Le voci dell’Olocausto. L’opera estrema di Charles Reznikoff
A Roma, presso la Casa delle Traduzioni
(via degli Avignonesi 32)
giovedì 18 settembre, ore 17:15 – 18:30
Le voci dell’Olocausto. L’opera estrema di Charles Reznikoff
Charles Reznikoff, Olocausto, traduzione di Andrea Raos, Benway Series, 2014
http://benwayseries.wordpress.com/2014/09/09/charles-reznikoff-olocausto-holocaust-benway-series-6/
Partendo dalla recentissima traduzione di Olocausto, l’ultimo straordinario testo pubblicato in vita dal poeta americano Charles Reznikoff (1975), l’incontro cercherà di mettere a fuoco le particolarità e le difficoltà dell’opera di trasposizione di fronte a un tema così complesso e delicato come la Shoah e davanti a una lingua che assume tutta la responsabilità e, al tempo stesso, tutta la distanza necessaria per poterne rinnovare la memoria.
In dialogo sulla traduzione: Damiano Abeni e (via skype) Andrea Raos.
Interventi: Marco Giovenale e Giulio Marzaioli.
Letture dal testo: Michele Zaffarano.
https://www.facebook.com/events/616909615096122/
Charles Reznikoff (1894-1976) è stato uno dei maggiori poeti statunitensi, collocabile nell’ambito della seconda generazione di autori modernisti. Fu partecipe in prima persona (con Louis Zukofsky, George Oppen, Carl Rakosi) dell’idea e progetto “oggettivista”. È autore di numerosi testi di poesia, tra cui Jerusalem the Golden (1934), In Memoriam (1936), By the Waters of Manhattan: Selected Verse (1962), Testimony: The United States (1885-1890) (1965), Holocaust (1975). Holocaust, qui in prima traduzione italiana, fu scritto riprendendo in maniera diretta e senza alcun intervento autoriale le testimonianze delle vittime della barbarie nazista e quelle dei carnefici, così come riportate negli atti del processo di Norimberga (1945-46) e di quello a Eichmann (1961).
Andrea Raos (1968) ha pubblicato Discendere il fiume calmo (nel Quinto quaderno italiano di poesia contemporanea, 1996), Aspettami, dice (2003), Luna velata (2003), Le api migratori (2007), I cani dello Chott el-Jerid (2010) e Lettere nere (2013). È presente nel volume Àkusma. Forme della poesia contemporanea (2000) e ha curato l’antologia Chijô no utagoe – Il coro temporaneo (2001). Con Andrea Inglese ha curato le antologie Azioni poetiche. Nouveaux poètes italiens, in «Action poétique» (2004) e Le macchine liriche. Sei poeti francesi della contemporaneità, in «Nuovi argomenti» (2005).
Damiano Abeni (1956) ha tradotto dall’inglese oltre cinquanta libri e collabora con diverse case editrici e riviste letterarie. È tra i redattori di «Nuovi Argomenti» e della rivista online «Le parole e le cose». Ha ricevuto una fellowship del Liguria Study Center for the Arts and Humanities (Bogliasco Foundation, 2008) e una delle Rockefeller Foundation Fellowship (Bellagio, 2010). Nel 2009 è stato Director’s Guest presso il Civitella Ranieri Center. È cittadino onorario per meriti culturali di Tucson, Arizona, e di Baltimore, Maryland.
Il progetto editoriale Benway Series, indipendente e autoprodotto, nasce per iniziativa di quattro autori (Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Giulio Marzaioli e Michele Zaffarano) con l’intento di formare un tracciato di scritture di ricerca straniere e italiane, appartenenti al passato più o meno prossimo o alla contemporaneità. Sino a oggi sono stati pubblicati testi di J. Ashbery, F. Ponge, C. Costa, M. Zaffarano e G. Marzaioli. L’Olocausto di Reznikoff è l’ultima traduzione della serie.
http://benwayseries.wordpress.com/
Per l’incontro, riservato ai possessori Bibliocard, è richiesta l’iscrizione, da inviare all’indirizzo casadelletraduzioni@bibliotechediroma.it entro il 16 settembre.
davvero un bel progetto Andrè. da seguire
Ringrazio Andrea per la traduzione di un’opera maggiore.
Qualche anno fa avevo scoperto un brano su bambini abbandonati in un campo. L’esperienza del dolore la ricordo.
Le parole hanno una verità che danno il vertigine.
Scorticata.
Questo lavoro poetico è vitale.
Questo libro puo essere ordinato in libreria?
Grazie di quanto scrivi, Véronique. Il libro può essere richiesto tramite l’email di Benway, alla pagina http://benwayseries.wordpress.com/info/
Colpisce molto il linguaggio piano e antimetaforico, ancora più forte in quanto asciutto, simile per il procedimento, le fonti processuali, il processo di Eichmann di Norimberga e per la liricità scevra di effetti a “Istruttoria” di Peter Weiss del 1965 con i suoi Canti, tratto dalle sedute del processo contro SS e funzionari di Auschwitz a Francoforte. Da ricordare che erano quelli anni in cui dell’Olocausto non si parlava né scriveva quasi.
Se il linguaggio è questo viene smentito l’adorniano “Dopo Auschwitz non è più possibile la poesia”.
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giustissima osservazione.
epc.buffalo.edu/authors/reznikoff/danfeatherston.html