diario triestino
di Antonio Sparzani
Seduto al caffè, in mezzo a tanti, un affollato pomeriggio di agosto, non caldo, ventilato appena, guardo la gente: sia quelli che stanno seduti nelle mie vicinanze – una famigliola con un ragazzetto down che combina qualche disastro, ma sempre assecondato da sorrisi compassionevoli da genitori e loro amici bene addestrati – sia quelli che passano tra i tavolini e il marciapiede dell’altro lato. La strada è quella che da piazza della Borsa conduce a piazza Unità d’Italia, quella straordinaria piazza che da tre lati ha sontuosi absburgici palazzi e da un lato il Golfo. Il golfo di Trieste, in tutto il suo splendore, a perdita di vista.
In verità aspetto, o mi fingo di aspettare, che passi una persona che ben conosco, che provenga da piazza della Borsa, lui ha casa più in alto; io non l’ho mai vista la sua casa, lui è geloso e discreto, scrittore piuttosto famoso difende la sua privatezza. È del tutto irragionevole aspettarsi che passi, sarà in vacanza lontano, o forse solo a Cherso, dove spesso va. È così irragionevole che scruto le facce dei passanti, mi dico guarda che forse è lui, guarda che tu non sei fisionomista, non hai la vista acuta, fai fatica a riconoscere, magari è quello lì e non te ne accorgi, guarda meglio, e allora guardo meglio, mi ripasso in mente il viso del mio amico e lo confronto, no, decisamente non è lui; è la triestinità che mi inganna. Ma la triestinità si scorge nei visi delle persone? Non so più, qualche volta mi pare di sì, signore altere e scontrose, sorrisi appena accennati, tristezze che guardano lontano. E poi bisogna persuadersi che anche l’impronta di una città che abbiamo calda nel cuore cambia inesorabilmente nel tempo.
La libreria antiquaria che fu di Umberto Saba (l’immagine che vedete all’inizio proviene da lì) è chiusa, mi dicono per “lavori in corso” – nessuno sa niente di preciso; rimane, in via Dante Alighieri, il bronzo di Saba che sembra muovere un passo in avanti, un passo accennato e non portato a termine: era lui che diceva della scontrosa grazia.
Ma il famoso personaggio che insensatamente aspetto, malgrado tutte le mie divagazioni, non passa, starà immaginando qualche nuovo libro dopo i tanti già scritti. È stato infatti dopo la lettura di uno dei suoi primi che non ho resistito alla tentazione di scrivergli e di chiedergli un incontro. E lui subito, generoso, aperitivo al Tommaseo, uno dei luoghi sacri delle triestine lettere. Quella volta mi parlò del dolore per la perdita della moglie, che ancora lo dilaniava e, così semplicemente aggiungeva, sempre più al passare dei giorni di mancanza.
Oggi l’ho invece cercato al caffè San Marco, poco sotto al Giardino Pubblico, popolato dei busti dei triestini e delle triestine, più o meno famosi. Anni fa al San Marco sedetti al tavolino in compagnia di Giorgio Voghera, scomparso nel 1999, notevole scrittore, molto probabilmente l’autore (anonimo triestino) de il Segreto, Einaudi 1961: mi parlò sobriamente della sua vita, confessando tra l’altro qualche delusione per il comportamento di Susanna Tamaro nei suoi confronti, ma con grande, e ammiccante, bonomia. È in questi luoghi che si colgono talvolta dei flash che aggiungono qualche colore inedito alle storie delle patrie lettere.
Ovviamente oggi al San Marco non c’è il famoso scrittore che cerco, in compenso ci sono molti suoi libri, perché il caffè adesso è Caffè-libreria, con un’ampia esposizione, di molti generi, naturalmente con un ampio spazio alla triestinità. Davvero un’anima di frontiera si percepisce qua intorno, ma di frontiera smussata, senza salti bruschi, ti parlano in triestino o in sloveno, ma il tono è lo stesso, un po’ complice e un po’ condito da uno sfrontato sorriso.
Trieste è un’illusione dal mare riflessa. effeffe
grazie Fra’! Illusione di grazia