Gli anarchici
di Marco Rovelli
Gli anarchici, a Torino, sono un elemento di disturbo. Forte. Un virus inoculato nelle arterie della città, che mostra l’esistenza di una società non pacificata. L’accanimento nei loro confronti, perciò, non stupisce. E’ facile immaginare un sospiro di sollievo all’interno delle stanze della politica – di tutto l’arco politico, indistintamente. Essi rappresentano, e sono, il rimosso che affiora: scomodo, inopportuno. E non gentile. Il rimosso che affiora non è, né puoi mai esserlo, gentile.
Gli atti contestati agli arrestati sono risibili in quanto capi d’accusa tali da meritargli un soggiorno alle Vallette in isolamento. Non possono leggersi se non come rifiuto di una militanza politica la cui grammatica non è accettata né accettabile. Due degli arrestati – Andrea Ventrella e Fabio Milan – lo scorso anno avevano subito la misura, genealogicamente fascista, della sorveglianza speciale, per la loro “pericolosità sociale”. Una misura che limitava la loro libertà e i loro diritti di cittadinanza (non si può uscire di casa dopo la dieci di sera, non si possono frequentare luoghi affollati…). Gli atti che determinavano tale pericolosità erano gli stessi che vengono loro addebitati adesso. Ma la Corte d’appello aveva revocato la sorveglianza speciale in quanto si trattava di fatti inerenti ad una militanza politica, e dunque alla sfera della libertà personale, e non un fatto di incolumità pubblica. Questi stessi materiali, adesso, vengono riletti entro una nuova cornice, quella del reato associativo. Non viene loro addebitato il 270 bis, ché la finalità eversiva era insostenibile anche per gli inquisitori torinesi; allora si ripiega sul reato associativo, come se questi fatti di assoluta modestia fossero letteralmente la concretizzazione di ciò che ha animato l’associazione, lo scopo ultimo della sua costituzione – e non strumenti di una lotta e militanza antirazzista. Tra questi fatti, 17 contravvenzioni per disturbo alla quiete pubblica, perché battevano sui lampioni in via Brunelleschi per protestare, e 15 accensioni di petardi.
A costruire questo castello di carta, è il complesso politico-giudiziario torinese. A maggio scorso il sindaco Chiamparino (sulla scorta di Fassino peraltro) aveva difeso i respingimenti, invocato una Ellis Island europea e aveva chiesto “confini blindati”. I confini sono esterni ed interni, e a Torino stanno in via Brunelleschi, dov’è il Cpt (sì lo so, oggi si chiama Cie: io continuo a chiamarlo Cpt, non mi lascio giocare dalle parole). E allora chi attacca quei confini – come gli anarchici fanno da tempo, con la loro lotta solidale con i migranti reclusi – non può che essere un nemico dello Stato, e come tale va trattato.
Del resto giusto la scorsa settimana uno degli anarchici torinesi era stato pestato dalla polizia nelle cariche a freddo, in un vero e proprio regolamento di conti. Anche se a passarsela peggio era stata l’ignota signora quaranticinquenne che è stata letteralmente massacrata. E lei, come tutti i cittadini “qualunque”, non si attendeva certo di andare incontro a quella sorte. Per un militante è diverso, sa i rischi a cui si espone. E li accetta, quali che siano.
(pubblicato su il manifesto, 24/02/2010)
‘il rimosso che affiora’ mi fa pensare proprio a quello che potrebbe essere l’anarchia rispetto al sistema costituito, non per forza la polizia che manganella ma anche la gente comune che sceglie l’ordine, la misura e l’educazione, l’ipocrisia insomma tipica di noi italiani che giriamo intorno alle cose senza chiamarle con il loro nome. fascismo psicologico e nevrotico ce n’è tanto e mi piace pensare all’anarchia come a un linguaggio dell’inconscio. l’uomo nasce libero poi diventa un uomo televisivo dopo essere passato per la tortura del battesimo e della morale cattolica e se proprio non riesce a far altro firma con un contratto matrimoniale con la chiesa. sì, in effetti non c’entra molto come argomento. anarchia, appunto.
[…] Fonte: Gli anarchici – Nazione Indiana […]
Grazie Marco. Da torinese, e da vecchio conoscente, di Fabio, stavo appunto pensando a un modo per dare visibilità a questo vergognoso attacco alla libertà di agire politico. Hai ragione, gli anarchici di Torino sono il rimosso – sono carne e sangue, viscere, intestini – veri “corpi” politici. In questo periodo di politica fatta solo dai manifesti, tanto più sporca quanto più asettica nelle forme, vanno negati, neppure combattuti.
Quello che temo, è che si tratti anche di un tentativo di calmare la gente dopo l’allarme bomba. Qualche mafiosetto mette una bomba per motivi legati al racket (“noi? mai ricevuto minacce, signora mia! Ci stimano tutti! Racket, a Torino?”) e si sbatte dentro qualche anarchico…
Ho da poco visto in concerto Cristiano De Andrè cantare le canzoni di Fabrizio. Concerto bellissimo, grande affluenza di pubblico, e grande partecipazione. Sembra vada così ovunque, e infatti di settimana in settimana le date della tournée fioriscono ovunque. Bene, mi dico, molto bene.
Poi accadono cose come quelle raccontate da Marco, nel silenzio generale, e mi chiedo: dove sono le decine di migliaia di spettatori che per due ore cantano le canzoni di De Andrè? Capiscono ancora quello che cantano? Ci credono ancora, o basta loro essere “spettatori”, e fare di De Andrè un pezzo da museo, guardare-e-non-toccare?
Splendido pezzo marco, necessario, direi.
Credo che sia interessante questo articolo de Il giornale per capire quanto questa operazione non stia su accadimenti, ma sulle idee: http://www.ilgiornale.it/interni/anarchici_dietro_rivolte_immigrati/24-02-2010/articolo-id=424515-page=0-comments=1
Leggendo, infatti, si vede che le grosse colpe degli arrestati, secondo la giornalista, sarebbero di aver fomentato la rivolta interna, di aver parlato di questo al telefono con dei migranti detenuti nel cpt di Torino, di aver sostenuto che è importante protestare contro l’aumento del periodo di detenzione.
Ora io mi chiedo, di questo sarebbero piene le 102 pagine dell’ordinanza di custodia?
A.
La seconda che hai detto, Giro.
Grazie Marco, non ne sapevo niente.
Mi ha fatto emozione ascoltare questa canzone e leggere l’articolo.
[…] aver letto l’articolo di Marco Rovelli Gli anarchici pubblicato ieri su Il manifesto e su Nazione Indiana, che analizza l’arresto di sette anarchici […]
trovato pacco bomba a torino, oggi. per non saper né leggere né scrivere, saranno gli anarchici i primi ad essere indicati dall’autorità