les infréquentables: Louis-Ferdinand Céline
https://www.youtube.com/watch?v=z3SmVS8nQx0
Durante la trasmissione”Lectures pour tous”, diretta da Pierre Dumayet, Louis-Ferdinand Céline evoca le polemiche suscitate dalle sue opere, episodi della sua infanzia, le sue idee sulla violenza e sulla letteratura. L’intervista è del 17 luglio 1957. Si tratta della prima apparizione televisiva di Céline. Come viene raccontato nel libro di Sophie de Closets, Quand la télévision aimait les écrivains: Lectures pour tous, l’intervista suscitò le reazioni indignate dei telespettatori e della stampa per quell’ospite colpevole di essersi presentato al grande pubblico in un modo così spregiudicato, “sans honte”.
Transcription
di
Francesco Forlani
Pierre Dumayet
Avete appena letto il titolo di questo libro, D’un château, l’autre (Da un castello all’altro, traduzione di Giuseppe Guglielmi) il titolo, il nome, chiedo scusa, dell’autore, Louis-Ferdinand Céline. Céline, prima di entrare nel merito di questo libro, vorrei farle una domanda riguardo ai suoi libri precedenti, su una questione contenuta in questo stesso libro. Pare che lei fosse sorpreso e che lo sia tutt’ora, dalla valanga di sventure che sono state la conseguenza dei suoi libri, particolarmente del Voyage. Lei dice che è a Voyage au bout de la nuit (Viaggio al termine della notte, traduzione di Ernesto Ferrero) che deve la maggior parte dei suoi impicci – impiccio in questo caso è una parola fin troppo debole. Che cosa vuole dire esattamente quando dice che non se l’aspettava? Ecco …
Louis-Ferdinand Céline
Significa che mi sono lanciato nella scrittura di libri senza volerne ottenere una qualsivoglia notorietà, pensavo più semplicemente di trarne un onesto beneficio, per pagarmi un appartamentino di cui all’epoca avevo assai bisogno,e poi le cose sono andate in tale modo che la vita di medico, di semplice dottore, è diventata impossibile e mi ha complicato sempre più la vita, a tal punto che ho incontrato difficoltà su difficoltà fino a quando mi sono permesso di occuparmi di politica ed è stato, ovviamente, il segnale del darsela a gambe, la sensazione di essere braccato che ancora mi perseguita. Questo è quello che volevo dire.
Pierre Dumayet
Sì, ma quello che mi interessa ed è il motivo per cui le faccio questa domanda, è questo. Mentre scriveva Voyage au bout de la nuit– per esempio c’è una frase in D’un château, l’autre che ce lo fa credere- quando ha scritto Voyage au bout de la nuit, lei ha potuto pensare di scrivere questo libro, mi viene da dire quasi impunemente, senza pensare alle conseguenze?
Louis-Ferdinand Céline
Ah, ah, assolutamente, nessuna conseguenza, ho pensato sì che ci sarebbe stato un po’ di interesse, lo stesso interesse che si mette nella lettura di un articolo, un articoletto sul giornale. E che, dopo aver venduto abbastanza copie di questo libricino, Le Voyage au bout de la nuit, beh, sarei tornato tranquillamente alla medicina, con un appartamento per cui non avrei avuto bisogno di pagare l’affitto; perché in quei momenti avevamo l’assillo dell’affitto, ora non più perché non lo abbiamo da pagare. Ma insomma! Sono cresciuto con l’assillo dell’affitto, l’ho ereditato dalla mia infanzia, ho sempre visto persone assillate dal pagamento dell’affitto; l’idea era di avere un assillo in meno. E così ho scritto Voyage au bout de la nuit per la mia tranquillità e non certamente per quello che è successo, no? Al contrario, dunque e a mia grande sorpresa, e questa sorpresa si figuri dura ancora, è la stessa, sono sempre sorpreso dalle sue ripercussioni.
Pierre Dumayet
Lei non crede alla sua violenza, non riesce a concepirla, non se la immagina?
Louis-Ferdinand Céline
Io non mi vedo affatto violento, nemmeno minimamente; non sono mai stato violento. Ho sempre curato con molta dolcezza, oserei dire, quanti mi hanno avvicinato, ho salvato un sacco di gente, animali. In guerra, ho vissuto molti ambienti violentissimi, perdio. Dico che ho vissuto nella violenza, ma io personalmente non la voglio assolutamente. I libri molto deplorevoli che ho potuto scrivere sono stati fatti proprio contro la violenza. Sentivo venire una guerra e ho denunciato le ragioni della guerra e le conseguenze. La storia mi ha dato ragione, ma non gli uomini. C’è una grande differenza tra le opinioni della gente e poi i fatti. E allora denunciare con violenza… basta dire semplicemente che si sta per cadere in un precipizio, è violento? Se dice: venga, venga avanti, prego, lei è su un bel prato, cammini pure davanti a lei, non si preoccupi del resto. Ah no, no, ho detto io. Veda, visto che lei la mette su questo piano, io mi sono occupato molto di esplorazioni polari e ho conosciuto esploratori della grande epoca che ancora esploravano le regioni polari, in particolare la Groenlandia con mute di cani, cani da tiro. E ciò che conta, vero, in una muta è la guida. La guida è di solito una cagna che è particolarmente fine e che sa dire, a 25 o 30 metri, se c’è un crepaccio. Ora un crepaccio che è sotto la neve non si vede. Allora diremo che è violenta perché avverte tutta la slitta che altrimenti si va a cacciare in un crepaccio, cadrà per 60, 70 metri in una buca, e sarà finita, la morte, no? Bene io ho forse la finezza di una cagna da slitta, niente di più.
Pierre Dumayet
Però non potrà negarlo, insomma penso che non negherà il fatto che ci sia violenza nel suo stile? La violenza, almeno in lei, è una questione di scrittura?
Louis-Ferdinand Céline
È come la cagna, lei abbaia, un abbaiare particolare, e il padrone, ne ho conosciuti, in particolare Michaelson che era governatore della Groenlandia, e spesso mi spiegava questa storia. Aveva una cagna e altri cani sarebbero finiti direttamente nel crepaccio e subito dopo la slitta, ma aveva una cagna che abbaiava molto prima, diceva: attenzione, a 20 metri sotto la neve, c’è un buco, e solo lei lo sapeva. Era una bestia di grande finezza, era un’ aristocratica, vero, e aveva la finezza che gli altri cani non avevano.
Pierre Dumayet
Lei era raffinata
Louis-Ferdinand Céline
Era raffinata, gli altri no. Io sono raffinato, ammettiamo che io sia raffinato, ma tutto qui, poi mi affliggono perché sono raffinato, mi si uccide perché sono raffinato! Se in un allevamento si uccidono le bestie raffinate, allora vuol dire che è un allevamento molto speciale; è un po’ quello che succede.
Pierre Dumayet
Molto spesso nel suo libro, ricorda al lettore che è nato a Passage Choiseul – è la parola raffinatezza che mi fa pensare a questo. Perché sente il bisogno di dirlo e ripeterlo? Pensa che sia qualcosa d’ importante ancora oggi per lei, per la comprensione della sua storia?
Louis-Ferdinand Céline
Sì, era quello che mi diceva Descat. È strano, quest’uomo che ha vissuto a Passage Choiseul. Devo ammettere che è una cosa che ti segna ma non come una prigione, nel senso che non avevo nessun posto dove giocare di quelli dove vanno i ragazzini. Avevamo 360 lampade a gas che funzionavano giorno e notte, i cagnolini che venivano a fare i loro bisogni, e all’epoca avevamo delle canzoni; altra cosa curiosa, posso dire che ho assistito alla fine delle canzoni. All’inizio prima della guerra, nel 1914 c’era a Passage Choiseul una ragazza di strada che cantava appena entrava al Passage e durante tutto l’attraversamento; dopo la guerra nessuno ha cantato più al Passage, un segno dei tempi. Era tutto quello che avevamo come passatempo, le canzoni dei ragazzi di bottega o delle ragazzine. Sono tornato da allora al Passage, ci ritornavo spesso, e non conoscevo più le persone, non c’erano più, era venuta altra gente.
Pierre Dumayet
Ma il Passage Choiseul mi sembra al momento per lei un ricordo che quanto meno le fa tenerezza, non una provocazione…senza violenza
Louis-Ferdinand Céline
Vi ho comunque conosciuto un bel po’ di persone che sono scomparse o che non ci vivono più al Passage Choiseul, questione d’igiene, e poi non ci sono più le lampade a gas, ora che sono tutte elettriche, però posso dire che sono cresciuto in una cappa di gas, se così si può dire, in un modo come un’altro ti segna una cosa così. Ho visto molti animali da laboratorio che vivono nelle camere stagne, gli effetti si sentono, mica semplice…
Pierre Dumayet
Qual è il rapporto tra il Passage Choiseul e la raffinatezza, questa raffinatezza viene da un’esigenza legata al Passage Choiseul?
Louis-Ferdinand Céline
Ah no, la raffinatezza direi che viene dal mestiere di mia madre e mio padre. Mio padre, purtroppo, anche se laureato in estetica, scriveva bene, avrebbe fatto la gioia dei letterati, era agente assicuratore, mio nonno era professore di retorica e mia madre era merlettaia, riparatrice di merletti all’antica, io so ancora ripulire un merletto, conosco il mondo dei merletti, cose che sono scomparse. So che il Passage Choiseul, con la sola eccezione della scuola comunale, mi sembrava portare belle clienti, vedevamo della gente che era ben al di sopra della nostra condizione, delle clienti. Tutto questo ha dovuto lasciare un segno, probabilmente, le vedevo con ammirazione. Mia madre del resto mi faceva la morale, mi faceva sempre notare che la cliente era per lei un oggetto sacro, che aveva delle responsabilità che io non avrei mai sospettato, e che era grazie a loro che noi vivevamo e che non potevo nemmeno immaginare i sacrifici e la virtù della gente ricca, venerava molto la gente ricca, ben al di sopra della nostra condizione e di conseguenza bisognava ringraziarli perché ci davano da vivere, molto umilmente.
(…)
Pierre Dumayet
Vorrei farle un’ultima domanda, lasciarle un’ultima parola. La moda in questo momento è sulla parola della fine, lei ha detto: le mie ultime parole, se le avessi ,sarebbero?
Louis-Ferdinand Céline
Vedo in questa marea di invettive, vedo per lo più gente che beve, mangia, dorme, insomma in quelle funzioni umane che sono tutte piuttosto volgari e direi che sono pesanti. Il loro spirito è pesante. Così mi pare per lo più … Non ha mai smesso di essere pesante. Ho notato, ho letto tanti versi, e più particolarmente del secolo XVII, quello cosiddetto galante .. . ne avrò trovati tre quattro buoni … su migliaia.
C’è ben poca leggerezza nell’uomo. È pesante, no! Ora poi è straordinario in pesantezza. A partire dalle auto, l’alcol, l’ambizione, la politica lo rendono pesante, ancora più pesante. Tutto quello che fa è estremamente pesante Vedremo forse un giorno la rivolta dello spirito contro il peso. Ma non è per domani. Al momento è pesante. Ecco allora che se dovessi morire, direi: erano pesanti. Oh, “erano cattivi perché erano pesanti”, non crede? Invidiosi di una certa leggerezza. Sono invidiosi come una donna che indossa un busto di tela verso una che non ne ha…con i merletti…come colui che ha un cavallo da tiro e non un purosangue. Invidiosi di essere pesanti. Tutto qui. Infermi. Pesano, sono infermi. La pesantezza li rende infermi. Quindi non ci si può fidare di loro, sono pronti a tutto. Oh sì, pronti a tutto. Pronti a uccidere. Per risvegliare la pesantezza bevono, e quando bevono, diventano come magli. È spaventoso, magli senza controllo. Aumentano il loro peso, invece di rendersi leggeri. Ah, non sono dalla parte di Ariele. Sono sempre più Caliban. Sempre di più …
Nota di effeffe
A proposito di raffinatezza, dell’idea di raffinatezza che in Céline si oppone ovviamente alla “maniera” del linguaggio, ho trovato in rete un riferimento a Cioran che vale la pena riportare qui. E ringrazio Sergio Garufi per avermi dettato al telefono il passaggio tradotto in italiano.
« Les gens qui ont de la classe ne sont pas particulièrement inventifs en fait de langage. Y montrent des aptitudes et de l’originalité les gens loquaces, presque vulgaires, ou du moins qui poussent la vivacité jusqu’à la forfanterie, ou à la dégueulasserie quelque peu délirante. Le génie verbal est souvent l’apanage de ceux qui font peuple.
L’éducation nuit à la fraîcheur à la vigueur du langage.
Céline ne sort pas d’un salon. À peu près tous ceux doués d’un génie verbal que j’ai connus manquaient de manières : ils étaient des natures, ils vivaient à même le langage. »
Cioran, Cahiers, p913
Le persone di classe non sono particolarmente inventive in fatto di linguaggio. In questo mostrano attitudini e originalità le persone loquaci, che rasentano la volgarità, o che per lo meno spingono la vivacità fino alla millanteria, o alla spiacevolezza leggermente delirante. Il genio verbale è spesso appannaggio di quelli che appartengono al popolo.
L’educazione nuoce alla freaschezza, al vigore del linguaggio. Céline non viene fuori da un salotto. Quasi tutte le persone dotate di genio verbale che ho conosciuto non andavano per il sottile: erano nature, vivevano come parlavano.
Quaderni 1957-1972, traduzione di Tea Turolla, Adelphi
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