Resistere, fuori dall’umano

di Marilena Renda

Si può credere alle schede librai? E alle quarte di copertina? Ma soprattutto, si può credere a un narratore che palesemente si compiace di essere inattendibile e in apertura di romanzo dichiara, chiamando in causa il suo ex-editore, di essersi stancato del sesso omosessuale, dei culturisti e dei loro muscoli, e che finalmente vuole convertirsi al romanzo “tradizionale” e affrontare da una prospettiva diversa (terza persona, narratore onnisciente) i nodi più intricati che agitano questi anni? In realtà, si tratta di nodi già affrontati da Siti nei libri precedenti: la mercificazione del desiderio, il corpo come “supermerce”, il deserto del reale, la questione del come-stare-fuori-dall’umano, intriso com’è l’io narrante di pulsioni opposte che lo fanno dubitare della sua umanità e lo pongono a volte in terra, altre in cielo, più spesso in una reietta terra di nessuno dove la sua sostanza fisica e morale gli è ignota, ed è proprio questo, baudelairianamente, a scatenare lo sforzo di conoscenza del dove-si-sta e del-chi-si-è. Stavolta però si scava in uno dei luoghi in cui tutto questo ha inizio: tra gli speculatori finanziari e i loro traffici al limite tra il lecito e l’illecito, nei luoghi (virtuali) in cui non si esita a scatenare una guerra tra bande in un paese del terzo mondo pur di far scendere il prezzo del cacao, investirci e guadagnarci. Tutto irreale, ergo tutto pulito: la neutralità dello schermo del pc permette di illudersi che sulle mani degli speculatori non rimanga nulla di sporco. Ma dicevo: è possibile che lo scrittore sia cambiato così tanto? che si sia convertito alla realtà tanto da dimenticare il corpo, e il sesso, che da sempre per Siti ha il formidabile potere di portare l’uomo al di là di se stesso? Una cosa è certa: sembra che di questo – dell’oscuro soggetto del desiderio che da sempre agita le pagine di Siti – il narratore non voglia parlare; si presenta come un morto per cui sono finiti i giochi («questa cazzo di vita non vuole finire»), sembra ansioso di diventare realmente postumo a se stesso e di raccontarci una storia di cui è parziale testimone, peraltro non giudicante: la storia di un bankster romano appoggiato dalla malavita, e soprattutto di come, attraverso il suo talento matematico, l’ex-obeso ed figlio di pregiudicato Tommaso Aricò tenti di riscattarsi da un vissuto difficile nella periferia romana.

 

Quindi, Resistere non serve a niente si presenta soprattutto come una riflessione sui meccanismi che regolano le faccende dei soldi e del desiderio nel mondo occidentale. E’ sempre inevitabile, a un certo punto della lettura di un libro qualsivoglia di Siti, pensare a Pasolini, e in particolare mi sembra inevitabile non pensare a Qualcosa di scritto, l’ultimo libro di Trevi, che Siti dichiara di avere apprezzato, e al ruolo che in quel libro gioca la funzione Pasolini: di distanziamento da un’icona fisica prima ancora che culturale, e insieme di occasione per una dichiarazione (vuoi i tempi, vuoi la storia personale) di resa totale al ruolo incruento di intellettuale costretto ad ammettere di non poter aderire al modello di vitalità rappresentato da PPP. E’ in questo senso (in questo verso) che entrambi sono romanzi della crisi (attraversano questa crisi); Una delle declinazioni di questa crisi è la ritirata dal romanzo del proprio io decretata da Siti; un io troppo sminuzzato e lasco per continuare a ostentare se stesso e le proprie idiosincrasie; dopo una serie di false partenze arriva il momento in cui l’io cede il passo alla terza persona e lo scrittore possa parlare di denaro, altra sua ossessione, e raccontare la vicenda di questo memorabile personaggio di ragazzino ex-obeso cresciuto nei sobborghi che cerca nel denaro il suo riscatto sociale ed esistenziale. Resta il fatto che sull’altro versante delle battaglie incruente per moltiplicare il denaro virtuale e trasformare una donna pagata in una donna con cui avere un rapporto “reale”, c’è altro, c’è di più. «C’è ancora un po’ di rozza materia nel piacere di cavare un occhio infilando il manico del cucchiaio nel punto giusto dell’orbita o sentire una mandibola scricchiolare sotto il tuo gomito. Il piacere medio non esiste più, questa è la verità: o perdi un dente scontrandoti con un pugno, o rischi l’ulcera azzardando milioni, o ti scartavetri la cappella a forza di trombare. Se viene avanti un nuovo medioevo, io sono pronto».

C’è che il desiderio va appresso a una donna televisiva e sfuggente, mentre la “reale” gratitudine che gli tributa un’altra donna, una donna “autentica”, lo fa vergognare e lo annoia. La realtà è brutta e detestabile quasi quanto le pretese di autenticità del personaggio della “scrittriciue” e dei suoi amici letterati. Le pagine più interessanti di Siti sono sempre quelle in cui lo stare fuori dall’umano diventa una tentazione di cui non vergognarsi più, o non più, e in cui della realtà vediamo solo ciò che per Siti è veramente “bello”: la bellezza feroce e assoluta, il desiderio cruento che trascende la miseria corporea. L’inferno, una volta deciso che non serve resistere, è soltanto una questione estetica; non è più una scelta tra bene e male, ma la decisione istintiva di Tommaso di assecondare la propria natura. Qualcosa di cruento, per favore: non è soltanto la richiesta di Tommaso, ma soprattutto quella del narratore aspirante postumo.

 

5 COMMENTS

  1. Qualche refuso…prima riga, “schede librai?” si intende schede dei librai? Ultima riga primo paragrafo “ex-obeso ed figlio”. Nel secondo paragrafo c’è una maiuscola dopo un punto e virgola e nell’ultimo paragrafo “scrittriciue”.

  2. “scrittriciue” credo voglia rendere la labializzazione del -ce finale, in voga presso certi ambienti

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