Lui le disse sottovoce che l’amava.
Poi attese, con angoscia, la risposta.
Lei, commossa: “Ti amo anch’io”.
Un anno dopo, lui, e la migliore amica di lei,
scopavano.
“(…)Un anno dopo, lui, e la migliore amica di lei,
scopavano.”
io direi
Un anno dopo, lui, e l’ex migliore amica di lei,
scopavano.
Tra amiche:
“scusa Angela, posso farti una domanda un po’ personale?”
“ma certo Monica”
“Ma tu quando raggiungi l’orgasmo lo dici a tuo marito?”
“no mi dispiace disturbarlo sul lavoro”
scusate, ma che robaccia è questa? nella raccolta differenziata, in che busta devo metterla?
così è la vita.
la difficoltà è riuscire a spiegarlo a lei.
Quando De Silva scrive (o dice) cose di questo tipo, tanti si scandalizzano, altri fanno finta. Poi chissà perchè tutti sono concordi sul fatto che come la descrive lui la realtà pochi lo sanno fare.
Il punto non è tanto il giudizio di valore che può scaturire da questo raccontino, piuttosto rifletterei su altro: i personaggi sono “veri”? Riflettono realtà vissute? Belli o brutti che siano, i protagonisti del microracconto esistono davvero? La letteratura deve dire cose vere o raccontarci favole? La letteratura è in fondo in fondo una favola?
Ecco su questo mi piacerebbe discutere.
Laura
PS: Se proprio vogliamo discutere del racconto, magari il l’amore tra i due funziona proprio perchè lui si scopa l’amica, chi può dirlo? L’amicizia qualche regola ce l’ha pure, ma l’amore…
La letteratura è una fiaba. L’ha insegnato Propp, e son quasi Cent’anni, come il bel romanzone di quel tal Lombardo, che si parte da lì per parlarne.
La letteratura è un foglio piano con cui pretendiamo formare una sfera, chiamata realtà.
E’ un microracconto perfetto. E ricorda la poesia di Stefano Benni, La nostra canzone, che dice soltanto “Scusa. Ho usato la nostra canzone per una nuova relazione”…
sembra piuttosto una stronzatina.
a me.
io credo che sia importante e indicativo e significativo dei tempi in cui viviamo e anche delle differenze e delle distanze che ci caratterizzano, tutti, nessuno escluso, rispetto al nostro passato anche recente, che a qualcuno sia saltato in mente di pubblicare questo testo, o comunque vogliamo definirlo, di de silva qui sopra nella stessa giornata in cui si celebrava pasolini e si pubblicavano qui, nello stesso luogo, certi suoi scritti insieme ad altri di altra gente come caproni eccetera. ecco, se nazioneindiana l’avesse fatto apposta, credo che si meriterebbe un premio speciale, perché niente come un accostamento del genere – tra tanto orrore letetrario miniaturizzato rispetto a tanta passione eroica titanica – suscita tanti e tali pensieri rispetto a quello che siamo diventati e a quello che era il nostro passato. amen
voglio dire, continuando i miei pensieri passeggeri, che non so ad esempio se pasolini abbia mai scritto una cosa così concentratamente orrenda come questa di de silva qui sopra. davvero, mi sorge un dubbio atroce se pasolini sia mai stato capace di tanto, può darsi di sì, perché è umano incorrere nell’orrore e nell’errore, e allora sarei felice se qualcuno mi segnalasse una qualche cosa di pasolini così orrendamente sconcertante, così minutamente orribile, a me non me ne viene in mente alcuna. mah.
Ringrazio Giorgio Astroni per la lettura e i commenti. Come Astroni certamente sa (essendo stato ripetuto a noia negli anni scorsi) Nazione indiana è una rivista collettiva, in cui ogni autore ha una password per pubblicare quando e come vuole senza indicazioni redazionali di nessun tipo. Mi permetto quindi di contestare la frase
“se nazioneindiana l’avesse fatto apposta”.
Nazione indiana non può fare niente APPOSTA, se non le iniziative esplicitamente collettive che a volte si sono fatte (vedi i convegni Giornalismo e verità, le letture al teatro I, l’incontro al salone del libro di Torino…) e che si continuano a fare (last but not least, la protesta per i tagli al Fus nella Finanziaria). Di solito queste azioni sono pubblicate – e pubblicizzate – sul sito firmandole con un nome plurale: redazione (che non esiste, in realtà: è un modo per esplicitare, appunto, che l’iniziativa è concordata e messa a punto dai membri di nazione indiana, o quantomeno dalla maggioranza di essi).
Quindi, nessuno *l’ha fatto apposta*, se non io (che ho pubblicato il pezzo di De Silva, come indicato nella riga in grigio sotto il titolo), e sempre che per *fare apposta* si intenda pubblicare semplicemente un pezzo.
Quanto alla scelta dei tempi, stesso discorso. Diversi membri della rivista hanno deciso di pubblicare dei pezzi (i più svariati) su Pasolini, in occasione del trentennale dell’omicidio. Qualcun altro ha fatto scelte diverse (vuoi perché aveva tempo per pubblicare il pezzo proprio quel giorno, vuoi perché era una pubblicazione programmata automaticamente dal pc… E’ inutile – o forse no – ripetere anche questa volta, per l’ennesima volta, che qui TUTTI, autori e lettori, curiosi o fedelissimi, abbiamo anche altro da fare, vivaddio, e che sarebbe quantomeno curioso chiedere di valutare anche le possibili implicazioni temporali della pubblicazione di un pezzo, soppesando a lungo i pro e i contro di una pubblicazione di martedì o di giovedì sera, o magari del mese successivo…).
Questo lunghissimo e eccessivo lenzuolo (chiedo scusa) per dire una cosa semplice semplice: l’accostamento malizioso tra Pasolini e De Silva sta solo negli occhi di chi lo vede.
un saluto
Io quando sono in presenza di queste buccie di banana, racconto le barzellette, cosi per solidarietà.
Mi spiace, ma una cosa la devo dire, è troppo urgente per star zitta. Il microracconto di De Silva è molto carino ma è abusato. Voglio dire che è semplicemente una specie di freddura, modo di dire, battuta, ecco che si racconta da queste parti (Napoli…) praticamente da sempre (almeno da quando io ho raggiunto l’età in cui ho iniziato a frequentare gente e uscire…). Diego non me ne vorrà per questo appunto ma bisogna stare attenti a passare cose firmate che invece non sono altro che patrimonio letterario “comune” ovvero leggenda.
Io invece ritengo che la differenza tra una barzelletta e questo microracconto sia determinata innanzitutto dalla presenza del titolo che, come nei meno microscopici racconti freddissimi carveriani, è parte integrante della “trama” e portatore del senso che l’autore del testo affida a 250 caratteri, più o meno: “Propositi”. Lì c’è la chiave, per chi vuole prenderla in mano. La seconda differenza è che questo testo non è inutile e non fa ridere come una barzelletta. La terza è che sono quattro quasi-versi, a parte il secondo che è di fatto un endecasillabo.
Pur volendo scrivere oggi come e cosa scriveva Pasolini, utilizzare le stesse forme e materiali sarebbe fallimentare come certe barzellette.
io pure c’ho un microracconto poetico tipo de silva.
viva la fica.
anzi, sono più bravo.
non so ad esempio se pasolini abbia mai scritto una cosa così concentratamente orrenda come questa di de silva qui sopra. davvero, mi sorge un dubbio atroce se pasolini sia mai stato capace di tanto, può darsi di sì
ma che osservazione è? il nome di pasolini in questi giorni è veramente abusato, sta cominciando anche a disturbare. come viene usato qui, poi, fa veramente molto ridere, altroché barzellette.
Dunque il senso mio è riuscire a dire una cosa piu’ idiota di quella sopra, spero di esserci riuscita. si chiama tecnica del paradosso in psicanalisi.
Non sopporto la volgarità dello spirito. che ce volete fa.
raccontare barzellette, fare paradossi, scrivere a rotta di collo come ho scritto io, magda, insomma, ci siamo capiti, l’unico che pare non aver capito (a parte quelli che insisitono a sostenere la “grandezza” del proposito desilvano, che sono evidentemente cecati o sordi) è sorrentino, del quale dispiace notare ancora una volta l’estrema cura nel giustificare l’assenza di intenzionalità in qualcosa che per sua natura non ammette giustifiche del genere, e cioè la scrittura e la pubblicazione di scrittura, nel senso che l’intenzione di chi scrive è sempre ben chiara ed evidente, anche quando è solo “per caso” che avvengonoc erte cose, cioè che non avvengono, eccetera – ma questo anche per dire che alla fine con quel lenzuolo come lo chiama lui sorrentino è come se quasi si giustificasse di aver postato una tal cosa in un tal momento – e questo gli si potrebbe anche perdonarlo, anche perché anche lui è evidente che è un bravo ragazzo e forse ancora non sa che di buone intenzioni, o “desilvani propositi”, è costellata la strada che porta all’inferno.
“La strada che porta all’inferno”? Senti un po’: non è che il parroco ti ha fatto vedere il pisello, da piccolo?
anto’, se non capisci nemmeno un modo di dire così comune, vuol dire che sei messo male; altro che parroco, per te ci vuole una buona lezione di “cultura generale”…
Giorgio Astroni, potrebbe spiegare meglio questa sua frase:
“l’unico che pare non aver capito (…) è sorrentino, del quale dispiace notare ancora una volta l’estrema cura nel giustificare l’assenza di intenzionalità in qualcosa che per sua natura non ammette giustifiche del genere”.
Vorrei sapere, se possibile:
1) Che cosa non avrei capito
2) Che cosa lei aveva in precedenza notato (quale episodio, fatto, argomento)
grazie
“Cultura generale”? Gesù, questa è peggio ancora della strada che porta all’inferno. Senti un po’, non è che oltre a fartelo vedere, il parroco te l’ha fatto anche toccare?
caro sorrentino, lei, per sua stessa ammissione, aveva scritto un lenzuolo per dire una cosa semplicissima: “l’accostamento malizioso tra Pasolini e De Silva sta solo negli occhi di chi lo vede”. ora io dico che una frase del genere è di un’ingenuità commovente, perché negli occhi di chi “vede” sta solo quello che si vede, ossia quello che c’è. ora non voglio star qui a farle tutta una fenomenologia delle apparenze e delle sostanze, ma insomma, sorrentino, a me pare che niente succeda per caso nel mondo umano, non è d’accordo? quello che l’uomo fa lo fa perché ha una ragione per farlo, perciò di solito si pensa prima di fare una cosa, perché risulti chiaro anche agli altri, siccome noi viviamo insieme agli altri, il motivo per cui facciamo quella determinata cosa. altrimenti ne risulterebbe un pandemonio indescrivibile. per esempio, si immagini il mondo che necessiti, per ogni scelta umana, di un supplemento di giustificazione come la sua, per dire “io non volevo intendere quella cosa, ma un’altra, cioè è stato per caso, eccetera”; sarebbe un mondo noiosissimo, oltre che pericoloso, non crede? e soprattutto sarebbe prolisso. tra l’altro, per chi si occupa di cose scritte, dire quella frase “semplice” che ha detto lei sopra, mi consenta, sorrentino, non è il massimo. chi scrive (e pubblica, a maggior ragione) dovrebbe sapere che niente ha a che fare con il caso – caso al quale, peraltro, io plaudevo, perché dicevo che mettere insieme pasolini e desilva ha qualcosa di geniale, e se nazindiana l’avesse fatto apposta sarebbe da premiare, in quanto pasolini e desilva rappresentano bene il primo un eroismo della vita e della scrittura, il secondo tutto il contrario di quanto ho appena detto, a mio modestissimo avviso, ovvio. sarebbe da studiare questa polarità, ecco cosa suggerivo. una cosa, anch’io, molto semplice. invece di calvino e pasolini, voglio dire, ad esempio, pasolini e desilva – le sorprese che salterebbero fuori sarebbero illuminantissime. quando usavo l’espressione “ancora un volta”, infine, mi riferivo, con una frase non proprio precisa, è vero, a un comportamento abusato non da lei, ma dai frequentatori abituali di dibattiti del genere, frequentatori abituati a snocciolare affermazioni tipo: “non avevo intenzione…”, eccetera. saluti. g.
Madonna che palle. Ma non hai proprio un cazzo da fare, a Gio’? Senti un po’: non è che oltre a fartelo vedere e toccare, gliel’hai anche succhiato, al pretone?
assai cinico… e realistico. un po’ come il film “closer” di mike nichols. e, proprio come quel film, questo raccontino non è che mi piaccia più di tanto: è come una risata di chi la sa più lunga di te e giustifica il cinismo in amore. realistico, ripeto, ma pure molto triste. forse la cosa più bella è la gif, con quel cuore poggiato a mo’ di teschio su un osso, la morte dell’amore… ma forse sono solo io a vederla così, questa gif. saluti.
p.s.: ma poi il titolo “propositi” sta a significare che il tizio dice alla tizia che l’ama solo perché vuole scoparsi la sua migliore amica?? ancora più triste, come cosa.
Ho parlato della tecnica del “rimorchio dell’amica della preda” tempo fa, quando tenevo il corso di seduzione a Buona Domenica. Tuttavia, il titolo di questo microracconto è connotato, inequivocabilmente, in senso non sarcastico: propositi. Disattesi.
Costantino scusa, quando hai accettato di andare a tenere un corso di seduzione a buona domenica, cosa stavi pensando?
di scoparti pippo baudo?
Non mi sono presa la briga di leggere tutti i commenti. Sono stata attratta dalla polvere che si è alzata. E’ curioso alla fine come si riesca a scadere nelle offese, nelle oscenità: peggio, nelle polemiche ridondanti.
Credo di sapere che è opportuno vedere dietro le cose, e anche che è un errore enorme quello del Presumere, di vedere, di ostinarsi a codificare qualcosa che non c’è, peggio, a darlo per oggettivo, vero in senso assoluto.
Magari è qualcosa che finisce giusto a un palmo di naso, che non nasconde niente. Che è semplice.
Soprattutto è frustrante attribuire a qualcuno intenzioni che non ha mai posseduto e che ci batte per eleganza mettendo in luce le nostre piccolezze.
Beh, ma sono cose che capitano no?
Condivido con Liza: :-((((((((( ( n fattori). Difficile sottrarsi a “Voglio guardare”.
La cosa straordinaria, stupefacente, oltre ad ogni immaginazione, è la capacità che si crea di discernere sul niente. Questo in realtà, credo, sia il piccolo miracolo di questo microracconto: ha generato una macroscrittura, spesso autoreferenziale. Splendido!
:-(
“(…)Un anno dopo, lui, e la migliore amica di lei,
scopavano.”
io direi
Un anno dopo, lui, e l’ex migliore amica di lei,
scopavano.
Tra amiche:
“scusa Angela, posso farti una domanda un po’ personale?”
“ma certo Monica”
“Ma tu quando raggiungi l’orgasmo lo dici a tuo marito?”
“no mi dispiace disturbarlo sul lavoro”
scusate, ma che robaccia è questa? nella raccolta differenziata, in che busta devo metterla?
così è la vita.
la difficoltà è riuscire a spiegarlo a lei.
Quando De Silva scrive (o dice) cose di questo tipo, tanti si scandalizzano, altri fanno finta. Poi chissà perchè tutti sono concordi sul fatto che come la descrive lui la realtà pochi lo sanno fare.
Il punto non è tanto il giudizio di valore che può scaturire da questo raccontino, piuttosto rifletterei su altro: i personaggi sono “veri”? Riflettono realtà vissute? Belli o brutti che siano, i protagonisti del microracconto esistono davvero? La letteratura deve dire cose vere o raccontarci favole? La letteratura è in fondo in fondo una favola?
Ecco su questo mi piacerebbe discutere.
Laura
PS: Se proprio vogliamo discutere del racconto, magari il l’amore tra i due funziona proprio perchè lui si scopa l’amica, chi può dirlo? L’amicizia qualche regola ce l’ha pure, ma l’amore…
La letteratura è una fiaba. L’ha insegnato Propp, e son quasi Cent’anni, come il bel romanzone di quel tal Lombardo, che si parte da lì per parlarne.
La letteratura è un foglio piano con cui pretendiamo formare una sfera, chiamata realtà.
E’ un microracconto perfetto. E ricorda la poesia di Stefano Benni, La nostra canzone, che dice soltanto “Scusa. Ho usato la nostra canzone per una nuova relazione”…
sembra piuttosto una stronzatina.
a me.
io credo che sia importante e indicativo e significativo dei tempi in cui viviamo e anche delle differenze e delle distanze che ci caratterizzano, tutti, nessuno escluso, rispetto al nostro passato anche recente, che a qualcuno sia saltato in mente di pubblicare questo testo, o comunque vogliamo definirlo, di de silva qui sopra nella stessa giornata in cui si celebrava pasolini e si pubblicavano qui, nello stesso luogo, certi suoi scritti insieme ad altri di altra gente come caproni eccetera. ecco, se nazioneindiana l’avesse fatto apposta, credo che si meriterebbe un premio speciale, perché niente come un accostamento del genere – tra tanto orrore letetrario miniaturizzato rispetto a tanta passione eroica titanica – suscita tanti e tali pensieri rispetto a quello che siamo diventati e a quello che era il nostro passato. amen
voglio dire, continuando i miei pensieri passeggeri, che non so ad esempio se pasolini abbia mai scritto una cosa così concentratamente orrenda come questa di de silva qui sopra. davvero, mi sorge un dubbio atroce se pasolini sia mai stato capace di tanto, può darsi di sì, perché è umano incorrere nell’orrore e nell’errore, e allora sarei felice se qualcuno mi segnalasse una qualche cosa di pasolini così orrendamente sconcertante, così minutamente orribile, a me non me ne viene in mente alcuna. mah.
Ringrazio Giorgio Astroni per la lettura e i commenti. Come Astroni certamente sa (essendo stato ripetuto a noia negli anni scorsi) Nazione indiana è una rivista collettiva, in cui ogni autore ha una password per pubblicare quando e come vuole senza indicazioni redazionali di nessun tipo. Mi permetto quindi di contestare la frase
“se nazioneindiana l’avesse fatto apposta”.
Nazione indiana non può fare niente APPOSTA, se non le iniziative esplicitamente collettive che a volte si sono fatte (vedi i convegni Giornalismo e verità, le letture al teatro I, l’incontro al salone del libro di Torino…) e che si continuano a fare (last but not least, la protesta per i tagli al Fus nella Finanziaria). Di solito queste azioni sono pubblicate – e pubblicizzate – sul sito firmandole con un nome plurale: redazione (che non esiste, in realtà: è un modo per esplicitare, appunto, che l’iniziativa è concordata e messa a punto dai membri di nazione indiana, o quantomeno dalla maggioranza di essi).
Quindi, nessuno *l’ha fatto apposta*, se non io (che ho pubblicato il pezzo di De Silva, come indicato nella riga in grigio sotto il titolo), e sempre che per *fare apposta* si intenda pubblicare semplicemente un pezzo.
Quanto alla scelta dei tempi, stesso discorso. Diversi membri della rivista hanno deciso di pubblicare dei pezzi (i più svariati) su Pasolini, in occasione del trentennale dell’omicidio. Qualcun altro ha fatto scelte diverse (vuoi perché aveva tempo per pubblicare il pezzo proprio quel giorno, vuoi perché era una pubblicazione programmata automaticamente dal pc… E’ inutile – o forse no – ripetere anche questa volta, per l’ennesima volta, che qui TUTTI, autori e lettori, curiosi o fedelissimi, abbiamo anche altro da fare, vivaddio, e che sarebbe quantomeno curioso chiedere di valutare anche le possibili implicazioni temporali della pubblicazione di un pezzo, soppesando a lungo i pro e i contro di una pubblicazione di martedì o di giovedì sera, o magari del mese successivo…).
Questo lunghissimo e eccessivo lenzuolo (chiedo scusa) per dire una cosa semplice semplice: l’accostamento malizioso tra Pasolini e De Silva sta solo negli occhi di chi lo vede.
un saluto
Io quando sono in presenza di queste buccie di banana, racconto le barzellette, cosi per solidarietà.
Mi spiace, ma una cosa la devo dire, è troppo urgente per star zitta. Il microracconto di De Silva è molto carino ma è abusato. Voglio dire che è semplicemente una specie di freddura, modo di dire, battuta, ecco che si racconta da queste parti (Napoli…) praticamente da sempre (almeno da quando io ho raggiunto l’età in cui ho iniziato a frequentare gente e uscire…). Diego non me ne vorrà per questo appunto ma bisogna stare attenti a passare cose firmate che invece non sono altro che patrimonio letterario “comune” ovvero leggenda.
Io invece ritengo che la differenza tra una barzelletta e questo microracconto sia determinata innanzitutto dalla presenza del titolo che, come nei meno microscopici racconti freddissimi carveriani, è parte integrante della “trama” e portatore del senso che l’autore del testo affida a 250 caratteri, più o meno: “Propositi”. Lì c’è la chiave, per chi vuole prenderla in mano. La seconda differenza è che questo testo non è inutile e non fa ridere come una barzelletta. La terza è che sono quattro quasi-versi, a parte il secondo che è di fatto un endecasillabo.
Pur volendo scrivere oggi come e cosa scriveva Pasolini, utilizzare le stesse forme e materiali sarebbe fallimentare come certe barzellette.
io pure c’ho un microracconto poetico tipo de silva.
viva la fica.
anzi, sono più bravo.
non so ad esempio se pasolini abbia mai scritto una cosa così concentratamente orrenda come questa di de silva qui sopra. davvero, mi sorge un dubbio atroce se pasolini sia mai stato capace di tanto, può darsi di sì
ma che osservazione è? il nome di pasolini in questi giorni è veramente abusato, sta cominciando anche a disturbare. come viene usato qui, poi, fa veramente molto ridere, altroché barzellette.
Dunque il senso mio è riuscire a dire una cosa piu’ idiota di quella sopra, spero di esserci riuscita. si chiama tecnica del paradosso in psicanalisi.
Non sopporto la volgarità dello spirito. che ce volete fa.
raccontare barzellette, fare paradossi, scrivere a rotta di collo come ho scritto io, magda, insomma, ci siamo capiti, l’unico che pare non aver capito (a parte quelli che insisitono a sostenere la “grandezza” del proposito desilvano, che sono evidentemente cecati o sordi) è sorrentino, del quale dispiace notare ancora una volta l’estrema cura nel giustificare l’assenza di intenzionalità in qualcosa che per sua natura non ammette giustifiche del genere, e cioè la scrittura e la pubblicazione di scrittura, nel senso che l’intenzione di chi scrive è sempre ben chiara ed evidente, anche quando è solo “per caso” che avvengonoc erte cose, cioè che non avvengono, eccetera – ma questo anche per dire che alla fine con quel lenzuolo come lo chiama lui sorrentino è come se quasi si giustificasse di aver postato una tal cosa in un tal momento – e questo gli si potrebbe anche perdonarlo, anche perché anche lui è evidente che è un bravo ragazzo e forse ancora non sa che di buone intenzioni, o “desilvani propositi”, è costellata la strada che porta all’inferno.
“La strada che porta all’inferno”? Senti un po’: non è che il parroco ti ha fatto vedere il pisello, da piccolo?
anto’, se non capisci nemmeno un modo di dire così comune, vuol dire che sei messo male; altro che parroco, per te ci vuole una buona lezione di “cultura generale”…
Giorgio Astroni, potrebbe spiegare meglio questa sua frase:
“l’unico che pare non aver capito (…) è sorrentino, del quale dispiace notare ancora una volta l’estrema cura nel giustificare l’assenza di intenzionalità in qualcosa che per sua natura non ammette giustifiche del genere”.
Vorrei sapere, se possibile:
1) Che cosa non avrei capito
2) Che cosa lei aveva in precedenza notato (quale episodio, fatto, argomento)
grazie
“Cultura generale”? Gesù, questa è peggio ancora della strada che porta all’inferno. Senti un po’, non è che oltre a fartelo vedere, il parroco te l’ha fatto anche toccare?
caro sorrentino, lei, per sua stessa ammissione, aveva scritto un lenzuolo per dire una cosa semplicissima: “l’accostamento malizioso tra Pasolini e De Silva sta solo negli occhi di chi lo vede”. ora io dico che una frase del genere è di un’ingenuità commovente, perché negli occhi di chi “vede” sta solo quello che si vede, ossia quello che c’è. ora non voglio star qui a farle tutta una fenomenologia delle apparenze e delle sostanze, ma insomma, sorrentino, a me pare che niente succeda per caso nel mondo umano, non è d’accordo? quello che l’uomo fa lo fa perché ha una ragione per farlo, perciò di solito si pensa prima di fare una cosa, perché risulti chiaro anche agli altri, siccome noi viviamo insieme agli altri, il motivo per cui facciamo quella determinata cosa. altrimenti ne risulterebbe un pandemonio indescrivibile. per esempio, si immagini il mondo che necessiti, per ogni scelta umana, di un supplemento di giustificazione come la sua, per dire “io non volevo intendere quella cosa, ma un’altra, cioè è stato per caso, eccetera”; sarebbe un mondo noiosissimo, oltre che pericoloso, non crede? e soprattutto sarebbe prolisso. tra l’altro, per chi si occupa di cose scritte, dire quella frase “semplice” che ha detto lei sopra, mi consenta, sorrentino, non è il massimo. chi scrive (e pubblica, a maggior ragione) dovrebbe sapere che niente ha a che fare con il caso – caso al quale, peraltro, io plaudevo, perché dicevo che mettere insieme pasolini e desilva ha qualcosa di geniale, e se nazindiana l’avesse fatto apposta sarebbe da premiare, in quanto pasolini e desilva rappresentano bene il primo un eroismo della vita e della scrittura, il secondo tutto il contrario di quanto ho appena detto, a mio modestissimo avviso, ovvio. sarebbe da studiare questa polarità, ecco cosa suggerivo. una cosa, anch’io, molto semplice. invece di calvino e pasolini, voglio dire, ad esempio, pasolini e desilva – le sorprese che salterebbero fuori sarebbero illuminantissime. quando usavo l’espressione “ancora un volta”, infine, mi riferivo, con una frase non proprio precisa, è vero, a un comportamento abusato non da lei, ma dai frequentatori abituali di dibattiti del genere, frequentatori abituati a snocciolare affermazioni tipo: “non avevo intenzione…”, eccetera. saluti. g.
Madonna che palle. Ma non hai proprio un cazzo da fare, a Gio’? Senti un po’: non è che oltre a fartelo vedere e toccare, gliel’hai anche succhiato, al pretone?
assai cinico… e realistico. un po’ come il film “closer” di mike nichols. e, proprio come quel film, questo raccontino non è che mi piaccia più di tanto: è come una risata di chi la sa più lunga di te e giustifica il cinismo in amore. realistico, ripeto, ma pure molto triste. forse la cosa più bella è la gif, con quel cuore poggiato a mo’ di teschio su un osso, la morte dell’amore… ma forse sono solo io a vederla così, questa gif. saluti.
p.s.: ma poi il titolo “propositi” sta a significare che il tizio dice alla tizia che l’ama solo perché vuole scoparsi la sua migliore amica?? ancora più triste, come cosa.
Ho parlato della tecnica del “rimorchio dell’amica della preda” tempo fa, quando tenevo il corso di seduzione a Buona Domenica. Tuttavia, il titolo di questo microracconto è connotato, inequivocabilmente, in senso non sarcastico: propositi. Disattesi.
Costantino scusa, quando hai accettato di andare a tenere un corso di seduzione a buona domenica, cosa stavi pensando?
di scoparti pippo baudo?
Non mi sono presa la briga di leggere tutti i commenti. Sono stata attratta dalla polvere che si è alzata. E’ curioso alla fine come si riesca a scadere nelle offese, nelle oscenità: peggio, nelle polemiche ridondanti.
Credo di sapere che è opportuno vedere dietro le cose, e anche che è un errore enorme quello del Presumere, di vedere, di ostinarsi a codificare qualcosa che non c’è, peggio, a darlo per oggettivo, vero in senso assoluto.
Magari è qualcosa che finisce giusto a un palmo di naso, che non nasconde niente. Che è semplice.
Soprattutto è frustrante attribuire a qualcuno intenzioni che non ha mai posseduto e che ci batte per eleganza mettendo in luce le nostre piccolezze.
Beh, ma sono cose che capitano no?
Condivido con Liza: :-((((((((( ( n fattori). Difficile sottrarsi a “Voglio guardare”.
La cosa straordinaria, stupefacente, oltre ad ogni immaginazione, è la capacità che si crea di discernere sul niente. Questo in realtà, credo, sia il piccolo miracolo di questo microracconto: ha generato una macroscrittura, spesso autoreferenziale. Splendido!