RVP (ricevo volentieri, pubblico)


Caro Effeffe, ti invio questo racconto di Andrés Neuman (Buenos Aires, 1977, semisconosciuto in Italia), che ho trovato per caso leggendo una rivista di architettura AT Casa . Si parlava dell’Orchideorama, una suggestiva struttura all’interno del Giardino Botanico di Medellìn, a metà tra una sala per convegni e uno spazio di incontro, che si sviluppa in modo analogo ad un organismo, il ‘fiore-albero’. Ed è proprio ai piedi di questo organismo artificiale che Neuman immagina un inusuale gemellaggio scientifico…
Paolo Mossetti

Lo scienziato e il fiore
di
Andrés Neuman
Brevi estratti del discorso inaugurale delle giornate di gemellaggio tra il Giardino Botanico di Medellín (Colombia) e Torgod (Deserto del Gobi, Mongolia). Oratore: dottor Florence Trebol, titolare della cattedra di Botanica Speciale presso la Bristol University. Luogo della conferenza: “Orquideorama” del Giardino Botanico “Joaquín Antonio Uribe”, Medellín. Presenza di pubblico: all’inizio dell’intervento, platea piena per metà; al termine, platea piena per un terzo. “Illustri autorità della nobilissima città di Medellín.

Eccellentissimo signor Sindaco.

Valorosi capi guerrieri. Signore feudale mongolo dell’altipiano di Ala Shan. Stimati direttori di questo magnifico e rinnovato Giardino Botanico. Cari
colleghi della comunità scientifica e accademica. Gentile pubblico.
È per me un vero onore poter inaugurare queste giornate che, oltre a suggellare il gemellaggio tra due regioni per le
quali ho sempre sentito una profonda simpatia, serviranno senz’altro a far progredire le nostre conoscenze relative a quella flora così miseramente sparpagliata nella steppa centrale del
deserto di Gobi, e alla quale ho la fortuna di dedicarmi da ormai quasi trent’anni. (…) Come ben sapete, i litoflows sono, per così dire, maestri del travestimento. Le loro dimensioni decrescenti (tre millimetri di diametro ogni cento anni) sono il primo elemento che
deve indurci al sospetto. A cosa è dovuta tale vocazione diminutiva? Perché questa natura evasiva, questo continuo affannarsi per eludere i segni della propria presenza? In che modo 
qualcosa di così incantevole sembra essere programmato per sfuggire alla vista? Reputo che questi semplici interrogativi (e non le descrizioni infestate di tecnicismi) siano il punto di
partenza più adeguato per avvicinarci ai litoflows, le uniche e stupefacenti pietre-piante che crescono nell’arido clima della topografia di cui ci stiamo occupando. (…)

È per questo 
motivo, cari colleghi, che ci serviranno ben poco le ortodosse nozioni di questa Botanica mutilata che ci ostiniamo a divulgare nei media e a insegnare nelle aule. Per quanto mi riguarda,
i miei lunghi anni di studio sui litoflows mi hanno condotto ad adottare un metodo totalmente differente. Sono convinto, tanto che mi spingerei a proporla come ipotesi, che un’ esatta approssimazione intorno a queste nostre pietre-piante è possibile solo instaurando con esse un dialogo emozionale: interpellarle, saperle ascoltare. E seguire, perché no, il loro 
recondito esempio.

(…) Come ben sapete, i litoflows sono, per così dire, maestri del travestimento. Le loro dimensioni decrescenti (tre millimetri di diametro ogni cento anni) sono il 
primo elemento che deve indurci al sospetto. A cosa è dovuta tale vocazione diminutiva? Perché questa natura evasiva, questo continuo affannarsi per eludere i segni della propria 
presenza? In che modo qualcosa di così incantevole sembra essere programmato per sfuggire alla vista? Reputo che questi semplici interrogativi (e non le descrizioni infestate di 
tecnicismi) siano il punto di partenza più adeguato per avvicinarci ai litoflows, le uniche e stupefacenti pietre-piante che crescono nell’arido clima della topografia di cui ci stiamo 
occupando. (…) Ricapitoliamo. Secondo quanto dimostrano i primi studi, la peculiarità fisica dei litoflows consiste nel loro ordinario aspetto minerale (sia esso di un color ferruginoso, 
oppure di un’incerta tonalità mercurica). In qualsivoglia di queste due varianti, prima o poi (così comprovano le testimonianze fotografiche e video) si sviluppa il fenomeno che fa dei
 litoflows un’autentica attrazione per il profano e una vera sfida per lo specialista: dalla loro superficie, in apparenza ermetica e sterile, emergono improvvisamente degli effimeri, delicati 
fiori bianchi.

Tutti noi abbiamo potuto osservare almeno una volta, mantenuti artificialmente in vita in laboratorio, questi insoliti germogli trasparenti che sembrano nascere dal nulla, 
questi petali dall’impensabile sensazione tattile di seta.(…) A questo punto ci chiediamo: per quale motivo le dette mutazioni avvengono solo una volta ogni tanto? Com’è che ci risulta 
ancora impossibile determinare un ciclo regolare o, per lo meno, una frequenza approssimata di queste epifanie? E perché, ci domandiamo con insistenza, perché un litoflow fiorisce solo
di notte, in piena oscurità? (…) Siamo costretti ad ammettere, cari colleghi, la manifesta incapacità della nostra scienza accademica – cioè la nostra incapacità – di dare una risposta a
questi tenaci enigmi. Allo stesso modo, risulterebbe opportuno cominciare a porci alcune domande fino a oggi mai formulate: sono timidi i litoflows? Temono di essere spiati? Si nutrono 
della propria solitudine? Abbisognano di un certo grado di malinconia per completare la loro fotosintesi? Una volta formulati questi interrogativi, che reputo ragionevoli, potremmo
spingerci anche oltre: sono i litoflows decisamente ostili all’assillo scientifico? E, nel caso in cui la risposta alla domanda precedente fosse affermativa: sono ostili anche alle premure
dell’uomo? Non staranno per caso cercando, con saggio istinto, di preservare la loro sporadica bellezza da qualsiasi creatura che possa recarle danno o – peggio ancora – non sappia 
apprezzarla in tutta la sua eccezionalità?

Stando così le cose, potrebbero i litoflows anche nascondersi in molti altri luoghi insospettabili, per esempio, chissà, proprio qui, a Medellín,
camuffati sotto le apparenze di una comune pietra, in attesa che passi accanto a loro un occhio davvero attento, per infine fiorire?Io, per parte mia, anelo ad essere un giorno capace di 
comprenderli e di decifrare la loro attesa. Anelo ad essere capace di vederli una volta, fosse anche una sola, fiorire nel deserto. In definitiva, si potrebbe dire che aspetto il mio momento, 
come i litoflows. E lo faccio, senza dubbio, soprattutto con tenerezza. Grazie infinite. E scusatemi.”

7 COMMENTS

  1. Il fiore è la punta segrata della nostra anima. Il testo evoca il mistero della vita umana dei litoflows, la nascita discreta nella notte perfetta: perché la bellezza cresce nel silenzio e la solitudine. Vedo lo sguardo del giardiniero contemplando il fiore sbocciare. Forse si sente il grido leggero del cuore che si apre, ma un fiore si apre, solo quando è amata, anche se il terreno è aspro.

  2. Segnalo che di Andrés Neuman è uscito nel 2005 un racconto su “Re:”, rivista che ho curato con Tommaso Lisa per ZONA editore.

    Lo trovate in lingua originale su: http://www.re-vista.org/mainESP.htm e tradotto sul volume “Re: Oltre lo zero” (ZONA, 2005) acquistabile on-line e direttamente dall’editore.

    Scusate per l’eventuale SPAM ma ci tenevo a segnalare.

  3. Ascrivo i litoflows al primo tomo del Manuale di botanica fantastica che, da qualche parte del mondo, un austero riepilogatore sta compilando su carta bio-vegetale (cioè che si legge da sé).

  4. Tra l’altro Andres Neuman è così importante nel mondo ibero-americano che l’Istituto Cervantes l’ha inserito come traccia nel Diploma de Espanol como Lengua Extranjera (nivel superior)!

  5. Quando ho letto il testo, ho pensato alla rosa del Piccolo Principe. Ho ritrovato la traduzione di un brano che amo:

    ” Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. “Non si puo morire per voi. certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa”.
    E ritorno dalla volpe.
    “Addio”, disse.
    “Addio”, disse la volpe. Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede che col il cuore. L’essenziale è invisible agli occhi”.

    Il litoflow è il fiore dell’anima sbocciando nella notte: litoflow dell’arte, litoflow dell’amore, litoflow mistico. Ciascuno ha il suo litoflow a fare crescere.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017