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Pubblicare per Mondadori?

[Si riprendono in esponente due note apparse nei commenti di questa discussione. DP]

di Andrea Cortellessa

Piccola premessa metodologica, o deontologica. È insopportabile che sulla questione del pubblicare o meno per Mondadori si sospettino coloro che intervengono di farlo per più o meno confessabili interessi personali. Qualcuno, pensando di scherzare, ha definito questa pratica di delegittimazione «metodo Boffo». In Italia c’è poco da scherzare, oggi, su questo. Personalmente, come altri partecipanti a questa discussione, ho fatto in passato dei lavori per Einaudi, e attualmente ne sto facendo per Mondadori. Proprio per questo mi pongo il problema. Il problema non ce l’ha – e dunque pontifica su di esso in astratto – chi di questa cosa banalissima (e anzi per chi lavori in questo campo, in questo paese, pressoché inevitabile) non abbia esperienza concreta.

Mi pare che le parole più sensate, in questa discussione, siano venute da qualcuno che di fatto non ha alcun interesse al fatto che gli autori migliori (in termini di vendibilità) restino appannaggio della casa editrice migliore (in termini di diffusione) – anzi, il suo interesse è esattamente quello opposto – cioè Massimo Roccaforte distributore indipendente che il commentatore nuvoleonline ha linkato:

«Trovo auto censoria, sbagliata e forse pericolosa una campagna di autoesclusione dal principale gruppo editoriale italiano incentrata e proposta solamente degli autori. […] Non è che l’aria sta diventando talmente irrespirabile che alla fine si sia, o si sarà, costretti a “lasciare nelle mani” di chi ha sempre fatto del disprezzo della cultura con la C maiuscola una sua bandiera, la maggiore e più importante casa editrice che abbiamo in Italia? Di conseguenza non si rischierebbe di ridurre, con questa scelta, il grado di autonomia del mercato e dunque la possibilità di vendita e scelta per librai e lettori? Non si sta cadendo in una trappola ponendo la questione nei termini in cui è stata posta in questi giorni? Il silenzio o i freddi comunicati, dei dipendenti e dei collaboratori della casa editrice, in tal senso sono il segnale più preoccupante e secondo me indicativo di un’aria che forse sta davvero cambiando, in un ambiente che a certi livelli non credo abbia grandi problemi a “privarsi” di certi autori per dirottare sempre di più la propria produzione su autori più consenzienti o commerciali. In un mercato come quello editoriale dove tutta la filiera è controllata e dove spesso è il mercato stesso a creare la domanda, ritirarsi dal catalogo di un grande editore non mi sembra la politica più giusta o quantomeno salutare all’ambiente culturale. Io credo che in editoria, come nel resto della società, il problema principale in questa fase sia resistere con la propria identità e le proprie istanze là dove ci si trova, senza cedere un passo all’arroganza e alle scorrettezze di un potere che si sta facendo sempre più cupo».

Sul piano della coscienza individuale la posizione più equilibrata e condivisibile resta quella espressa, a suo tempo, da Helena Janeczek; ma sulla coscienza individuale dovrò tornare). Tuttavia come si è visto Roccaforte aggiunge una considerazione politica – per me decisiva. A parte Saviano Lucarelli forse i Wu Ming e pochi altri, fra gli autori che in queste settimane o in precedenza hanno avvertito tale coscienza in difficoltà, la conservazione degli altri autori di cui si sta parlando e che sono stati interpellati dopo l’uscita di Mancuso (a partire da Cordelli e dallo stesso Busi) non è essenziale al fatturato di Mondadori-Einaudi. Questi autori possono essere sostituiti senza gravi perdite economiche con autori ideologicamente conformi alla proprietà o con autori che la pensino come Mauro Corona – i quali già sono, del resto, degli asset d’impresa. Infatti Cordelli, quando è stato il momento, è stato tranquillamente sacrificato.

Ma chiediamoci quale sarebbe l’effetto politico, di una tale “sostituzione di massa” degli autori con la coscienza in disordine, asset o non asset che siano. Tale effetto sarebbe appunto, verosimilmente che 1) presenze politicamente o artisticamente (che per uno come me, sarà bene specificare, vale anche a dire politicamente) difformi dai dettami della proprietà dovrebbero trovarsi lidi editoriali altri e senz’altro meno efficaci, condannandosi in molti casi a percorsi marginali e in sostanza punitivi; 2) quella macchina editoriale così tremendamente efficace si troverebbe a “lavorare” (cioè a imporre sul mercato) solo autori politicamente o artisticamente conformi ai dettami della proprietà. Sarebbe proprio questo a sancire (sia detto per inciso) l’omologazione politica di queste – che sono storicamente nobili e gloriosi istituzioni culturali ma anche, nel presente, a loro volta e col loro target efficientissime macchine da guerra mediatiche – al rango del Giornale o di Libero. Cioè la loro trasformazione, de facto, in strumenti di propaganda.

Dunque: in omaggio ai non trascurabili e rispettabilissimi dettami della coscienza individuale, si sacrificherebbero, sì (e nobilmente, certo), i propri interessi personali ma anche (e per quel che riguarda noi lettori soprattutto) gli interessi della collettività: 1) perché i politicamente e artisticamente difformi verrebbero ridotta la propria circolazione 2) perché, di contro, i politicamente e artisticamente conformi la vedrebbero accresciuta 3) perché aumenterebbe ulteriormente il volume di fuoco della propaganda berlusconiana.

Per venire ai casi concreti: è vero – come appare – che la presenza di Saviano in Mondadori è gradita e ambita (com’è ovvio che sia) dall’ottimo e inappuntabile personale tecnico mondadoriano, mentre è sgradita e fa venire il mal di pancia a persone come Emilio Fede? Non mi pare ci siano dubbi che, sic stantibus rebus, il dovere politico (che come si vede può non coincidere con quello coscienziale) di Saviano sia tutt’altro che quello di «alzare i tacchi» bensì, perfettamente al contrario, quello di restare lì finché non lo caccino. E, nella remota ipotesi che lo caccino, denunciare tale cacciata in tutte le sedi mediatiche che uno come Saviano può raggiungere (motivo in più, questa eventualità, del perché non lo cacceranno mai; se la presenza di Saviano immobilizza la volontà politica della proprietà ponendola di fronte a un doppio legame, allora ben venga la presenza di Saviano: e ciò sia detto, ancora una volta per inciso, a chi più o meno in buona fede pensa che tale presenza mediatica sia politicamente ininfluente o dannosa).

Ora a me sinceramente spiace che la coscienza individuale di un autore venga tormentata (anche se utilitaristicamente e cinicamente, come lettore, potrei pure trarne giovamento, giacché quel tormento potrebbe al limite avere l’effetto di una pressione letterariamente produttiva; più probabile, però, è che essa semplicemente inibisca la creatività), ma i miei interessi di “pubblico” sono altri, e ho specificato quali.

Come dicevo, però, resta la questione della coscienza individuale che – a dispetto di quanto sostiene Francesco Pecoraro – esiste certissimamente (purtroppo). Proprio tu, Francesco, che nel 2007 non te la sentivi pungere e che ora te la senti scartavetrare la pelle, dovresti sapere – a livello di pancia, ma con una certa esattezza – di cosa si tratta. Dunque diamo intanto atto a Vito Mancuso che – sia detto a suo merito indipendentemente dalla meschina accusa di con ciò “essersi fatto pubblicità” se questa discussione si è riaperta è stato unicamente in virtù del suo intervento. Non mi interessa che sia un teologo (che fra l’altro come tale non ho letto e non so quanto valga); se sono i cattolici a parlare di coscienza, spero non si pensi che ce l’abbiano solo loro o che solo loro possano permettersi di farla parlare. Sta di fatto che è stata questa diversa impostazione a spostare – non mi pare davvero lo si possa negare – i termini della questione.

Qui mi rivolgo a Francesca, intervenuta (come Pecoraro) nella discussione al thread Alzare i tacchi. Primo perché mi pare che, in termini pratici, abbia una posizione vicina a quella che ho espresso prima; secondo – di contro – perché, nel farlo, adopera un rasoio un po’ troppo riduzionista e a senso unico. Dice in sostanza: unico dovere di uno scrittore è non accettare compromessi con la propria scrittura, tutto il resto è secondario. Sacrosanto, certo. In termini astratti e appunto riduzionisti. Ricordo che una volta Walter Siti a Fahrenheit, interrogato riguardo all’amoralità esibita da Troppi paradisi, rispose che però «sulla scrittura non accettava compromessi». Ma la storia non è così semplice, mi pare. Dove finiscono i compromessi sociali, politici, economici, e dove cominciano quelli con la scrittura? Possiamo davvero pensare, nel 2010, che la «scrittura» sia un’entità isolata, asetticamente forclusa da qualsiasi corruttela con l’«ambienza» (per dirla con Gadda)?

Un condizionamento economico (l’appeal commerciale inseguito dall’autore e/o dall’editore) può inficiare, eccome, la qualità di un testo. In tal caso siamo o no disposti a riconoscerlo, come condizionamento? Ma, e qui veniamo alla questione posta da Mancuso, anche un condizionamento politico entra – può concretamente entrare – in conflitto con la scrittura. Prendiamo il caso della testimonianza di Aldo Busi, linkata nella stessa discussione da Larry Massino. Benissimo: ottima intervista, sono d’accordo in particolare con l’impostazione «né con la Mondadori né senza la Mondadori» (ossia: né pregiudizialmente a favore né pregiudizialmente contro la Mondadori). Ma c’è un ma. E cioè l’ammissione, da parte di Busi, che in un’occasione, un’unica e insignificante occasione (insignificante nell’opinione di chi testimonia; ma se lo testimonia si vede che, nella sua coscienza, insignificante l’episodio non è), persino Busi s’è piegato – e ha cancellato da un suo testo il sintagma «nanerottolo peronista». Questa micro-censura, cui Busi, persino Busi s’è prestato («più per gentilezza che per codardia», aggiunge; e, a differenza di chi ironizza su questa formula, penso che essa sia profonda e sincera), rappresenta o no un condizionamento della sua «scrittura»? Credo che a questa domanda possa rispondere con esattezza solo la coscienza di Busi. Ma credo pure che ce la possiamo, ce la dobbiamo porre anche noi, che Busi lo leggiamo.

Il nocciolo della questione, sinora per lo più curiosamente inevaso, è appunto nella censura. Nella sottile, strisciante, per lo più autointroiettata censura che i manager berlusconiani hanno lentamente inoculato nell’editoria italiana. È vero, come ha sostenuto Alcor nella discussione, che ogni azienda che controlli un mezzo di comunicazione esercita sempre e strutturalmente, su di esso, una qualche forma di censura. Ma è altrettanto innegabile che sia stato solo con l’entrata in politica del proprietario del maggior gruppo mediatico italiano che questo vizio di sistema si è fatto sistema.

Il virus della censura comincia a circolare in Einaudi. Significativamente: perché essa è, o è stata, luogo di propulsione e progettazione culturale, dunque politica. Ma tale virus evidentemente non è sconosciuto neppure nella tecnocratica e anideologica Mondadori. Si può anzi scommettere che, dal caso Busi in avanti, abbia fatto i suoi progressi. Per questo è importante – e non può essere liquidata come meramente coscienziale – la presa di posizione di Franco Cordelli, che di questa censura è stato sicuramente vittima nel 2003.

Rileggiamo quello che dice: io propongo Il duca di Mantova all’Einaudi non solo perché è Einaudi l’editore dei miei libri precedenti, ma proprio in virtù del suo argomento. È un test. Se un libro del genere viene pubblicato senza censure, questo ha delle conseguenze – sul mio rapporto con la casa editrice, sul mio orizzonte di aspettative, sulla mia coscienza appunto. Se non viene pubblicato, non posso che «alzare i tacchi». Al di là della mia più o meno serena valutazione sul grado di libertà oggettiva che qui si respiri, la mia libertà di autore è stata infatti oggettivamente e proditoriamente conculcata e negata. Nessun rappresentante della casa editrice potrà mai ammettere questa censura (anche se poi, con Saramago, l’hanno dovuta ammettere: ma solo perché evidentemente un Nobel non si può rifiutare per motivi letterari) ma – dice in sostanza Cordelli – «io so». E in effetti, da quel momento in avanti, anch’io «so». Quello che è successo due anni dopo con le poesie di Raboni sul cavalier Menzogna – di nuovo rifiutate da Einaudi (in campagna elettorale) per «motivi letterari» – non fa che confermarlo. Ecco, questa casistica a me pare che non si possa più sottovalutare. Penso al contrario che vada riesaminata, storicamente, con la massima attenzione.

Mai come in questo caso, concludere è un problema. Penso che non si possa che sposare la linea indicata da Roccaforte. Tenere ben saldo che è quello il piano che conta davvero – a livello politico. Tenere le posizioni, insomma. Ma penso altresì che i livelli di attenzione su tutto quanto attenga alla libertà di espressione – in una demokratura che ha brevettato i «trattamenti Boffo» e le «derive Minzulpop» – vadano innalzati sempre più. Facendo caso anche ai minimi dettagli. Penso che su questo autori, critici, lettori – anziché sospettare strutturalmente l’uno dell’altro, l’un con l’altro gareggiare a chi è più puro – debbano incoraggiarsi a vicenda. Penso si debbano costruire ponti di solidarietà e concreta attenzione (ripeto un’altra volta questo termine). Attenzione a questioni che riguardano sì le coscienze individuali ma che manifestano, ormai, una natura anche politica. Che ci riguarda tutti, cioè.

211 COMMENTS

  1. «Un condizionamento economico (l’appeal commerciale inseguito dall’autore e/o dall’editore) può inficiare, eccome, la qualità di un testo. In tal caso siamo o no disposti a riconoscerlo, come condizionamento?»

    Non solo come condizionamento, ma come una forma più sottile e non eclatante di censura. In fondo, poiché viviamo ancora in un paese democratico, la censura ha un suo contrappeso nello scandalo – sia pur limitato – che può produrre, e nel fatto che se l’editore di un gruppo mi censura, ho la possibilità di passare al gruppo rivale.
    Ma come posso sfuggire al condizionamento economico, che vale per entrambi i gruppi?

  2. @ Alcor
    Non vorrei rientrare nell’ominosa categoria del «benaltrismo» ma appunto questa è una diversa, correlata, forse ancora più importante – perché più sottile – questione. Le ho dedicato un film.

  3. saviano dovrebbe rimanere dov’è
    e tutti i nudi e puri dovrebbero smettere di rompergli ipocritamente le scatole
    mentre noialtri dovremmo accanirci con chi avrebbe potuto legalmente, penalmente, policamente fare qualcosa contro le malefatte dell’azienda quando era il momento

    e, in nota, ringrazio il direttore di collana che s’è rifiutato di pubblicare le schifezza di bondi (subito pubblicate da un piccolo editore e prefatte da una persona che viene considerata un’intellettuale, a proposito di purezza).

  4. Lo so.

    Non conosco le modalità e la tempistica della censura che ha colpito Cordelli, ma mi chiedo, sarebbe stato realistico farne uno “scandalo” allora, interno, discusso?

    Cambio esempio, se oggi la situazione si ripetesse, quanto solo è uno scrittore, rispetto ai suoi colleghi che pubblicano per la stessa casa, quale che sia? Perché per tenere le posizioni e restare dentro, come anch’io penso che si dovrebbe fare – potendo – ci vorrebbe una comunità letteraria che anche al netto dei contratti, delle diverse posizioni, delle diverse storie, delle eventuali rivalità personali, degli inevitabili individualismi, fosse abbastanza consapevole e coraggiosa da reagire immediatamente per rintuzzarla, quella censura, più ancora che per denunciarla una volta che è stata messa in atto.

  5. questo aricolo è un’ffesa nei confronti di tutti quegli autori di qualità che scrivono e pubblicano con altre case editrici, grandi medie e piccole, che ancora, per nostra fortuna (nostra dei lettori) esistono e sopravvivon, nonostante i crimini e le infamie che vengono commesse mondadori ai danni della collettività e in sleale concorrenza con le altre case editrici.
    Questo articolo è una celebrazioni delle magnifice sorti e progressive dell’industria dei media di questo povero paese, che unica al mondo è concentrata per oltre la metà nelle mani di un solo padrone (televisioni, editoria, pubblicità, cinema, pubblicità) che en passant è pure capo anzi monarca dell’attuale governo.
    Questo articolo è la dimostrazione (e in questo aveva ragione francesca che di fatto esrpimeveva il punto di vista dell’azienda), che in questo paese la maggioranza degli scrittori, gli scribacchini, gli scrittori “impegnati” “antagonisti” e anche quelli che sono convinti di fare la rivoluzion, aspirano a scrivere per la casa editrice piu’ potente che controlla il mercato e assicura (attraverso le promozioni, le interviste nei giornali del gruppo, i passaggi televisivi) maggiore visibilità maggiori vendite, maggori profitti.
    Questo articolo dimostra che hai suddetti scrittori non gliene frega niente se grazie anche a loro (oltre alla corruzione dei giudici e alle evasion ifiscali legalizzate), il mercato editoriale si concentra ancora di piu’ (con mezzi illegali) e quindi automaticamente soffoca i piccoli editori, il pluralismo (che non dipende da chi edita i libri del sig cortellessa ma dal grado di concentrazione del mercato dalle leggi che vietano i monopoli e i conflitti di inetresse).
    Questo articolo dimostra tutta l’ipocrisia di alcuni scrittori che invece di dire:
    io mi trovo bene da mondadori ho un ottim orapporto con i redattori, pubblico i miei libri, per cui non cambio nonostante il garve fatto accaduto.
    Vengono qui a farci la retorica sulla resistenzae la lotta dal di dentro. Insomma ci stanno dicendo che la morte del pluralismo in questo paese viene salvata da loro. Beh ci aspettiamo che scrivano sul giornale e facciano tarsmissioni su rete 4.
    Questo articolo dimostra che in questo paese dell’etica non gliene frega neinte a nessuno quando tocca gli interessi personali.
    io ribadisco la mia opinione di lettore.
    Mai e poi mai giudichero’ un’opera dal comportamento dell’autore. Quindi se mi piace un libro edito da mondadori lo compro.
    Da cittadino, di fronte a un crimine nei confronti della collettivita’ e delle altre case editrici, apprezzo moltissimo il gesto simbolico (ma in questo paese qualcuno dovra’ pur cominciare a compiere dei gest iesmplari) di don gallo, cordelli, pecoraro e mancuso (il che non ha niente a che vedere con il giudizio sulle loro opere che da ignorante lo confesso non conosco), non mi straccio le vesti nei confronti di ch iresta pur condividendo il mismaffto perpretato dalla casa editrice, anche se lo giudico eticamente poco corretto, ma disprezzo (politicamente si intende) chi resta e pretende di giustificare la su (non) scelta (di ponzio pilato) con la retorica di cui cortellessa ha dato sfoggio.
    E lancio un appello a tutti i lettori di osservare con piu’ attenzione le pubblicazion idelle piccole case editrici che a volte celano dei gioielli.

  6. @Andrea Cortellessa.
    Riprendo qui il commento che avevo messo in alzando i tacchi, perché è la riposta a questo tuo intervento.

    La questione dell’autocensura mi pare molto più seria di quella della censura.

    Non mi viene in mente nessuno scrittore che sia mai riuscito a farsi pubblicare un libro dove insultava il padrone della casa editrice. Anche Luciano Bianciardi cercò di far uscire La vita agra con Feltrinelli, ma il buon Giangiacomo si guardò bene dal pubblicare un capolavoro in cui si parlava male di lui. Pretendere da un editore che pubblichi una cosa dove c’è scritto che lui è un delinquente o uno stronzo è impossibile ovunque, e questa onestamente non la chiamerei censura.

    “La cosa Berlusconi” è un post di una tale volgarità di linguaggio e bassezza di concetto che se uno non sapesse che lo ha scritto un premio Nobel lo giudicherebbe uscito dal gomito alzato del salumiere di via Petroni. Quando ho letto Ernesto Franco dichiarare “non lo abbiamo pubblicato perché è brutto” ho pensato: ecco, adesso questo qui lo fanno a pezzi, in primis quelli che il libro di Saramago non lo leggeranno mai, né l’avrebbero letto. Perché anche tu affermi che un Nobel non si può rifiutare per motivi letterari? Il Nobel non è la patente per chiamare letteratura l’invettiva scomposta. Giustamente mi dirai che non tutti i libri che pubblica Einaudi sono belli, ma ammetterai anche che quelli che sono brutti di solito non lo sono perché contengono insulti a tizio e caio.
    Anche non volendo considerare che lì dentro ci sono i chiari estremi per una querela, il fatto che Einaudi rivendichi il diritto di scegliere un testo per il suo valore letterario anche se lo ha scritto José Saramago per me è una notizia buona, non brutta. A volte mi domando se il rifiuto di pubblicare quella pagina sarebbe mai stato discusso come evento illiberale e censorio se al posto del nome Berlusconi ci fosse stato quello di un altro, magari in una frase come “questa cosa pericolosamente simile a un essere umano, questa malattia, questo virus”? Saramago, solo in quanto Saramago, avrebbe potuto scrivere le stesse cose di Walter Veltroni o di Carlo De Benedetti e lamentarsi di censura per non essere stato pubblicato? Quello che non si pubblicherebbe detto di nessuno lo si deve pubblicare perché è detto di Berlusconi?

    Per me la libertà che si respira in una casa editrice di Berlusconi non può essere misurata su quanto si può parlare male di lui, ma su quanto si può criticare il modello di mondo che lui rappresenta e vuole vedere rappresentato. Sotto il fascismo Paola Masino non riuscì a pubblicare “Nascita e morte della massaia” non perché parlava male di Mussolini, che nemmeno vi compariva, ma perché il suo contenuto romanzesco confliggeva chiaramente con il modello femminile imposto dal regime. Questa io la chiamo censura. Se a non essere pubblicato fosse stato “Riportando tutto a casa” di Nicola Lagioia, mi sarei stracciata le vesti gridando alla censura, perché quel libro è infinitamente più critico verso il berlusconismo come sottocultura di quanto non lo fosse la pagina di invettiva di Saramago, e lo è in un modo molto più pericoloso, perché è letteratura, scopre il disegno, fa controluce alla trama, indica impietosamente non Berlusconi, ma i personaggi, cioè l’Italia. Se Antonio Ricci si è incazzato come un facocero per quel libro, qualcosa vorrà pur dire.
    Quel libro Einaudi si è guardata bene dal rifiutarlo.

  7. @alcor
    non e’ per niente il contrario di quel che dico
    anzi ti dirò di piu’
    tutti gli autori in sintonia con cortellessa che pretendono di salvare il pluralismo e l’autonomia in questo paese, immagino che, coerentemente con la loro logica, stanno in cuor loro sperando che il capo del governo occupi per un anno il parlamento a discutere sul processo breve ovvero sul nodo di inserire una norma che eviti alla mondadori di sborsare euro settecentocinquantamilioni come a condanna di primo grado. Cosi’ potranno continuare a fare la loro rivoluzione nel cuore del nemico.
    Quanto vale la coerenza etica ?
    che cosa deve fare il nostro volgarissimo per smuovere le coscienze? affidare Einaudi a dell’utri?

  8. @ Carmelo
    Ho posto all’inizio una premessa metodologica o deontologica. Ritengo gratuitamente insultante delegittimare una posizione, espressa in questo dibattito, sostenendo qualcosa come «questo qui dice queste cose perché è un venduto, vuole arrivare a pubblicare da Einaudi». Io, per la cronaca, un libro da Einaudi l’ho pubblicato dieci anni fa (e a un certo punto – sempre per la cronaca – ho anche smesso di lavorarci, avendo fatto una certa scelta). A questo tipo di argomentazioni, dunque, non rispondo. Se si vuole entrare nel merito, invece, bene.

  9. E dunque, invece, @ Francesca
    All’obiezione secondo la quale le censure vengono esercitate anche altrove ho già risposto nell’articolo (forse non l’ha visto, è una parte aggiunta rispetto ai commenti dell’altra discussione); ripeto dunque. La specificità delle censure dei berluscones consiste nel fatto che questo vizio di sistema, in sé censurabile ma anche per così dire strutturale (in un contesto capitalista), solo col conflitto d’interessi si è fatto – esso stesso – sistema. Che l’alternativa culturale rappresentata nel corpo vivo della scrittura da certe opere formalmente con esso incompatibili sia in sé potenzialmente molto più pericolosa per il combinato disposto ideologico-culturale che designamo come “berlusconismo”, è per me pacifico. Ma, come diceva qui Alcor, la censura nei confronti di queste alternative culturali è molto più capillare e microfisica del rifiuto di un romanzo o di una raccolta di poesie perché trattano di Berlusconi. Ed è una censura che purtroppo non esercita il solo Berlusconi (non in prima persona, ovviamente, ma tramite coloro che zelantemente introiettano i veti da lui imposti), ma quasi tutti i grandi editori. Cosicché – come dice Carmelo – spesso bisogna andare a cercarsela, la vera letteratura, nei cataloghi dei piccoli se non dei piccolissimi. Ovviamente ce lo deve spiegare Carmelo, questo, sennò non lo sapremmo.

  10. l’articolo di Cortellessa dimostra, secondo me, quanto la discussione sia diventata un groviglio senza capo né coda. Ormai è difficile persino mantenere un’argomentazione lineare.
    Soprattutto, mi chiedo perché si continuino a tirare fuori argomentazioni concettistiche dinanzi a un fatto acclarato da 16 anni: ovvero, dal 1994 il conflitto di interessi si è trasformato in un “monstrum” che copre l’intero panorama mediatico e culturale italiano. Cosa c’è di diverso oggi?
    In Mondadori nessuno è mai stato defenestrato in questi 16 anni, a quanto pare, per motivi politici. E allora? Di cosa stiamo parlando?
    Stiamo parlando di casi soggettivi. Di problemi di coscienza, come ha ben detto Mancuso.
    C’è chi si è sentito estraneo, come Ginzburg, e se n’è andato sbattendo la porta. E c’è chi, invece, ha tutti i diritti di restare in Mondadori e di continuare a sostenere le proprie battaglie civili.
    Secondo me è impossibile definire una regola assoluta per cui uno è duro e puro oppure è un venduto. Ripeto: si tratta di casi singoli.
    E allora, ripeto, di cosa stiamo parlando?
    I problemi del mercato editoriale sono altri, forse…
    e si chiamano: mercato oligopolistico, distribuzione accentrata, accordo sui prezzi, soffocamento delle piccole case editrici, fiscalità e tariffe proibitive, l’arrivo della tempesta digitale… ecco, queste sono le cose serie di cui ci si dovrebbe occupare. Basta pippe mentali, please.
    con simpatia

  11. @cortellessa
    io non sono entrato nel merito delle tue vicende personali che peraltro non conosco. Io sono entrato nel merito delle tue argomentazioni ovvero nei motivi che secondo te giustificano la permanenza nella mondadori.
    Il fatto che tu invece l’abbia considerato un insulto personale mi rattrista ma non mi sorprende.

    vedo che continui a usare bene la retorica facendo illazioni su quello che dico. Non ho mai detto ne pensato le parole virgolettate. Questa si chiama disonesta intellettuale.

    Ribadisco; trovo le tue argomentazioni offensive nei confronti delle case editrici concorrenti e degli autori che pubblicano, che sopravvivono rispettando le leggi vigenti (pessime e qui la responsabilita’ è anche di tutta la sinistra) e subiscono la concorrenza criminale di un’azienda che gia’ opera in condizion idi quasi monopolio.

    ammiro e apprezzo il gesto di chi avendo la possibilita’ di scelta in coerenza con le sue convinzioni si rivolge a un altro editore.

  12. Mondadori sì-no- però. Chilometri di post e di commenti. Scegliere dove pubblicare è rimesso alla libertà dei singoli, con tutto il ventaglio di motivazioni, ci mancherebbe altro. Sta al lettore poi valutare la coerenza e la qualità della scrittura, e della vita. Anche in silenzio, magari. Si possono sempre scegliere altri libri e altri autori.

  13. @laserta dice
    “Cosa c’è di diverso oggi?”

    e’ stato commesso un crimine grazie a unalegge promulgata dal apdrone della mondadori.

    capisco che in questo paese niente fa piu’ scandalo e che ormai siamo talmente assuefatti ai misfatti che tutto cio’ che succede viene dato per scontato e se qualcuno si permette di farlo notare viene subito tacitato e accusato di insultare.
    Benissimo, aspettiamo allora tranquilli il prossimo misfatto.

  14. @ Laserta e Carmelo
    Scusate se lo tiro in ballo, però il caso personale diventa parte del contesto in certi casi; non mi pare giusto ignorarlo. Non mi si può venire a spiegare che la vera questione è il fatto che i grandi gruppi schiacciano oligopolisticamente i piccoli editori e le piccole librerie indipendenti, o che la vera letteratura va cercata nelle piccole realtà. A questi problemi strutturali che, come dicevo a Francesca e ad Alcor, sono persino più importanti della questione che stiamo discutendo, ho dedicato un documentario, Senza scrittori, che è in corso di presentazione in tutta Italia ed è stato discusso su tutte le testate (su Lipperatura in luglio ha destato una discussione di mi pare 700 e passa commenti). Quanto alla ricerca indipendente, sono cinque anni che mi faccio il culo con la collana fuoriformato edita da Le Lettere di Firenze e appunto vessata e schiacciata dalla filiera distributiva, e dunque in corso di chiusura. Io un po’ da fare su queste cose, insomma, me lo do e me lo sono dato; mi piacerebbe che anche chi mi viene a fare la lezione lo sapesse, magari contestando nel merito le mie scelte, invece di darmi del venduto, del quisling o che so io. Grazie.

  15. Cortellessa, chiedo venia, mie ero perso la conclusione, che è questa:

    “Penso che su questo autori, critici, lettori – anziché sospettare strutturalmente l’uno dell’altro, l’un con l’altro gareggiare a chi è più puro – debbano incoraggiarsi a vicenda. Penso si debbano costruire ponti di solidarietà e concreta attenzione (ripeto un’altra volta questo termine). Attenzione a questioni che riguardano sì le coscienze individuali ma che manifestano, ormai, una natura anche politica. Che ci riguarda tutti, cioè.”

    Questo per quanto mi riguarda, per ciò che ho potuto vedere, accade già. Non sono un fan di Wu Ming, artisticamente parlando, lo sai bene, ma dopo i vari vaffanculo reciproci si è arrivati a costruire ponti di solidarietà e incoraggiamento reciproco. Se mi danno del fondamentalista adesso a leggermi qualche mese scappa da ridere. Ho dialogato, ho preso atto delle diverse posizioni e le rispetto, su facebook si è scomodato anche Lucarelli per venirmi garbatamente a rispondere dicendomi capisco quello che dici, la nostra strategia è diversa. (per nostra posso presumere che intendesse la sua, quella di Wu Ming, che si erano espressi e, ahimé, quella di Saviano, che temo non se ne vada da mondadori) Voglio dire, possiamo darci delle gran pacche sulle spalle, rispettandoci invece che sbranarci, e lo dico sinceramente, non credo affatto che i tre nomi citati sopra siano dentro per convenienza, per fama, per ritorno economico, con tutte le loro diverse sfumature credo che tutti e tre stiano attuando la strategia che reputano migliore fino a data da destinarsi o, per usare una frase chiara e netta di Wu Ming, resistere un minuto in più del padrone.
    Mi pare che anche tu, alla fine, sostieni questa tesi.
    Ed è qui che subentra la mia abbondante pancia, qui mi incazzo come una vipera perché cerco di stare calmo, mi proietto la situazione e vedo il ducetto scomparire fra 5, 10, 20 anni, ma cosa pensate che cambierà? Ha una famiglia numerosa e ha inoculato in questo paese già avvezzo al servilismo un virus che non si combatte, a parer mio, mantenendo le posizioni. Il prossimo libro di Saviano che venderà un milione di copie ne farà guadagnare sei, sette, otto volte alla marina berlusconi. Io ho capito che i piani sono mischiati, politici, etici, artistici, ma per la miseria da qualche parte bisogna cominciare a dire di “NO”. Ma non l’avete letto l’articolo di casarini? Quando vedi il soldo, e puoi permetterti di non lavorare, il soldo lo arraffi, e buonanotte ai principi no global. In questo paese capezzone gira con la sua faccia, da qualche altra parte avrebbero chiamato un esorcista. Mi sgolo a ripetere che io che non sono un cazzo, per dirla alla marchese del grillo, morirò non comprando libri mondandori e stampando clandestinamente copie di libri che amo, ma io non ho la potenza mediatica di Saviano o Lucarelli, morirò con la coscienza a posto e con la mondadori in mano a questi ladri. Questa cosa mi manda fuori dai gangheri, non so che farci. Passeranno venti anni, come ne sono già passati dieci dal famoso cavallo di troia, e saremo ancora così. Il padrone non muore mai, se non lo ammazzi. E soprattutto gli scrittori non hanno padroni, non sono cani. O meglio, non dovrebbero esserlo, è normalizzare questa cosa che è agghiacciante.
    E siamo alla solita domanda, che fare? Per favore, ditemi, facciamo il gioco del what if. Facciamo finta che Saviano esca da mondadori con grande clamore, annunci stampa, Saviano dalla copertina di panorama che annuncia a tutta pagina “ho sbagliato a pubblicare con berlusconi, faccio autocritica, ma sono stanco di fargli guadagnare dei soldi, ho capito il meccanismo, la casa editrice è stata presa tramite la corruzione, diffido chiunque dal pubblicare con loro.”, facciamo finta, – lo so che non è del tutto vero – so che sarebbe uno slogan, ma ditemi, non sarebbe mille volte più penetrante rispetto all’opinione pubblica del restare lì a fargli fatturare dei milioni? Questo gli rinfacciano quei cialtroni di fede e feltri. Sputa nel piatto in cui mangia, questo dicono quei codardi maledetti. Ve lo chiedo sinceramente, a te e a tutti i partecipanti alla discussione, l’eco prodotta da un simile gesto, non sarebbe un grido d’aiuto per la nostra democrazia ben più grande dello starsene lì da lui a pubblicare? Fiche il padrone ti tiene alla catena hai poco da abbaiare. Stai lì. E finisci per non essere più credibile perché questi giorno e notte ti tirano del fango addosso, dai giornali, dai telegiornali, ti chiamano in televisione, ti fanno farlare con bono vox fra gli scoiattoli che si permette anche di riabilitare bush, una roba da matti. C’era da dargli uno schiaffo a quella fighetta di bono vox, altro che pacche sulle spalle. Non traggo le conclusioni stavolta, chiedo solamente. Che effetto sortirebbe nel gioco del What if? E per favore non mi rispondete che usando i loro metodi si “diventa il nemico”. I filosofi facciamoli un’altra volta, si diventa il nemico arricchendolo, non prendiamoci per i fondelli.

  16. @Andrea Cortellessa

    Semplificando al massimo, penso che in un sistema che ha due forze in tensione tra loro, quale può essere una casa editrice che ha una proprietà in conflitto ontologico con la sua storia e geografia interna, inevitabilmente succederanno due cose:
    – da un lato la proprietà farà pressione, ma sapendo che la pressione potrà arrivare fino a un certo limite e non oltre. Quale sia questo limite dipenderà dal livello di resistenza organizzata che trova. “fino a che punto posso spingere?”
    – dall’altro lato le figure che insieme e nella loro funzione si riconoscono antagoniste alla pressione censoria sanno che possono esercitare una resistenza variabile a seconda di quanto valore danno al loro stare nel conflitto. “fino a che punto ha un senso reggere?”
    L’equilibrio tra queste due spinte ogni tanto si paga con l’autocensura (per chi scrive) e pure con la censura (per chi fattivamente sceglie cosa pubblicare), i cui singoli casi sono però frutto di condizioni in cui la seconda domanda ha trovato una risposta migliore di “sino a qui”.

    La cosa rilevante e significativa è che quando questo scontro si verifica in una proprietà di Berlusconi, è molto più probabile che la resistenza organizzata ci sia e tenda a mostrare a suo modo i muscoli. Un comunicato degli autori Einaudi tipo quello che ho letto sul bavaglio mi ha fatto pensare non tanto per la sua influenza sull’opinione pubblica, che sarà stata vicina a zero, quanto come “messaggio” alla proprietà. Quando un contrappeso così evidente come quel gesto si intravede su un giornale, viene da tirare un sospiro di sollievo.

    Cosa accade invece dentro altri luoghi di poteri e visioni in conflitto? Non è noto, o almeno non è noto a me. E’ comprensibile invece che i posti piccoli questi problemi non li abbiano del tutto.

  17. Specifico: Cortellessa non l’ho mai seguito come critico, colpa mia che non mi interesso di critica e non gli do affatto importanza, ma il semplice fatto di essersi sbattuto per far pubblicare i Cristi polverizzati di Luigi Di Ruscio me lo farà ringraziare a vita. Questo ci tengo molto a dirlo, anche perché Di Ruscio è uno dei miei autori preferiti in assoluto. Se aspettavamo l’einaudi o mandadori stavamo freschi. a proposito, Di Ruscio è uno che nel ’70 stracciava il contratto con einaudi già firmato perché invece di fargli curare da solo la sua antologia di poesie volevano affidarla “a un certo Valter Siti.” (cito) Quando si dice che non esistono più gli intellettuali con la schiena dritta, basta cercare, altro che le gentilezze per far togliere il “nano peronista.”

  18. @Cortellessa

    Spero che il mio intervento non sia stato letto come un attacco.
    Volevo soltanto rilevare che oggi mi sembra siano stati sviscerati tutti i punti della questione.
    Quando dico che si tratta di “casi singoli”, intendo proprio l’impossibilità di trovare una soluzione generale, valida per tutti, definitiva.
    Ognuno, credo, si comporta come ritiene più opportuno e al meglio delle possibilità. Non ho mai pensato che tu sia un venduto. Non l’ho scritto, anzi dovrei aver scritto il contrario (ecco, vedi, ormai non ci capiamo nemmeno più tanto si è incasinata la questione).
    I duri e puri, quelli che danno del venduto a te, sono solo dei talebani con la pelle di salame sugli occhi. Il moralismo, in questi casi, fa solo del male. Guai se avessimo dato il via a una crociata dei buoni contro i cattivi.
    Ricordo, comunque, la posizione alternativa che abbiamo sostenuto sul nostro blog e che è stata rilanciata su Repubblica: http://www.viarigattieri.blogspot.com/
    con aggiornamenti degli ultimi giorni.

    Vorrei rilevare però, e spero di averne il diritto, che la questione ha un po’ stancato: nel senso che le posizioni sono chiare, le argomentazioni sono state ripetute all’infinito. Ma la “soluzione finale”, per fortuna nostra, non c’è. ;-)

  19. Laserta, sono totalmente d’accordo con le tue proposte, tutte e tre. soprattutto con la due. ;)

  20. @cortellesa
    lo ripeto, per mia convinzione etica, non m ipermetto mai di giudicare le persone tantomeno nella rete. Io mi confronto con le opinioni che esprimono. La prima volta che ho letto di te è stato su alfabeta rivista, la seconda volta su alfabeta blog e la terza volta qui. Mi sono anche preso la briga di diufendere te e andrea inglese in una discussione su Nazione indiana di fronte ad attaccghhi prtestuosi e immotivati.
    Sono ben felice di sapere il lavoro che svolgi, l odico senza ironia.
    Io ammiro Lucarelli e Saviano, ma non condivido le loro opinioni ne’ condivido le tue riguardo a questa vicenda.
    Io posso capire che cambaire un editore non è facile e richiede tempo, posso anche capire le i motivi ben spiegati da Scalfari secondo che sottolineava come l’autore abbia un rapporto non con i lmanagement ma con il team editoriale, sottolineando che in mondadori e Einaudi soprattutto è di buona qualità (ma non dimentico la vicenda Saramago).
    Bene. Allora se uno resta io non m istraccio le vesti non lo giudico un criminale o un venduto o un corrotto o uno che che pensa solo a vendere.
    Io se un’opera mi paice la compro e punto non guardo chi la pubblica.
    ma io se permetti ho avuto la sventura di nascere in questo paese, e vedo morire e impaludarsi questo paese giorno dopo giorno, goccia dopo goccia di quel virus di cui parla Ansuini, questo veleno che prende il bassoventre di tutti gli uomini e di tutte le donne di questo paese, di ogni colore e convinzione politica, di ogni classe del centro e del sude del nord. E vedo che questo virus distillato a goccie non finisce mai e continua a insinuarsi e vedo che la cultura, l’istruzione e la ricerca in questo paese sono diventati un costo, anzi un ospreco da tagliare.
    Allora ti prego Cortellesa, continua afare le tue battaglie, ma di fronte a questo evento a questo ennesimo evento del cazzo, ti prego non dire niente, se quello che vuoi dire è una giustificazione per chi resta. perche’ al prossimo misfatto, alla prossima goccia di veleno che cosa potrai dire?
    Io ammiro l’opera di Saviano, io che ho le radice affondate nei nebrodi e so bene coisa è la mafia, ma a me piange il cuore che saviano resti, specialmente lui dopo gli insulti che ha ricevuto. E se Saviano si azzarda a scrivere un articolo per giustificare la sua scelta ti giuro che mi incazzerei con l’uomo saviano, anche se continuerei a leggere i suoi libri.

  21. Ansuini, sono stupefatta: lei non sa chi è Cortellessa, non ha letto Cordelli, non ha letto Lagioia, non sa chi il tal scrittore, non ha letto il tal’altro e non ha la minima idea di chi sia il Walter Siti che doveva curare l’antologia di Di Ruscio. Continui pure a ciclostilarsi i libri, ma se le sembra che le sfugga qualcosa nella discussione, si faccia venire il dubbio che magari dipenda da qualche libro di troppo che non ha letto, boiccot boiccot.

  22. @Andrea
    Non ho ancora letto tutto il tuo intervento, rispondo solo alla frase che mi riguarda e che ho beccato per caso.
    Riassumo brevemente e per punti:
    1. Quando ho pubblicato il mio primo libro con Mondadori, anzi quando Mondadori ha deciso di pubblicare il mio primo libro, sapevo benissimo che il proprietario di tutto il gruppo era Berlusconi.
    2. Ma Berlusconi non era Presidente del Consiglio, non aveva ancora manifestato tutta l’arroganza di oggi, né legiferato per scaricare dalle tasse le sue aziende, anche se restava la questione della controversa acquisizione del gruppo.
    3. Si potrà dire che sono distinzioni di lana caprina, ma non è così.
    4. Non ero in cerca di un’azienda equa e solidale, cioè «pura», ma di una casa editrice.
    5. Però arriva un momento in cui si varca un limes (diverso per ciascuno di noi), oltre il quale si percepisce che la misura è colma, che ci sono questioni che travalicano qualsiasi rapporto di stima, qualsiasi tradizione storica e culturale pregressa, qualsiasi convenienza personale.
    6. Queste questioni hanno natura politica, riguardano il nostro essere cives di una comunità democratica i cui principi per un motivo o per l’altro ci stanno a cuore.
    7. La coscienza non c’entra nulla, la coerenza con questi principi forse sì.
    8. Aggiungo che non sono un «puro», vivo le contraddizioni del mio tempo e non intendo giudicare in nessun modo chi non ha le mie stesse percezioni, chi non sente queste contraddizioni e si dedica alle distinzioni invece che alla sintesi.
    9. L’anomalia cesserà nel momento stesso in cui Berlusconi non potrà più dettare le sue convenienze, economiche e di altro genere, a tutto il Paese.
    10. Aggiungo infine che non vorrei più discutere con nessuno di una questione, che, non generando alcuna forma di azione politica comune, riguarda solo me.

  23. @Francesca
    al mondo ci sono miliardi di persone che ignorano i nomi citati (con tutto il rispetto per molti di loro)..e alcuni, le piaccia o no, sono premi Nobel passati e futuri; coraggio Francesca, nessuno sta pensando di “licenziarla”..-);

  24. Francesca stia serena che continuo. Non capisco da dove tragga le sue conclusioni su cosa avrei o non avrei letto ma onestamente mi interessa poco. Si commenta da sola.

  25. Viola, le assicuro che nessuno può licenziarmi da dove lavoro io.

    Ma a parte questo, la mia non era una critica alla santissima ignoranza di noi tutti, già fotografata mirabilmente da Massimo Troisi (voi siete in tanti a scrivere, io sono solo a leggere).
    Era la constatazione che a privarsi volontariamente delle letture solo perché vengono da certi tipi si fa la figura del marito che si è evirato per fare dispetto alla moglie.

  26. @pecoraro
    la tua riflessione di coerenza etica resta personale finchè in questo paese non ci sarà la convinzione comune, che è stato superato un limite come tu dici;
    io spero che quando arriverà quel momento non sia ormai troppo tardi.
    vorrei che ci fossero tanti pecoraro in questo paese. E con questo credo non ci sia più niente altro da dire.

  27. Francesca è stata con me nel corso dei 36 anni della mia vita per sapere che non ho letto La Gioia e Siti? il primo lo citavo nell’affermazione relativa al linguaggio riguardo il secondo riportavo un’affermazione di Di Ruscio (quando dico “cito”, non è il marito di cita, vuol dire che riporto, che non è un taglio di capelli per stempiati, ma un trascrivere affermazioni dette da qualcun altro) Tra l’altro nella fretta le è sfuggito che i libri che mi interessano li prendo in biblioteca o li rubo. Cos’altro aggiungere? un consiglio di lettura: Luigi Di Ruscio. Poi se le va facciamo la gara a chi ha letto più libri, da un’altra parte però.

  28. Mannaggiaccia, Ansuini, grazie del consiglio, ma io Di Ruscio l’ho letto da mò, e sa perché? Perché seguo Cortellessa. Egli è il mio personal shopper, quando non mi consulto con il commesso della Mondadori di via D’Azeglio.

    Se invece accetta un mio consiglio, eviti di leggere Siti: è uno scrittore offensivamente immorale, e lei ha detto più volte che i libri di autori offensivamente immorali non li ama. Corona invece può leggerlo, lui non è per niente immorale, anzi è un monaco stilita. Pazienza se scrive da cani.

  29. @Francesca

    scusi maestra, ma Ansuini (che non difendo, sia perché non ce n’è motivo, sia perché si sa difendere benissimo da solo, come ha già fatto, sostanzialmente ignorandola, signora maestra) non ha detto che non conosce Cortellessa. Io stesso posso testimoniare che ci discute in rete. Ha detto solo che non gli interessa la critica letteraria. Saranno C suoi?!

    Poi, maestra, rispetto a Siti, non ha detto che non lo conosce, ma che Di Ruscio avrebbe dichiarato “a un certo Valter Siti.” (cito). Così aveva scritto Ansuini.

    Che non conosce Cordelli nemmeno è possibile, signora maestra, dato che stava a discutere, anche poco fa, del suo articolo. Del resto se anche Ansuini non avesse letto i romanzi di Cordelli, non mi pare abbia commesso niente di grave. Per emendarsi dalla mancanza direi che gli basta giusto un fioretto.

    Mi sa che questo metodo che ci ha lei, signora maestra, di interpretare i retropensieri la porti qualche volta fuori strada. O forse è la stanchezza: dover abbadare a tutti questi monellacci che in Italia si piccano di letteratura dev’essere un gran sacrificio. Magari si riposi, ormai la giornata è finita, e ricominci domani con più lucidità.

    Adesso, signora maestra, sapendo bene di aver commesso peccato grave, vado a bacchettarmi da solo. Ma nel giorno di domani, non dubiti, mi farò trovare pronto per le sue, di bacchettate, le quali sono, lo ammetto, ben più rieducative.

  30. @francesca
    –difficile che io mi eviri-); anche se il paragone mi sembra adeguato al clima culturale dell’editoria interessata–ma mi rallegro davvero non abbia problemi lavorativi; per il resto continuo a sostenere che è un problema di “scelte”. Devo poter scegliere se pubblicare con Mondadori o http://WWW.Boh e poter scegliere chi e cosa leggere e non solo attraverso il filtro di pochi editor “illuminati” o meno che siano ; di qui il discorso che altri vanno fortunatamente facendo sull’articolazione culturale e non solo editoriale del nostro tristo Paese, besos

  31. Impediamo che Nazioneindiana diventi un sito monotematico, che il rovello unico distrugga le nostre menti, che si sia obbligati a sapere tutti i cazzi degli scrittori con il loro editore.

    Popolo della rete: BOICOTTIAMO IL DIBATTITO!

  32. Francesca facciamo la pace, sennò lo chiamo davvero un esorcista, giò che che viene per capezzone.
    “lei ha detto più volte che i libri di autori offensivamente immorali non li ama.”
    Adesso sono divenato un monaco benedettino. Oggi ho mutato forma e colore diverse volte, i camaleonti mi fanno un baffo. Sto anche provando a ruotare gli occhi indistintamente l’uno dall’altro e sono riuscito a tenere sotto controllo il gatto in una stanza mentre friggevo il pesce nell’altra. Suvvia siamo stanchi, le cose le abbiam dette, lasciamo che parlino anche gli altri. Sennò mi metto a boicottare pure il dibattito ;)
    (mollo, buon proseguimento)

  33. @ Francesco Pecoraro
    Ti invito a leggere il contesto della frase che ti riguarda, perché quella frase la motiva (spero) e dunque ti riguarda a sua volta. Però del tuo decalogo a mia volta ritaglio un lacerto minimo e cioè «10. Aggiungo infine che non vorrei più discutere con nessuno di una questione, che, non generando alcuna forma di azione politica comune, riguarda solo me». Ecco, perdonami ma non ci posso stare. Cioè, liberissimo tu di non discutere – se non vuoi – la questione tua personale. Ma liberissimo io a pensare che non si tratti – solo – di una tua questione personale. Sennò l’esito di questo modo di ragionare è la battuta demagogica, il «no, il dibattito no!» appena urlacchiato qui sopra. Il dibattito sì, invece, e proprio su questa questione – perché, come ho scritto, riguarda tanto le coscienze individuali, di ciascuno di noi, che il modo nostro, di tutti, di stare al mondo (a questo pezzo di mondo, sì, piccolo piccolo forse: ma reale). Cioè, volendo sintetizzare ancora di più: magari non riguarda (ancora) una «forma di azione politica politica», ma senz’altro riguarda una coscienza politica: che dell’azione, di una qualunque azione, dovrebbe essere precondizione. Non sufficiente ma necessaria.

  34. Viola, sull’articolazione culturale io concordo, ma se parliamo di quella finiamo a constatare che molte delle cose oggettivamente più interessanti della nuova narrativa italiana stanno uscendo da certe case editrici e non da altre. Se vogliamo prendere sul serio i tromboni della critica che si sono pronunciati tutta l’estate sul discutibile criterio degli under40, a fare i conti si vedrà che la maggior parte dei nomi che vale la pena leggere escono da berlusconia, e non mi riferisco a roba che scala le classifiche, se non in pochi casi. Anche a guardare gli over40 la statistica non cambia di molto. Ci sono poi alcuni fenomeni interessanti, che sfuggono continuamente alla critica di chi continua a ripetere che “Einaudi non è più quella di una volta”. Per esempio il fatto che sia la casa editrice che sta pubblicando con costanza i nomi degli scrittori stranieri che scrivono in lingua italiana. Scrittori che non vengono invitati a parlare delle loro tristi storie di migrazione, ma semplicemente a scrivere, con la particolare coloritura del loro linguaggio madre: Ibrahimi, Ziarati, Vorpsi, Lilin… ci piacciono, non ci piacciono, non importa: non vedo lo stesso progetto nei gruppi con analoga potenza di fuoco mediatico, e dunque sono costretta a pensare che a monte ci sia un deficit di scelte, non di potenzialità. Quindi in un certo senso è vero che Einaudi non è più quella di una volta, come ha scritto sul suo sito la Santangelo, ma perché è il mondo che non è più quello di una volta, e certi cambiamenti culturali gli editor di quella casa editrice li hanno colti prima. In questo senso non è inutile il rilievo di Moresco sul fatto che il campione di vendite della Feltrinelli sia Moccia mentre quello della Mondadori è Saviano. Quanto bene starebbe Moccia, la scrittura più berlusconiana di tutte per superficialità e prospettiva di mondo, in una Mondadori che riuscisse a liberarsi di Saviano? Il paradosso è che chi dalle altre case editrici invoca il bel gesto dell’uscita non solo non ha da proporre a questi scrittori un’alternativa editoriale altrettanto appetibile, ma nemmeno la prospettiva di entrare in un progetto culturale che li valorizzi, altrimenti detto scelte di catalogo. Fatta salva l’inarrivvabilità economica del discorso, solo Minimum Fax regge un simile paragone.

  35. Peccato, ma comprensibile visto il livello della lotta politica attuale, che quando si tratti di “fare un discorso” su Mondadori e gli altri suoi concorrenti dell’industria culturale, il virus dell’antiberlusconismo mandi ogni tentativo di analisi a p…ne. Perché non si tenta un’analisi degli interessi politico-economici che stanno dietro alle altre case editrici (le principali) del panorama italiano? Perché non si discutono gli interessi e le trame dei loro patron, che magari si scopre che, oltre a essere in contrasto con quelli delle editrici berlusconiane, sono fatti della stessa pasta e che non sono tanto migliori? Perché non ci si chiede a quali politiche geostrategiche gli “altri” obbediscono? E’ più facile buttare la politica in morale ed etica, quando non in opinioni, che fare una piccola operazione teorica di astrazione e vedere oggettivamente le cose come stanno.

  36. @cortellessa
    bene continuiamo a discutere
    mi permetto di farti due domande che sono due domande che mi facci o io spesso:

    1)Se è moralistico denunciare un crimine, se evitare il rischio di corrispondere al fisco 370 milioni tramite una legge promulgata ad hoc, tutto sommato non suscita indignazione, o per megli odire non induce gli autori a cambiare editore e induce molti autori a giustificare con svariati argomenti la (non) scelta di questi autori
    non credi che allora uno si possa sentire legittimato ad evitare di correre il rischio di pagare 750 milioni come da condanna di prim ogrado facendo un’altra legge?

    perchè in questo paese quando una persona fa una scelta etica, compie un gesto simbolico, fa insomma il don chisciotte, come nel caso di pecoraro, perche’ m ichiedo e ti chiedo, non solo non viene difeso, ma viene attaccato, viene fatto oggetto di scherno e di sarcasmo come ha fatto per un intero blog francesca

    Forse perche’ il gesto di quel don chisciotte mette in crisi la nostra coscienza?
    forse perchè non vogliamo che lui sia diverso da noi?

    forse perche’ ci rode il culo se uno ha il coraggio di fare delle sue scelte sulla sua pelle ?

    forse perchè vogliamo dirli: tu sei come noi non credere di fare l’eroe !

    Non credi che il metodo adottato dai sudditi del capo nei confronti del direttore di famiglia cristiana o di fini rispecchi questa logica?

    insomma perche’ non diciamo:
    sara’ pure un don chisciotte, ma ha fatto una scelta coraggiosa, sulla sua pelle

  37. @ Carmelo
    Chi lo dice che è «moralistico» denunciare la famigerata frode fiscale o la corruzione dei giudici che decisero del «Lodo Mondadori» mettendo la maggiore casa editrice italiana nelle mani di Berlusconi? Io non lo dico (anzi, mi pare che a parte Il Giornale e dintorni non lo dica proprio nessuno).
    Chi schernisce e attacca Francesco Pecoraro o altri scrittori per le scelte dettate dalla loro coscienza? Io non schernisco, io non attacco; né mi pare lo abbiano fatto altri, qui. Come ha provato a farle notare Alcor, nel pezzo che lei ha cominciato a commentare insultandomi, io dico esattamente il contrario. Cercavo – cerco – di dare un senso politico, cioè comune, a questioni di coscienza, cioè individuali. Che come individuo rispetto assai, in parte anzi condivido. Ma che secondo me meritano risposte diverse, appunto, sul piano politico. Se questo ragionamento viene preso per una «pippa mentale», come pure è stato detto qui, non so che farci.

  38. Andrea, prima della mia traformazione camaleontica, avevo fatto una domanda. Ci sono state anche altre opzioni avanzate da Laserta. Non ci piace rispondere a quelle domande? basta dire a me no, non la penso così riguardo una eventuale uscita in pompa magna di Saviano dalla mondadorie a Laserta no, le tue opzioni secondo me non portano a nulla. Oppure magari stai aspettando a rispondere, però mi sembra che si siano allegramente bypassate le proposte. Al volemose bene ci siamo, ci arriveremo, non è che cambia granché. Fino a quando con un’altra leggina si condoneranno anche gli altri 750 milioni in ballo e allora magari torneremo qui a farci forza l’un l’altro.

  39. alessandro ansuini, alle 17 e 56 hai espresso esattamente quello che sento.
    avremo mica delle *panze* simili? ;)

  40. Non te lo auguro stalker ;)
    (stalker che tra l’altro, nella mia cultura di libri rubati e film piratati, mi ricorda il mio regista preferito)

  41. @Ansuini delle 21:11 e @Laserta delle 18:09

    ho l’impressione che non siate informati di quello che Cortellessa sta facendo da molto tempo e in molte sedi

  42. @ Alessandro Ansuini
    È curioso quello che mi dici, cioè che non ascolterei le tue domande. Tu però fai una domanda, la domanda a cui tieni più di ogni altra, che non pare tenere affatto conto di quello che dico nel pezzo che stiamo commentando. Dunque siamo almeno in due a non ascoltare. È evidente da quello che ho scritto, l’ho anzi scritto esplicitamente, che «non la penso così riguardo una eventuale uscita in pompa magna di Saviano dalla mondadori». Siamo in disaccordo, su questo; ce ne faremo entrambi una ragione. E fra l’altro lo sai, perché non è la prima volta che discutiamo di questo punto specifico. Se però ti fa stare bene continuare a ripetere una domanda alla quale ti è stata già data una risposta, ripetendo che alla tua domanda non viene data una risposta, fai pure.

  43. Caro Cortellessa,
    il tuo articolo mi è parso lucido e preciso, però un po’ retorico e – nonostante la lunghezza – solo di premessa. In altre parole: o non ho capito bene io oppure tu non hai preso esattamente una posizione riguardo questo tema che mi farebbe piacere tu mi chiarissi (per me è importante).

    Detto questo, ribadisco ciò che mi è capitato già di affermare in altre occasioni e contesti: nessuno chiede agli autori di mollare la Mondadori hic et nunc – chi lo fa è un ingenuo o sottovaluta l’azione e le conseguenze. Semplicemente si sta chiedendo agli autori (ed agli editori, segretarie, postini e correttori di bozza) di prendersi la Mondadori e restituirla alla Nazione – se è vero che tale casa editrice rappresenta un tesoro culturale.

    Oltre all’atto, esiste il gesto. Non alzare i tacchi ma far capire che si è pronti a farlo se la propria libertà di scrivere continua ad essere minacciata. E non da soli, uno alla volta in silenzio. Insieme, più di un autore e pubblicamente.

    Una cosa che mi fa sentire odor di retorica in questo estenuante dibattito è che sorge ora con l’evasione fiscale e sorse allora con le pressioni sul fenomeno Saviano. Però – se non ricordo male – nessuno ha detto un cazzo quando Saramago venne censurato di netto. Nessun dibattito, nessuna petizione, nessuna lettera, nessuna minaccia. Solo cronicistiche constatazioni dei fatti piene (giustamente) di livore o rassegnazione. Ma posso essermi perso qualcosa e, nonostante questo, non pare abbia inficiato più di tanto il buon nome della bianca impura.

    Vorrei sapere perché gli autori censurati hanno lasciato fare oppure si sono rifiutati senza cercare appoggio nei “colleghi”, senza sbandierare l’accaduto ai quattro venti. Insomma, limitandosi a rimettere il libro nel cassetto o a mandarlo presso altri editori. Perché? sono io quello disinformato oppure non è accaduto nulla per davvero? Nel secondo caso male, molto male. Nel primo male uguale, perché vuol dire che non è stato ben comunicato il problema all’esterno, ai lettori, ai “fuori dalla cerchia”.

    Nella falsa democrazia in cui ci ostiniamo a vivere la censura si è vista costretta ad affilare le armi diventando mostruosamente subdola. L’autocensura, poi, è un fenomeno da non sottovalutare per nulla a mio avviso. A tal riguardo – e senza insinuare nulla ma solo come esempio – ripeto ciò che scrissi tempo fa a Nicola Lagioia, un altro guerriero dentro il cavallo di troia a cui non hanno costruito la porta. Dissi a Lagioia, quando scrisse che il compito dello scrittore è scrivere buoni libri e fare in modo che arrivino alla maggior parte della gete (giustissimo), che il suo ultimo Riportando tutto a casa (ottimo libro) non sarebbe mai stato pubblicato dalla Einaudi se fosse comparso non dico almeno una volta il nome, ma un accenno implicito, quasi allegorico al nostro presidente del consiglio. Eppure, nel libro di Lagioia c’è tutta la politica italiana dalla fine degli anni ’80 ad oggi. Ma tutto si gioca sul non detto. Ora, considerando che non mi ritengo più intelligente della media ma rendendomi conto che le condizioni disastrose in cui versa la scuola non sono le migliori per poter offrire a dei ragazzini le basi per un certo senso critico del testo e del meta testo, mi viene il dubbio che su 100 persone che hanno letto Lagioia, 50 si siano persi i riferimenti socio-politici concentrandosi sulle sfighe dell’eroina. Non so se sono riuscito a spiegare ciò che intendo.

    Di conseguenza, a me una casa editrice che mi pubblica libri “innocui” (per i temi trattati o per le modalità con cui si affrontano i temi che si trattano) né mi serve né mi sento di ritenerla un patrimonio culturale.
    Anche Roma fu un impero una volta, ma non oggi. E tuttavia ne subiamo le conseguenze a distanza di millenni.

    Luigi B.

  44. @cortellessa
    mi dai del lei e mi accusi di averti insultato
    mi dispiace se ho dato questa impressione e ti chiedo scusa per questo.
    1) le mie domande non erano rivolte alla tua persona (sei tu che ne fai una questione personale) ma in generale.
    Qui sono stato accusato in forma indiretta di essere moralista e talebano da chi ancora si chiede “che cosa c’e’ di nuovo” e confonde l’etica con il moralismo.
    Non è vero quindi che la denuncia del crimine è unanime quindi se ancora c’e’ chi si domanda cosa sia successo, e se giulio mozzi (spero per lui in buona fede) per una giornata intera ha detto che mondadori è innocente perche’ è stata assolta in due gradi (vero!) omettendo di spiegare perchè allora ritenendosi innocente sia stata cosi’ magnanima da regalare al fisco 9 milioni per evitare l’onore di essere assolta anche in terzo grado, grazie a una legge che da mesi aspettava di essere infilata in qualche provvedimento. Il sig. Giulio mozzi ha anche detto che la legge è buona perche’ fa guadagnare qualche soldo allo stato (in pratica ha elogiato i condon ifiscali). E’ strano che tu non abbia sentito il bisogno, tra le tante citazioni, di commentare questa posizione.

    Mi sono riletto il tuo intervento e il tuo intervento suscita in me rabbia (non la tua persona) perchè suppongo da quel poco che ho letto e che so di te, che tu lavori e ti batti per la costruzione di una alternativa in questo paese, non per niente sei gl ianimatori di alfabeta2.

    voglio discutere su due punti del tuo intervento quando giustifichi da un punto di vista politico la necessità che gl iautori rimangano.
    “”””
    1) perché i politicamente e artisticamente difformi verrebbero ridotta la propria circolazione
    2) perché, di contro, i politicamente e artisticamente conformi la vedrebbero accresciuta
    3) perché aumenterebbe ulteriormente il volume di fuoco della propaganda berlusconiana.””””

    in sostanza tu giustifichi la linea aziendalista di francesca, di chi cioè afferma che in questo paese è velleitario pensare di sottrarsi al monopolio esercitato dal gruppo mediaset. E che di fatto non c’e’ alternativa se non di resistere all’interno del gruppo mantenendo salde le proprie idee e la propria autonomia.
    e tutto questo lo dice dopo che si è verificato un fatto gravissimo, dopo cioè che a voler essere magnanimi un gruppo che già occupa una posizione dominante ha violato le leggi di mercato (non le leggi rivoluzionarie) di un mercato gia straccione e sgangherato, ai danni della collettività e delle aziende concorrenti.
    Io mi limito ad osservare Tabucchi ed Eco per esempio pubblicano da altri editori e non si sentono depressi per questo.

    Tu sai benissimo che la storia non finisce qui e conosci bene i meccanismi di censura e autocensura che pure hai descritto nell’articolo. Ripeto la domanda.
    Non credi che il gruppo visto anche il tuo intervento si possa sentire legittimato a spingere per risolvere in egual modo la faccenda dei 750 milioni?

    secondo punto del tuo intervento:
    “”””Ora a me sinceramente spiace che la coscienza individuale di un autore venga tormentata ….. ma i miei interessi di “pubblico” sono altri, e ho specificato quali.”””
    tu assolvi pecoraro sul piano individuale, ma lo condanni sul piano politico. Non solo cioè fornisci un alibi politico a chi resta ma delegittimi politicamente chi decide di andarsene.
    Perchè ?

  45. @ Carmelo
    Non mi pare di sovrainterpretare le tue parole quando dici che mi insulti. Hai scritto: «questo articolo è un’offesa nei confronti di tutti quegli autori di qualità che scrivono e pubblicano con altre case editrici». Ti è stato fatto notare che io stesso sono un autore, non so quanto di qualità, che scrive e pubblica per altre case editrici; non solo, che io stesso svolgo da anni un’attività editoriale indipendente, con una piccola casa editrice, per autori che – evidentemente – non sono pubblicati né da Mondadori né da Einaudi.
    Hai poi scritto che «questo articolo è la dimostrazione […] che in questo paese la maggioranza degli scrittori, gli scribacchini, gli scrittori “impegnati” “antagonisti” e anche quelli che sono convinti di fare la rivoluzione, aspirano a scrivere per la casa editrice più potente». Ti è stato fatto notare che il presente scribacchino, più o meno “antagonista”, da dieci anni è autore e/o collaboratore della «casa editrice più potente», dunque non «aspira» a un cazzo, sostenendo le tesi che sostiene.
    Hai scritto poi che coloro che sono d’accordo con me «stanno in cuor loro sperando che il capo del governo occupi per un anno il parlamento a discutere sul processo breve»; dunque per te siamo tutti berlusconiani, suoi leccaculo prezzolati, alla stregua dei suoi avvocati parlamentari.
    Vedi un po’ tu che cosa devo pensare.

  46. Dimenticavo poi di dire che quando un autore subisce una censura, non è l’autore ad essere censurato ma la letteratura.
    (da qui tutte le debite conseguenze etc. etc.)

    Luigi B.

  47. @LuigiB

    solo per capire, cosa intendi con questo?

    «Semplicemente si sta chiedendo agli autori (ed agli editori, segretarie, postini e correttori di bozza) di prendersi la Mondadori e restituirla alla Nazione – se è vero che tale casa editrice rappresenta un tesoro culturale.»

    Mentre mi pare di aver capito, correggimi se sbaglio, che Lagioia non avrebbe dovuto scrivere il suo libro, ottimo, come tu stesso dici, ma quello che intendi tu, un libro spiegato e che spiega, in cui tutto è detto e dunque non è innocuo. Un libro direttamente educativo, utile ai ragazzini.
    Sempre restando uno scrittore, immagino.
    E’ questo che vuoi dire?

  48. @ Luigi B.
    Hai ragione, il mio articolo – che era poi un lungo commento comparso in un’altra discussione, e che mi sono limitato a rassettare un po’, cioè a renderlo un po’ più retorico – è «solo di premessa». Se avessi in tasca la ricetta per risolvere il conflitto di interessi o per «prenderci la Mondadori e restituirla alla Nazione» sarei un genio e non il piccolo scribacchino, il retore che sono. Però non è vero, mi pare, che «non ho preso esattamente una posizione». È una posizione dialettica, che cerca di vedere entrambi i lati (o due dei molti lati) della questione. Certo, in rete ho esperienza del fatto che se non urli a squarciagola uno slogan sei un “cerchiobottista”. Comunque quello ho detto è: sul piano della coscienza individuale capisco e in parte condivido le ragioni di chi lascia la Mondadori; sul piano politico penso però che sia un errore (e le ragioni per cui lo penso le ho scritte).
    Il discorso sulla tempistica che tanto mi pare ti prema è importante, certo; anche Cordelli faceva notare (e anzi dichiarava di invidiare, il che per chi lo conosca un po’ non dev’essere stata un’ammissione da poco) la scelta precoce di Veronesi nel ’94. Però lui stesso ha spiegato che sino al 2003 credeva che le case editrici di proprietà di Berlusconi non potessero mai censurare i loro autori; dopo quella data – di fronte a una prova sul campo, per così dire – si è dovuto ricredere. Pecoraro sostiene che dal suo punto di vista anche il 2007 è differente dall’oggi. Accapigliarsi ora su chi abbia visto più lungo, su chi sia arrivato primo al traguardo ecc. mi pare davvero sterile. Per questo concludevo esortando a non fare gare di purezza ma a concordare – per quanto possibile – su dei punti minimi. E su questo anche tu mi pare che non abbia le idee tanto chiare, quando dici che «nessuno chiede agli autori di mollare la Mondadori hic et nunc». Invece è vero il contrario: c’è una quantità di persone che sono mesi se non anni che chiedono esattamente a Saviano (quasi sempre solo a sto cristo, peraltro) di fare il bel gesto. E non sono necessariamente persone «ingenue»; ne conosco anzi una che ingenua non è affatto e che batte su questo tasto ormai da un bel po’, con argomenti talmente poco ingenui che mi hanno fatto riflettere almeno quanto quelli – su un altro piano – di Vito Mancuso. Ciononostante, io resto della mia idea.

  49. @Alcor

    no, credo che Luigi volesse dire l’opposto. Ovvero che, essendo il testo “giocato sul non detto” per non cadere nella censura, esso è comprensibile a chi capace già in partenza di rintracciarne legami e connessioni, quindi ad almeno (volendo essere ottimisti) il 50% di chi lo avrebbe letto. La restante parte si sarebbe limitata a godere della storia di superficie, la semplice trama.

  50. @cortellessa
    ammetto di essere stato aggressivo e irruento e anche poco educato e rispettoso delle regole della buona comunicazione.
    La tua completa estraneità personale ai fatti di cui si parla, ti fa onore, e merita tutto il mio apprezzamento personale (che non vale molto sono solo un lettore che magari è incuriosito a conoscere le tue opere) ma se permetti mi fa ancora piu’ rabbia, perche’ legittima, secondo la mia opinione, il comportamento di quelle persone che tu non sei e spinge alla rassegnazione tutte quelle persone che tu sei e in qualche modo rappresenti.

  51. Alcor,
    con “«Semplicemente si sta chiedendo agli autori (ed agli editori, segretarie, postini e correttori di bozza) di prendersi la Mondadori e restituirla alla Nazione – se è vero che tale casa editrice rappresenta un tesoro culturale.» intendo dire che gli autori dovrebbero far capire alla mondadori che la prossima volta che vi è una censura se ne vanno in massa, per esempio. O, per esempio, che su Repubblica non facciano solo i nomi degli editori aperti e disponibili, ma anche quelli degli editori che censurano e non pubblicano. Oppure che si appoggino gli uni agli altri e facciano muro. E tanto altro, per esempio. E se ciò non dovesse funzionare, sinceramente la Mondadori la lascerei nelle braccia di Totti & C. che a me importa leggere i libri e continuare a farlo e di certo la Mondaori non è l’unica che può pubblicarli. Immagina cosa potrebbe succedere se 10, 15 o 20 autori del calibro di Saviano (ti parlo da un punto di vista mediatico e non letterario) andassero in un’altra casa editrice. Dici che i giornali non ne parlerebbero? dici che le cose non cambierebbero? dici che la gente non si accorgerebbe ancor più evidentemente dello stato delle cose? dici che non venderebbero ugualmente 1 milione di copie (resta sempre da vedere quante di queste sono state effettivamente vendute, che le case editrici fanno i conti con calcolatrici speciali).

    E poi, no, Lagioia non avrebbe dovuto spiegare nulla né avrebbe dovuto dire nulla di diverso nel suo libro. Semplicemente avrebbe dovuto incazzarsi di più alla censura di Saramago che, evidentemente, ha deciso di scrivere un libro per ragazzini, spiegando tutto. Ma tutto tutto. Ma proprio tutto. Perché a mio avviso la censura di Saramago è anche un po’ la sua e di tutti gli autori in Einaudi. E invece lui ha scritto un articolo sul Fatto cercando in tutti i modi di dire che gli autori in Einaudi non sono come Ricci a canale 5. Ma per quanto mi riguarda non c’è riuscito.

    L

  52. Un libro pubblicabile dalla Mondadori, in alcun modo, qualunque cosa lo sottenda, puo’ essere contro questo regime mediatico, in Italia marcatamente berlusconiano. Il problema per me quindi non si pone.

    Bisognerebbe decifrare il lettore tipico della Mondadori, e perche’ tutti gli scrittori italiani, dalle grandi o piccole tirature, si affannino a inseguirlo.

    Comunque in giro non vedo grandi firme, capaci di opporsi a tutto questo. Non sono forse questi tempi minori? Boh!

  53. Dimenticavo… La Mondadori da piccino mi piaceva poco poco. L’ho letta pochissimo. Da qui tutta la mia inadeguatezza. Culturale.

  54. Soluzione definitiva che placa ogni coscienza ed azzera ogni dubbio: pubblicare pdf in rete, gratuitamente. Stampa a spese del lettore.
    E la bella incertezza di non conoscere il proprio numero di lettori.

    Saluto
    Mario Ardenti

  55. @ Carmelo
    Va bene, capita anche a me talvolta di eccedere, chiusa lì. Solo non mi pare di aver «spinto alla rassegnazione» chicchessia. Anzi, ho esortato a tenere alto il livello di attenzione. Che cosa vuol dire, in concreto? Beh, per esempio che di fronte a un caso di censura, sia pur minimo, da chiunque esercitata, non si facciano spallucce. Non si faccia finta di niente. Quando esorto alla solidarietà e al costruire ponti di attenzione intendo dire: facciamo tutti più attenzione al comportamento dei media, tutti i media, non solo le gloriose case editrici di Berlusconi. Esistono per esempio degli osservatori statistici che misurano i minutaggi televisivi dati alle varie forze politiche. Ma quelle statistiche vengono rese note in genere sotto elezioni, poi subito dimenticate. Beh, cominciamo a segnarcele invece; facciamo delle comparazioni fra il TG1 del 2010 e quello, che so, del 2007.
    Per venire poi al nostro campo. Esistono, sono esistite, delle denunce: a Busi sono state cancellate due parole, a Cordelli è stato rifiutato un romanzo, a Raboni morto una raccolta di poesie (ed è stato anche postumamente dileggiato da un certo noto scrittore, che a lui vivo molto doveva, dalle colonne del Giornale). Però, e su questo ha ragione Luigi B., a queste denunce non è stato dato peso, ha prevalso invece il piccolo e meschino cabotaggio delle invidiole di quartierino, Cordelli è un rompipùballe e dunque ben gli sta; Raboni non mi si è mai cagato quando era vivo e dunque ben gli sta; Busi chi, la checca isterica dell’Isola dei Famosi? Se qualcun altro ha ripreso quelle denunce, sui media ai quali ha avuto accesso, è stato lasciato solo. Nessuno si è curato delle eventuali ritorsioni che ne potrebbe aver avuto in cambio. I dileggi del noto scrittore milanese sul Giornale, a Raboni morto, non gli hanno fatto terra bruciata attorno (anzi, lo si è invitato e lo si continua a invitare nelle manifestazioni letterarie “antagoniste”).
    Ecco: è questa mancanza di un senso comune, di uno stato d’allerta generalizzato, che rende debole chi incappa in una censura, o a maggior ragione lo rende potenziale vittima di un’autocensura. Diceva giustamente Francesca, molti commenti fa, che l’uscita degli “autori Einaudi” in occasione della legge-bavaglio non era rivolta ai lettori di Repubblica, che già la pensano ovviamente come loro, era invece in realtà rivolta alla casa editrice, era una forma di avvertimento. Diciamo un benigno messaggio trasversale. Ecco, a me piacerebbe che su queste questioni i messaggi divenissero meno trasversali, mi piacerebbe che si aprisse un dibattito pubblico. In fondo, per quanto in piccolo, è quello che stiamo facendo qui, in questo momento.

  56. :-))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

    In fondo il vostro posticino nel mondo ce l’avete, ed e’ SOTTO i Berlusconi. Rita Pavone invece era cresciuta sotto gli Agnelli.

  57. Io detesto Berlusconi, motivo per cui chiedo ufficialmente che Antonio Moresco continui a pubblicare per Mondadori, meglio se i Canti del Caos ad libitum, naturalmente ogni volta in volume unico assieme alle puntate precedenti, perché l’unico modo serio per boicottare un’azienda è fargli perdere soldi, vedrete che dopo poche puntate a Segrate chiedono la bancarotta e a Roma cade il governo.

  58. @ LuigiB

    quindi la chiamata era agli scrittori, non al personale in genere della casa editrice, ok, mi aveva confuso l’accenno alle segretarie e ai postini. Così formulato mi sembrava un poco praticabile invito a riprendersi la Bastiglia.

    Quanto a Lagioia, sembrava in effetti che gli rimproverassi di scrivere il libro che ha scritto. Mi fa piacere che non sia così. L’avrei vista come una forma diversa ma non meno pesante di censura.
    Mi dispiace però che nel tuo commento tu rimproveri al solo Lagioia un silenzio che non mi pare sia stato stato soltanto suo, anche perché lo leghi a un articolo sul Fatto – anche qui se non ho capito male – molto recente.
    Non è che Lagioia può portare sulle sue sole spalle il peso di una situazione che è generale. Ce ne saranno anche altri ai quali si potrebbe chiedere perché non hanno detto nulla, sempre che avessero in quel momento le sedi in cui farlo e sempre che siamo sicuri che non lo abbiano fatto.

    Il guaio delle critiche alle singole persone è proprio questo.
    Invece di cercare capri espiatori ( lo dico in generale, non in particolare a te) il dibattito pubblico, checché ne pensi @Rosito L. , dovrebbe coinvolgere tutti ed essere fatto in chiaro.

    @AMA

    torna e salvaci.

  59. @cortellessa
    mi fa piacere e lo ritengo di grande importanza, che tu denunci questi gravissimi fatti di censura che io confesso non conoscevo ( e ammetto e me ne scuso, di non aver letto nella prima lettura del tuo intervento) ed è grave che l’opinione pubblica non ne venga informata ed è gravissimo che gli autori che pubblicano con questo editore non prendano posizione comune ed esplicita contro questi fatti. Allora forse non mi sbaglio quando temo che in questo paese stiamo smarrendo il senso del bene comune, siamo un po tutti più cinici e la nostra soglia percettiva non riesce piu’ a cogliere il limite oltre il quale siamo tutti fottuti.
    I tuoi auspici mi sembrano lettera morta purtroppo.
    Io credo che dobbiamo riflettere sul fatto che arriva un momento in cui “la misura è colma”, come dice pecoraro, in cui non contano più le valutazioni politiche, le tattiche e le strategie altrimenti rischiamo di fare la fine delle rane, la metafora che utilizza Bateson per evidenziare il rischio che si corre quando si abbassa la nostra soglia di attenzione, nel cogliere le differenze, i mutamenti.
    “””””””
    Esiste una leggenda quasi scientifica secondo la quale, se si riesce a tenere buona e ferma una rana in una pentola di acqua fredda e si aumenta lentissimamente e senza sbalzi la temperatura dell’acqua, in modo che nessun istante possa essere contrassegnato come quello in cui la rana dovrebbe saltar fuori, la rana non salterà mai fuori e finirà lessata
    “””
    e non sono nemmeno cosi’ ingenuo da pensare che da una parte è tutto nero e dall’altra tutto bianco.

    io mi aspetto da chi, come lucarelli e saviano, hanno deciso di restare, un impegno piu’ chiaro e visibile contro la censura e l’illegalità.

  60. @ Alcor

    Guarda che gli altri non se la passano tanto meglio, pero’ almeno non hanno i media occupati anche fisicamente – quale ORRORE – da Berlusconi, il solo che abbia messo in ombra perfino il Papa.

    Comunque lasciati salvare da Saviano, che ha tutti i numeri per poterlo fare, o no? A ognuno il suo.

  61. Cortellessa: intanto buongiorno. Perdona, non aveso inteso che non dicendo chiaramente che ritieni l’uscita di Saviano dalla Mondandori un gesto che potrebbe dare il la a un circlo virtuoso e mediatico intendessi che non sei d’accordo. Ovviamente è pacifico. Quindi anche le proposte di Laserta di cercare di creare una piattaforma diversa dall’oligopolio esistente a appananggio delle Editoria Industriale non ti convince. Deduco, non l’hai detto, ma seguendo la logica della risposta che mi hai dato dovrebbe essere così. Questo mi sembra più strano. Proprio un paio di mesi fa, dalla Lipperini, ti ho visto guerreggiare in favore delle piccole case editrici, so della collana fuoriformato e del documentario senza scrittori, quindi mi sembra che le proposte di Laserta vertano proprio verso le tue posizioni. Mi piacerebbe mi spiegassi meglio. Magari è in quel sibillino messaggio di Alcor che annunciava “Voi non sapete cosa sta facendo Cortellessa”. Io sono tutto orecchi e ben disposto. Vuoi rapire Marina Berlusconi? (scherzo)
    Certo che se dobbiamo star qui a trovarci su punti minimi, come hai detto tu, ho già detto che questo traguardo dal mio punto di vista è stato raggiunto mesi fa. Quindi con tranquillità mi allontano dalla discussione perché non è che mi piace girarci intorno, il mio obiettivo, da cittadino, è che la mondadori sia tolta a chi abusivamente l’ha presa e se possibile che le vengano fatte pagare tutte le tasse che deve pagare. Ed è anche il motivo del mio incazzo, che poi rifletto sugli scrittori impegnati che ci sono all’interno. Il discorso di Laserta mi potrebbe interessare, e lo condivido, sotto un altro punto di vista, che è quello dell’idea di editoria che ognuno di noi può avere, di come potrebbe essere più equamente distribuita, se non ci fosse questa pressione del “mercato” furiosa che ha fatto diventare i libri oggetti che devono fare fatturato. E diverso dal motivo del dibattere qui, che invece è civico e politico. Questo confondere i piani fa si che a volte, forse, si attribuiscano ad altre posizioni mai espresse in merito. Per esempio le mie, che non ho interesse a dire qui, in materia di editoria.

  62. sì@AMA è sempre un piacere vederti arrivare qui dalla tua capitale POP a dirci quanto siamo sfigati e come ce lo meritiamo, ma non tutti se ne possono andare, non tutti se ne vogliono andare e qualcuno invece di andarsene cerca di fare qualcosa qui, stammi bene, goditi la vita e salutami lady gaga

  63. @carmelo
    solo una precisazione.
    non avendo libri da pubblicare, non ho compiuto nessun “gesto”.
    mi sono limitato a dire come mi comporterei io in questo momento, con le case editrici del gruppo mondadori.
    aggiungo che non si tratta di una scelta “etica”, né c’entra la “coscienza”.
    è solo aderenza POLITICA al principio di non contraddizione, in questo caso con me stesso.
    don chisciotte mi è sempre stato francamente sul cazzo.

    (qui non ci si rende conto che il “libero” dibattito, più si estende e si “approfondisce” e più annacqua le questioni, le de-potenzia: le galline possono strepitare quanto vogliono, finché sono chiuse nel pollaio: forse recuperare un po’ di secchezza, di essenzialità, non farebbe male a nessuno: forse ri-considerare la possibilità di compiere un gesto, invece di emettere parole, potrebbe ridare efficacia alle stesse parole…)

  64. non era sibillino il mio messaggio@Ansuini, era sintetico, visto che non solo fuori la rete, ma in rete Cortellessa ha detto spesso come la pensa e cosa fa, ci sono state altre discussioni, alle quali come dici sopra tu stesso hai partecipato o assistito, perciò…

  65. quale gesto, @tash?

    ognuno negli anni, almeno chi ha potuto, ha fatto i suoi – o più facilmente non li ha fatti e li ha rimuginati in silenzio – ma se sono stati fatti e nessuno se n’è accorto è stato perché erano gesti isolati e silenziosi, non politici, ma individualmente etici, estetici, volti alla soddisfazione di personali pulsioni, sia pure nobili, se non diventeranno gesti politici saranno gesti inutili

    spero che adesso le sublimi signore del tè delle 5 non torneranno a dire che i gesti inutili sono belli, allargano il cuore e migliorano la vita, ai miei occhi possono essere belli i gesti fallimentari, che hanno tentato di essere utili e non ci sono riusciti, i nati inutili, lo ribadisco, no, la politica non è mai stata pensar bene e fermarsi lì, è pensar bene e fare, atti, e non semplici gesti

  66. @ alcor
    Effettivamente non si è capito bene che il mio era solo un esempio. Io non mi rivolgo esclusivamente a Lagioia, ma – sinceramente – tutti i non intervenuti hanno ciò che si meritano e sono la maggioranza (e se vige il sistema democratico nella nostra società, questa maggioranza è preoccupante), mentre quelli intervenuti se lo hanno fatto è stato solo per giustificare e giustificarsi quella specie di contrappasso dantesco e un po’ grottesco (ma d’altronde la vita lo è) in cui si trovano. Da un lato Lagioia per ciò che ho già scritto, dall’altro Mancuso perché fa solo i nomi dei pubblicatori (quelli dei recensori – che ci interessano – ce li risparmia?) e così via per tutti.
    Allora è qui che io vedo la retorica, è qui che io vedo tutto il dibattito come un pour parler. Perché se davvero vuoi denunciare i problemi, tenendoti la casa editrice e facendolo sapere al mondo tu sei lì a dire: mi piace l’Einaudi, è un patrimonio culturale, sono contro il conflitto di interessi e blablabla tu non mi censuri perché se lo fai ti sputtano su:
    Repubblica
    Espresso
    Fatto
    Internet
    Qualche televisione in seconda serata

    E invece no, come dice Moresco “è così che funziona in italia”.

  67. cioè, Tash, dire qui che oggi tu personalmente non pubblicheresti per Mondadori, non avendo un libro da dargli, non è un gesto, come dici tu stesso, e non è un atto, allora cos’è?
    una precisazione a una domanda che ti è stata fatta? paghi pegno per aver pubblicato per Mondadori?
    su questo equivoco, di una cosa che non è nulla ma è stata detta, c’è stato un tuo scambio con Cortellessa al quale tu rispondi, qua sopra, così:

    «10. Aggiungo infine che non vorrei più discutere con nessuno di una questione, che, non generando alcuna forma di azione politica comune, riguarda solo me.»

    e un tuo scambio con @carmelo che ha manifestato ammirazione.

    Adesso consideri la possibilità di compiere «un gesto».
    Scusa, ma mi sembra che anche tu abbia le idee piuttosto confuse. O se non confuse, pre-a-im-politiche

  68. Alcor, le iniziative di Cortellessa mi sembrano interessanti, ma un documentario fa quello che può e mi pare di aver letto che la collana purtroppo sta chiudendo. Onore al merito, per carità, ma purtroppo queste come dici tu sono rimaste iniziative isolate. E dunque?
    La mia proposta di gesto simbolico di saviano, proprio in qualità del suo essere icona, dal mio punto di vista da un lato lo libererebbe dall’altro potrebbe essere incredibilmente utile per la causa che, mi piace ricordarlo, almeno per me sottintende la riconquista di mondadori da parte della legalità. Non ho ben capito perché mi si risponde che tutto rimarrebbe uguale, neanche la soddisfazione del gioco del waht if mi avete dato, ma ne predo atto, per carità, Saviano in ogni caso non è che starà a sentire noi. ma le proposte di Laserta mi pare facciano un passo avanti rispetto alle lodevoli iniziative di Cortellessa e di altri, mi pare che inciti, facendo manterere la soggetivà a ogni scrittore, di fare “identici” almeno i gesti, ossia andare – ipoteticamente – a rafforzare le piccole case editrici. Questo è un gesto, che indica una precisa posizione sia rispetto alla politica sia rispetto alle proprie posizioni in ambito editoriale, che in questo caso credo siano la salvaguardia della fauna di scrittori-che-fatturano-poco a rischio di estinzione, e cercare di aiutare i piccoli che sempre di più saranno soffocati dai grandi editori. Secondo me l’idea di Laserta (ce ne sono anche altre di proposte, più o meno rischiose) non è da buttare. Proviamo a pensare ai Blockbuster. I Blockbuster all’inizio uccisero i piccoli videonoleggi, la loro offerta era molto ampia e più aggiornata e più economica. Col tempo, con l’invasione della pirateria (occhio che sta per arrivare anche nell’editoria digitale, sarà la prossima battaglia) questi mostri che si sbrigavano a lanciare i film nuovissimi e non tenevano un catalogo alternativo ora stanno chiudendo, l’avrete letto, e chi resiste? I piccoli videonoleggi che tengono film d’essai o film d’autore. ma guarda un pò. Il mercato in termini di fatturato avrà anche sempre ragione, ma i fruitori non sono tutti degli scemi. Questa ellisse ci dovrebe portare a ragionare sul futuro della piccola editoria, su dove deve rafforzarsi per sopravvivere all’ondata che sta arrivando. Tipo la collana di Cortellessa non vorrei che chiudesse. E Laserta cosa suggerisce? Che qualche grande autore, simbolicamente, si sposti in queste collane. E’ così folle?

  69. Sul lasciare la casa editrice o sull’essere costretti a lasciarla, segnalo solo a titolo informativo che i libri di Saramago pubblicati da Bollati e poi da Feltrinelli hanno venduto molto di più di quanto avrebbero potuto da Einaudi. Il problema però non dovrebbe ridursi ad un dentro e a un fuori, ma all’impossibilità di scegliere liberamente e non c’è solo Berlusconi, c’è il mercato e tante altre cose come si sa. Sfruttiamo l’occasione per discutere su come si possa compiere una scelta in libertà dal punto di vista editoriale. Poi secondo me gli autori devono andare dove meglio, singolarmente stanno e preferiscono senza teorie generali. Comunque sia un editore tende a fare scelte di convenienza poi la convenienza si sposta su un piano etico, culturale, economico, ideologico a seconda dei tempi e dell’editore. Voglio dire pubblicare in una casa editrice che non pubblica libri contro la proprietà o non mi pare un anomalia dell’editore, ma se quella proprietà è Primo ministro l’anomali è del Paese. Si crede che in fondo gli altri non ne vengano coinvolti? Ritorno a Bompiani che pubblica i diari di Mussolini/Dell’Utri è forse una scelta più libera di quella che sarebbe stata se a pubblicarli fosse stata Mondadori? Credo che sia necessario resistere, non è un semplice problema di equilibri, non c’è uno sbilanciamento, ma una intrusione sottopelle nel sistema.

  70. @Ansuini

    Cortellessa non si è limitato alle due iniziative che dici, io ho cominciato a seguire quel che fa – e forse era già tardi – dal famoso numero del Verri, che evidentemente, se è uscito, aveva già alle spalle una riflessione di lunga data, ricorderai l’attaccatissima, qui, iniziativa della giuria di qualità, e poi non sta a me tenergli l’agenda e non mi risulta che Cortellessa abbia un ufficio stampa, ma se ti rendi conto che una persona mette in campo delle iniziative interessanti, come dici, segui il suo lavoro, giusto? invece di dire che sono iniziative isolate e perciò che peccato. Cortellessa mi pare l’ultima persona alla quale si possa rimproverare di non aver fatto niente.

    Quanto al resto che dici, temo che non basti, per sostenere le piccole case editrici che una ventina di autori usciti da Mondadori si spalmi su di loro. Penso che debbano invece fare rete tra loro, ma anche per fare rete qualche risorsa economica dovrebbero averla, e mi pare che non le abbiano.
    Su questo Cortellessa potrebbe dirti molto più e meglio di me che sono purtroppo solo una osservatrice esterna.
    Stando le cose, anche materiali, così come stanno, a me sembra che stare dentro, per chi è dentro le grandi, e fare molta attenzione, e prendere posizione lì dove si è, prendere cioè la parola, sia più produttivo.

  71. Prego.

    E ricordati che ha fatto e’ fara’ piu’ Lady Gaga che la sinistra italiana per i diritti e il riconoscimento delle minoranze oppresse. In fondo Lady Gaga e’ un fake geniale che risponde al mercato. La sinistra italiana a delle logiche a volte oscure di convenienze contingenti e particulari.

  72. Alcor evidenziami dov’è che avrei rimproverato a Cortellessa di non fare niente. Ho dato merito alle sue iniziative e mi sembra che dalle proposte di Laserta lo stesso Cortellessa possa trarre indicazioni, che magari ha già preso, non so. Lo stesso Cortellessa mi sembrava cercasse una concertazione di forze aventi per finalità le stesse cause. Il lavoro di Cortellessa lo seguo per quello che posso, e per quello che posso lo sostengo anche, una volta scoperto. In tempi non sospetti gli ho detto che se ha bisogno di trovare contatti a Bologna per proiettare il suo documentario sono a disposizione. Ho comprato (me lo sono fatto regalare, confesso) un libro della sua collana. Non si può dire che siamo in cattivi rapporti da quando ci siamo virtualmente conusciuti. Quindi non capisco davvero la prima parte della tua risposta. Sulla seconda parte della risposta invece sei chiara, pensi che non servirebbe a niente, che sia meglio tenere le posizioni. Inutile osservare che questa strategia va avanti da dieci anni. Ripetersi sta diventando noioso.

  73. Ma cosa vuoi che succeda se Mancuso se ne va? Lo hanno preso a sberleffi prima figuriamoci adesso. Diranno che il teologo ha avuto la crisi di coscienza e finità lì. E quando dico “diranno” intendo tutti, quelli che restano, quelli che aono dubbiosi e quelli che se ne sono già andati.
    Io gli rendo onore, come ho fatto dall’inizio, meglio tardi che mai.

  74. @alcor
    avere le idee confuse è una qualità personale che rivendico con forza, a fronte di chi le ha chiare, come te.
    nel merito mi sono limitato a prendere posizione, dicendo cosa farei io, se avessi un libro pronto per mondadori.
    dunque non si tratta di un gesto, ma se vuoi di un’opinione, forse di un’esortazione.
    quanto alla questione politica/etica, considero il tempo presente un tempo western, vale a dire un tempo in cui, caduta ogni etica pubblica e condivisa, terminata ogni possibilità di aggregazione politica “vera”, annullata o quasi l’azione giudiziaria contro i potenti e i loro scherani, al singolo non resta che aggrapparsi ai fondamentali del sé e da quelli ripartire.
    si tratta, in sostanza, di ascoltare il proprio disagio e regolarsi di conseguenza.
    questo è il mio ultimo intervento su questa questione.
    (grazie dell’attenzione)

  75. @ ansuini
    Se per grandi autori intendi solo i Saviano, cioe’ nomi da milioni di copie, allora il discorso si fa duro. Se pero’ metti in campo quelli che sono comunque bravi, allora uno spostamento verso le piccole case editrici e’ gia’ in atto, o almeno si tiene conto anche di loro. Lo dico per esperienza. Ad aprile ho messo su una piccola casa editrice, nemmeno vengo distribuito nelle librerie, eppure entro la fine dell’anno avro’ in catalogo parecchi autori della sfera Einaudi/Mondadori: Giulio Mozzi, Nicoletta Vallorani, Carmen Covito, Enzo Fileno Carabba, Cynthia Collu. Non solo, anche autori che generalmente pubblicano per altri grandi gruppi, come Marino Magliani o Gianluca Morozzi. E Luigi Bernardi, Ivano Bariani, Franz Krauspenhaar. E poi sai che faccio? Vado allo Strega con il nuovo romanzo di Luigi Di Ruscio. Sara’ perche’ ho fatto il punk per trent’anni ma a me la provocazione piace ancora parecchio. Voglio vedere con che facce lo buttano fuori. Insomma penso che cio’ che frena i piccoli editori sia soprattutto l’inerzia, la rassegnazione, credere che comunque non ci sia niente da fare. A volte invece basta farsi sentire, mettere in campo delle idee, dei progetti editoriali che stuzzichino la curiosita’ degli autori. Allora molti rispondono, senza anticipi, senza condizioni, senza preclusioni di sorta.

  76. e a me fa piacere, @tash, che dalle tue idee confuse escano le cose che scrivi

    ma qui mi fermo, perché politicamente, che in questo campo è l’unica cosa che mi interessa, averle chiare e cercare di chiarirsele per poter agire efficacemente – magari sbagliando, non dico che HO ragione, dico che sono convinta di aver ragione, sono due cose diverse- è l’unica strada per ottenere IL RISULTATO, che è, fatte le somme, l’unica cosa che ci unisce tutti, perché TUTTI, qui, vorremmo mandare a casa Berlusconi, e possibilmente, anche se è più difficile, la sua invadenza, e la cultura che incarna e che purtroppo non ha inventato lui

    @Ansuini, mi dispiace se è sembrato un rilievo fatto a te, era in effetti generale (parlo della prima parte)

    Va avanti da dieci anni, sì, le resistenze sono sempre lunghe.

  77. essere in minoranza e far la parte dei cattivi è faticoso e porta via tempo anche quando si è allenati, perciò mi allontano per qualche ora:–)

  78. Grande iniziativa Carlo. La proposta comunque è di Laserta, la trovi qui:
    http://www.viarigattieri.blogspot.com/

    In realtà ne fa varie, di proposte, certo sarebbe bello se scrittori dai grandi numeri facessero il passo, mediaticamente sarebbe più rivelante, ma secondo me è ottimo anche semplicemente con gli scrittori che mi hai elencato, alcuni li conosco, sono contento.

  79. Chapeau a Mancuso.
    Mi piacerebbe però chiedergli se ha preso questa scelta individualmente e senza parlarne con nessuno, se si è confrontato con i suoi “colleghi”, se ne ha parlato con i suoi editors, se non ha cercato l’appogggio di altri e se nel caso in cui abbia fatto una di queste cose o tutte come è andata. Questo forse può chiarire maggiormente la faccenda.

    Luigi

  80. Vengo qui da un “rimando”, ossia come si dice: da un blog che pubblicizzava questo dibbattito. Se devo esprimere la mia opinione, il 2.0 richiede questo, dico che ciò è ridicolo, nel senso che non c’è motivo di discuterne. Si può tranquillamente pubblicare gratuitamente e senza alcun editore in rete. Per il resto credo sia meglio il silenzio e le troppe chiacchiere alimentano solo ipocrisia, tanto cara alla sinistra passata ed odierna. Rimando in proposito ai bei scritti di Montale “giornalistici” -auto da fe- oggi fuori catalogo erano pubblicati, vedi un pò da Mondadori. Nessun autore serio pubblicherebbe con una casa editrice quando si può fare liberamente e gratuitamente in rete. Alcun diritto all’autore è semplice, basta riuscire ad essere un tantino “progressisti”. Ed aggiungo progressisti e moderati perchè non c’è nulla di rivoluzionario nel concepire la grautuità, oltre al buon gusto credo. Altre forme sono solo pretesti per non arrivare alla radice della questione.

  81. cortellesi ha ragione infatti se tutti se ne andrebbero non ci sarebbero più libri scomodi come i suoi e quelli di saviani e la collettività soffre e io facendo parte di essa, cioè della collettività, non voglio soffrire. grazie e scusate

  82. @ Luigi B.
    Al di là di quello che abbia davvero fatto Mancuso prima della decisione annunciata oggi (è ovvio che si sarà consultato con molte persone), a me pare che la forza e la novità della sua posizione, che mette in difficoltà anche chi come me pensa sia giusta la scelta opposta alla sua, consistano nel presentarsi solo e al limite ingenuo, cioè deliberatamente fuori dalla dimensione politica del problema che – pure, non essendo affatto uno stupido e, mi pare, tutt’altro che ingenuo – ovviamente non gli sfugge. È molto chiara e consapevole questa scelta, nel momento in cui riporta il richiamo di Scalfari a considerare politicamente la questione, appunto, rispondendogli però che il suo modo di intendere la politica è diverso. Io definisco questo atteggiamento “coscienziale”, perché appunto – al di là delle effettive consultazioni – si presenta, e pretende di essere giudicato, come qualcosa che pertenga esclusivamente alla coscienza individuale. E, aggiungo ribadendo quello che ho scritto: è un atteggiamento che rispetto, trovo utile e opportuno che venga esplicitato e anzi reso “pubblico” (è importante questo accento che pone Mancuso nell’intervento di oggi), ma non mi basta e, per quel che vale, non è il mio.

  83. Aggiungo due cosette.
    Uno: quando Mancuso dice che secondo il suo giudizio (la sua coscienza individuale) è “giusto” che l’autore «verific[hi] la correttezza etica (e non solo giuridica) del proprio editore» e «[si chieda] quali investimenti sostiene con il profitto da lui generato», dice qualcosa di manifestamente assurdo. Un simile controllo etico lo può forse (e com’è ovvio molto grossolanamente e sulla base di una doxa tutt’altro che limpidamente formatasi) fare l’autore Mondadori, appunto, perché la situazione giuridica e l’habitus etico del suo proprietario sono sotto gli occhi di tutti, ma l’autore Donzelli, chessò, o Passigli, come cavolo potrebbe in concreto esercitare tale controllo? Le associazioni di consumatori fanno una gran fatica a ricostruire le filiere proprietarie delle multinazionali i cui comportamenti (per es. nel mercato del lavoro nel Terzo mondo) sono giudicati dis-etici, e lui pensa che sia possibile (e “giusto”!) fare i conti in tasca all’editore di Massa Carrara o a quello di Massa Lubrense? Ripeto: si tratta tutt’altro che di uno stupido. L’intento comunicativo di una dichiarazione come questa è appunto – una volta di più – quello di spostare i termini della questione da politici a privati, coscienziali. Dal momento che è manifestamente possibile esercitare un tale controllo, e farlo collettivamente, dunque il singolo non può che decidere a lume di coscienza, ed esclusivamente al lume di quella.
    Ora, aggiungo la cosetta numero due, la forza di Mancuso – e nell’intervento di oggi si vede più chiaramente – sta però in un corollario. Non gli basta rivendicare, e performativamente esibire, la forza coscienziale del singolo individuo, l’importante è che tale forza si moltiplica, come su un volano, solo nel momento in cui viene esibita “pubblicamente”. Se Mancuso avesse preso la sua decisione in silenzio, consultandosi coi suoi cari e alla fine scrivendo una sofferta lettera agli amici redattori di Segrate, nessuno se lo sarebbe cagato. Invece questa settimana dell’Innominato è stata performata in pubblico, sotto la luce del riflettore di Repubblica. Attenzione; non sto dicendo che “si sia fatto pubblicità”. O meglio, s’è evidentemente fatto pubblicità, ma non per un tornaconto personale (credo) bensì perché politicamente (secondo la sua visione della politica) per lui occorre «discutere pubblicamente delle pubblicazioni». Ecco: questo insegnamento io mi sento di raccoglierlo, va appunto nella direzione di quello che scrivevo (e di quello che vado facendo e dicendo da tre anni almeno). Però è importante anche capire che questa estensione nella dimensione pubblica della sfera privata (Stefano Rodotà per farsene una ragione ha tirato in ballo la nozione lacaniana di extimité) risponde a una strategia comunicativa che è quella dominante del nostro tempo. Quella tanto di Berlusconi che di Saviano, per intenderci. Il che NON significa che per me questi tre personaggi pari siano, ovviamente. Come ho scritto su alfabeta2 riconoscere dei tratti in comune fra personalità fra loro antagoniste non le appaia, non le schiaccia una sull’altra (come pensa invece, per es., Alessandro Dal Lago); semplicemente denota che si muovono e operano nello stesso tempo e con gli stessi strumenti. Perseguendo, evidentemente, fini opposti.

  84. Lavorare per Mondadori si può, io sono d’accordo, peccato che siano necessarie decine di cartelle per spiegarlo a se stessi e agli altri (e io non le leggo tutte, scusate). L’idea di boicottare l’Editore potrebbe invece scaturire dal semplice desiderio di un gesto, in un tempo nel quale siamo impediti ad agire.

  85. indubbiamente se uno lascia la mondadori e l’enaudi in mano agli scrittori amici di berlusconi la società sicuramente è svantaggiata perché quei libri culturali diversi non arriverebbero mai alla luce creando dei problemi proprio a berlusconi il quale sicuramente però è molto coraggioso a pubblicarli non capendo che proprio quei libri cambieranno la società togliendogli il potere. poi per quanto riguarda scalfari vorrei dire che ieri ha dato una risposta a barricco che ci vogliono due tubbetti di pomata per leggerla, quindi state attenti se non ce l’avete.

  86. @ maurizio
    Vede, io non sono così avverso ai “gesti” in quanto tali come Alcor, per es.; ci può essere una grande forza di pensiero, oltre che estetica, in un gesto. Ma quando vedo uno come lei che contrappone le «decine di cartelle» di ragionamento (cartelle inutili, e non dica di non averlo detto; se non le legge le considera inutili) al «semplice desiderio di un gesto», allora mi viene da pensarla proprio come Alcor. Faccia gesti, gestacci, gesticoli quanto e come le pare e soprattutto eviti di pensare, mi raccomando. Ché in questo modo otterremo dei risultati straordinari.

  87. @ michele: non riesco proprio a capire i sostenitori ad ogni costo della rete e soprattutto della gratuità della rete. Ma perché, Michele, tu lavori gratis?

    @ Cortellessa: i quesiti che mi ponevo riguardo alla scelta di Mancuso volevano rifarsi a quell’esigenza di costruire dei “ponti” tra i vari “intellettuali” come tu stesso evidenziavi nel tuo articolo.
    Il discorso poi di vedere come si comporta l’azienda per la quale si lavora non è assurdo, ma difficile. Voglio dire: gli scenziati ed i periti che hanno contribuito alla costruzione della bomba atomica sapendo le intenzioni di chi l’avrebbe usata senza per questo prendere posizione o ribellarsi, a mio avviso non sono meno colpevoli dell’aviatore che l’ha lanciata e di colui che ha dato l’ordine. Allo stesso modo, i fanatici del nazismo e del fascismo e delle leggi razziali non sono meno colpevoli di Hitler o dei soldati nei campi di concentramento.
    Questi due esempi – che per quanto estremi sono a mio avviso calzanti – rendono l’idea di quanto sia sottile la soglia tra etica universale e responsabilità del singolo. E sinceramente non mi pare affatto assurda.

    Luigi

  88. comunque anche qui si pone al centro sempre B. e mai nulla di alternativo (o con lui o contro di lui, questa è la libertà di pensiero e azione che abbiamo)? e poi sembra come dire che uno come risi non avrebbe dovuto girare film prodotti dall’istituto luce perché fondata da mussolini.

  89. Anche Allen Ginsberg, ad esempio, pubblicava per Mondadori.
    Ma erano altri tempi e, a dirigere le case editrici, c’era un’altra generazione. Sicuramente migliore.
    Una generazione che ha vissuto l’orrore della guerra e che ha sofferto. Quindi, migliore eticamente. E, soprattutto, più buona d’animo.

  90. La mia generazione, invece, quella del ’68 per intenderci, non ha prodotto nessun intellettuale del rango di un Cesare Pavese, per fare un altro esempio.
    Vi prego di leggere non le opere, per le quale è diventato famoso, ma le lettere. La corrispondenza che abitualmente indirizzava ai suoi interlocutori. Pagine di uno spessore morale difficlmente eguagliabile.
    Oggidì, siam messi proprio male.
    Cos’è più la virtù?
    Cos’è più la dedizione?
    Cos’è più l’etica?
    Non esiste giustificazone alcuna per chi, per vanità e facile guadagno, si rende complice di un reato.

  91. condivido le riflessioni di pecoraro sulla definizione “western” dei tempi in cui viviamo.
    Ed è proprio per questo che ritengo di altissimo valore simbolico gesti anche solitari, di rottura, fatti sulla propria pelle, che siano dettati da un bisogno di coerenza etica o poilitca non importa, ma che siano esibiti pubblicamente, come dice cortellessa.
    Nei film western classici, l’eroe fa proprio questo. Arriva un momento in cui si rende conto che la misura è colma, prenda la pistola e compie il suo gesto, senza aspettare la cavalleria ne’ la solidarieta’ ne’ la benedizione del prete.

  92. Gentile Cortellessa, ho grande ammirazione per il suo lavoro e leggo sempre con appassionato interesse tutto quello che lei produce. Mi sono fermato a pensare alla questione, ho apprezzato le sue motivazioni e ho capito che esistono fin troppi motivi validi per non abbandonare la Mondadori, (anche se, per inciso, i due titoli che ho pubblicato con loro mi sono stati sufficienti a verificare con quale rispetto l’ufficio contratti e la contabilità della Mondadori trattano alcuni dei loro autori).
    Avrò sempre piacere di seguirla in qualunque argomento, ma questo non mi pare sia suscettibile di significativi approfondimenti.

  93. Aurobindo aveva dichiarato: “L’analisi genera paralisi”. Si provi a leggere questo con un po’ di generosità, di profondità, perché Aurobindo non era un cretino.

  94. Interessante il commento di Carmelo delle 13:19

    non di tempo western infatti si tratta, come dice bene, ma di tempo western cinematografico, di film western, della dimensione spettacolare

    se i nostri tempi fossero davvero tempi western dell’eroe solitario non sapremmo nulla, non avrebbe avuto strategie comunicative

    il passaggio dal singolo atto simbolico all’atto collettivo è il passaggio dallo spettacolo alla politica attiva

    nella politica attiva tuttavia, io credo, non esistono gesti inutili, perché i gesti simbolici, con il loro potenziale di forza anche estetica, vengono indirizzati al raggiungimento di uno scopo e bisogna sapere qual è, averlo ben chiaro in mente

    in questo campo ricordo con un certo disagio il patetico tentativo della sinistra, anni fa, di dotarsi di curatori di immagine che a ben poco sono serviti, essendo lo scopo alquanto vago e nebuloso, e la sinistra si è ridotta a inseguire Berlusconi su un terreno in cui era novellina, e ancora gli sta correndo dietro con la lingua fuori

  95. attenzione, spoiler:

    La situazione si fa sempre più bizzarra. Un teologo lascia con la foglia di fico davanti tutti i combattenti asserragliati nel fortino. Non c’è uscita, non c’è soluzione, dicevano i dispacci che ogni tanto i nostri prodi mandavano all’esterno. Mandateci i rifornimenti. Noi intanto vi teniamo aggiornati. The 5th column strikes again. Invece il teologo se n’è andato e ha pure lasciato socchiusa la porta. Uno dice che si vedono anche le impronte, basta seguirle. Ma niente. Da adesso in avanti, dicono i dispacci, si cercherà il pelo nell’uomo. Perché l’ha fatto? Aveva tornaconti? Giroconti? Scherza? Ha già un contratto con qualcun altro? Buoneuscite? L’hanno drogato? Salterà fuori che va trans? Si è consultato? e come l’ha trovata la porta? E’ uscito da una botola? Qualcuno deve averlo aiutato. Che sia stato Dio? Intanto un refolo di vento passava attraverso lo spiffero della porta aperta. Il refolo piano piano comincia a cancellare le impronte. Pubblicità.

    (pensa se Saviano se ne va che risate)

  96. @alcor
    si è vero i gesti solitari, oggi, hanno una dimensione spettacolare, ma restano gesti simbolici, fatti sulla propria pelle. le velate minaccie di Francesca riguardo all’isolamento mediatico cui viene sottoposto chi “si ribella” non sono fantasie. ti chiudono ogni possibilità non solo nei media, ma tutti gl ispazi pubblici gestiti dagli enti politici, tutte le aziende in qualche modo legate al gruppo. Ne sa qualcosa Ivano Fossati, o lelio Luttazzi.
    Non occorre un ordine esplicito del monarca. I sudditi si sa, godono nell’anticipare i suoi desideri.

    Il re è nudo, persino Fini l’ha capito.

  97. @ carmelo

    “le velate minacce di Francesca“? ma cosa dici, davvero credi che sia un messo berlusconiano mandato qui a intimidire gli interlocutori? allora anch’io.

    invece, a proposito di “isolamento”, dipende da chi compie il “gesto solitario”, se sulla televisione hai disgraziatissimamente ragione, in campo editoriale ci sono altri gruppi pronti ad accogliere i ribelli, se gli interessano

  98. il rpblema non è andarsene da mondadori ma come prendersela.

    sulla ondadori dovrebbero pendere, una sentenza per corruzione del giudice, sospena che la condanna a pagare i danni con la propria intera liquidità a disposizione, la questione fiscale per cui si cerca di fare una legge ad aziendam. il che equivale a dire che se ci fosse giustizia in questo paese potrebbe finire sull’orlo del fallimento. quindi più che abbandonare sdegnosamente l’editore pensieri a fare una cordata per trasformarla in una bella public compagni e magari qualche autore si comprerebbe pure qualche azione. Sarebbe una bella occasione anche per rilanciare il dibattito sul conflitto di interessi che nessuno più accenna piuttosto che buttarla su questioni di morale e coscienza o meramente letterarie al limite dell’onanismo intellettuale

  99. @alcor
    o dio mio non mi fraintendere
    non volevo dire è un messo e che le minacce erano intenzionale
    volevo dire che il significato implicito del suo discorso era:
    non puoi andare da nessuna part, perche’ c’e’ la tv, endemol, i giornali il cinema (e ha fatto un robusto elenco).
    il per l’appunto è vero

  100. @ Fabio Masetti
    Quello mio o altrui sarà pure «onanismo intellettuale». Le fantasie invece riguardo la public company in cui si dovrebbe trasformare Mondadori – dopo che evidentemente il suo proprietario l’avrà ceduta a costo zero – mi paiono onanismo e basta.

  101. è vero – come appare – che la presenza di Saviano in Mondadori è gradita e ambita (com’è ovvio che sia) dall’ottimo e inappuntabile personale tecnico mondadoriano, mentre è sgradita e fa venire il mal di pancia a persone come Emilio Fede? Non mi pare ci siano dubbi che, sic stantibus rebus, il dovere politico (che come si vede può non coincidere con quello coscienziale) di Saviano sia tutt’altro che quello di «alzare i tacchi» bensì, perfettamente al contrario, quello di restare lì finché non lo caccino. E, nella remota ipotesi che lo caccino, denunciare tale cacciata in tutte le sedi mediatiche che uno come Saviano può raggiungere (motivo in più, questa eventualità, del perché non lo cacceranno mai; se la presenza di Saviano immobilizza la volontà politica della proprietà ponendola di fronte a un doppio legame, allora ben venga la presenza di Saviano: e ciò sia detto, ancora una volta per inciso, a chi più o meno in buona fede pensa che tale presenza mediatica sia politicamente ininfluente o dannosa)

    la distinzione tra chi assume una posizione come la suddetta (di Andrea) e chi chiede a Saviano di andarsene forse risiede pure in due diverse idee di strategia politica.

    un’idea (cfr. citaz. sopra) dice: azione costante di disturbo, azione pubblica continua, assunzione della contraddizione contro e dentro il contesto in cui viene espressa. e, nel caso estremo (= cacciata dalla casa editrice), esplosione di una specie di bomba mediatica e conseguente costruzione di un mega-“caso”. ecc.

    l’altra dice: azione immediata di disturbo, innesco immediato della contraddizione. niente lunghe attese. lasciare subito la casa editrice, far partire la bomba. Saviano lasci Mondadori. ecc.

    a prescindere dalla mia opinione, che attualmente è di ammirazione per i “gesti” significativi e insieme di presa d’atto della sensatezza di quanto dice Andrea sul mantenimento (conflittuale e fastidioso per la proprietà) della contraddizione all’interno del discorso pubblico e dunque all’interno dei media generalisti e dunque dentro Mondadori, direi che due sono gli scenari da tenere presenti: lunga e breve distanza.

    c’è chi vede il regno del principe ancora foriero di sue (ahinoi) numerose primavere, e chi dice che cadrà a breve, e che dunque bisogna precipitare e far scoppiare le contraddizioni in gran numero e con massimo chiasso ora.

    vero è che il contesto che tiene insieme il govername, gli intrecci di interessi sul territorio e il sistema mediale generale e il suo funzionamento, sono perfettamente in grado di assorbire e la prima e la seconda strategia. e durare non nei tempi lunghi, ma nei lunghissimi, prescindendo magari perfino dall’identità del principe in trono.

    è forse su quest’ultimo elemento che maggiormente potremmo riflettere. (un riflettere che è pre-vedere, collaborare).

    ma, considerato quanto detto, aggiungo: se il male (assoluto o meno, ce lo spiegheranno le statistiche degli storici) si fa sistema generale esteso, e forse diventa perfino sistema-paese, andrà pure congegnato un certo numero di antivirus. ossia reagenti, resistenti, trasmissibili (così come il virus si trasmette).

    quali? dove? come? le domande sono da porre nel/al contesto sia della lunga che della breve distanza. in entrambi i casi, la mia idea è che – se di resistenza si deve parlare – è meglio una struttura energica e durevole che una energica e *puntuale* (pungente) circoscritta nel tempo.

    sempre che pensiamo sia eterno-immodificabile il contesto spettacolare. (in cui un gesto, anche energico, tutti se lo dimenticano qualche pagina di giornale dopo). (ma sarà allora proprio quel contesto il nemico).

    (e saranno allora da pensare *anche* – non *solo* – strutture culturali [e stati mentali, attenzioni, un modo di essere e fare prima che di organizzare l’esistente] che lo intacchino. strutture-virus. che, per altro, esistono già, in forma microcomunitaria, nemmeno tanto micro). (specie fuori dall’Italia, ok).

  102. @ Alessandro Ansuini
    Quello che non accetti neppure di discutere, nel ragionamento altrui, è che se e quando se ne andrà Saviano per te saranno risate, non lo nego; per altri però – oltre che per Saviano – sarà una sconfitta. Né la prima né l’ultima, peraltro. Buon divertimento.

  103. che litti, che fazio!

    “Il DVD raccoglie il meglio degli interventi di Luciana Littizzetto a “Che tempo che fa”. Pur essendo sostanzialmente dei monologhi, l’interdizione di Fazio li ha trasformati in un battibecco lei contro lui. Il gioco delle parti fa sì che questo divertente pezzo di televisione italiana sia diventato per molti un appuntamento fisso della domenica sera. Il libro contiene, oltre ad una introduzione di Fabio Fazio, i famosi pezzi di satira di Luciana Littizzetto nei confronti di “Eminens”, un cardinal Ruini divenuto suo malgrado tormentone comico.”

  104. ma oltre a piantar alberi nel mentre l’incendio divampa
    semplificando
    nessuno ha preso in considerazione lo sciopero dei dipendenti mondadori o altre forme di protesta e resistenza civile?
    ci sono valide ragioni per sensibilizzare questi lavoratori e convincerli se già non lo sono alla giusta causa? :)

    baci
    la fu

  105. «nessuno ha preso in considerazione lo sciopero dei dipendenti mondadori o altre forme di protesta e resistenza civile?»

    perché non tu? @funambola, vai e torna vincitrice, io resterò in trepida attesa

  106. è che nell’attesa di sorseggiarmi il tè delle cinque mi è venuta questa sublime pensata
    ma se tu alcor ritieni che sia troppo sublime anche il solo pensarla la pensata in oggetto…
    che dire, mi hai superata e un tè non lo si nega a nessuno

    :)
    la fu

  107. @marco giovenale

    il tuo intervento mi sembra un’ottima sintesi di questa discussione e personalmente mi fa riflettere anche sulle motivazioni che possono indurre uno come saviano a restare, anche sotto il profilo dell’efficacia.
    Il tuo ragionamento presuppone però che saviano spinga i suoi comportamenti al limite, che metta cioè la proprietà di dover scegliere il male minore.
    Non mi pare che ciò succeda o stia per succedere.
    L’azione solitaria che in modo effiace tu definisci “pungente” conserva a mio parere tutto il suo valore etico, e puo’ diventare un’azione “politica” se riesce con il suo gesto simbolico a a propagarsi ed estendersi come un virus in ogni ambito.

    ma io ti ho letto non so dove non so quando.
    per caso scrivi sul manifesto?

  108. Ecco, quando Giovenale parla di breve e lungo termine dice meglio ciò che intendevo io con “nessuno chiede a Saviano di andar via dalla mondadori hic et nunc”. Ovvero, se Saviano se ne va dalla mondadori da solo, dicendo ciao rammaricati a tutti e senza cercare l’appoggio di nessuno o di costruire una struttura che supporti nel tempo il suo gesto va a finire che ci si dimentica di saviano non appena la mondadori ne crea un altro.

    ora la struttura di cui si ha bisogno è fatta da due parti o componenti: da un lato una struttura che sostenga i saviano o i mancuso, dall’altro una struttura che prepari la popolazione ad un assorbimento di eventuali gesti che altrimenti si disperderebbero nel marasma generale. Detto ciò, non vorrei mescolare le carte in tavola, ma a questo discorso si allaccia perfettamente l’altro sugli intellettuali e la loro funzione.

    Luigi

  109. @ carmelo:

    il mio commento è solo una analisi del testo di Andrea, con un occhio a “strategia” e “tempi”. non dico troppo di più di quanto è già implicito nel suo post.

    dal punto di vista dell’efficacia (anti)virale, in un contesto di spettacolo+massa (= grande distribuzione di materiali) la mia opinione è che ogni “gesto” abbia un’azione circoscritta nel tempo. on/off. l’interruttore si spegne presto.

    opinione che resta – penso – plausibile finché l’orizzonte del ragionamento e delle analisi che con realismo facciamo è (non illogicamente) concentrato sul contesto attuale. storia di ora.

    a meno di azioni collettive e individuali moltiplicate (da quel gesto) ad libitum.

    ma quest’ultima occorrenza si chiama “rivoluzione”, tecnicamente, e (stando alla storia) pare che il nostro paese non ne abbia avuta una, né ne apparecchi alcuna.

    *

    [sì, sul manif., ogni tanto, escono recensioni]

  110. @marco giovanale
    credo di meritarmi in parte l’implicito sottile e pungente rimprovero che mi fai di non aver letto attenzione il ocntenuto dell’articolo di cortellessa.
    Dico in parte perche’ ho omesso di leggere la secondo parte e ho chiesto scusa per i toni che ho usato.
    E’ vero in Italia non abbiamo mai avuto una rivoluzione dai tempi del rinascimento. Nemmeno uno straccio di rivoluzione borghese.
    Ma per contro la nostra storia è piena zeppa di rivolte. Cui ha sempre seguito la restaurazione. La mia terra di Sicilia ha molta esperienza in merito.
    Chi l’avrebbe detto appena un anno prima ma anche sei mesi prima che quel tizio, il mariuolo definito così da craxi, fosse beccato A milano, sarebbe scoppiato i lfinimondo? sarebbe cioè morta e defunta nel giro di pochissimo tempo la democrazia cristiana ?
    chi l’avrebbe mai detto che nel giro di qualche anno L’Innominato sarebbe salito al trono di questo paese dove tutt’ora risiede?

    Quello che non mi convince della tua analisi e anche di Cortellessa è l’illusione che dietro ch iresta ci sia un progetto politico, (la resitenza, la costruzione di ponti, che diceva Cortellessa …..”sul mantenimento -conflittuale e fastidioso per la proprietà- della contraddizione all’interno del discorso pubblico e dunque all’interno dei media generalisti e dunque dentro Mondadori,” che dicevi tu);
    quello che non mi convince è che a furia di fare progetti e strategie, in questo paese la sinistra non ha fatto uno straccio di legge sul conflitto di interessi e sui media.
    Che a furia di immaginare una struttura “energica e durevole” l’innominato ha fatto non una o due o cinque o 11 o 23 o 29 leggi ad uso personale, ma oltre 33 di sicuro.

    Allora io dico che ci deve essere un punto, prima del precipizio, in cui la “misura è colma”, un punto oltre il quale non conta nemmeno più la politica ma L’ETICA, un punto in cui uno dice basta io mi rifiuto, non me ne frega un cazzo se il mio gesto non ha nessun valore politico, se non cambia un bel niente, ma io non ci sto più.

    Io insomma non me la sento di dare una giustificazione politica a chi resta finche chi resta non fa qualcosa che abbia un valore politico, che vada oltre il suo personale interesse (interesse detto in senso nobile).

  111. Il mio povero nonno mi diceva sempre, quando mi vedeva scrivere a lume più o meno di candela: le Rivoluzioni non si fanno con le parole, nè con i fucili, ma con entrambi. Di parole mi pare che ne abbiamo anche troppe. Di fucili, se vuole Manitù, nessuno e meglio così, che le Rivoluzioni sono cose serie, fatte di dolore di morte e di sogni. non credo che saremmo all’altezza di sopportarne nemmeno una in minore.Ma se ci piace questo questo liberismo liberale, che poi ci garantisce la solitudine della nostra solitaria (e sempre più apparente libertà), se ci accontentiamo dell’Impero del meno peggio, allora dovremo rassegnarsi al fatto che anche un romanzo è una merce. una merce pensante, ma una merce. prodotta da imprese che realizzano progetti (letterari) trasformandoli in cose che hanno un prezzo e producono profitti…
    o si trasforma questo o tutto resta aria fritta. E leggere questo dialogo è come vedere una farfalla impazzita, prigioniera sotto il bicchiere. Da questo punto di vista l’unico fuori dal bicchiere è Roccaforte, citato da nuvoleonline. Comunque sia fate voi. io intervengo solo per non intervenire. boicott. E continuo a camminare domandando.
    hasta e buona discussione sull’Epica borghese (ops, m’è scappata di bocca l’Estetica di quel reazionario di Hegel)

  112. @ carmelo (molto rapidamente, dovendo andare offline)

    dici: Io insomma non me la sento di dare una giustificazione politica a chi resta finche chi resta non fa qualcosa che abbia un valore politico, che vada oltre il suo personale interesse (interesse detto in senso nobile).

    stando al caso del post, non mi sembra che Saviano non faccia qualcosa che ha precisamente un valore politico, e che va oltre il suo particolare interesse.

    ora: se – mantenendo l’analisi nel contesto recente – sia più efficace e sia scintilla antivirale e di rivolta (se non di rivoluzione) fare ciò, agire, dentro o fuori l’azienda dell’attuale principe, e percepire e vedere comunicata e ampliata e diffusa l’azione, è valutazione che ciascuno di noi può fare ragionando (anche) nei termini che suggerivo. oppure no.

  113. @marco giovenale
    quello che fa Saviano ha un grandissimo valore culturale, e un impatto altrettando grande, degni della nostra massima stima; ma mi pare che prescinda dalla sua appartenenza alla mondadori.
    L’unica azione importante fatta dagli autori mondadori, che io conosca, è l’appello contro la legge bavaglio mi pare.

    In realtà l’auspicio di Cortellessa era ben altro e anche il tuo mi pareva di capire. Costruire ponti di solidarietà e di vigilanza e di resistenza significa incalzare senza tregua l’editore nel momento in cui opera la censura diretta o indiretta che sia. Seguendo il tuo ragionamento del tuo primo post, significa mettere l’editore nella condizione di dover scegliere tra il cedere alle istanze degl iautori o cacciarli via.
    Significa che se Viene tacitato Saramago , gli autori organizzano un’azione di resistenza.

    Mi pare che lo stesso cortellessa abbia ammesso che purtroppo non è stato cosi’ in molti casi (e ne ha citati molti che nemmeno conoscevo: casi di cui non e’ stata nemmen oinformata l’opinione pubblica.

    Allora scusami di quale azione politica stiamo parlando?
    non mi risulta che saviano presenzia le tv mediaset
    ne’ mi risulta che scrive le sue denuncie dalle pagine del giornale.

    Qual è il rischio di rimanere li da un punto di vista politico?

    1)che non aggiunge niente alla sua meritoria azione che potrebbe fare anche pubblicando da feltrinelli
    2) che mondadori è contenta di guadagnare soldi e di dimostrare di essere pluralista
    3) che la mondadori puo’ pensare di commettere altri abusi senza subire defezioni di rilevanza.
    ha ragione pecoraro lo scenario è quello del selvaggio west.

    mi dispaice, sarò noioso ma io non vedo nessun progetto politico nessun “ponte” purtroppo.

    io non giudico chi resta. Ma non me la sento di fornirgli un alibi politico, almeno finchè i fatti non dimostreranno il contrario.

  114. @Luigi:

    dici:
    Ovvero, se Saviano se ne va dalla mondadori da solo, dicendo ciao rammaricati a tutti e senza cercare l’appoggio di nessuno o di costruire una struttura che supporti nel tempo il suo gesto va a finire che ci si dimentica di saviano non appena la mondadori ne crea un altro.

    ma Saviano è creazione di Mondadori?
    No, non mi pare.
    Saviano non scriverebbe più andando via da Mondadori?
    No, certo che no.
    Saviano avrebbe meno seguito con un libro non-Mondadori?
    No, al contrario dopo tutta sta caciara sbancherebbe proprio.

    e allora?

    [comunque a Mondadori stiamo facendo un gran servigio… tutta pubblicità gratuita. come diceva Cocò]

    saluti sparsi.

  115. Natalia, in un certo senso il fenomeno saviano è dovuto alla mondadori. Voglio dire: il suo Gomorra che tanto ha fatto parlare e tanto è stato letto personalmente lo trovo “anonimo” da un punto di vista letterario e poco “illuminante” rispetto all’argomento. Per fare solo un esempio: Trent’anni di Mafia di Lodato che son trent’anni che lo ristampano (la prima uscita arrivò nel 1990 e si chiamava 10 anni di mafia) non solo dice molte più cose rispetto a Gomorra (che per esempio fa molti pochi nomi di politici o nessuno) ma a mio avviso le dice meglio. Quindi il momento storico + la facile accessibilità a determinati argomenti grazie allo stile + un pizzico di fortuna + un apparato di marketing della mondadori + il fatto che il proprietario della mondadori ha relazioni più o meno dirette con altri media (cartacei e non), tutto questo ha contribuito al fenomeno saviano. Perché non crederemo davvero che saviano sia stato il primo a denunciare quelle cose? Però il discorso non era questo.

    Riguardo al fatto “saviano dentro-saviano fuori” – quello che dico io è che se io fossi saviano (ovvero avessi il suo medesimo potere mediatico) prima di lasciare la mondadori cercherei di fare in modo che sia la mondadori a sentirsi pressionata dalle mie e altrui denunce pubbliche sulle varie censure. Se ciò non dovesse servire, allora me ne andrei ma porterei via con me quanta più gente possibile perché il gesto non sia un sollievo morale del singolo ma possegga anche una notevole risonanza a livello generale. Il potere mediatico bisonga non solo averlo ma anche “governarlo”, gestirlo al meglio.

    Luigi

  116. saviano non ha mai toccato mezzo politico, neanche di striscio.
    ovviamente parlo dei pezzi da novanta, mica dei sindaci e assessori casalesi, che quelli so’ pescetti, in confronto.
    ma forse sono distratta io, aspetto smentite…..

  117. Sulla prima parte del commento di LuigiB, sono d’accordo e in disaccordo.
    In disaccordo perché neppure la Mondadori riesce a far esplodere tutti i libri che pubblica. Ci vogliono caratteristiche del libro e anche costellazioni imprevedibili anche al più lucido e geniale editor e alla macchina editoriale più oliata e potente.
    Ma d’accordo nel senso che una casa editrice non è un passacarte.
    Se c’è un autore che da un certo punto di vista ha fatto molto da solo è Moccia, Tre metri sopra il cielo è uscito nel 1992 da un piccolo editore e quando la scarsa tiratura si è esaurita, i ragazzini hanno cominciato a fotocopiarselo, ma l’esplosione è avvenuta nel 2004, quando lo ha ripubblicato Feltrinelli. Per 12 anni questo campione delle vendite è rimasto in sonno. Per risvegliarlo c’è voluto un editore di stazza.

    Sono successi condivisi, e credo lo sappiano bene sia gli autori che gli editori. Per editori non intendo in questo caso solo la proprietà, ma la redazione editoriale, le donne e gli uomini che ci lavorano. Credo che sia difficile, umanamente parlando, che un autore che con questi uomini e donne ha condiviso una vicenda reciprocamente soddisfacente e che probabilmente ha portato anche a amicizie e rapporti di fiducia personali, se ne vada con leggerezza. E non soltanto per ragioni economiche. Non sottovaluterei il dato umano, o almeno spero che non sia tanto facilmente sottovalutabile.

    E questo al di là del discorso politico e anche culturale.

  118. Andrea: le mie risate saranno nei confronti di quelli che restano. Gli sconfitti, come dici tu. Io credo che la loro strategia sia totalmente fallimentare, fuori da ogni logica. S’era capito no? Adesso, finché la mondadori è quello che è, ossia una azienda presa illegalmente, lo sconfitto sono io e tutti quelli che speriamo che qualche intellettuale tiri fuori le palle. Perché gli scrittori che “pubblicano”, come dice Mancuso, hanno il “privilegio” di far sentire la loro voce. Finora s’è messo un teologo, pensa te. E tutti a ridere, “se n’è accorto adesso!” e ancora “La crisi di coscienza!” E dunque pensa se Saviano decidesse di andar via. Poi di scuse se ne troverebbero poche, credimi. La foglia di fico si farebbe sempre più sottile. Di lì le mie risate “ironiche”, come il mio spoiler, se non s’era capito. Mi pare che da discutere, qui tra noi, ci sia rimasto poco. Almeno per come la vedo io.

    Ho apprezzato l’intervento di Giovenale, che almeno il gioco del what if l’ha fatto. Certo, on/off, l’effetto avrebbe una sua durata, sicuramente parziale. Io sarei di curioso di vedere l’effetto onda però, così, per sport. Il gioco degli scacchi sulla scacchiera degli altri non mi diverte.

    Per Luigi invece: secondo me, se Saviano restasse dentro scrivendo, sempre facendo il gioco del what if, cose molto scomode, per esempio, tirando fuori il nome del ducetto, sarebbe censurato, dichiarerebbe la censura e tutti fuori a dire: per forza, ha scritto direttamente il nome del ducetto, se l’è cercata! in quale azienda non ti caccerebbero via? l’ha fatto apposta! Ipotizzo eh. Parole che si sono già sentite. Comunque mi lascio andare a un po’ di cabaret che a me, questa situazione, appare ridicola fin dall’inizio. Quello che dice Mancuso dovrebbe essere la normalità, il buon senso. E qui giù di cartelle a giustificare, che a qualcuno annoiano, con buona pace di Cortellessa. Molti si sono rotti le palle di questo giocchetto. Da cittadini e da scrittori.

  119. Andrea Cortellessa
    Pubblicato 3 settembre 2010 alle 15:29 | Permalink
    @ Alessandro Ansuini
    Quello che non accetti neppure di discutere, nel ragionamento altrui, è che se e quando se ne andrà Saviano per te saranno risate, non lo nego; per altri però – oltre che per Saviano – sarà una sconfitta. Né la prima né l’ultima, peraltro. Buon divertimento.

  120. Mi concentro sulla parte in cui proprio non condivido né il giudizio né l’analisi né la previsione di Cortellessa. Scrivo senza rivolgermi direttamente a lui, pur conoscendolo e stimandolo, per cercare di rendere il discorso il più possibile aperto a tutti.

    Questa:

    “Ma chiediamoci quale sarebbe l’effetto politico, di una tale “sostituzione di massa” degli autori con la coscienza in disordine, asset o non asset che siano. Tale effetto sarebbe appunto, verosimilmente che 1) presenze politicamente o artisticamente (che per uno come me, sarà bene specificare, vale anche a dire politicamente) difformi dai dettami della proprietà dovrebbero trovarsi lidi editoriali altri e senz’altro meno efficaci, condannandosi in molti casi a percorsi marginali e in sostanza punitivi; ”

    – Non capisco veramente come si possa pensare che pubblicando per una casa editrice diversa da Mondadori ci si stia autopunendo. Immagino perchè si venderebbe di meno: allora qui si ragiona con una concezione puramente commerciale dell’arte di scrivere. Ma quando uno scrittore non vuol solo raccontare ma incidere nella società con la sua arte, essere cioè intellettuale, il suo interesse primario non è quello di vendere e le sue scelte valgono quanto le sue parole.
    E poi: gli scrittori citati, in crisi di coscienza, sono molto noti, avrebbero molto successo anche con altre case editrici, non capisco perchè dovrebbero essere condannati alla marginalità.
    (Su Saviano, poi, occorrerebbe ripetermi: come può uno scrittore antimafia pubblicare per Berlusconi?)

    “2) quella macchina editoriale così tremendamente efficace si troverebbe a “lavorare” (cioè a imporre sul mercato) solo autori politicamente o artisticamente conformi ai dettami della proprietà. Sarebbe proprio questo a sancire (sia detto per inciso) l’omologazione politica di queste – che sono storicamente nobili e gloriosi istituzioni culturali ma anche, nel presente, a loro volta e col loro target efficientissime macchine da guerra mediatiche – al rango del Giornale o di Libero. Cioè la loro trasformazione, de facto, in strumenti di propaganda.”

    Questo mi sembra un modo di ragionare solo apparentemente logico e verosimile. Il difetto sta nel fare una previsione del tipo “tutto o nulla” e pretendere che questa possa essere realistica. Nella realtà, invece, ci sono solo vie di mezzo. Mi spiego: non occorre che ogni scrittore di sinistra se ne vada da Mondadori per ottenere un effetto mediatico, politico – e anche sociale o meglio sull’opinione pubblica e sulla coscienza civile, che sono poi i punti più importanti. Basta che lo facciano molti di quelli più in vista e soprattutto più impegnati contro il berlusconismo. Non è verosimile pensare che lo facciano moltissimi scrittori, né tanto meno quelli meno noti o per i quali l’impegno politico è secondario.
    Quindi: rimarranno sempre scrittori di sinistra o di centro o apolitici e insomma non omologati in Mondadori: al massimo la loro presenza e la loro visibilità sarà minore. Non ci sarà quindi nessuna macchina di propaganda editoriale che verrà a formarsi. Anche perchè i potenziali autori di successo che rimpiazzerebbero quelli che se ne se ne andrebbero sarebbero per lo più poco ideologizzati, poco politici. Semmai, quindi, crescerebbe il qualunquismo in Mondadori e in Einaudi – che, non lo sottovaluto, è comunque una forma di consenso al regime, ma non di propaganda.

    Quello che non capisco, inoltre, è perchè:
    – i letterati come Cortellessa siano sempre così sentimentali verso Einaudi e Berlusconi in quanto case editrici, tanto da considerarle istituzioni: sono solo aziende, e come ogni azienda hanno periodi d’oro e di merda in base a chi le gestisce, il giudizio non va dato al nome dell’azienda ma al comportamento della proprietà. E poi, chi se ne frega se un’opera d’arte è pubblicata da questo o quell’altro editore, forse che siamo attaccati più ai marchi che all’arte? A me non frega niente se Pavese e Calvino hanno scritto e lavorato per Einaudi, non è l’Einaudi di oggi a essere grande grazie a loro, né loro grazie a Einaudi, sono solo loro a essere grandi per quello che hanno fatto e scritto, e che avrebbero fatto e scritto per chiunque altro avessero trovato che non fosse Einaudi.
    – ci si ostini a considerare strategia il restare in Mondadori, e a prefigurare come perdente una lotta dall’esterno da parte di letterati e intellettuali. Non bastano 16 anni di berlusconi e di lotte dall’interno per renderci conto che questa strategia ha miseramente fallito? Se non altro, giusto per consapevolezza dei limiti di questa strategia, occorrerebbe decidere di intraprendere quella che ancora non è stata seguita. E invece no, si continua a immaginare l’alternativa alla lotta dall’interno come perdente, come primo passo verso una catastrofe maggiore. E così facendo, ci si sta da anni inabissando, forse lentamente ma inesorabilmente.
    – non si stimi mai l’effetto che la defezione di grandi nomi da Mondadori/Einaudi avrebbe, se ben studiata a pubblicizzata, sui media, sulla classe politica e in genere sulla coscienza civile. Sto parlando di un effetto di grande portata che avrebbe conseguenze in ultima analisi politiche, se fosse accompagnato da scelte d’esposizione pubblica perduranti nel tempo. Credo che chi non voglia aprirsi a questa possibilità sottovaluti enormemente questo effetto

    E infine, si è mai chiesto qualche intellettuale (non mi sto rivolgendo a nessuno in particolare) italiano perchè in Italia c’è bisogno di sentire la censura su di sé prima di rendersi conto di cosa sia diventata Einaudi (ATTENZIONE E SOLIDARIETA’ non potrebbero essere declinate anche nel senso di lasciare Mondadori/Einaudi in seguito a censure capitate a terzi)?
    Si è mai chiesto qualche intellettuale in Italia perché negli ultimi 20 anni abbiamo forgiato una società omologata su un regime politico-mediatico-finanziario criminale che non ha trovato un intellettuale di spicco, uno solo capace di smascherarlo, condannarlo con le sue opere e porgersi con la sua persona come suo antagonista?
    In altre parole, c’è qualche intellettuale che si sta chiedendo se oltre alla sempre maggiore e più diffusa mediocrità (per non dire disonestà ecc.) della classe politica, giornalistica e produttiva italiana abbiamo assistito e stiamo assistendo a una sempre maggiore mediocrità dell’agire degli intellettuali, sempre meno capaci di esporre opere e comportamenti anti-sistema?
    Nessuno davvero vede nell’attaccamento a Mondadori/Einaudi, nel feticcio della lotta dall’interno il segno che anche i letterati e gli intellettuali d’oggi partecipano attivamente (involontariamante, è chiaro) al degrado della morale pubblica italiana?

  121. Io mi rendo conto che questa aspettativa da parte nostra di una presa di posizione da parte di taluni intellettuali “mediaticamente” importanti et impegnati viene espressa con troppa foga. Da dove ci viene questa smania? Ci ho riflettuto. Dall’impotenza. Dall’impotenza di fronte alla nostra classe politica, in primis. Sono anni, anni, che quell’uomo e la su ideologia imperversano nel paese, e quando provano ad arrestarlo cambia una legge, e quando provi a fargli pagare le tasse si cambia la legge, stanno attentando alla costituzione, questa manica di cocainomani mignottari papponi in cravatta, i nostri politici di sinistra che sono stati ripetutamente al governo nel corso di questi maledetti tre lustri hanno sempre fatto finta di chiudere gli occhi di fronte al conflitto di interessi, non basta più neanche vincere le elezioni! Non c’è verso. Preso atto che sono una casta che con questa maledetta legge elettorale si autoelegge e si autodifende, a nessuno appare comprensibile che almeno chi, ai nostri occhi, ha il privilegio di potersi opporre, almeno civicamente, con gesti, atti, parole o omissioni, dopo 16 ci ci stia ancora spiegando il perché la “quinta colonna” fra due secoli, forse, vincerà? Io mi voglio scusare se i miei toni spesso si fanno impropri è che c’ho un carattere di merda e quando mi sveglio al mattino presto è anche peggio. Questo abbonatemelo e concedetemi la buona fede, non ce l’ho con gli intervenuti qui che non la pensano come me e non ce l’ho nemmeno con Saviano e con gli altri che decideranno di restare. Però, un certo incazzo, di fronte a questa totale impotenza, ci è concesso? Santa pace c’è voluto un teologo per far saltare all’occhio dell’opinione pubblica questa faccenda che dimostra davvero una resa civile della nostra società, di tutti, e stiamo ancora qui a spaccare il capello delle decisioni di Mancuso sul perché e il per come e chissà? A me non interessa se Mancuso ha i suoi interessi come non mi interessa se ci li ha Fini, ma questi due casi di rivolta interna, se mi passate il termine, stanno mostrando alla luce del sole che situazione ci portiamo avanti da anni con tutti che fanno finta di non vedere, andando a misurare in cucchiaini il conflitto di interessi degli altri per non far passare gli interessi senza conflitto che riguardano i “chiamati” in causa. Ma tanto non c’è verso. Ci credo che Saviano non se ne va, diciamo pure che attorno a sé non è che ha quest’esercito di impavidi che difende le proprie idee con la pelle. La smetto, che divento antipatico e vado sopra le righe. E faccio anche il fioretto di non intervenire più che tanto faccio solo confusione e mi avveleno il sangue.

  122. Fanno bene a sfasciare la scuola pubblica.
    Coi fiumi d’inchiostro che stiamo versando sulle crisi d’identità di intellettuali e scrittori (eterni adolescenti?) dimostriamo giorno per giorno che la scuola italiana, soprattutto ai livelli più alti, nell’ultimo mezzo secolo ha prodotto più che altro sindrome narcisistica.

  123. @galbiati

    solo una cosa, non ti ho ancora letto tutto, ma se come dici «Sarebbe proprio questo» [cioè l’uscita degli scrittori come Saviano] «a sancire (sia detto per inciso) l’omologazione politica di queste – che sono storicamente nobili e gloriosi istituzioni culturali ma anche, nel presente, a loro volta e col loro target efficientissime macchine da guerra mediatiche – al rango del Giornale o di Libero. Cioè la loro trasformazione, de facto, in strumenti di propaganda.»

    perché poi: «non occorre che ogni scrittore di sinistra se ne vada da Mondadori per ottenere un effetto mediatico, politico – e anche sociale o meglio sull’opinione pubblica e sulla coscienza civile, che sono poi i punti più importanti.» ?

    Se quello che dici fosse praticabile, condanneresti gli scrittori di sinistra più deboli, e penso anche alle persone che nella casa editrice lavorano, a restare in una macchina da guerra berlusconiana pargonabile a LIbero.

    C’è, al di là del lato politico, sul quale non sono d’accordo, una concreta astrazione (:–)) nelle proposte che vedo fatte ogni tanto, anche da te, una dichiarata impraticabilità.

    Poi leggerò il resto.

  124. E vedo anche, vorrei ribadirlo, e parlo in generale senza riferirmi a un commento in particolare, un’accettazione totale e non so quanto consapevole, nella richiesta che se ne vada l’icona o le icone, i VIP, insomma, del mondo visto come spettacolarità, dove l’icona ha un potere mediatico, il fatto ecalatante un potere salvifico.

    Ma questo dà ragione ad Ansuini quando parla di impotenza, se l’uscita rumorosa di un pugno di scrittori famosi è così importante mediaticamente, cioè sui giornali, che il giorno dopo sono carta straccia, e anche mettendo in fila i giorni sempre carta straccia diventano, una volta uscite queste icone da Mondadori, una volta sentito il rumore di questo botto, saremo di nuovo a caccia di icone e di botti, in una rincorsa dell’icona più significativa, del botto più forte.
    E di botti finora ce ne sono stati parecchi, converrete, e da ogni botto ci si è aspettati LA conseguenza, che non è venuta.

    Per questo io dico che Berlusconi va battuto politicamente, nell’urna, e non sul suo terreno, nella resistenza lì dove si è, scrittori compresi, per mantenere almeno un territorio e un linguaggio non completamente inquinati.

    Altrimenti avremo perso davvero e lo show sarà diventato il terreno di tutti, l’unico.

  125. Sai Alcor, su questo ti do amaramente ragione. Ma io non credo che un gesto sia cosa di poca importanza. Come molti sostengono che non c’è un reale dentro e fuori dal mercato, io credo che non ci sia un reale dentro e fuori dallo show, almeno finché saremo governati dalle televisioni. Internet è una coperta che piano piano cresce, ieri ero a comprare dei cavetti e parlavo col commerciante che tra l’altro si occupa delle antenne della zona, digitale terrestre e roba varia, e sono andato a dirgli che oggi la televisione si può guardare anche su internet, e lui ridendo mi ha detto: “ma tu ce la vedi una persona anziana che si guarda la televisione su internet? si suiciderebbe.” Questo per dire cosa, mica delle novità. Noi facciamo una gran cagnara in rete e pensiamo che qui sia il mondo, mentre in realtà, fuori, almeno qui in Italia, il 70 per cento della popolazione pare che si informi solo tramite Tv. Bé, io credo che piano piano le generazioni che si rifutano ancora oggi, anche potendo, di usare internet (penso a uno a caso, silvietto nostro, che dice che a lui non serve, usa letta, ma dicendo lui intendo anche 50-60-70enni che potrebbero già oggi avvicinarsi, molti lo fanno) andranno a scomparire. A noi adesso sembra l’apocalisse, una situazione di stallo terribile, perché ci siamo trovati nel mezzo di questo cambio di pelle. Io mi ricordo il commodore 64 e l’atari, lo spectrum, e ho “solo” 36 anni. Quindi un po’ di speranza circa la trasparenza delle infomazioni è lecita averla, almeno per le generazioni future. Ma noi siamo qui oggi, adesso, vessati e offesi continuamente da una classe politica che ci prende in giro. Che poi, a bomba, il problema è lì. E’ li che prendono le decisioni sulla scuola, sul lavoro, sulla trasparenza negli appalti, sull’economia. Ci troviamo un ministro della scuola che per prendere mezza laurea falsa s’è dovuta spostare a reggio calabria, e oggi aparla di precari sparando numeri a caso che manco fosse il supernalotto e invece sta parlando di persone, e mica persone qualsiasi, persone preposte all’educazione. Non ci sono i soldi dice. Vabbé sono cose che sappiamo tutti, che ci mettiamo a ridere per non piangere, li abbiamo provati tutti ormai gli stati di degradazione emotiva qui in italia, abbiamo un arcobaleno tutto nostro ormai. Ma tornando all’inizio del discorso, e poi chiudo, ci rimane veramente di attaccarci ai gesti. Tu confidi nella politica, io sono rassegnato, confido nelle persone singole. credo si debba ripartire da lì. Che a quanti dicono “che ci vuoi fare, funziona così” oppongono un esempio, vero, di carne, di rinuncia. Questo è il simbolo che per me potrebbe interpretare Saviano che magari avete ragione voi, non cambia un cazzo, ma darebbe speranza ai molti che vengono incanalati in queso tritacarne pinkfloydiano del malaffare di dire “Guarda lui, guarda come si comporta lui, dove pensi di vivere sulla luna” Lo so, è poca cosa. Ma da qualche parte si deve pur ripartire.

    p.s.
    Inciso di una certa importanza, per quanto mi riguarda. Non credo affatto in un boicottaggio dei libri mondadori – einaudi, non la credo una pratica sensata, a mio modo di vedere è un gesto di stizza decisamente inutile e addirittura controproducente. A Francesca che mi dava del boicott boicott, centinaia di commenti fa, vorrei dire che non compro nessun libro col codice isbn per altri motivi che non c’entrano affatto con mondadori o rizzoli o vattelappesca. L’ho già detto, ma ci tengo a precisarlo.

  126. @alcor
    qual è il difetto di chi esprime le posizioni come la tua o di cortellessa o di marco giovenale se possosso pemettermi?

    che da per scontato parla come se dentro la mondadori ci sia una pattuglia organizzata, un’avenguardia di scrittori che svolge un’azione politica di resistenza o di vigilanza o di indirizzo o non ho capito bene di cosa…
    cortellessa per la verità ha formulato un auspicio, una speranza.

    io non vedo niente di tutto questo, se qualcuno vuole illuminarmi sono qui ad ascoltare.

    ricominciamo:
    mondadori come le sue concorrenti, svolge il suo lavoro avendo in mente un preciso obiettivo: il profitto;
    persegue il profitto con il vantaggio di poter disporre di un gruppo poderoso e di un padrone capo del governo.

    Non credo che la sua politica editoriale possa essere influenzata o condizionata da questa fantomatica azione politica degli autori.

    penso che se c’e’ una cosa che qualsiasi azienda teme, se vogiamo essere concreti, è la perdita di quote di mercato, la riduzione delle vendite e perche’ no la perdita di immagine
    ripeto:
    quali sono i rischi politici se un autore come saviano resta:

    Qual è il rischio di rimanere li da un punto di vista politico?

    1)che non aggiunge niente alla sua meritoria azione che potrebbe fare anche pubblicando da feltrinelli
    2) che mondadori è contenta di guadagnare soldi e di dimostrare di essere pluralista
    3) che la mondadori puo’ pensare di commettere altri abusi senza subire defezioni di rilevanza.
    ha ragione pecoraro lo scenario è quello del selvaggio west.

    se si innesta un processo di defezioni a catena la mondadori verrebbe colpita seriamente, e la cosa non passerebbe inosservata come vi ostinati a dire, perche’ non è una vuota azione mediatica senza contenuti,

    lo ripetto, siamo di fronte a una vicenda infame e criminosa.

    io non capisco perche’ vi ostinate a dare una copertura politicaper coloro che restano e decidono di restare per motivi, leggittimi, ma tutt’altro che politici.

    non capisco perche’ saviano o lucarelli non possono vendere e far gudagnare soldi alla feltrinelli, continuando a svolgere il loro lavoro di impegnbo politico.
    perche? perche? sono due giorni che faccio questa domanda e nessuno m irisponde

    Tutto questo tralasciando la cosa piu’ importante.

    basta con le discussioni su cosa è politicamente conveniente, bisogna agire, ognuno senza aspettare cosa a l’altro o decide l’altro, deve agire e fare le sue scelte.
    sono anni che la sinistra si fa le seghe su cosa fare e non fare mentre l’innominato se la ride e continua afare i cazzi suoi.
    senno’ finisce che perfino fini ci da lezioni sul che fare

  127. scusate vorrei aggungere un ultima cosa che riguarda tutti gli autori di questo paese, che riguarda il ocmpleto rimbecillimento di questo paese, assuefatto, rassegnato, indifferente, incapace di qualsiasi reazione.
    Perche’ di fronte alla vicenda saramago ognuno praticamente si è fatto i cazzi suoi ?
    perchè non si è sollevata una montagna di indignazione?
    perche’ non si è immaginato di fare un’azione politica concreta di protesta forte e ferma minacciando ogni forma diboicottaggio nei confronti di chi stava compiendo un misfatto che MA CI RENDIAMO CONTO che ormai qui non c’e’ piu’ nessun limite a niente ?

    perche’ chi aveva il potere di farlo e non rischiava niente non ha scritto alla proprieta’: se non pubblichi saramago io me ne vado, me ne vado da quaesta casa editrice e vado in giro a denunciare questo schifo

    perche? perche? perche? perche?
    ognuno spende due parole di circostanza tanto per stare nel ruolo e poi di fatto si fa i cazzi suoi?

  128. @Ansuini

    io non confido nella politica come astrazione, confido nella politica fatta da ogni singolo lì dove si trova, legato ad altri singoli.La difesa del linguaggio è un fatto politico.

    Io qui ho spernacchiato il “gesto” non perché sia così sciocca da non vedere che anche i gesti hanno un loro valore, ma perché mi pare che la discussione abbia caricato il gesto di un potere che da solo non ha, delegandogli il compito di cambiare la situazione, e rinunciando così a quella pratica personale, concreta, quotidiana che è l’unica che alla fine porta dei risultati. E peggio ancora, dicendo ad altri “fateli voi”, come se loro soltanto avessero valore, e non ognuno di noi lì dove sta.

    Se come dici confidi nelle persone singole, confida anche nella loro capacità di mettersi insieme. Se si delega al gesto di UN Saviano, o di VENTI Saviano tutto il lavoro, sarà come ho detto uno dei tanti botti dalle gambe corte, magari rivestito di più paillettes di altri, che abbiamo già sperimentato negli ultimi vent’anni.

    Si può fare in due giorni? No. Ma personalmente non vedo altre strade.

  129. Non capisco- da punto di vista straniera- il dibattito avvampato, appenna tocca all’argomento Mondadori. Nella mia biblioteca ho libri della Mondadori, come altre case editrici italiane. Quando acquisto un libro, lo faccio respirando il mio desiderio di leggere, di scoprire un universo, una manera di pensare la vita.
    Qualche commento -come di solito- inizia con : se fossi Roberto Saviano… Ogni scrittore della Mondadori è in uno caso particolare: scrivere per la libertà in una casa editrice potente, volteggiare come un trapezista, lottare dentro, fare circolare le idee.
    Non si deve confondere la letterature con la politica. La manera di sconfinggere Berlusconi è di votare. L’Italia non è tutta sommessa a un uomo: ciascuno è libero di informarsi, riflettere, di impegnarsi, di leggere, di scrivere.

  130. @ carmelo,

    delle molte cose che dici, rispondo o tento di rispondere a due.

    «io non capisco perche’ vi ostinate a dare una copertura politicaper coloro che restano e decidono di restare per motivi, leggittimi, ma tutt’altro che politici.»

    Per quanto riguarda me, io non do copertura a nessuno, auspico, anch’io, ma perché l’auspicio possa diventare qualcosa di più penso che gli autori debbano restare dentro, sentire che quella loro presenza critica, quando è critica, non è isolata, sentirsi spinti a prendere la parola da dentro. Una volta usciti, possono soltanto cambiare editore, e torniamo al gesto del singolo o a quello che dici sotto:

    «non capisco perche’ saviano o lucarelli non possono vendere e far gudagnare soldi alla feltrinelli, continuando a svolgere il loro lavoro di impegnbo politico.»

    E una volta che abbiano fatto guadagnare soldi alla Feltrinelli di Moccia, alla Feltrinelli dei Megastore, mi spieghi cosa cambia nel paese, a parte la puntura di spillo sul corpo economico di una magnate che è uno degli uomini più ricchi del pianeta, che possiede tre televisioni e che se vuole può anche venderla, la Mondadori, a un magnate più grosso di lui?

    E’ stato svuotato un posto, ok, e poi? Svuotiamoglieli tutti, a questo punto, se abbiamo questa capacità, partendo prima dalle reti televisive, molto più importanti nella formazione del consenso delle case editrici.

    Anzi no, c’è un terzo punto, tu dici:

    «basta con le discussioni su cosa è politicamente conveniente, bisogna agire»

    che cosa vuol dire? così come l’hai formulata è una frase. Posso anche virtualmente risponderti, ok, agiamo. Mi fermo a sentire il rumore dell’azione, tendo l’orecchio e non lo sento, come mai?

  131. Aggiungo un’ultima cosa, una specie di ricordo di gioventù, spero di essere perdonata.
    Quando avevo vent’anni, e più energie anche fisiche di quante ne abbia ora, i luoghi in cui fare politica li cercavamo, e li trovavamo, luoghi in cui fare politica, luoghi in cui pensare, e – se posso dirlo qui – migliori della rete, se la rete è l’UNICO luogo al quale viene delegata la discussione.
    Ora, non è che di questi luoghi non ce ne siano più, sono meno capillari, hanno altre caratteristiche rispetto al passato, ma mettono le persone fisicamente in contatto, che è ancora una buona cosa.
    Che siano circoli, che siano pensatoi tipo Vedrò o Fare futuro, che siano di destra o di sinistra, chiudete la connessione e andateci [mi rivolgo ai giovani, se davvero la politica li interessa e la vogliono fare]. Quello che sentirete vi sembrerà minuscolo rispetto al Grande Pensiero Utopico che governa le fantasie solitarie, ma sarà una possibilità di confronto. Un bagno di realtà.

  132. Aggiungo una sola cosa: auguro a tutti di avere il coraggio di Roberto Saviano cha ha avuto lui scrivendo Gomorra, la Parola contra La camorra, sempre sensibile all’umanità e attivo nel suo impegno di scrittore e di uomo.

    Ho letto anche un commento su Moresco che non condivido.

    Per finire non sono una “fervente” della Mondadori/ leggo anche libri di Laterza, eo-Adelphe, La Camera Verde (Ottima casa editrice)…

  133. Alcor è commovente questo tuo appello all’interessarsi della politica sul territorio, ma perdona, quando dicevi a me con un certo stupore che non seguivo le cose che Cortellessa fa da tre anni, permettimi di dire che mi sento offeso perché il tempo di andare a trovare le mie dichiarazioni passate su mondadori l’hai trovato, quello di vedere cosa faccio da dieci anni e faccio tutt’ora no però. Non mi far passare per uno che sta su internet a inveire contro i “grandi autori” perché onestamente in internet ci sto nei buchi del lavoro, come adesso, quando smetto ne faccio altre di cose, se non te le dico è perché mi sembra di farmi pubblicità e mi sto sul cazzo da solo perché questi sono argomenti seri, che riguardano tutti, non stiamo qui a fare chi è il più bello o chi ce l’ha più lungo eticamente. certo che se arriviamo al punto che devo “discolparmi”, e devo essere costretto a dire quello che faccio, cosa che non vogio fare qui perché non sono il salvatore né il promotore di nessuna moralizzazione evangelica ed etica nel mondo, lascio perdere.

    Lo capisco che ci dividiamo, ideologicamente, sulla strategia. Per te scendere (o salire) sul loro livello mediatico fatto di slogan è comunque una sconfitta. Da questo vicolo cieco non ne usciamo, perché la pensiamo diversamente. Ritengo inoltre, dalla mia posizione, che non è un incitamento al “fatelo voi”. E’ un “lo faccia chi ha il potere di farlo”. Te l’ho detto, vorrei che si risolvesse politicamente questa cosa, ma è un pio sogno secondo me. Ci vuole il primo che dia la scossa. E il primo non sono io, né tu, né Beppe Sebaste con questo bell’intervento

    http://beppesebaste.blogspot.com/2010/09/fascismo-anestetico-e-liberta-degli.html

    che giustamente dice ci riguarda tutti, ma alla fine il suo gesto , che sempre un gesto è, qual’è ? “rimanere lì”.

    Io per quanto ne sai tu già posso farlo Alcor, per quanto né so io lo stai facendo anche tu, Sebaste fa il suo, che può essere contrario al nostro, ma noi non possiamo dare il “la”. Evidenziare una situazione tragica. Anzi, tragicomica ormai. Potremmo essere la conferma al “la”. Io forse erroneamente individuo una possibile inversione di tendenza in questo benedetto gesto simbolico. Certo che cento gesti simbolici di rimanere lì non è che ci hanno aiutato molto a oggi. E non è che siano un bel segnale, eticamente parlando. Si dice che si fa “resistenza critica” dal di dentro. Che si difende “un catalogo” e una “storia” nel caso dell’einaudi. Come se uscendo quel catalogo e quella storia scomparissero. Se hai diritto di rimanere nella “storia” del catalogo lo fai anche con le scelte che compi oggi. Voi la chiamate resistenza a me sembra totale passività.

  134. @Ansuini

    io di te non so niente che non sia in rete, anzi, qui in questi thread, come potrei sapere di più?

    se già fai, ottimo, ma dire a Saviano e a altri che deve uscire da Mondadori è un’altra faccenda sulla quale ho detto come la penso.

  135. Infatti. Litigare fra noi, che tra l’altro mi pare di capire abbiamo un comune “nemico”, per dire una brutta parola, che non è un persona ma tutta una serie di cose (magari litigare è servito a chiarire questo) ci fa solo perdere delle energie. E facciamo quello che la sinistra ha fatto fino a scomparire dal parlamento.

  136. Tu pensa che la stessa indentica litigata me la sono fatta con Wu Ming, per arrivare a queste stesse conclusioni. Poi ho fatto una sceneggiata su facebook, è arrivato Lucarelli, stessa conclusione. Opinioni differenti, rispetto di tutti, strategie diverse. Sia Lucarelli che Wu Ming (anche Genna mi pare) hanno annunciato che in autunno le uscite previste per mondandori e einaudi muoveranno delle cose. Io mi fido. La quinta colonna si da da fare, per intenderci. (anche se ci scherzo su) Ora capisci quando dicevo a Cortellessa che i ponti ci sono, si è dialogato, qui, in altri posti, altri diversi da noi, ma altre opzioni? La mia non vi piace, e tanto non la decidiamo noi. (il mio sai che risate se Saviano se ne va)
    Mi piacerebbe sapere perché Cortellessa non ha considerato le opzioni di Laserta, per esempio. O magari me le sono perse io. Mi sembravano andare nella sua direzione. Magari mi sbaglio.

  137. @alcor
    lo ripeto per l’ennesima volta
    non giudico chi resta; e posso anche capire le loro motivazioni anche s enon le giustifico.
    io qui sto esprimendo la mia opinione nei confronti di chi ha elaborato un teorema politico per giustificare e e caldeggiare la loro permanenza. Chi cioe’ gli sta dando un alibi politico.
    Questo mi fa incazzare.

    Visto che abbiamo parlato tanto io ti dico cosa faro’ da lettore.

    1) continuero a leggere come ho sempre fatto tutte le opere che ritengo di dover leggere.

    2) leggero’ d’ora in poi le opere edite dal gruppo evitando di pagarle e mi dispiace per gli autori

    3) lo faro’ andandando nelle biblioteche o cercando di procurarmi le fotocopie.

    liberi loro di restare libero io di diminuire il fatturato del gruppo di qualche migliaio di euro.

  138. Carmelo, manco serve che ti dico che la penso come te. Invece di rompere il cazzo a wu ming con la malafede, se tutti imparassero a fornire i libri gratis, oltre che venderli, darebbero una scelta al lettore, che non è “poco”. Perché molti abitano in piccoli paese che le biblioteche hanno poco e niente. Lo dico per esperienza ;)

  139. Ho scritto malissimo, portate pazienza. Per fornire intendevo mettere a disposizione on line l’ozpione di scaricarli gratis, i libri. e ho messo due o tre “che di troppo. Vabbé.

  140. per quanto mi riguarda facendo un rapido calcolo quest’anno avro speso almeno 500 euro in libri editi da einaudi.
    d’ora in poi invece di consgliare il loro acquisto regalero’ le fotocopie.
    invito tutti a fare la stessa cosa con i loro amici.

    perchè quando si tratta di “sordi” i grandi discorsi fanno a farsi fottere.

    voglia iddio (a chi altri ci si puo’ rivolgerse in questo paese se non A dio o a fini) che non venga fatta una legge per evitare di pagare la famosa multa di 750 milioni, cui certamente i sudditi dell’innominato (senatori lachhè pagati da noi) stanno certamente lavorando compiaciuti che tanto gli autori non se ne andranno perche’ sono l’avanguardia politica della sinistra e presidiano la mondadori.

  141. @ carmelo

    «io qui sto esprimendo la mia opinione nei confronti di chi ha elaborato un teorema politico per giustificare e e caldeggiare la loro permanenza. Chi cioe’ gli sta dando un alibi politico.
    Questo mi fa incazzare.»

    mah, mi pare che tra chi giustifica e caldeggia la permanenza e chi la avversa ci sia un sostanziale equilibrio, anzi, forse è maggiore il numero di chi spinge per un’uscita, ma in ogni caso non penso che Saviano o altri debbano venire qui a cercare alibi per fare quello che riterranno di fare, penso che siano in grado di prendere una decisione da soli.
    Queste differenze di valutazione nella discussione fanno parte della democrazia.

  142. Io auspicherei che tutti li mettessero disponibili come ho detto, scaricabili e gratis, il boicottaggio tout court di due sole case editrici per me ha poco senso. Se l’obiettivo è il danno economico, c’è poco da fare, berluschi ha lo zampino pure in rcs, e sui distributori. Seguendo questa logica dovresti boicottare tutti. Fermorestando che de benedetti non è mica madre teresa di calcutta. Quindi ancora peggio. Fossi in te boicotterei solo le grandi casi editrici, tutte, e sosterrei le piccole, magari comprando direttamente su internet.

  143. @alcor
    per l’appunto, se tu hai avuto la pazienza di seguire i miei interventi io non ho mai nessun sentimento di avversione o di critica nei confronti degl iautori; rispetto le loro scelte anche se non le condivido.
    Mentre ammiro il gesto di coerenza etica e politica di chi se ne va, perche’ come ha detto benissimo pecoraro (che ammiro anche se non conosco) la misura è colma, cazzo, arriva un momento in cui la misura è colma.

    Io non condivido chi sottovalutando la grafità del crimine commesso (evasione fiscale, concorrenza sleale nei confronti delle case editrici che sputano sangue per sopravvivere, degrado dello stato di diritto, uso mafioso dello stato) nel giustificare non sul piano personale ma politico chi resta sta in un delirio visionario
    1)sopravvalutando il presunto (???????) ruolo politico di questi scrittori che a me risulta non hanno mosso un dito di fronte alle censure (l’episodio saramago è v e r g o g n o s o)
    2)sminuendo di fatto e in alcuni casi sbeffeggiando il gesto fatto sulla loro pelle (pratica che in questo paese non piace a nessuno quando si tratta di mettere i propri interessi in questo paese si elaborano trattati per giustificare qualsiasi cosa)
    3) incoraggiando di fatto le pratiche illegali e mafiose di un gruppo che scorazza nelle praterie di questo paese.

    allora io dico.
    se decidete di restare restate pure nessuno vi giudica per questo
    ma cazzo si eviti almeno di elaborare un teorema per giustificare queste scelte dettate da motivazioni individuali (tutte quelle che ho letto sono diverse dalle altre)
    e scherinere chi se ne va.

  144. @ansuini
    non sono d’accordo con chi pensa che i libri debbano essere gratuiti. Io ho profondo rispetto per gli autori e ritengo giusto e doveroso che il loro lavoro venga retribuito. Cosi’ come il lavoro di tutti.
    Non so come si evolverà il mercato, ma le opere per me vanno retribuiti cosi’ come va retribuito il tuo lavoro o il mio.
    Nel caso mondadori io vengo meno a questo principio ma lo faccio a ragion veduta.

  145. Il tuo incazzo specifico lo capisco. Io non ho detto che voglio i libri gratis e che gli autori non guadagnino, ci mancherebbe, proprio il contrario, vorrei che guadagnassero di più, per questo “non compro i libri”. Auspicherei sempre e per tutti la sana pratica del copyleft. Sempre. Così poi uno sceglie. E non è che i Wu Ming a fare il copyleft ci hanno rimesso, a sentir loro, anzi.

  146. P.S.
    Non entro nel merito non per far l’agente segreto, è che è proprio tutta un’altra questione (battaglia) sulla quale mi spellerò le dita appena arriverà l’onda del digitale. Inutile confodere le cose qui.

  147. @véronique vergé
    tu da straniera giustamente dici che “La maniera di sconfinggere Berlusconi è di votare”.
    Un ragionamento logico e giusto, persino banale, una logica che viene applicata non solo in Francia (che immagino sia il tuo paese d’origine) o in germania in svezia, in olanda, persino nei paeso del terzo mondo.
    Ma devi sapere che questo è un paese molto strano, devi sapere che noi tutti della sinsitra, moderata, radicale,antagonista, troskista, post-comunista e socialdemocratica e persino cattolica, noi tutti dicevo abbiamo votato il prim ogoverno prodi convinti che finalmente si regolamentasse il conflitto di intreresse e la lòegge sui media.
    Devi sapere che questo è successo tanti anni fa; prodi non hga fatto quelle leggi, non le ha fatte d’alema e non le ha richieste il sig. bertinotti.

    sono d’accorod con te ma lo siamo tutti che le opere si leggono senza guardare chi le pubblica.

    Ma mi meraviglio che tu da straniera non ti scandalizzi su cio’ che è avvenuto riguardo al caso mondadori.

    io che ho girato un po’ ti assicuro che una cosa del genere fosse successa in francia o in germania , ci sarebbe stata una rivolta, ma non sol odella sinistra anche degli imprenditori, dei manager delle aziende concorrenti.

    devo immaginare che tu stai da tanto tempo in italia e hai dimenticato come funziona la democrazia negl ialtri paesi

  148. @ansuini
    non conosco bene la’rgomento e no nentro nel merito
    cio’ che importa ora è la vicendas mondadori
    non le altre case editrici che nessuno dice sian osante, anche loro lavorano per stare sul mercato e per fare profitti, ma si da il caso che rispettano le leggi e se non le rispettano pagano.

  149. Se tutti gli operai che si fanno il culo in certe fabbriche dovessero auto-licenziarsi per disistima verso i rispettivi datori di lavoro starebbero (e staremmo) freschi.

  150. @lucio angelini
    voler paragonare chi ha libertà di scelta come gli autori, con gli operai che non ne hanno, è offensivo nei confronti degli operai.

  151. lucioangelini. Se tutti gli operai dovessero auto-licenziarsi… Ecco un’opzione mai tentata. Il braccio che guida la ruspa del progresso non si inceppa mai. Lo stesso pregio del kalashnikov.
    E pare che stiamo freschi anche in questo caso.

  152. al di là di come la si pensi, come si può paragonare la condizione di un operaio a scalfari, prosperi, saviano, augias ed altri autori di successo?

    Sarebbe come dire che lo sfruttamento esiste solo perchè c’è gente che non vi si sottrae!

  153. aggiungo che gli operai avversano e come i loro padroni, scioperando per esempio ,rimettendoci di tasca propria, e cercando di raggiungere migliori condizioni di lavoro, tra l’altro è in atto un attacco sfrontato contro il contratto nazionale nell’indifferenza generale e con l’appoggio più o meno nascosto di certa sinistra compresa quella intellettuale

  154. Sono un lettore di poesia e quando cerco prose, vorrei che lavorassero essenzialmente sulla lingua. Ho gia’ citato le mie preferenze per alcuni, pochi, libri contemporanei.

    In questo senso, se dovessi valutare i cataloghi di Einaudi e Mondadori, cioe’ la giustificazione principe di chi rimane dentro, sarei abbastanza severo: la collana Specchio e’ molto alterna ma complessivamente sciatta (apprezzo Bacchini e amo le traduzioni dall’inglese di Guerneri meno la muldooniana, il resto e’ fiacco); la Bianca Einaudi degli ultimi dieci anni mi pare francamente imbarazzante (a parte Ferrari, la summa di Ripellino e l’antologia di Testa).

    Questo per dire che i cataloghi sono figli del tempo e che essere nel catalogo in questo tempo, in queste condizioni, in questa compagnia, non mi pare un grande affare. Ma i miei gusti sono appunto gusti e presa di responsabilita’ individuale, cosi’ come ho detto che alle persone in Mondadori/Einaudi va lasciata liberta’ di fare il mestiere e racimolare il giusto compenso al loro lavoro.

    Ovviamente non mi arrogo neppure il diritto di indicare l’editore ideale, ma tutto il bailamme mi coglie sostanzialmente di sorpresa: non ho mai ritenuto nella mia contemporaneita’ Einaudi e Mondadori quali summa delle patrie lettere. E non li ho mai ritenuti tali perche’ la valenza estetica, artistica, nel contemporaneo indicata da quelle case e’ a mio avviso al ribasso costante, proprio per la contaminazione berlusconiana, il mindset, l’approccio mercatale (chi e’ orgoglioso di starci o entrarci lo fa come i nani sulle spalle dei giganti).

    Piuttosto ho amato e sono cresciuto con la collana Elefanti Poesia di Garzanti e ho sommamente goduto in piu’ e piu’ riprese del progetto editoriale Adelphi, davvero in piu’ e piu’ occasioni. Dico dunque che se mai dovessi finire ad “instaurare un rapporto di collaborazione con persone del mondo editoriale” (formula vuota e un po’ retorica, perche’ oggi una persona avveduta puo’ fare la filiera da se’, anche senza i paradossi pauperistici di Ansuini), quella e’ Adelphi.

    E per quel poco che capisco, sono abbastanza certo che gran parte degli autori che populisticamente si vorrebbero fuori da Mondadori / Einaudi, in Adelphi non troverebbe alcuno spazio. Questo mi basta per rimanere indifferente, artisticamente parlando, al loro destino individuale, ai mal di pancia indotti e alle pressioni qualunquiste che li stanno sovrastando.

  155. il mio pensiero è vicino a quello di cortellessa.
    a settembre del prossimo anno esce un mio libro con mondadori, ma è un mio libro. fra un paio di mesi ne esce uno con la casa editrice della cgil.
    io so come vivo e come scrivo e
    non fare il libro con mondadori non mi renderebbe migliore.

  156. L’ho messo a suggello di là, ma trovo che sia un appropriato memento anche qui:

    «Ma la debolezza massima del nostro partito è quella caratterizzata dal compagno Lenin nel punto terzo: l’amore per le pose rivoluzionarie e per le superficiali frasi scarlatte …»

    Gramsci 1925

  157. idem

    ” Il compagno Bordiga si offende perché è stato scritto che nella sua concezione c’è molto massimalismo. Non è vero, e non può essere vero – scrive Bordiga. Infatti il tratto più distintivo dell’estrema sinistra è l’avversione per il Partito massimalista, che ci fa schifo, ci fa vomitare, ecc. ecc.

    La quistione però è un’altra. Il massimalismo è una concezione fatalistica e meccanica della dottrina di Marx. C’è il Partito massimalista che da questa concezione falsificata trae argomento per il suo opportunismo, per giustificare il suo collaborazionismo larvato da frasi rivoluzionarie. Bandiera rossa trionferà perché è fatale e ineluttabile che il proletariato debba vincere; l’ha detto Marx, che è il nostro dolce e mite maestro! E’ inutile che ci muoviamo; a che pro muoversi e lottare se la vittoria è fatale e ineluttabile? Così parla un massimalista del Partito massimalista. “ù

    Gramsci, 1925, 2 luglio, Unità.

  158. “l’amore per le pose rivoluzionarie e per le superficiali frasi scarlatte …”
    può farci sorridere non ostante i suoi pericoli, ma la tetraggine di chi ha, nell’arco di quasi un secolo, “scientificamente” pianificato gli orrori e soprattutto le irrimediabili sconfitte storiche della classe operaia ci fa spavento e basta.
    Non è detto che una scelta (o non scelta) effettuata dopo attenta analisi conduca ai risultati auspicati. Nella nostra vita ci lasciamo condurre spesso da un impulso che a volte funziona, e ci dà il pregio del tempismo.

  159. Zygmunt Bauman:
    «significato intenzionale di “essere un intellettuale” è quello di porsi al di sopra degli interessi settoriali della propria professione o del proprio genere artistico e di fare i conti con le questioni globali di verità, giudizio e gusto dell’epoca»
    *

    La vera minaccia che oggi incombe sugli intellettuali, non è quindi soltanto l’accademismo, l’isolamento o lo spirito commerciale del giornalismo e dell’editoria, bensì proprio il professionalismo. E cioè, come scrive ad esempio in modo molto efficace Edward Said (1995, pp. 82-83), l’atteggiamento di «chi pensa di svolgere il proprio compito come un’attività lavorativa qualsiasi, tra le nove del mattino e le cinque di sera, tenendo d’occhio l’orologio ma con qualche ammiccamento al corretto stile del presunto vero professionista: non creare incidenti, non scostarsi dai modelli e dai limiti convenzionati, mostrarsi disponibili al mercato e, soprattutto, mantenere il doveroso contegno: non prestando mai il fianco, non scendendo sul terreno della politica, mantenendosi “oggettivi”».
    Così inteso, dunque, il professionalismo è il contrario dell’apertura e della generosità intellettuale, porta con sé lo specialismo, quindi il limitarsi a praticare un campo del sapere ridotto ed angusto, che in via di principio esclude un punto di vista più generale che tenga conto non solo delle necessarie connessioni e integrazioni fra le diverse sfere della conoscenza, ma anche delle esperienze concrete e delle condizioni materiali necessarie alla realizzazione di un’opera o alla produzione della conoscenza. In queste condizioni, inoltre, la specializzazione finisce con l’uccidere anche l’entusiasmo e il piacere della ricerca, che sono notoriamente due elementi costitutivi dell’identità intellettuale.
    Un altro tipo di effetto provocato dal professionalismo, come rileva ancora Said, è poi “l’inevitabile spinta verso il potere e l’esercizio del comando, verso i requisiti e le prerogative del potere: la sollecitazione a mettersi direttamente al suo servizio” (p. 88).
    Giuseppe Patella, “vita e morte dell’intellettuale postmoderno”
    *

    in generale trovo interessante l’intero articolo da cui ho espunto le suddette citazioni, per chi volesse approfondire il link qui di seguito:

    http://www.agalmaweb.org/articoli1.php?rivistaID=15

  160. A chi s’è specializzato nel solo ponderare, può sfuggire il (raro e prezioso) momento dell’agire.

  161. “io so come vivo e come scrivo e
    non fare il libro con mondadori non mi renderebbe migliore.”

    voce dal sen fuggita

  162. Vedo che Cortellessa non risponde questo weekend.
    Nel caso torni a dedicare altro tempo (al già molto che ha dedicato) ai commenti, vorrei chiedergli

    1) in cosa consisterebbe la sconfitta di Saviano se decidesse di pubblicare per un altro editore.

    2) come si possano, secondfo lui, valutare i risultati della strategia della lotta dall’interno, che dopo 16 anni di berlusconismo dovrebbe aver potuto dare i suoi frutti

    – non vorrei che l’unico modo in cui i suoi sostenitori pretendano di giudicarla sia quello di dire che in questi 16 anni ha impedito il verificarsi della trasformazione di Mondadori in una macchina di propaganda, sia perché questa idea esiste solo nella loro testa, sia perché insieme a questa presunta trasformazione la lotta a berlusconi uscendo dalla sua casa editrice ed esponendosi pubblicamente davanti ai media per spiegare questa scelta avrebbe un effetto sociopolitico che loro non vogliono considerare, sia perchè i risultati della lotta dall’interno andrebbero valutati in positivo, in base a quello che tangibilmente hanno prodotto, e non in negativo, in base a quello che non avrebbero prodotto.

  163. buono galbiati, che oggi molti duri e puri son tutti presi a glorificare il compagno fini, la nuova pasionaria della sinistra.
    questi sono i tempi che viviamo, e se il minimo della “normalità” diventa il miracolo di san gennaro, siamo messi peggio di quanto immaginassi….
    quindi, credo che niente possa più meravigliarmi.
    nè i tripli salti carpiati, tantomeno i cavalli di troia.
    amen

  164. molto interessante la citazione di Edwar Said le cui riflession isono sempre attuali

    …..Essere marginale, non irreggimentato, a somiglianza del vero esule significa per un intellettuale mantenere una straordinaria ricettività nei confronti […] di ciò che è provvisorio e rischioso anziché del consueto: essere disponibile all’innovazione e alla sperimentazione e non allo status quo prescritto d’autorità. L’intellettuale che si riconosce nella condizione di esule non obbedisce alla logica delle convenzioni ma è pronto alle avventure del coraggio a rappresentare il cambiamento, a essere sempre in cammino e non acquietarsi mai. ”

    “..la libertà intellettuale non consiste nell’imparzialità o nell”estranearsi dal mondo, né nella licenza incondizionata di fare ciò che pare, ma è piuttosto da considerarsi una forma di riposizionamento epistemologico dissidente. La metafora dell’intellettuale come esiliato e figura al margine, al pari dell’assunzione di un linguaggio critico capace di “dire la verità al potere”, segnala la necessità di una certa libertà da pressioni “esterne”. In tale ottica, i saperi non possono essere svincolati dalla responsabilità dell’individuo né nella sfera privata né in quella pubblica. ….

    http://rassegnastampabolano.blogspot.com/search/label/Edward%20W.%20Said

  165. “Star li finchè non li caccino”…bravo Cortellessa,très charmant e très facile,perchè non prova invece a farsi pubblicare da Pinco Pallino di Novedrate,così non avrebbe più problemi di coscienza,dia l’esempio.

    Non esiste discussione più stucchevole e finta di questa,di finti guerriglieri,vi ha risposto molto bene l’ex di Nazione Indiana,Moresco.

    In quanto a censura poi,questo sito è un vero must.

  166. L’argomento di Andrea è viziato da un presupposto che, più che tutto da dimostrare, direi errato o quasi certamente tale: che la macchina editoriale Mondadori-Einaudi continuerebbe a funzionare con uguale efficacia mantenendo in ogni caso intatta la sua quota di mercato, e mettendo dunque tanti Vespa o altra merda al posto di Amelia Rosselli o Walter Siti. Questo è tutto da dimostrare. Le quote di mercato, l’efficacia commerciale, in editoria come in tanti altri settori, non sono prius ontologici ma campi di battaglia – non è paventando in primo luogo restrizioni mercantili che i vertici di Mondadori tacciavano l’appello di Mauri-Laterza-minimum di concorrenza sleale? – e sono soggette a variazioni piuttosto rapide nel corso della storia. Io penso anzi il contrario, che si potrebbe avere un effetto domino, e che anche altri autori di bieco bestsellerume, autori non economicamente intercambiabili, per dir così, seguirebbero altrove i Saviano, i Lucarelli ecc.; azzardo persino che Mondadori potrebbe ritrovarsi, in tempi medi, senza neanche più tanta robaccia da pubblicare. La robaccia bisogna saperla fare, e a farla rimangono in primo luogo gli autori, non gli editor, quindi…
    Senza quel presupposto, l’intero argomento della prima parte vacilla e, direi, cade. Quello della seconda, non so bene dove porti, ma son certo che stia portando te, Andrea, su posizioni più critiche di quelle sulle quali ancora ti tenevi non molti mesi or sono.

    In calce, mi permetto di riprodurre un messaggio che rispondeva, in privato, a un articolo su Liberazione pubblicato da Andrea Cortellessa all’inizio del febbraio 2010 – credo sia stato ripreso anche qui, ora non ho un link sotto mano. Nonostante Andrea abbia modificato la sua posizione, avvicinandosi di fatto, nella seconda metà di questo suo nuovo intervento, ad alcuni degli argomenti che altri andavano proponendo allora, buona parte di quel che segue rimane valido come risposta a molte delle obiezioni all’argomento “alzatacchista”.

    Caro And […]

    ho visto Liberazione. Il tuo argomento […] va al cuore della cosa: non i Meridiani in sé, ma l’istituzionalità. Ma i miei punti contro sono vari, e ne approfitto per estendere il discorso.

    1. Feticizzazione dell’impresa. Un’impresa, e soprattutto un’impresa che cerca e egemonia culturale e profitti, non è un’istituzione, non nel senso che usi tu – lo è nel senso delle psicoanalisi delle istituzioni, senz’altro; lo è nel senso della metafora corrente, grosso modo come Zarate è un’istituzione della Lazio; ma non è questo a cui tu puoi sensatamente riferirti. Il “senso dello Stato” che ti porta a dire queste cose è l’inizio (la radice cubica, la radice quarta, quel che vuoi) del “senso dello Stato” che porta i nostri scrittori di sinistra ad essere oramai in pubblico (ma cos’altro conta se non l’atteggiamento pubblico, per chi – come te e come me – creda in qualche barlume di responsabilità dell’intellettuale?) estremamente moderati con Berlusconi – oltre che, altra faccia della stessa medaglia, estremamente moderati con il capitalismo, estremamente moderati in genere, estremamente moderati nella scrittura se è per questo.
    2. Reificazione della quota di mercato del gruppo Mondadori. La quota di mercato del gruppo Mondadori non è un prius ontologico. Questo significa che se Saviano e altri intelligenti se ne vanno da lì, non è che in quella “casella” ci vanno solo Vespa e Littizzetto.
    3. Reificazione della dignità editoriale di Einaudi. La dignità editoriale è nei progetti. Tante altre case editrici portano avanti progetti molto interessanti, e più spazio potrebbero avere se, appunto, le quote di mercato fossero ridistribuite.
    4. Assunto dell’immobilità occupazionale degli editor Mondadori. E’ perfettamente ovvio a tutti che, con qualche normale lentezza, le splendide professionalità del gruppo Mondadori potrebbero trovar facilmente posto altrove. Non possiamo pensare neanche che una defezione di autori dal gruppo Mondadori abbia come risultato per se una contrazione del consumo di libri in Italia e quindi una diminuzione dell’occupazione nel settore, no? Semmai, io tenderei a pensare che una levata di scudi possa suscitare nuovo interesse verso la classe intellettuale, attualmente molto compromessa e giustamente vista come tale.
    5. Errore nel concetto di memoria culturale. Nessuno vuole gettare alle ortiche la memoria culturale dell’Einaudi antifascista ecc. Mi chiedo se non sia invece gettarla alle ortiche proprio il tradimento della sua identità profonda che sta nel accomunare quell’Einaudi a questa, questa che è stata rubata da Berlusconi, questa che a causa della sua proprietà e non certo dei suoi editor costringe all’autocensura preventiva tanti scrittori della nostra generazione e a un doloroso conflitto i suoi dipendenti, che evita qualsiasi pubblicazione antiberlusconiana [conclamatamente tale, lasciamo stare i mediologicamente innocui, pur se letterariamente apprezzabilissimi, sociologismi di alcuni nostri scrittori] ed ha esercitato almeno tre casi conclamati di censura reale. Poi, un giorno la nazionalizzeremo e saremo tutti contenti; ma così, And, il discorso non si regge proprio. Ci sono delle priorità morali e – dirò di più – delle strategie politiche che non si possono più mettere da parte.

    […]

    P.S. Ci metto un 6., forse un poco più lirico, non me ne vorrai. Non possiamo oggi far passare per una battaglia di trincea culturale pubblicare per Mondadori o Piemme o Sperling o Frassinelli, giusto? Mi sembra che l’unica questione al riguardo possa riguardare Einaudi (ed Electa, ma non pare al centro del discorso) e la sua linea editoriale. Ma è trincea, davvero? Guardami in faccia, And. Pubblicare per Einaudi oggi è non dirò avanguardia rivoluzionaria, ma prima linea riformatrice? Ci auguriamo tutti che arrivi un giorno in cui Einaudi sia libera. Ma oggi pubblicare per Einaudi, anche splendidi libri, [implica di fatto] 1. autocensurarsi; 2. coonestare censure; 3. coonestare un furto; 3. coonestare, tramite non la trincea ma lo spettacolino di pulci della pseudotrincea, un sistema di potere che approfitta di questa coonestazione per dare a una letteratura-non-più-che-pulce l’ultima schicchera via dal tavolo. Sempre pulci siamo, ma meglio a prudere in testa che a fare il circo, no?

  167. Carmelo, ho appena letto il tuo commento. Molte cose mi indignano, in particolare la condizione delle donne nel mondo, la xenofobia. In questo momento ho la pena nel cuore pensando a Sakineh o madre rom cacciate dalla terra francese. In Italia mi indigna l’impossibilità di creare nel sud, di vivere, mi indigna il potere della mafia. Certo non è sano che Berluscono abbia in mano una grande casa editrice. Ma per il momento gli scrittori della Mondadori scrivono con la libertà nel cuore. Il pericolo sarebbe l’intrusione della censura o lo scarto degli scrittori per ragione politica. Forse questa casa pubblica anche scrittori favorevoli alla politica di Berlusconi. Un lettore non è costretto, fa una scelta, e sempre con passione. Uno scrittore non è costretto da scrivere, è davanti a una scelta di vita, lo vive sempre con passione.

  168. @Vincenzo Ostuni
    il tuo articolo dimostra una profonda conoscenza del mondo editoriale e argomenta in modo puntuale cio’ che io da semplice lettore intuivo.
    E cioe’ che non esiste un gruppo di scittori all’interno di questo gruppo che è in grado di influenza la linea editoriale del gruppo medesimo.
    Non esiste una volontà politica da parte di un gruppo di scrittori che svolge un’azione di resistenza e opposizione agli episodi di censura che si sono verificati (il più infame quello di saramago) e che cortellessa ha ben illustrato.
    Gli scrittori restano in ordine sparso ognuno con motivazioni personali.
    Cio’ che non convince dell’articol odi cortellessa è la giustificazione politica poer ch iresta che difatto:

    alimenta i profitti del gruppo
    implicitamente spinge il gruppo ad usare mezzi criminali e di concorrenza sleale a danno della collettivita’ e del mercato.
    Un gesto di rottura forse non produce effetto. Ma puo’ innestare un effetto domino e colpire cio’ che piu’ interessa all’INNominato: l’interesse economico.
    Per contro non c’e’ una sola cosa dico una sola cosa che gli scrittori non possono fare e dire, pubblicando da un altro editore.

    Ma c’e’ un argomento che dovrebbe indurre a riflettere.

    La storia, questa storia di avvelenamento del apese non finirà mai; se non ora quando qualcuno avra’ il coraggio di dire basta?
    quando sara’ tropp otardi?

  169. sarò semplicistico, ma se il mio datore di lavoro non piace e ho la possibilità di scelgiere un altro datore, io me ne vado.
    e questo credo valga nell’industria metalmeccanica come nell’editoria.

  170. Il commento di Ostuni fa capire come i paesaggi futuri del mercato editoriale siano difficilmente prevedibili, se ci fosse una abbondante defezione da Mondadori o Einaudi di autori di spicco.
    Secondo me Ostuni è eccessivamente ottimista sull’effetto domino, su cui io non scommetterei, ma son d’accordo con lui sul fatto che la fetta di mercato di Mondadori potrebbe risentirne.

    Ovviamente però tutto questo non serve a niente.
    Per i teorici della lotta dall’interno, è scontato che gli autori di successo diverrebbero marginali se lasciassero Mondadori, e che Mondadori, tutt’altro che svantaggiata dalla loro defezione, diverrebbe una macchina da guerra propagandastica.
    Dobbiamo quindi ringraziare gli autori di sinistra che restano in Mondadori perchè la loro saggia decisione di lavorare per Berlusconi ci evita il supplizio di vivere in un regime con margini di libertà ancora minori. Ringraziamo a questo punto anche la Mondadori stessa, ossia Berlusconi per darci il modo di resistere e sopravvivere nell’Italia del regime… di Berlusconi.

  171. Se si resta in mondadori per ‘lottare dall’interno’, gli autori mondadori potrebbero fare un libro di esplicita contrapposizione a berlusconi. (Altrimenti che lotta interna è fare un libro, faccio per dire, che parli di un amore estivo?)

  172. @ carmelo

    MORESCO – “..argomenti moralmente e politicamente ricattatori,ironie e sfottimenti in caso di risposte non gradite,esibizione di superiorità morale e civile da parte di giornali e gruppi editoriali concorrenti e di persone ben acquartierate in essi…mi chiedon perchè pubblico con Mondadori,persone che in qualche caso sarebbero disposte a far prostituire la madre per pubblicare dallo stesso autore e che ci hanno provato senza successo,persone che il giorno prima mi scrivono che vorrebbero anche loro pubblicare con questo editore e che il giornodopo mi attaccano…

    Magari se poi ci dicesse anche i nomi….

    Fiumi di parole per una sterile discussione,una mentina di Cortellessa brillantemente incartata con sofisticata e preziosa carta regalo giapponese…triplo avvolgimento…poi scarti per mezz’ora…la mentina,l’aspirina..

    Perchè tanti tormenti wertheriani?
    Alla fine,se un posto non ci piace,le alternative sono solo due; o resti per necessità e grana,o te ne vai sbattendo la porta.Tertium non datur.
    Il resto son solo tentativi più o meno dotti o sofisticati,da dottor sottile o infantili per salvare capra e cavoli,la coscienza e la grana.
    All’italiana.

    PS – già che ci siamo,ci si potrebbe anche torturare ‘capa se far o no benzina, aiutare o no quella cricca di ultracapitalisti a affamatori di mezzo mondo, le famose sorelline.
    Anche i peones hanno i loro crucci!

  173. Alla luce dei risvolti politico-mediatici-editoriali degli ultimi giorni non mi resta che sperare di vivere abbastanza per poter presenziare il crollo totale che mi seppellirà. Gratis.

    P.S.: chapeau Natalia!

    Luigi

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.