baby boom

di Maria Angela Spitella

Davanti alle entrate dei licei gli adolescenti di oggi sembrano tutti uguali. Soprattutto le ragazze, stesso modo di vestire, molte con la sigaretta in bocca o tra le dita, con il braccio lungo il fianco come per nascondere un gesto che sanno essere un azzardo. Scarpe basse senza calze anche d’inverno, ballerine o All-star, giubbini corti che lasciano scoperta la schiena anche quando il freddo morde, pantaloni a vita bassa, collo coperto da grandi sciarpe; ma davanti a quest’apparente omologazione che cosa attraversa le vite delle ragazzine in bilico sull’adolescenza? Corrono in due su motorini tutti uguali le une strette alle altre, hanno sogni e aspettative, ma vivono il qui e ora.Smalti appariscenti, pensieri stretti in corpi a volte più stretti ancora, amori che viaggiano veloci e veloci si consumano.

M. frequenta un liceo romano, la incontriamo fuori scuola, è insieme ad amiche della sua classe. Ha gli occhi nocciola i capelli castani lunghi. Esce da una storia faticosa, con un suo coetaneo. M. a novembre compirà 18 anni. Ha deciso di raccontare la sua storia, ha voglia di parlare.

“Ho scoperto di essere incinta a gennaio” racconta, confortata dallo sguardo e dalla presenza delle sue amiche, “all’inizio è stato uno smarrimento totale, non sapevo cosa fare, ero nel panico, poi ho fatto il test, quello comprato in farmacia, che mi ha dato la conferma, ero proprio incinta”. Dei loro rapporti sessuali gli adolescenti non parlano volentieri, né con i genitori né con gli insegnanti, d’altronde per molti adulti è ancora un argomento tabù.

Subito per M. si è attivata la rete delle amiche. Una solidarietà spontanea che l’ha sostenuta sin dal primo momento. Dopo il panico, e lo smarrimento, dopo notti e giorni passati ad analizzare il problema è subentrato il terrore perché, preso atto del “casino nel quale ero finita, ho anche capito che senza l’aiuto dei miei genitori non avrei potuto fare nulla, ma dirlo a loro per me era come morire, ero convinta che mi avrebbero uccisa”.

M. guarda le amiche che ascoltano attente. A guardarle, è come se continuassero a proteggerla anche ora che il peggio è passato. Prima di parlare con mamma e papà M. è andata al Consultorio per gli adolescenti, nella zona di Prati, a Roma. Sono andata a visitarlo anche io, dopo la sua storia, e ho scoperto che ci sono strutture che funzionano con personale che lavora per stare vicino ai giovani in difficoltà. La signora che ci accoglie e con la quale parliamo è un’assistente sociale, ne ha viste tante di ragazze arrivare in preda alla disperazione perché un rapporto sessuale si era trasformato in un incubo.

“Le ragazze che arrivano da noi, sono per lo più spaventate, non sanno cosa fare, dove andare, arrivano da noi prima di aver parlato con i genitori, alcune di loro non hanno mai fatto una visita ginecologica, non sanno cosa sia la contraccezione, e non sono a conoscenza dei rischi che si corrono non usando il preservativo durante il rapporto”.

Nella stanza che fa da sala d’aspetto ci sono opuscoli sulla contraccezione, un grande manifesto sul quale sono descritte le fasi del ciclo mestruale e un foglio dove si raccolgono le firme per salvare i Consultori del Lazio dalla proposta di legge Tarzia, (Olimpia Tarzia consigliere regionale Pdl) che prevede un totale stravolgimento delle strutture pubbliche. I punti che stanno a cuore a chi da anni lavora nei Consultori, come spiega l’assistente sociale, sono la salvaguardia di un patrimonio pubblico di grande valore, che è il frutto di lotte e di conquiste sociali e civili delle donne.

La preoccupazione è che, con la legge Tarzia, si voglia sovvertire l’attuale modello dei servizi offerti dai consultori, ovvero una maternità libera e consapevole, e, altro punto assai delicato, che, attraverso la legge Tarzia, si vogliano spostare ingenti somme a favore di strutture private gestite da gruppi cattolici.

“Strutture, che saranno per lo più date in mano a chi tende a indirizzare verso una strada ben precisa le persone che ne usufruiranno”.
“Ora le cose sono diverse – continua – noi non siamo qui ne per dare giudizi, ne indicazioni”. È così da quando sono nati i Consultori nel 1975, strutture nelle quali le donne si sono sentite protette e ascoltate, in particolare dopo l’entrata in vigore nel 1978 della legge 194, che permette di scegliere liberamente se ricorrere all’aborto.

Probabilmente M. con l’entrata in vigore della legge Tarzia, avrebbe trovato non poche resistenze nell’andare fino in fondo alla sua decisione. L’assistente sociale spiega che il 90 per cento delle ragazze che nel territorio di Roma decide di non abortire è straniero. Loro hanno una famiglia patriarcale alle spalle, vivono in case con le madri e le nonne, come da noi negli anni ’50.

“Dopo aver parlato con l’assistente sociale – racconta ancora M.– mi sono sentita più rassicurata, la paura comunque mi è rimasta addosso, ma ho capito che avrei potuto trovare una soluzione e che c’erano altre ragazze nella mia stessa situazione”. Tra lei e le sue amiche scatta uno sguardo complice. La rete di solidarietà è andata avanti, e così loro, a turno, l’hanno accompagnata al Consultorio, a fare la visita ginecologica, poi a parlare con la psicologa e di nuovo con l’assistente sociale. Ma a parlare con la madre è dovuta andare sola.

“Quello è stato il momento più difficile – racconta con un po’ di pudore – sia per il terrore puro che avevo nel raccontarle quello che avevo combinato e poi perché implicava tutta una serie di cose svelate che fino ad allora non avevamo mai affrontato”.

“Mia madre è giovane, a me sembra vecchia – ci confessa ridendo – ma ha 43 anni, e qualche volta mi aveva parlato di preservativi e pillola, ma non avevamo mai approfondito l’argomento. Mi ricordo che una volta era tornata a casa con un preservativo tra le mani, che le avevano dato a una manifestazione a Campo de’ fiori e mi aveva detto appoggiandolo sulla scrivania: usalo”.

Scavando più affondo scopro che la madre di M. con i figli parla di sesso, ha spiegato loro quali sono i pericoli che si corrono non usando precauzioni, le malattie che si possono prendere, Aids, epatite e anche semplici infezioni, ma scopro che a scuola di questi argomenti non si parla affatto. L’educazione sessuale non è contemplata. Dunque agli adolescenti non rimane che il passaparola e uno strano fai da te. Mettono insieme esperienze personali, cose sentite dire, cose viste e informazioni rubate in rete. Qualche Dirigente scolastico illuminato, ha da anni delle collaborazioni con i consultori che mandano i loro assistenti sociali a spiegare ai ragazzi un sesso protetto e sicuro. In alcune scuole come raccontano M. e i suoi compagni, c’è lo sportello con lo psicologo (CIC centri di informazioni e consulenza): due ore a settimana, e in una scuola con 900 alunni, come la loro, anche se non è sufficiente, è già qualcosa.

Quando chiedo quanti di loro vanno a parlare con lui sorridono maliziosamente e dicono quasi in coro: nessuno.

I ragazzi preferiscono affrontare da soli e di volta in volta i problemi che si presentano. M. ritorna sulla sua vicenda. Il confronto con la madre è stato tutto sommato meno spaventoso del previsto. Una volta pronunciata la frase fatidica “sono incinta”, si è accorta di essersi liberata di un macigno e che la madre aveva accusato il colpo senza ucciderla.
“Avrei preferito non dirle niente – confessa – ma avevo bisogno del suo consenso per abortire”. La trafila che i minorenni devono affrontare è rapida, anche perché ci sono tempi oltre i quali non si può andare. L’assistente sociale dopo aver parlato più volte con la ragazza interessata, stila una relazione da presentare al giudice che deve autorizzare. È inoltre necessaria anche l’autorizzazione di entrambi i genitori.

M. è più rilassata e racconta come un fiume in piena, anche di quando è arrivato il momento più doloroso, quando il coraggio degli amici non basta più. All’Ospedale, ad affrontare l’aborto, in quella sala operatoria, ci è andata sola.

M. si emoziona mentre racconta. Per la prima volta da quando sono con lei mi accorgo che la voce le si incrina. Cala un lungo silenzio e M. prende fiato. C. che è vicino a lei le stringe la mano. Ha vissuto la stessa esperienza lo scorso anno: aveva 15 anni. “Dal giudice tutelare, donna, mi ha accompagnato lei, mi ha fatto delle domande generiche, ha voluto sapere perché non l’ho detto a mio padre, e poi mi ha chiesto se il mio ragazzo era straniero”, M. lo sottolinea perché ha trovato la domanda fuori luogo”. Ed è dopo questo atto formale che compare il suo ragazzo/ padre, assente per tutta la vicenda. È stata lei ad averlo estromesso, ma lui si è imposto. “L’ho trovato sotto casa alle 7 di mattina quando sono andata all’Ospedale. Non potevo mandarlo via. È stata mia madre la sera prima a prepararmi la borsa che avrei dovuto portare in Ospedale”. “Avevo paura, ero emozionata, confusa e anche arrabbiata. Non sapevo cosa mi aspettasse. L’attesa è stata lunga. Ci hanno messe tutte in una stanza, dove abbiamo aspettato il nostro turno”. Tre donne adulte e due ragazzine, una delle quali appena diciottenne era alla sua seconda interruzione di gravidanza in otto mesi. Anestesia totale e alle 15 fuori dall’Ospedale, dopo il controllo del chirurgo. Davanti al reparto di ginecologia, insieme alle donne che hanno abortito c’è la sala parto. Il contrasto è stridente. Cerco di capire come mai M. ha optato per una scelta del genere, e mi spiega che non se la sentiva, che 17 anni sono pochi per avere un bambino, che vuole portare a termine gli studi. “Mia madre – confessa – me lo aveva pure detto, fai una cosa diversa dalle altre ragazze, tieni il bambino, lei mi dava tutto il suo aiuto, ma io non me la sono sentita”. Guardiamo M. negli occhi, lo sguardo ancora di una ragazzina, e forse, nonostante questa storia, i sogni tutti intatti. Si fa avanti un ragazzo, ha 19 anni e la sua ragazza è incinta, lei come M. ha 17 anni. Noi abbiamo pensato di tenero, abbiamo fatto tutta la trafila per Ivg (interruzione volontaria di gravidanza) ma non siamo sicuri di volerla fare”. Sapete che significa avere un figlio, obietto, ma lui senza stupirsi ci fredda con una frase: “è nostro figlio”.

Per saperne di più sulla legge Tarzia e sui consultori

12 COMMENTS

  1. avreste pure potuto intitolare questo post Comunione e Liberazione, o Opus Dei, perche’ gira e rigira quelli sono i protagonisti.

  2. Credo che in questa storia sia descritta, in modo cruentemente reale, tutta la tragedia dell’aborto, dell’interruzione di gravidanza che grava, come un macigno esistenziale, nelle coscienze di molte delle ragazze di oggi abbandonate completamente al loro destino, rinchiuse tra false moralità e la banalità del vivere.
    In quel “ma io non me la sono sentita” si può sintetizzare il dolore di un’intera umanità che ha selezionato anche l’età “giusta” per procreare, l’eta giusta per permettere ad una vita di vivere, di fiorire.
    Attraverso il continuo male del precariato esistenziale, ancor prima che economico, queste piccole tragedie di tutti i giorni si continueranno a consumare senza la luce dei riflettori. E intanto fuori tutto brucia.

  3. Complimenti per il bellissimo racconto: avvicina ai servizi e rende ben chiaro il trauma che una donna (specie se giovanissima) porterà sempre dentro per un simile evento! Nella scuola ci vuole più educazione sessuale…

  4. Chi non sa è meglio che taccia!
    Ci si ricorda per sempre anche di una scelta giusta. Perchè giusta non vuol dire non dolorosa. Giusta è stata per me a diciotto anni, come per M. Ho potuto scegliere di diventare madre non per sbaglio, non per leggerezza. I sogni si salvano è la memoria che non perdona.
    Stella.

  5. Francamente, non comprendo il significato di questo articolo. Serve a parlare dei consultori, del DDL Tarzia, oppure vorrebbe aprire uno sguardo sugli adolescenti? Perchè, devo ammettere che non fa nè l’uno nè l’altro.
    E’ soprattutto frustrante nel descrivere questa M., di cui è impossibile stabilire le motivazioni della sua scelta, nascoste dietro l’espressione “non me la sento”, che ovviamente non esplicita in alcun modo il percorso interiore sicuramente travagliato attraverso cui la ragazza ha deciso di abortire.
    La parola magica è “scelta”, come ha detto Stella. Peccato che le scelte si compiono inevitabilmente all’interno di contesti che non abbiamo certo scelto noi, due dei quali determinanti, il nostro DNA da una parte, e una cultura dominante dall’altra. Se tenessimo ben a mente questi contesti predeterminati, credo che dovremmo convenire che di scelta in tutto questo c’è ben poco.

  6. Ma di cosa vogliamo parlare veramente? Di sesso? di maternità? di come sfugge per leggerezza che le due cose sono connesse? Allora diciamo le cose come stanno, diamo un nome vero a quello di cui si parla!
    Chi è che dice che a sedici anni non si possono avere rapporti sessuali completi? Nessuno, mi pare. Ma a quella ragazza lì e a quel ragazzo lì bisognerebbe dire che l’educazione sessuale teorica che si fa a scuola o quella epurata che si fa a casa non servono a niente. Perchè quando sei lì, in quel momento lì, proprio quello che TUTTI conosciamo bene non facile seguire i ragionamenti logici piuttosto che le emozioni. E’ questo che succede! In teoria, le amiche di M. o le mie stesse amiche sapevano bene cosa era accaduto, ma in pratica nessuna, nessuna sapeva esattamente di cosa stavamo parlando. Quindi il problema è a monte, è dire ai ragazzi che si innamorano o non si innamorano non fa differenza che per vivere quelle emozioni lì bisogna conoscere il proprio corpo a fondo prima di conoscere quello dell’altro. E soprattutto basta con il delirio di onnipotenza ” è successo al tizio perchè non è stato furbo, a me non succederà mai”. Sicuro che ti capita, sicuro!
    Scegliere vuol dire anche consapevolezza, la consapevolezza che quando ti lasci andare le cose possono prendere delle strade impreviste.
    Scusate tutti, sono molto sensibile all’argomento, per esperienza e spesso troppo spesse si dicono cose senza senso.
    Ognuno può avere un’opinione su qualsiasi argomento, facendo della filosofia, teorizzando, ma quando poi ci sei dentro, all’argomento allora chissà perchè qualcosa nello sguardo cambia.
    Stella

  7. bell’articolo, intenso e anche informativo – a me ha schiuso un orizzonte ignoto; peccato per due commenti – guarda caso da maschi… – del tutto fuoriluogo. Di uno non vale la pena parlare, ma l’altro – pur con una verve polemica che non capisco – sottolinea acutamente un aspetto che resta escluso dal senso dell’articolo, ovvero il dominio della scelta: quale è stato il senso della scelta di M.? E se avesse ragione Stella?

  8. Gabriele, ma tu di che sesso sei? Dal nome, si direbbe maschile. E allora, delle due l’una: o ammetti che ciò che si scrive è indipendente dal sesso, oppure hai problemi sul sesso di tua appartenenza, una questione di logica pura direi…

  9. Più leggo le repliche di Vincenzo Cucinotta, e meno capisco la sua, di logica – che non mi pare proprio ferrea: cosí come non capisco la sua logica di lettore (che si dichiara frustrato per non aver letto nel post delle scelte più profonde che hanno portato la ragazza ad abortire – come se si trattasse di trovare la soluzione certa a un enigma “destinato ai solutori più che abili”), allo stesso modo trovo altrettanto peregrina la logica che mi rimprovera: non ho mai detto infatti che ciò che si scrive è indipendente dal sesso – anzi: proprio perché i maschi Jacopo e Vincenzo si sono prodotti in commenti l’uno inqualificabile e gratuito, l’altro basato su premesse risibili (e su conseguenze però che sarebbero interessanti da discutere, circa la visibilità e la liceità di una scelta drammatica), che mi ha portato a sostenere quanto ho sostenuto. Del resto, la logica pura di cui discetta Vincenzo mi pare si risolva in una antinomia molto facile, della serie: siccome ciò che si scrive non è indipendente dal sesso, e siccome anche tu, Gabriele, sei un maschio, se ne deduce incontrovertibilmente che tu hai problemi di identità sessuale, visto che hai rifiutato quella che evidentemente mi verrebbe da definire la complicità di genere (noi maschi troviamo in fondo risibili, degne dei ciellini , o incomplete, le informazioni in materia di aborto che le donne ci propinano). Forse Vincenzo si tratta semplicemente di malcelato rancore da mancanza di controllo?

  10. Ma no, Gabriele, le cose sono più semplici di come tu le vuoi complicare.
    Invece, io volevo solo sottolineare come tu, nel criticare come ovviamente lecito ed anzi augurabile, commenti precedenti tra cui il mio, non hai saputo trattenerti dall’evidenziare che si trattava di commentatori maschi.
    Ora, sarà che sono un sempliciotto, non capisco come un maschio possa avere dei pregiudizi sui maschi. Qui, la solidarietà di genere non c’entra proprio nulla, non è che ti abbia criticato perchè non eri d’accordo con me, siamo entrambi maschi ma con opinioni differenti, dove sta il problema?
    Da ciò a sentirsi come maschio inerentemente incapace di comprendere, ce ne passa, non credi? E in nome di cosa tu ti chiami fuori da questo handicap dei maschi?
    Insomma, il femminismo dei maschi mi pare autocontraddittorio, ma certo io sono un sempliciotto.

  11. davanti alle entrate dei licei le adolescenti di oggi sembrano tutte uguali. perché, quelle di IERI no?
    Qualsiasi individuo/a san* di mente, e con un minimo di consapevolezza scientifica, sa bene che ogni mestruo di donna fertile sessualmente attiva è potenzialmente un aborto, direi dalla notte dei tempi. direi che dalla notte dei tempi Non se ne fa una traggedia una volta al mese direi che anzi, molto più facile che dalla notte dei tempi il mestruo tra le etero dia il via nella maggior parte dei casi ad una festa (clandestina).
    chi scrive può essere porzione materica sessuata al femminile o al maschile, direi che poco importa. Non c’è unicitä di atteggiamento nei confronti dell’aborto, sia che si consideri un gruppo di riferimento di femmine etero, sia che sin consideri un gruppo di riferimento di femmine lesbiche. le donne non esistono. Così come non esistono i maschi, se non biologicamente, come porzione di materia sessuata al maschile. In se, nessun significante/significato. Quanto al seguito, via libera al circolo di cucito, sia maschile che femminile che in transito. circolo di cucito che indubbiamente ha il suo peso. e chi lo nega.

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