o altro. Ma forse dipende che sono un vecchietto…..