cinéDIMANCHE #06 JERZY SKOLIMOWSKI “The Shout / L’australiano” [1978]
di Andrea Raos
Una delle accuse più ricorrenti di mia madre a mio padre era che per via del lavoro non passava tempo a sufficienza con i figli. Il compromesso raggiunto fu che quasi tutti i fine settimana lui ci portava al cinema. Quello che mia madre non sapeva o fingeva di ignorare è che non ci portava all’oratorio a vedere i film per bambini, che sarebbe stato per lui una tortura, ma nei cinema normali a vedere quelli che piacevano a lui.
Fu così che nel 1978, a dieci anni esatti, vidi in un cinema di Milano questo film di cui non capii molto.
So adesso che è tratto da un racconto di Robert Graves del 1929 che è ancora più spiazzante del film e che oggi vedo come uno dei momenti migliori nello sforzo europeo per fare i conti con l’esperienza coloniale e, soprattutto, con i presupposti filosofici di questa. Colonie e riti esotici usati per parlare del nemico interno.
Adesso so anche che le musiche del film sono di Tony Banks e Mike Rutherford (Genesis) e, me lo dice un commento su youtube, che il sintetizzatore usato dal protagonista del film è un raro EMS Synthi Sequencer 256 del 1971 – lo guardo con tenerezza perchè allora mi era sembrato di una bellezza infinita, una piccola cattedrale.
Ma la più importante è la prima impressione. Dunque, le poche cose che ricordo solo da allora sono: la musica sperimentale suonata da John Hurt, che a me sembrò magica e meravigliosa; quella che credo sia la scena più famosa, l’urlo che scuote le dune e le nuvole fondendo cielo e terra in un unico attimo di terrore comune, universale e assoluto; soprattutto, non ricordo in quale punto del film – ho deciso di non riguardarlo prima di scrivere queste righe – la danza dei folli sotto la pioggia, le risa disperate, i pianti, i gesti senza senso, i movimenti sconnessi e gli animali in fuga o indifferenti, tutti gli uomini e le donne vestiti di bianco, bianchi contro il verde dei prati, tutto questo incomprensibile che è tutto e non lascia fuori nient’altro, mai.
Nella pausa delle domeniche, in pomeriggi verso il buio sempre più vicino, fra equinozi e solstizi, mentre avanza Autunno e verrà Inverno, poi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“, riscoprire film rari, amati e importanti. Scelti di volta in volta da alcuni di noi, con criteri sempre diversi, trasversali e atemporali.
grazie Andrea per aver condiviso l’esperienza e le parole
effeffe
Quest’uomo, apparso all’improvviso da lontano, “l’australiano” ferino e misterioso, rapace negli occhi chiari, si introduce, e lo scardina con le sue magie tribali, nel menage di una coppia, lui musicista elettronico sperimentale, e occasionalmente organista nella chiesetta del piccolo paese di campagna dove vivono, lei casalinga inglese liliale e algida. Sotto sotto forse già delle tensioni represse, il dolore della donna per non aver avuto figli, un tradimento di lui con la moglie del ciabattino del paese.
Tutto sul filo del dubbio che i fatti siano realmente accaduti, o lo siano non per le magie sciamaniche ma per cause naturali, o siano solo frutto di psicosi dell’uomo che li racconta, ricoverato in un manicomio inglese, “moderno”, dove pazienti giocano bianco vestiti, con infermeiere candide e dottori progressisti una elegantissima e metaforica partita di cricket.
L’uomo ha imparato da uno stregone aborigeno in Australia, dove ha vissuto a lungo, questo tremendo urlo capace di uccidere, che curiosamente si contrappone nella sfera del sonoro, agli esperimenti nel laboratorio atrezzattissimo del musicista, che registra, filtrandoli, distorcendoli e amplificandoli, piccoli rumori quotidiani, l’accendersi di un fiammifero, di una sigaretta, il soffio del fumo, delle biglie che scivolano sull’acqua di un vassoio, inserendeli nelle sue complicate razionalissime partiture.
“L’australiano” gli dirà a un certo punto “la tua musica è nulla” e rispetto alla forza primitiva e mortale della musica del suo urlo è così. E forse l’arte è sempre nulla, o molto poco, rispetto al tutto.
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molto bella la tua considerazione sull’arte, Orsola.
e molto bello il film, che di certo fa riflettere.
(l’albero normale e l’albero pazzo!)
lo vedo ora per la prima volta, a 29 anni, e immagino te, Andrea, con gli occhietti di un bimbo di 10.
[…] splendido esempio di cinema, quindi. Chiunque voglia visionarlo può seguire il link https://www.nazioneindiana.com/2014/11/23/cinedimanche-06-jerzy-skolimowski-l-australiano/, qui troverà una splendida riduzione in divx con colori naturali, che restituisce appieno la magia […]