Efferata sintesi
Giosuè Carducci, nella sua storia della letteratura italiana, considerando il passaggio dall’Umanesimo al Rinascimento, con riferimento a Savonarola descrive ciò che questi – a parer suo – non aveva compreso: “Che la riforma d’Italia era il rinascimento pagano, e che la riforma puramente religiosa era riservata ad altri popoli più sinceramente cristiani”.
Da alcuni giorni questa frase di Carducci continua a ronzarmi in testa. In particolare dopo avere letto le reazioni al mio post sui “Disastri catechistici”.
Alla fine del Quattrocento altri europei erano più sinceramente cristiani degli italiani. Alla fine del Quattrocento altri popoli europei credevano fermamente nella incarnazione e nella resurrezione. E si comportavano di conseguenza.
Oggi non ci credono più e si comportano di conseguenza. Più sinceramente cristiani allora. Più sinceramente illuministi oggi. Sono popoli seri. Hanno buone leggi sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico, sulle adozioni, sulle coppie di fatto e non disprezzano le unioni omosessuali.
E gli italiani, meno sinceramente cristiani allora? Ipocriti quant’altri mai oggi. E cinici. E pavidi. E senza più speranza di Rinascimento.
Franco Buffoni
Caro Buffoni,
da ateo da sempre, e invitandomi al commento questo suo ultimo 3d, questa sua insistenza fortemente critica sulla religione, i cui disastri catechistici nella storia sono visibilissimi e che nella sostanza condivido, mi porta tuttavia a esprimere la mia perplessità sulla sua stessa insistenza, che mi sembra caricarsi di valenze ossessive. Come frequentatore di NI, mi piacerebbe leggere un suo intervento diverso, poniamo sulla poesia italiana, di cui, ne sono convinto, lei saprebbe dire parole profonde e acutissime.
Il Rinascimento aveva cominciato un importante percorso culturale di riscoperta del Paganesimo. Con Lutero il cristianesimo reagisce divenendo sempre più fanatico e intollerante, poi nel mondo protestante nasce la massoneria che è il centro di potere dei sistemi politici moderni. Il risultato di questi sviluppi è ormai cronaca quotidiana: la paranoia della correttezza politica…
ipocritamente proni.
che dire? hai detto tutto.
Se posso permettermi, vorrei far notare a MACONDO alcune cosucce:
1) “Insistenza fortemente critica sulla religione” : a parte l’involontario uso dell’anacoluto, so che ti riferisci al fatto che Franco Buffoni da qualche tempo entra nello specifico (dottrinale e ‘temporale’) con un certo vigore. Insistenza che ‘vedi’ caricarsi in Buffoni di ‘valenze ossessive’: credo che l’ossessione non animi tanto Buffoni quanto, di contro, l’oggetto e i soggetti delle sue disanime: le religioni abramitiche, in primis, e il papato (espressione di un potere- autorità temporale). L’ossessione la vediamo non tanto in chi stigmatizza certi comportamenti, quanto piuttosto in chi li attua o li provoca. Mi spiego: l’ossessione la vedo(la vediamo?) nel ribadire il primato di una dottrina sulle altre; il primato di una fede sulla scienza; il primato delle ‘verità rivelate (ma che avevano fumato quella sera i miei avi ai piedi del Sinài?) sulle forme laiche di conoscenza, sui saperi, l’ossessione nel reprimere nature sessuali non consone alle idee ‘abramitiche’ di sessi e ruoli. L’ossessione è nel ripristinare, sbandierare, vendere a ogni angolo delle nostre strade ‘democratiche’, l’idea che esista UNA SPECIFICA NATURA, e nello bollare tutte le altre (ormai oltre 6 miliardi di nature) quali non consone, meglio CONTRO NATURA. L’ossessione nelle menti deviate, sì, deviate, che pretendono che una povera ragazza,dopo 17 anni in stato vegetativo non DEBBA MORIRE: l’ossessione ipocrita della ‘cultura della vita’ in nome della quale nei millenni gli uomini di fede hanno commesso i più incredibili, ingiustificabili, orrendi crimini contro l’uomo, la cultura, la scienza, la LIBERTA’….Perché vedi, Macondo (ma come ti chiami?) La questione di fondo sta proprio in una nozione di Libertà, o se vuoi, di Libera determinazione dei singoli individui, (loro lo chiamano ‘libero arbitrio’, e cogliamo nel sostantivo tutta la valenza ‘negativa’ che gli è stata data nel processo di ‘secolarizzazione’ della dottrina cristiana). Libera determinazione che è inaccettabile per chi da secoli è abituato a gestire, incamminare, indicare la via…l’unica possibile , perché verità rivelata…
2) ‘religio instrumentum regni’ : si obietterà che non estiste più uno stato della Chiesa ( a parte i pochi km intra moenia dello stato vaticano,ratificati durante il ventennio fascista)…eppure,Macondo, tu, come me, sei pienamente consapevole di quanto l’uso strumentale (la complicità, l’amicizia, l’ossequio) della ‘dottrina della fede’ in Italia, serva politicamente. Quotidianamente assisti agli inchini ipocriti (l’aggettivo ci rimanda al post di Buffoni) dei nostri politici che riveriscono prelati (e rabbini) per accaparrarsi il ‘voto cattolico’… Anche questo quotidiano ossequio, questo uso strumentale della dottrina cattolica (ora persino i fascio-leghisti si richiamano agli insegnamenti e ai ‘moniti’ della Santa (?) Sede, fanno sì che la nostra sia una DEMOCRAZIA BLOCCATA, una società oscurantista, quando non oscurata, che non riesce a rivendicare la natura LAICA di una carta costituzionale, che non riesce e non vuole, per calcolo, per comodo, per evidenti limiti gnoseologici, sancire a livello legislativo la LIbera determinazione degli individui e dei popoli… Una democrazia bloccata che non riesce a cogliere il dato o valenza fondamentale che assume l’assioma: LIBERA DETERMINAZIONE IN LIBERO STATO, equità di diritti tra coppie, etero e omo che siano, regole progressiste e civili nella adozione, nella riproduzione, nella libera espressione di sé….
3) Hai ragione, Macondo, Franco Buffoni è uno scrittore profondo e acuttissimo, un fine critico ( a lui si devono tra le molte cose, oltre a importantissime traduzioni, lo sdoganamento delle nozioni di Traduttologia, e di Ritmologia – perché vedi, spesso l’ambito accademico, la cultura, fa fatica ad accettare o a riconoscere certe ‘conquiste ‘ del sapere…e questo, non lo dico per ‘ingraziarmi’ Franco, non devo fare carriera nei dipartimenti di Lett. Compar.)… Ma quando chiedi (ed è una rischiesta legittima) un suo intervento su NI su specifici fatti letterari, purtroppo palesi una diffusissima percezione: alla fine si pensa sempre che un letterato debba occuparsi solo di questioni letterarie. Come se gli scrittori li volessimo ancora in un Hortus conclusus, a scrivere di margheritine e lune, un sublimissimo Giardino di Armida, con una bella siepe che impedisca la vista del mondo… ma un poeta è tale proprio perché questo mondo lo vive, si confronta con esso, e, magari, cerca ‘ossessivamente’ di non subirlo troppo. L’esperienza del mondo, la lettura, agonistica e razionale, che egli tenta, non può che giovare a tutti noi. Baci.
probabilmente c’è anche una spiegazione più ovvia e naturalissima del perché F.B. si dedichi qui alla politica culturale concepita “in grande”, alla critica della Chiesa, etc. piuttosto che alla letteratura. F.B. non ha bisogno di cercare qui spazio per la sua attività di letterato. quella è la sua professione. al contrario è di certo più facile per F.B. trovare qui che non altrove un pubblico ben disposto ad ascoltare (criticamente o meno) le sue opinioni e le sue idee sull’etica, sulla religione & co. insomma, come è normale, ognuno usa i canali che ha nel modo più vantaggioso.
lorenzo
Condivido quanto dice Buffoni e il commento di manuel cohen. Che dire, siamo sempre più soli. L’Italia in cui mi ero formato non era questa. L’arretramento è evidente. Un saluto
quello che non mi convince, in questo discorso è il confronto con i paesi protestanti, (mi pare che il riferimento alla fine del 400 si riferisca a loro) ll Belgio è cattolico all’80% e la Spagna che ha leggi più civili delle nostre è cattolica.
@ manuel cohen,
dopo aver scritto il mio commento, ho esitato un po’ nel postarlo, proprio per la mia conformazione intellettuale da ateo, poi, vincendo il senso di paradosso, l’ho fatto. Perché? Perché mi è parso che questa riflessione di Buffoni poteva benissimo essere postata come commento al suo 3d precedente, in fondo si tratta di una considerazione di Carduccci, la cui innegabile profondità non mi pareva però autorizzare un 3d nuovo di zecca. Inoltre, se si dovesse fare un 3d per ogni considerazione magari acuta sulla religione in cui ci imbattiamo leggendo filosofi e pensatori e poeti del passato, beh, NI avrebbe di che campare perlomeno per i prossimi 300 anni. Ma vedo che Buffoni si astiene dall’intervenire sui 3d che egli stesso posta, nemmeno per quel “dovere di risposta” che spetterebbe all’autore dopo che egli ha proposto il suo pensiero alla discussione pubblica. Ora, di questa “insistenza ossessiva” (così liberiamo l’espressione dagli anacoluti) non conosco, né mi interessano sapere, le ragioni soggettive, essendomi limitato a intervenire sui suoi manifesti e pubblici risultati.
Cosa diiavolo è un 3d? un post?
sì, lo ammetto, cos’è un 3d?
4se thread?
4se no, il thread siamo noi.
Mai seguite le posizioni della comunità valdese e i dibattiti dei valdesi?
Italiani. (Con tanto di Risorgimento e Resistenza alle spalle.) Lauralina
3d? un thread. e un post è un commento al 3d. non so, questo è il mio vocabolario da principiante
Ringrazio per tutti gli interventi, in particolare Manuel per la generosità che mi dimostra, e Macondo al quale mi sento di garantire che l’unica ragione che mi induce a proporre questi post è l’indignazione per la situazione in cui versa lo stato costituzionale di diritto oggi in Italia.
Ad Alcor replico: certo, la citazione carducciana ci porta col pensiero al Nord Europa; la pertinente considerazione circa Belgio e Spagna accresce – se possibile – la nostra frustrazione per la condizione dei diritti civili in Italia oggi.
macondo, a me sembra che ‘l’insistenza ossessiva’ non sia quella dell’autore.
dell’insistenza ossessiva di questi ultimi giorni ancora mi rimbombano le orecchie, un chiasso assordante che non si è fermato di fronte a nulla.
benvenga l’efferata sintesi!
troppi buffoni. tranne lei .
senza il miracolo.la religione cristiana è un ca(R)(S)tello. di carta.
Segnalo a Buffoni (sarei curioso di sentire cosa ne pensa), ma anche agli altri, questo bel pezzo preso da http://www.zibaldoni.it, preceduto da una citazione di Leopardi:
“Roma, la prima e più potente città che sia stata al mondo, è stata anche l’unica destinata e quasi condannata a ubbidire a signori stranieri regolarmente, e non per conquista né per alcuno accidente straordinario. Ciò negli antichi tempi, sotto gl’Impp. (Traiano, Massimino ec. ec.), e ciò di nuovo ne’ moderni sotto i Papi (moltissimi dei quali furono non italiani), e l’una e l’altra volta ciò passò in costumanza ed ordine fondamentale dello Stato, cioè che il Principe di Roma potesse essere non romano e non italiano. Così la prima città del mondo, e così l’Italia, prima provincia del mondo, pare per una strana contraddizione e capriccio della fortuna essere stata (nel tempo medesimo del maggior fiorire del suo impero, sì del temporale e sì dello spirituale) condannata a differenza di tutte le altre ad una legittima e pacifica e non cruenta schiavitù, e quasi conquista. (Bologna 1. Dec. 1825)”.
(Giacomo Leopardi, ZIBALDONE, p. 4157)
*
Una teocrazia imperfetta – di Alessandro Carrera
Cari amici,
come forse sapete, collaboro da più di tre anni a “Europa”, che è il giornale del PD. Di solito parlo dell’America e qualche volta dell’Italia vista dall’America. Questo articolo, che ho scritto a commento del caso Englaro, non è stato pubblicato. Non critico la decisione del giornale, so benissimo che ci sono equilibri politici molto delicati in gioco, ma mi sembra una conferma indiretta di quello che ho scritto. È solo la seconda volta in tre anni che non mi pubblicano un articolo. Un’ottima media, direi, ma anche nel primo caso trattavo un argomento affine (la visita del Papa alla Sapienza). È una prova che certe cose in Italia non si possono dire? O che non si possono nemmeno pensare?
Non avevo voglia di tenere l’articolo nel cassetto, così l’ho mandato in giro agli amici.
Grazie e scusate il disturbo.
Alessandro Carrera
*
Houston, 11 febbraio 2009
Un mio collega che segue le cose italiane mi ha chiesto di spiegargli che cosa significa per l’Italia la controversia intorno a Eluana Englaro (che in America ha fatto capolino anche su CNN). Senza pensarci, istintivamente, gli ho detto che per capire l’Italia di oggi deve pensare all’America coloniale, prima della dichiarazione d’indipendenza. Finché è durata la Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana aveva un’importante funzione di mediazione tra il Vaticano e l’Italia. Venuta meno la DC, la mediazione è saltata, e gli italiani si sono trovati esposti alla lotta che da allora, a Roma come nel resto d’Italia, si svolge tra due stati per il controllo dello stesso territorio. Il risultato è una situazione coloniale e una teocrazia imperfetta.
In una nota dello “Zibaldone” datata 1 dicembre 1825, Leopardi osserva che i romani e in generale gli italiani, per via del gran numero di papi non italiani che hanno avuto, sono l’unico popolo che non trova strano il fatto di essere comandato da un capo di stato straniero. Tale situazione di “pacifica e non cruenta schiavitù, e quasi conquista” (parole testuali) non solo è data per scontata, è anche obliata. Molti italiani non sanno affatto di vivere in una colonia e non in uno stato sovrano, che le curie vescovili agiscono sul loro territorio come agenzie coloniali, e che lo stato non è retto da governanti ma da governatori. Alcuni di questi governatori hanno mantenuto un certo grado di autonomia e infatti sono stati rimossi. Altri, come quello attualmente in carica, si vogliono distinguere per zelo e fanno di tutto per guadagnare crediti agli occhi del loro sovrano.
Che cosa vuole un potere coloniale? Riscuotere le tasse (l’otto per mille, pagato in anticipo dallo stato italiano, prima ancora di averlo incassato) e tener buoni i nativi. Non interviene a gestire la cosa pubblica. A tale scopo ha bisogno di una classe di colonizzatori collocati nei governi locali, nell’istruzione e nei media, e che avrebbero tutto da perdere se la popolazione locale alzasse la cresta e volesse prendere decisioni autonome. Non disponendo di un esercito, la potenza coloniale dalla quale l’Italia dipende fa di più e di meglio: sostenendo di essere l’unica istituzione in grado di interpretare il diritto naturale (ma se è naturale come può avere un solo interprete?) sottrae al popolo la possibilità di gestirsi come soggetto morale. Agli occhi di questo potere coloniale, la popolazione è fatta di indigeni senza autonomia decisionale e che devono essere guidati, premiati o castigati a seconda dei casi.
Vivo in America da ventun anni. Quando torno nel paese in cui sono nato, ogni volta che varco le porte di un’istituzione connessa alla gerarchia religiosa capisco di trovarmi di fronte all’unica classe dirigente che esista oggi in Italia. Sono svegli, colti, informati. Viaggiano, imparano, e hanno un’idea molto chiara dello scopo che perseguono. Tra loro vi sono serie differenze d’opinione, naturalmente, perché la Chiesa è una grande istituzione, tanto vasta al suo interno da poter essere reazionaria su alcuni punti e progressista su altri, nonché dotata, su alcune specifiche questioni, di maggiore buon senso dei governanti laici. Voglio solo far notare che questa classe dirigente, la sola attiva in Italia, non lavora per l’Italia ma per un altro stato, che i suoi rappresentanti sono agenti di una potenza straniera operante su un suolo colonizzato e che i funzionari indigeni, se in un momento di crisi devono scegliere tra la potenza coloniale e la colonia, sanno benissimo che la loro lealtà deve andare alla prima.
Le conseguenze di questa teocrazia imperfetta sono molteplici. Da un lato, la potenza coloniale costituita dal Vaticano, dalla CEI, dalla Compagnia delle Opere (stavo per dire la Compagnia delle Indie, ma del resto i gesuiti nel Settecento chiamavano le isole “le Indie d’Italia”) raccoglie tutti i benefici; dall’altro non si assume responsabilità spicciole. Non deve costruire ferrovie, risolvere crisi economiche o ripulire i cantieri dall’amianto. Questo è compito dei funzionari indigeni. Se falliscono, la colpa è interamente loro. La potenza coloniale aborrisce i dettagli, glielo impedisce la sua stessa superiorità morale. Molti studiosi della modernità, stranieri e non, osservano spesso che gli italiani non hanno ben chiaro che cosa sia la responsabilità individuale, e nemmeno di che natura sia il vincolo che lega il cittadino alla legge. Ma nessuno può crescere come soggetto morale e giuridico se ogni giorno constata che nemmeno i governanti da lui eletti sono padroni in casa propria, e che l’ultima autorità non risiede mai presso di loro, bensì presso i rappresentanti di uno stato straniero che lui non ha eletto e non avrebbe potere di eleggere.
La situazione di teocrazia imperfetta toglie agli italiani la dignità di decidere e quindi anche di sbagliare, affrontando da adulti le conseguenze delle proprie decisioni. Agli occhi della gerarchia coloniale gli italiani sono dei Renzo Tramaglino, tanto bravi e un poco sciocchi, e se non interviene Fra’ Cristoforo a dirgli che cosa devono fare non ne combinano una giusta.
Finché il popolo italiano non si renderà conto di essere colonizzato non avrà nessuna speranza di diventare adulto. E nulla cambierà finché non verrà sottoscritta una Dichiarazione d’Indipendenza del Popolo Italiano. Che potrebbe cominciare ispirandosi a quella stesa da Thomas Jefferson: “Quando nel corso degli eventi umani diventa necessario per un popolo dissolvere i legami politici che l’hanno legato a un altro e assumere, tra le potenze della terra, lo statuto separato e uguale al quale le leggi della natura e divine gli danno diritto…”. Gli italiani potranno allora ascoltare quello che i loro funzionari ex-coloniali hanno da dire, e potranno loro rispondere: “Grazie, terremo conto del vostro parere, ma siamo indipendenti, siamo un’altra nazione”.
È difficile per due nazioni condividere lo stesso territorio, ma una nazione è formata dai suoi cittadini e dalle sue leggi, non dai suoi chilometri quadrati. E siccome la strada verso questa indipendenza sarà lunga e faticosa, intanto è bene che la Dichiarazione d’Indipendenza venga sottoscritta interiormente, cittadino per cittadino, che si faccia ricorso ad essa ogni volta che si tratta di prendere decisioni difficili, e che in ogni momento della giornata venga sempre tenuta in mente, stampata a caratteri d’oro, costi quello che costi.
@ macondo
al contrario, quello dell’autore è il post, il thread è la discussione
@
Buffoni, è ben questo, c’è qualcosa di più, di profondamente servile, da noi, che peggiora le cose, e il cristianesimo non basta a spiegarlo, l’italia ha un in più di cui è difficile venire a capo se non con la debolezza del concetto di cittadinanza.
Non avevo letto mario Esposito, mi pare che sia questo il campo sul quale concentrare l’attenzione.
Grazie, Esposito, veramente illuminante lo scritto del mio vecchio amico Alessandro Carrera. E ancor più illuminante (nell’ottica della ns riflessione) il dato editoriale: che Europa ne rifiutò la pubblicazione.
Alcor, d’accordo con te. Mi permetto di rimandarti anche al finale del brevissimo https://www.nazioneindiana.com/2008/12/30/lordine-del-creato/
Prezioso intervento, Franco; io però sono troppo ignorante di cose carducciane per rintracciare esttamente la fonte che citi. Potresti darmi dei riferimenti un po’ più precisi, per cortesia?
Ringrazio in anticipo,
Magnifico l’articolo di Alessandro Carrera, che io non conoscevo, e tristissimo il fatto che non sia stato accettato e pubblicato!
infatti volevo proporre a Nazione Indiana di pubblicare l’articolo di Carrera così com’è in maniera autonoma, stralciandolo, dico, da questo post. sempre che Nazione Indiana sia d’accordo, ovviamente. anche secondo me, infatti, è un articolo importantissimo e particolarmente riuscito, con implicazioni, tipo il “dato editoriale” che cita Buffoni, molto ampie. anche lei, Buffoni, volendo, potrebbe pubblicarlo, no?
Alessandro Carrera ha una scrittura saggistica notevolissima, una lucidità quasi lancinante (che gli derivi dal suo stare lontano dalle nostra aiuola?), ricordo due libri divertentissimi come “La vita meravigliosa dei laureati in lettere” (Sellerio) e, poco circolante per l’editore scelto, “I poeti sono impossibili” (Il Filo). Penso anch’io che questo pezzo pacato, e dunque terribile, meriterebbe di stare in vetrina. E’ una vergogna che un quotidiano lo abbia rifiutato, ma certo Europa non era quello adatto.
Paolo S: il saggio di Giosuè Carducci è “Dello svolgimento della letteratura nazionale” (1868-1871).
Mario Esposito/Andrea Cortellessa: assolutamente d’accordo.
Grazie mille, ringrazio anche in posticipo!
Salute, o Satana,
o ribellione,
o forza vindice
de la ragione!
Sacri a te salgono
gl’incensi e i voti!
Hai vinto il Geova
de i sacerdoti.
Coincidenza vuole che l’abbia letta proprio oggi ai miei studenti: magari la forza della ragione (illumismo) avesse vinto il dio dei sacerdoti (clericalismo)!
Quanta ipocrisia, però, anche nel Carducci neo-pagano e post-garibaldino che diventa senatore del Regno ed elogia la politica imperialista di Crispi…
Un caro saluto a Franco
Valerio: la mia non era certo una esaltazione di Carducci, solo la messa a fuoco di una sua intuizione. Ai ragazzi leggerei anche Sogno d’estate.
Non lo sospettavo neanche. Volevo solo segnalarti una correspondance. Ma non potevo evitare di precisare, rilanciando sulla questione affermazioni-azioni. Sogno d’estate: la leggerò la prossima settimana.