dalla rete #03: LA STORIA DELLE COSE di Annie Leonard
[ Si ringrazia il progetto dePILiamoci a cura di Roberto Lorusso e Nello De Padova per la traduzione e il doppiaggio italiano ]
dalla rete #01: VIA LE CASE-CAVERNA A UN PASSO DA SAN PIETRO.
dalla rete #02: BLU dans la rue [ MUTO ]
L’ho visto un paio di giorni fa via http://www.pandemia.info senza decidermi a pubblicarlo qui. Il filmato infatti è centrato sulla realtà USA e per fortuna alcune piccole cose in Europa sono diverse, anche se non così tanto. Sono contento che tu abbia rotto gli indugi.
Interessante anche se di taglio divulgativo, e a tratti un po’ troppo ingenuo. Quella storia sui tacchi spessi e tacchi fini, il tacco più salutare per le donne… Boh…, vabbé!
Non parla ad esempio di quel subdolo e diabolico sistema dei brevetti e degli accordi bilaterali, attraverso il quale gli USA dominano economicamente (oltre che militarmente) il mondo. Segnalo a tal proposito il prezioso libro di Vandana Shiva, “India spezzata” (il Saggiatore, 2008), dove si dice delle migliaia di contadini indiani che si suicidano per via dei debiti insostenibili contratti per ricomprare ogni anno il cotone OGM dalle corporation americane, della privatizzazione dell’acqua del Gange, e di tante altre belle cose. Qui siamo in presenza di una vera e propria occupazione del pianeta, altro che tacco più salutare per le donne!
Sì, concordo con il giudizio di Prodan sul filmato.
Direi che è adatto a coloro i quali confondono il progresso e l’evoluzione tecnologica con l’indotto “bisogno che sempre più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo sempre maggiore” come sentenziava il capo dei consiglieri economici di Eisenhower. Cioè da indirizzare alla stragrande maggioranza della popolazione.
Tocca, sfiora soltanto, purtroppo, molti argomenti che è vero che dovrebbero essere approfonditi. Ma in venti minuti non si può fare di più. Un trattato sul ciclo produttivo possiede possibilità estensive pressochè infinite, diventando insostenibile anche’esso, per molti.
Uno degli argomenti solo sfiorati è lo sfruttamento dei bambini e della popolazione locale nelle miniere di coltan. Argomento ripreso con il solito piglio coraggioso dallo staff della Gabanelli in Report: http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E1078609,00.html
Su un altro, un certo grado di arida pedanteria mi ha portato a calcolare: sette campi di calcio (0,049 kmq) pieni di alberi che vengono abbattuti ogni minuto nella foresta amazzonica. Sono 25754 kmq all’anno. La foresta amazzonica si estende per 600 mln di kmq. A questi ritmi l’ultimo albero amazzonico dovrebbe essere abbattuto tra 23300 anni.
Forse, allora, abbiamo un po’ di tempo, mi dico.
Ma ho ripreso in mano il rapporto Unep del 2005 One Planet, Many People http://www.unep.org/publications/search/pub_details_s.asp?ID=3629 (arriva un po’ acciaccato a casa, ma arriva, qualità cartacea non elevata), ed il personale pessimismo cosmico sulle sorti del pianeta ha ripreso vigore.
@Jan
nonostante le differenze lievi ma in progressione di aggravamento della situazione nostrana, non ho indugiato infatti
la chiarezza basica, che, capisco, fa storcere il naso ai super informati e lettori di libri preziosi, il tono divulgativo e la grafica semplice ma efficace sono proprio la cose che mi piacciono di questo filmato
per la maggior parte delle persone le cose sono di uso e consumo casuale ed inconsapevole, anche i tacchi fini o grossi dietro ai quali, ovviamente ci sono le mani che fanno le scarpe per pochissimo dovunque, a domicilio, spesso di minori, in nero, con collanti e coloranti cancerogeni ed ancora anche da noi
scarpe che si buttano via distrutte e che non è neppure più possibile, né conveniente aggiustare dal ciabattino, nobile antico mestiere in estinzione più del panda e dell’avvoltoio degli agnelli
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Ma in venti minuti non si può fare di più.
eh sì
infatti confido molto negli attenti commentatori di Nazione che ne sanno una più di chiunque altro
come Plessus che calcolatrice sempre alla mano spazia dai condannati a morte in proporzione per abitante della Repubblica Popolare Cinese, agli alberi dell’Amazzonia, ma non vuole certo dirci che, in fondo, le esecuzioni capitali non sono poi così tante da indignarsi e che, siccome “abbiamo un po’ di tempo”, licet tagliare selvaggiamente. Certo che no. Ne sono più che sicura.
Ha solo una passione per la matematica.
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Ho trovato molto efficace il filmato per la sua semplicità. Tuttavia mi ha aperto orizzonti teorici che non conoscevo (per non aver mai approcciato la teoria economica). Allora chiedo: dove trovo una spiegazione più ragionata, più distesa, più documentata di concetti come il fine ultimo del sistema o come l'”obsolescenza programmata”? E poi: per caso esiste uno studio che metta in relazione quella teoria economica con il fenomeno Internet, per esempio? con i blog, con l’esplosione dell’informazione? Esiste, lo conoscono tutti e me lo sono perso? Se è così, chiedo venia, indicatemelo tuttavia!
Grazie,
Roberto
Molti interventi aggiungono, altri forse lasciano in pareggio, o tolgono, qualcosa ai contenuti dei commenti ai post, qui in NI. Per i miei, mi lusinga il fatto che qualcuno mi risponda. Soprattutto se con elegante ironia, cara Orsola. :-)
Tornando al ciclo produttivo, l’unica arma a disposizione per rallentare il corrispondente ciclo distruttivo è indurre le persone ad agire diversamente. Tramite una informazione che si trasformi in opera di convinzione e che sparga semi di consapevolezza nelle vastissime terre abitate da esseri falsamente consapevoli e dichiaratamente menefreghisti. O tra chi, semplicemente, non si è mai posto il problema dei consumi inutili. Il filmato in questione, se riuscisse nel suo modesto, ma sincero e critico intento informativo nei confronti di una persona soltanto, consegnerebbe nelle mani della terra una piccolissima vittoria.
@Roberto Galofaro: il sito dell’autrice contiene una documentazione di partenza come la sceneggiatura annotata, FAQ.
http://www.storyofstuff.com/resources.html
Ad esempio, la “planned obsolescence” è citata a partire da Vance Packard. A partire dalla sceneggiatura trovi spesso un ulteriore percorso di lettura su wikipedia, ad esempio
http://en.wikipedia.org/wiki/Planned_obsolescence
Tutto spesso in inglese purtroppo, ma non sottovalutare le fonti italiane.
Purtroppo è dura avere fede nella riformabilità del capitalismo. Il modo di esistere basato sul ciclo produzione/consumo/arricchimento, con le ricadute socio-antropologiche ed etiche che comporta, è per definizione fondato sull’incremento e sull’assolutizzazione: della produzione, appunto, dei consumi e degli arricchimenti (e sfruttamenti connessi). Siamo già alla valorizzazione salvifica del profitto: è bravo chi si arricchisce, chi è povero lo è per sua colpa e fa da peso alla collettività. La logica del mercato è di per sé estremista, non ammette regole né controlli perché essi limitano le possibilità di arricchimento, cioè il motore del sistema. Le poche vere riforme che abbiamo conosciuto (la piena tutela previdenziale, lo statuto dei lavoratori, la dignità umana legata (anche) alla certezza del reddito) se le è divorate con coerenza impeccabile il mercato concorrenziale. Se un altro mondo è possibile (e tutti speriamo che lo sia), i bisogni umani andranno radicalmente ricollocati, e rovesciate le forme per soddisfarli.