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Note Pop per la Letteratura: Robert Louis Stevenson

Grazie al pirata Long John Silver intervenuto in un recente post su Nazione Indiana ho ricevuto il prezioso testo 1 di Robert Louis Stevenson che inaugura questa rubrica, ovvero una cartografia possibile di una critica pop della letteratura. Una critica letteraria, dunque, che in modo diretto individui le questioni chiave della letteratura di ogni tempo e lingua.

steve
I lanternai (estratto)
di
Robert Louis Stevenson
traduzione Roberto Birindelli

Era un’attività tipica del posto, più particolarmente di una settimana o giù di lì della nostra vacanza di due mesi. Forse è ancora fiorente nel suo luogo di origine; dato che i ragazzi e i loro passatempi sono soggetti a forze periodiche, imperscrutabili per l’uomo; per questo motivo trottole e palline di vetro ricompaiono quando torna il loro tempo, regolari come il sole e la luna; e l’arte inoffensiva del nocchino ha testimoniato della caduta dell’Impero Romano come della nascita degli Stati Uniti. Può darsi che sia ancora fiorente nel suo luogo d’origine, ma in nessun altro luogo, ne sono convinto; perché personalmente ho cercato di introdurla su nel nord e sono stato vergognosamente sconfitto; ha un fascino che è squisitamente locale, come un vino di contadino che non si può esportare.

Il futile meccanismo di questo gioco era il seguente.

Verso la fine di settembre, quando si avvicinava la riapertura delle scuole e le notti erano già scure, prendevamo a dipartircene dalle rispettive residenze, tutti muniti di una lanterna di latta con lente sporgente. La cosa era talmente nota che veniva segnata nell’attivo della bilancia commerciale della Gran Bretagna; e i droghieri, quando si approssimava l’epoca, prendevano ad addobbare le lor vetrine con la nostra marca preferita di luminarie. Le portavamo appese ai fianchi a un moschettone e sopra, tale era il rigore del gioco, un cappotto abbottonato. Mandavano un odore orrendo di latta rovente; non bruciavano mai del tutto, anche se ci bruciavano sempre le dita; la loro utilità era nulla; il piacere una pura questione di immaginazione; eppure un ragazzo con una lanterna a lente sporgente sotto il cappotto non avrebbe desiderato altro. I pescatori usavano delle lanterne sulle loro barche ed era da loro, suppongo, che avevamo preso lo spunto; ma le loro non erano lanterne a lente sporgente, e poi non giocavano mai a fare i pescatori. I poliziotti le portavano alla cintura ed in questo noi li avevamo semplicemente copiati, anche se poi non pretendevamo di fare i poliziotti. Agli scassinatori potevamo in effetti aver dedicato qualche assillante pensiero, e avevamo, come no, davanti agli occhi i vecchi tempi in cui le lanterne erano più comuni, nonché certi libri di racconti in cui avevamo scoperto che esse giocavano un ruolo essenziale. Ma tutto considerato, la cosa aveva in sé un piacere superlativo; essere dei ragazzi con una lanterna a lente sporgente sotto il cappotto a noi andava benissimo.

Quando due di questi somari si incontravano c’era un ansioso «Ce l’hai la lanterna?» e un compiaciuto «Sicuro!». Questa era la parola d’ordine, del resto molto necessaria, dato che era obbligatorio tenere l’oggetto della nostra soddisfazione al coperto e nessuno poteva riconoscere un lanternaio, se non (come per la puzzola) dall’odore. Talvolta in quattro o cinque ci si arrampicava nella pancia di un bragozzo da dieci persone, coi soli banchi dei rematori al di sopra — visto che la cabina era di solito chiusa a chiave; oppure sceglievano qualche anfratto fra le dune dove il vento ci passava sulla testa ululando. Lì i cappotti venivano sbottonati e le lanterne messe allo scoperto; e in quelle isole di luce fioca, nell’enorme antro ventoso della notte, confortati dall’abbondante vapore della latta surriscaldata, questi fortunati giovani di buona famiglia si rannicchiavano uno contro l’altro nella fredda sabbia delle dune o nelle sentine piene di scaglie di pesce dei pescherecci per starsene allegri con discorsi strampalati. Mi piange il cuore a non saper qui riportare qualche campione — alcune delle loro intuizioni circa la vita, oppure le profonde investigazioni circa i rudimenti dell’uomo e della natura, discorsi così accalorati e così innocenti, così ricchi nella loro stupidità, così romanticamente giovani. Comunque il chiacchierare non era altro che un condimento e queste riunioni nient’altro che meri incidenti nella carriera del lanternaio. L’essenza della sua felicità consisteva nel camminare soli nella notte scura; la slitta chiusa, il cappotto abbottonato; neanche un raggio che sfuggisse, a guidare i passi, a rendere pubblica la gloria nascosta; un mero pilastro di tenebra nel buio; e nel cuore, essere consapevole di avere alla cintura una lanterna a lente sporgente, esultare e cantare intimamente per tale sensazione rassicurante.

NOTE
  1. in Romanzi racconti e saggi / Robert Louis Stevenson ; a cura di Attilio Brilli ; traduzione di Roberto Birindelli, Attilio Brilli, Aldo Camerino, Carlo Capra, Giulia Celenza, Franco Marucci, Angiolo Silvio Novaro , Mondadori, 1982🡅

6 COMMENTS

  1. Bel post a specchio e bellissimo pezzo di Stevenson “Tusitala” (colui che racconta storie), come lo chiamavano nelle isole Samoa. Che tra l’altro è uno degli scrittori che ho nel cuore proprio per quel senso di mistero – dall’isola al famoso Dottore – che vive nei suoi libri. Ed è questo penso anche il segno della miglior letteratura, dei libri che ci portiamo dentro come lanterne speciali nella notte – la loro continua capacità di sorprenderci ed in quella sorpresa dirci qualcosa di nostro, sempre ambiguamente sospesi tra il giovane Jim ed il “vecchio” Barbecue. L’episodio delle lanterne mi ha ricordato le falene di Virgina Woolf, in un altro saggio sull’arte del leggere e dello stare nella letteratura.

  2. Bellissimo… Per me ha un incanto d’infanzia delizioso. Già la lanterna è oggetto di poesia, cuore luccicante delle farfalle. Credo che è un momento di pura felicità, il raggio di luce portato sotto il capotto, come segreto di lettura, d’incontra, di parola intima al coperto.
    Sul fiume danzano le notte e le parole.

    Quando vado in una libreria, cerco sempre les lanternes, perché effeffe aveva già evocato la bellezza poetica, ma non ho mai trovato nella mia piccola città.

    Grazie dunque a effeffe e Long John Silver :-)

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francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017