La piccola Perla

di Antonio Sparzani

È domenica e non abbiamo appuntamento. Il suo quartiere è piuttosto lontano dal mio. Ma io prendo la mia Fiesta color perla e mi dirigo verso quel quartiere. Non so cosa farò. La ragione non comanda sempre, anzi non comanda mai, ci sta sempre sotto tutto il mio corpo che è grosso e complesso ed è inesorabilmente un tutt’uno. Dunque questo corpo, persona, uomo, si sente girare dentro la testa, ma forse anche dentro altre parti, forse tutte le altre parti, una spinta, un desiderio di stare un po’ in quella zona, dove vive lei. E la macchina, che lei sì è veramente una macchina, si lascia condurre, lentamente, quasi per sviare l’attenzione, sul posto.
Il posto è poi un quartiere, con le sue vie rettangolari e qualche piazzetta che sembra proprio una piazza di paese. Io so il giro che bisogna fare per arrivare da lei, cioè davanti alla sua casa, che magari non esca proprio in quel momento, a portare a spasso il cane, uno shetland dal pelo lungo e simpatico, chissà, si potrebbe dire oh guarda che caso, aspetta che parcheggio. Ma poi parcheggio davvero e percorro pigramente a piedi le strade del quartiere, ristorantini, pizzerie, negozietti, perfino un falegname vero, con la bottega piena di strumenti e di legno, e poi mostre d’arte e tanti passanti svelti che tutti girano per le poche strade di un’isola nella grande e industriosa città.
Cerco di conoscere il posto, di imparare i nomi delle vie, di orizzontarmi senza fatica, vedo una sagoma lontana con un cane, affretto il passo, no, non è lei, son proprio cieco, ma nell’ombra di questi brevi crepuscoli invernali non si sa mai. Penso ma sono venuto fino qui per non suonarle neppure il campanello con una scusa qualsiasi, è questo che voglio? È mancanza di coraggio, di spavalderia? No, non credo, mi interrogo a lungo, guardo i fili dei miei pensieri che percorrono tutti i teatri possibili, sto attento a non cedere al primo impulso, ma forse è che l’impulso non è abbastanza forte; girellare nel suo quartiere è comunque starle vicino, magari sbuca da dietro un angolo, certo sarebbe bello, o forse un tantino imbarazzante? Cosa fai da queste parti, ma, sai, andavo dal falegname per una certa sedia rotta, ma no, ma no, la verità è sempre il meglio, sono venuto a girare qui sperando di incontrarti, e allora sì che ci si capisce e si capisce se ci teniamo in qualche modo, con i nostri modi diversi, tutti e due.
Ma naturalmente nulla di ciò accade, io mi perdo via a pensare come sono fatto strano, che poi figuriamoci che stranezza, chissà quanti altri se la raccontano di qui e di là, e ritrovo la mia piccola Perla che mi aspetta, lei, stupida prevedibile macchina, mi attende fedele.

3 COMMENTS

  1. Bello! La prossima volta, però, citofona, ti assicuro che la tua piccola Perla sarebbe molto orgigliosa di te e con grande piacere vi scarrozzerebbe per le vie della città.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.