Messico invisibile

Pubblichiamo il prologo al libro di Fabrizio Lorusso, Messico Invisibile, voci e pensieri dall’ombelico della luna, Edizioni Arcoiris, Salerno, 2016

di Alessandra Riccio

Il Messico è un grande paese dell’America del Nord che, secondo un detto popolare, è troppo lontano da Dio e troppo vicino agli Stati Uniti. Come spesso succede, la saggezza popolare scaturisce da profonde verità: il lunghissimo confine che separa il Messico dagli USA –la frontera– è stato sempre un luogo di conflitto, di guerre lunghe e sanguinose che hanno spostato il limite sempre più a sud con la perdita di circa un terzo dei territori della ex colonia spagnola a favore della giovane, aggressiva e indipendente Confederazione di Stati del Nord. California, Texas, Arizona, Colorado, Nuovo Messico, come indicano i loro nomi, erano gioielli del Vicereame della Nueva España prima che, nelle alterne, drammatiche e discontinue vicende dell’indipendenza messicana, andassero ad aumentare il numero delle stelle nel vessillo della Confederazione.

Un evento segna significativamente l’entrata del Messico nel XX secolo. Nel 1910 esplode una rivoluzione popolare e contadina le cui vicende sono ormai diventate leggenda come lo sono le due figure più emblematiche di quegli anni, di quelle rivendicazioni e di quegli esiti drammatici: Pancho Villa ed Emiliano Zapata.

Da quegli eventi maieutici scaturisce, nella prima metà del novecento, un rinascimento artistico straordinario, una rivoluzione sociale importante, un protagonismo statale capace di grandi gesti come l’accoglienza agli esiliati della Guerra di Spagna o dell’esule Trotsky, l’affermazione di uno stato laico quando non addirittura anticlericale, il riconoscimento e il supporto alle lingue, alle culture e alle attività artigianali delle popolazioni originarie, un’alfabetizzazione diffusa e popolare. Il francese Jean-Marie G. Le Clézio, premio Nobel per la letteratura, descrive così quella Città del Messico: “Una città in cui si agitano la creazione, l’invenzione, la novità. Indubbiamente, nessun’altra città fu mai così rivoluzionaria, faro per i popoli oppressi d’America. Un luogo così importante, durante il decennio 1920-1930, così fertile per l’arte e per le idee come lo furono Londra ai tempi di Dikens o Parigi durante la belle époque di Montparnasse.” (Jean.Marie G. Le Clézio, Diego e Frida, Il Saggiatore, 1997, p. 16)

Prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, il Messico è stato terreno di generosa solidarietà, ospitale, pieno di creatività, eccessivo a tratti, ma portatore di una cultura non solo identitaria ma anche densa di novità, suggerimenti, integrazioni, contributi originali alla cultura universale. Ricordare i nomi dei grandi pittori del muralismo, dei fotografi pronti a rivelare nuovi mondi, l’ardimento di donne straordinarie, è doveroso. Frida Kahlo e Diego Rivera, Tina Modotti e Julio Antonio Mella, Rosario Castellanos, José Guadalupe Posada, il brillante ministro Vasconcelos, il vero animatore e protettore di quest’epoca d’oro, il Presidente Lázaro Cárdenas, poi anche ministro, a cui si deve la riforma agraria e la nazionalizzazione del petrolio e delle ferrovie, e tanti altri ancora che hanno configurato un mondo politico culturale nel pieno della corrente mondiale ma con punte di avanguardia e originalità che lo hanno reso unico.

Fra le caratteristiche di quel mondo vi è stato –e continua ad esserci- un impegno politico dichiarato ed esercitato anche a costo di prezzi da pagare molto alti mentre il paese si trasformava inesorabilmente in un narcostato, nella terra dell’impunità, della mafiosità diffusa, del militarismo e del femminicidio, delle atroci sparizioni come l’ultima e la più terribile, quella dei 43 desaparecidos di Ayotzinapa. Maestri e giornalisti, scrittori e musicisti, pittori e poeti, hanno fatto e fanno sentire la loro voce contro un degrado che sembra inarrestabile e contro gli abusi del potere sia locale che statale che federale. L’ultima, dignitosissima voce che ha denunciato il deplorevole stato del paese, è quella di Fernando del Paso. Il grande scrittore, nel ricevere l’importante Premio Cervantes nell’Università di Alcalà de Henares, davanti ai Re di Spagna, non ha voluto lasciar passare l’occasione senza far sentire la sua autorevole voce di accusa per il pericolo che corre la democrazia messicana a causa dalla Legge Atenco, recentemente varata: “A marzo dell’anno scorso, quando ho avuto l’onore di ricevere nella città messicana di Mérida il Premio José Emilio Pacheco, ho fatto un discorso che ha causato un certo scalpore. So bene che quelle parole hanno risvegliato una grande aspettativa riguardo alle parole che pronuncerò oggi in Spagna: da allora, le cose in Messico sono cambiate in peggio, continuano le rapine, le estorsioni, i sequestri, le sparizioni, i femminicidi, la discriminazione, gli abusi di potere, la corruzione, l’impunità e il cinismo. Criticare il mio paese in un paese straniero mi fa vergognare. Bene, inghiotto questa vergogna e approfitto di questa platea internazionale per denunciare ai quattro venti l’approvazione nello Stato del Messico della Legge Atenco, una legge oppressiva che consente alla polizia di arrestare e perfino di sparare nelle manifestazioni e riunioni pubbliche contro chi, a suo giudizio, attenti contro la sicurezza, l’ordine pubblico, l’integrità, la vita e i beni sia pubblici che privati. Sottolineo: è a criterio dell’autorità, non necessariamente presente, che questa misura estrema viene permessa. Ciò prefigura il principio di uno stato totalitario che non possiamo consentire. Se non lo denunciassi, allora sì, proverei davvero vergogna.” (23.4.2006)

Le nobili parole di Del Paso sono armi spuntate contro una situazione che viene descritta da questo libro di Fabrizio Lorusso in numerosi frammenti della realtà messicana che servono a comporre il terrificante mosaico di quel paese, ridotto oggi a pura violenza e illegalità. Eppure, nel panorama degli straordinari cambiamenti dell’America Latina in questo Terzo Millennio, cambiamenti purtroppo attualmente messi di nuovo a rischio, il Messico continua a mantenere il suo prestigio in quanto “buon vicino” degli Stati Uniti, obbediente al Washington Consensus, fedele alleato in una fallimentare lotta al traffico di droghe, una battaglia che è certamente all’origine dell’attuale degrado del paese. Anche l’Italia mantiene ottime relazioni, e lo conferma il recente viaggio del Primo Ministro Renzi, di cui si parla in questo libro dove, oltre ai rapporti di politica estera fra i nostri due paesi, si dà conto di altre, diverse relazioni, come quelle intrattenute da Libera e da don Ciotti su corruzione e mafie, l’interesse di Roberto Saviano per questo e per altri paesi latinoamericani i cui rapporti con la delinquenza organizzata italiana sono fin troppo evidenti, l’opinione dello scrittore Pino Cacucci, conquistato dal Messico e dalle sue contraddizioni, o le visite di due Papi in un paese ufficialmente anticlericale. Della visita di Bergoglio, Lorusso sottolinea il silenzio sul degrado istituzionale e morale, sull’illegalità eclatante e sulle violazioni dei diritti umani. Papa Francesco ha anche officiato una messa in Chiapas –una periferia delle periferie- che dà conto della resistenza culturale di quelle popolazioni originarie le cui credenze religiose sono molte e differenti e riporta all’attenzione una regione dove una resistenza silenziosa e attiva ha consentito l’esperimento insolito e notevole delle cinque comunità o caracoles –cinque come le dita della mano- impegnate a realizzare forme di autogoverno in un territorio ostile, la Sierra Lacandona, assediata dall’esercito federale fin da quando, il 1° gennaio 1994, l’Esercito Zapatista di liberazione Nazionale, la prima guerriglia postmoderna, ha conquistato con le armi la città di San Cristóbal de las Casas.

Negli ultimi anni, di pari passo con il declino del paese, il culto più particolare sembra essere quello della Santa Muerte, una forma estrema di familiarità con la morte non nuova in Messico, ma adesso pericolosamente sprofondata nella superstizione e nel criptico linguaggio espressivo della delinquenza, praticata prevalentemente nelle città. D’altra parte, la mitologia contemporanea eleva agli altari delinquenti come El Chapo Guzmán, capo indiscusso del narcotraffico, o il suo contrario, il dottor Mireles, un medico esasperato dai ricatti e dalle violenze imposte dal gruppo criminale Caballeros Templarios, che ha guidato le sue pattuglie di autodifesa in vere e proprie operazioni di guerra nello stato del Michoacán.

Su questo caotico panorama di un grande paese sprofondato in una crisi grave e ormai cronica ha speso qualche amara parola, nel contesto di un discorso politico sul discutibile impeachment di Dilma Rousseff, Presidenta del Brasile, Cuauhtémoc Cárdenas, uomo politico e figlio dell’amatissimo Presidente Lázaro Cárdenas:

“Conviene pure gettare uno sguardo al nostro paese, il Messico. Qui il golpe è stato morbido: il neoliberismo ha imposto al nostro paese il modello che soddisfa l’egemonia, gli interessi finanziari e politici che comandano negli Stati Uniti. Si è appropriato dei nostri mercati interni, distruggendo capacità produttive della campagna, smantellando settori industriali e impedendo la creazione di catene produttive, eliminando istituzioni, annullando principi costituzionali basilari per l’esercizio della sovranità nazionale e aprendo ad interessi alieni le aree e le risorse strategiche dello sviluppo economico. D’altra parte, il golpe che è stato realizzato gradualmente in Messico è stato duro: ha provocato un impoverimento crescente della popolazione, un’esorbitante concentrazione della ricchezza, un continuo flusso migratorio che disprezza il valore del lavoro al nord, mentre qui produce una crescita della disoccupazione e del lavoro informale, della violenza e della delinquenza senza controllo, con un alto costo di vite, insieme a corruzione e impunità.”

Questo grande paese ha dentro di sé il veleno e l’antidoto e la battaglia è, inevitabilmente, all’ultimo sangue.

Copertina lorusso-messico-invisibile

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