Europa vista da dentro : Enrico Remmert

Europeana Remixed

di Enrico Remmert

 

Caro amico, oggi scriviamo su Sud! Scriviamo su Sud! Scriviamo su Sud! Ma perché? Ce lo chiede l’Europa. E noi italiani quando l’Europa ci chiede qualcosa allora guai, siamo pronti a fare tutto quello che ci viene chiesto. Riformuliamo pure il noto discorso alla nazione: “Non chiederti cosa può fare l’Europa per te ma chiediti che cosa ti può chiedere l’Europa e poi non chiederti altro!”. Mi confermate che la Spagna sta a ovest, la Germania a est, l’Italia a sud e l’angoscia un po’ ovunque? Ma poi che vuoi che mi importi dell’Europa, caro amico, siamo un continente sovrappopolato da persone orrende.. I cinque Paesi più giovani del mondo sono tutti in Africa , tié. In Niger l’età media è di 15,1 anni, in Uganda e in Mali si arriva a 15,5 anni, mentre quei vegliardi del Malawi e dello Zambia arrivano addirittura a 16 anni. L’età media della Germania è di 46,1 anni, giusto per capirci.

Siamo vecchi, è chiaro. Qui dovrei metterci un punto esclamativo. Oppure un punto e virgola. Ma quand’è di preciso che si usa il punto e virgola? Di giovedì? Lo so ma non te lo dico. Tanto sei un europeo ignorante. Peggio, potresti essere un italiano (un italiano su tre decifra con difficoltà anche le frasi più semplici). Mentre sei impegnato a decrittare le parole, durante la lettura, non riesci a cogliere il senso di quello che leggi: nel tuo caso, in pratica, siamo di fronte a una alfabetizzazione apparente. Come la maggior parte degli europei sei in grado di identificare i segni di lettura ma non capisci ciò che leggi, questi sono i dati. Come dici? Stai a Parigi? Non scappi lo stesso. L’80% dei francesi non è in grado di riformulare la seguente frase utilizzando esclusivamente sinonimi: il gatto di casa beve perché ha sete. Mettili alla prova. Vedrai che disastro. D’altronde, la metà degli spagnoli non è andata oltre la terza media, come le mie due nonne, ora scomparse. Cosa vuoi che ti dica, amico mio, ai tempi delle mie nonne non esistevano neppure le App. Per dirti la barbarie. Ma oggi è tutta un’altra storia. Lunedì, nella sala d’attesa del medico, ho assistito al seguente dialogo tra un bambino bianco e una bimba nera: “Come si chiama la tua mamma?” “Mamma.” “Anche la mia.” Meno male che non c’erano leghisti/fascisti in attesa, quelli che non usano molto la testa ma “ragionano di pancia”. Ecco, io questi non li sopporto molto, caro amico, perché tutti sanno che dalla pancia viene solo una cosa, e non è una cosa bella.

Dicevamo dell’Europa? La scorsa settimana ero alla stazione, in Slovenia, e ho assistito a un duello aereo tra un falchetto e due corvi. Intorno a me c’era una intera scolaresca, tutti inchinati ai cellulari, mentre sopra di loro la grandezza del creato sciabolava quest’epica scena, si sentiva quasi il profumo di Dio, anche se io sono religiosamente ateo. Ma poi chissenefrega, per me la differenza tra un cristiano e un ateo è impercettibile. Tu sei cristiano? Ah, bene, perfetto. E perciò non credi in Venere, in Nettuno, in Enki, in Odino, in Ra, in Seth, in Zeus, in Anubi, in Mitra, in Osiride e in tutti gli altri 2999 diversi dei prodotti nella storia dell’umanità, giusto? Bene, io non credo a 3000 diversi dei. Lo vedi che la differenza è impercettibile? Sì, lo so, sto facendo lo stupido. Da ragazzo ero un coglione, poi però le cose sono cambiate. Ora non sono più un ragazzo. Ma credo che una speranza per l’Europa ci sia, l’ho vista ieri. La ragazza – bruna, slanciata, dai tratti asiatici – si è avvicinata alla vetrina centrale della libreria con fermezza. Ha puntato Tabucchi. Io ho pensato: ah, se Tabucchi, questo straordinario scrittore italiano, ah se Tabucchi, questo straordinario stato d’animo portoghese, potesse vederti, ragazza mia, come sarebbe felice. Ma nulla: la ragazza si è specchiata, si è risistemata i capelli, ha roteato la chioma come nella pubblicità di un balsamo, ha sorriso al suo riflesso e se n’è andata. È un po’ così l’Europa, è un po’ una ragazza che si specchia in una vetrina mentre potrebbe leggere un libro di Tabucchi. Eppure ci conosciamo meglio, e conosciamo il mondo sempre di più. Nel 1950 viaggiavano nel mondo 25 milioni di turisti, oggi siamo arrivati a 1,2 miliardi.

Ora, caro amico: non sono sicuro che viaggiare apra la mente (metti una persona brillante in prigione e ne verranno fuori le Lettere dal carcere di Gramsci; manda un babbeo a fare il giro del mondo e ne ritornerà un babbeo) però tutto questo viaggiare, annusarci, assaporarci a vicenda dovrebbe averci un pochettino migliorati, noi europei, noi razza umana, noi razza di idioti. E invece no. Questa geografia la possiamo raccontare come una storia, e questa storia la possiamo disegnare: utilizzando dei cerchi isolati, che non comunicano, che non scambiano relazioni, che non si amano, cerchi isolati ecco qua. Poi alla fine sta tutto in Moby Dick. Quando qualcuno chiede a Ismaele da dove provenga, lui risponde: “Non compaio sulle mappe. I posti veri non ci sono mai.” Ecco, fate conto che Ismaele sia l’Europa. È per questo che la amiamo perdutamente, no?

 

1 COMMENT

  1. Mi confermate che la Spagna sta a ovest, la Germania a est, l’Italia a sud e l’angoscia un po’ ovunque?

    Be’ una buona parte del Sud Italia si trova a Est della Germania. Ad esempio, partendo da Bari e andando in linea retta verso nord si arriva in Polonia.

Comments are closed.

articoli correlati

SalTo in Giù – la diretta dai libri

Tra un giorno e l'altro questa la chronica  a cura del Furlèn dei primi due giorni al SalTo in...

La caduta dei murazzi: Enrico Remmert

Nota  di Francesco Forlani (Articolo pubblicato sull'ultimo numero di Focus)   Nella prefazione alle Chroniques pubblicata nel ‘62 Giono entra a gamba tesa sul...

Europa vista dalla luna: intervista a Steven Brown dei Tuxedomoon

Tales from an european journey: Steven Brown e l'Europa dei Tuxedomoon di Mirco Salvadori traduzione a cura di Andrea Aguzzi da Sud...

Parole sotto la torre

Parole sotto la torre, Portoscuso - IX edizione. 23-26 luglio 2015. Le verità dell'inganno Cosa rende affascinante e misteriosa l'idea che...

Casertatitudini: Lucio Saviani

Piccola Telemachia di Lucio Saviani Erano anni di partenze, quelli, per me. Partenze senza distacco, senza saluti, partenze fatte in fretta, di...

Note d’autore: Strade bianche

Strade bianche, Enrico Remmert, Marsilio, 2010 secondo Pasquale Vitagliano Ho letto da qualche parte che “si viaggia per vincere la paura...
francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017