Siamo sempre stati separati. Sesto quadro: Campo-Formio
di Sarah Kéryna
traduzione di Andrea Raos
– Ti capita ancora di ripensare al tuo appartamento di rue Campo-Formio?
– Sì.
– Ti manca?
– Sì, beh sì, mi ero appena sposata quando ero a Campo.
– Anche più piccola, non sei arrivata a tredici anni?
– Anche più piccola, eh sì.
– È il tuo primo appartamento a Parigi, hai sempre vissuto lì, tu?
– Sono sempre stata
No, all’inizio eravamo in rue Ernest Rousselle.
– Ah all’inizio, proprio all’inizio?
– Sai proprio all’inizio, ti ho fatto vedere dove avevamo abitato.
E poi, siamo andati a Campo nel 22.
– Nel 22.
– Avevo dodici anni, non ero vecchia, nel 22.
– Ti ricordi quando mi facevi le carte?
– Sì.
– Lo fai ancora?
– Vuoi?
– Ah sì.
Dov’è il tuo mazzo di carte?
(Entra l’infermiera)
– Buongiorno. Ah, ha delle visite?
– Sì, la mia bambina.
– Buongiorno signorina.
Non la porto giù allora?
La porta magari la signorina?
– È ora di mangiare, giusto?
– Sì.
– Già ora di mangiare?! Ah beh! scendiamo subito…
– Scendiamo subito. Tra un quarto d’ora venti minuti va bene?
– Sì, certo, certo.
– D’accordo.
– Grazie.
– Dobbiamo fermarci. Torniamo su dopo? Ci metti tanto a mangiare?
– No, facciamo in fretta.
Poi dopo ti faccio le carte.
– Sì, ci tengo.
ripensare al tuo appartamento
…. a ciò che vi sta indelebilmente “appartato”, delimitato dalla geografia minuta delle stanze, corridoi, finestre, degli oggetti. Luce. Odori. Rumori che si percepivano. Quelle particolari campane, sferragliare di tram. La ghiaia di un cortile. Il fruscio di un ascensore che sale e si ferma al piano. Il campanello della porta.
Presente.
At-tenti.
:–)