Perché l’Italia non si mobilita per Ai Weiwei?
⇨ APPELLO ITALIANO PER L’ARTISTA CINESE AI WEIWEI
di ⇨ Giovanna Cosenza
Considerato l’artista cinese più famoso e influente al mondo, ⇨ Ai Weiwei è anche architetto, designer, scrittore, intellettuale, blogger e attivista politico. Lo scorso 3 aprile è stato fermato e sequestrato dalla polizia cinese senza alcuna spiegazione.
Ai Weiwei è un cittadino cinese di 53 anni impastato dalla storia del suo paese e forgiato dalla storia globale più recente. Definito dai media internazionali come “l’Andy Warhol della Cina”, Ai ha iniziato a scuotere la pigra armonia dell’arte e della cultura cinesi a partire dal 1993, anno del ritorno in patria dopo un volontario esilio decennale a New York…
Comincia così un bell’articolo di ⇨ Sara Giannini– ex studentessa della magistrale in Semiotica – su ⇨ Roar Magazine (continua a leggerlo ⇨ QUI).
Dopo di che Sara, che oggi vive in Germania, mi scrive chiedendomi di aiutarla a diffondere la notizia, a cui aggiunge il suo stupore e la sua indignazione per il fatto che in Italia, a differenza che in molti altri paesi, il caso Ai Weiwei è del tutto trascurato dai media.
A parte infatti alcuni brevi interventi su stampa e tv (l’ultimo due sere fa su Rai News 24), la notizia circola – poco – solo su blog e testate on line: vedi per esempio questi articoli di ⇨ Lettera 43 e ⇨ Daily Wired, in cui Simone Pieranni si fa una domanda analoga a quella che mi faccio io: «Perché il mondo dell’arte italiano ancora non ha partorito almeno un comunicato di solidarietà?». Ma nemmeno la rete italiana – di solito pronta a scaldarsi per un nonnulla – fa tanto clamore (l’articolo di Pieranni su Daily Wired, per esempio, non ha nessun commento).
Continua Sara:
Questi sporadici interventi sono del tutto imparagonabili alla copertura giornalistica di Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera e Stati Uniti (purtroppo non me la cavo bene con le lingue scandinave, ma mi sembra di aver capito che anche lì ci sia movimento). I giornali pubblicano quotidianamente articoli sul caso Ai Weiwei sia su carta stampata che online (basta digitare “Ai Weiwei” su Google News, può controllare lei stessa).
Oltre all’informazione, anche i governi di questi stati si sono esposti pubblicamente e hanno richiesto il rilascio immediato. La Germania si è addirittura offerta di pagare un’eventuale cauzione.
Riguardo alle manifestazioni di piazza, ebbene sì, sono arrivate anche quelle. Attraverso il gruppo ⇨ Facebook 1001 Chairs for Ai Weiwei la comunità artistica internazionale ha organizzato un sit-in di fronte alle ambasciate cinesi di tutto il mondo tenutosi domenica 17 alle ore 13. Le 1001 sedie sono un riferimento all’opera “1001 Chairs and Chinese visitors” che Ai Weiwei ha realizzato per la scorsa edizione di ⇨ Documenta nel 2007.
Picchi di 200-300 partecipanti a New York, Hong Kong e Berlino. (Il mio prossimo report per ⇨ Roar Magazine tratta esattamente di questo.)Vivendo in Germania, posso soltanto dirle che qui, per una lunga serie di motivi (i tedeschi sono molto sensibili al tema della libertà di espressione e dei diritti umani) la sparizione di Ai Weiwei è molto sentita e non soltanto da chi è impegnato nel mondo dell’arte.
Perciò rilancio, chiedo a chi legge di rilanciare e domando a tutti: perché i media italiani – così pronti a indignarsi per la «mancanza di libertà di espressione» se permette di parlar male di Berlusconi – trascurano Ai Weiwei?
Troppo lontano? Poco riferito al piccolo mondo della politica nostrana?
Perché in Italia nessuno scende in piazza per Ai Weiwei? Non ce ne frega nulla dei diritti umani?
E perché gli artisti italiani tacciono?
da ⇨ DIS. AMB. IGUANDO
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L’individuo entra a far parte della società assumendo un ruolo. Naturalmente, può rifiutarlo, non riconoscerlo, ma allora si espone al rischio di divenire asociale, un deviante. La società allora lo emargina e alla fine lo ostracizza. Chi rifiuta un ruolo,ogni ruolo, per liberarsi dalle maglie della società, non può contare su molte opzioni. L’artista e il criminale si pongono al di fuori dei ruoli della normalità quotidiana, ma ben presto hanno a che fare in prima persona con i rigori del controllo sociale.(Franco Ferrarotti)
Grande Ferrarotti.
A me pare che i giornali italiani abbiano parlato abbondantemente di Ai Weiwei, ricordo paginate su Espresso, Repubblica, Corriere, dopo di che, in Italia è difficile stare su un argomento più di una settimana se questo non rientra negli schemi della propaganda. Arte italiana? Quale arte italiana…?
Non c’è confine, quando un uomo è prigioniero.
Quando la notte si è sostituito al mare libero,
quando c’è una stanza piccola senza potere uscire,
quando sei solo con i ricordi dei paesi incontrati,
quando nessuno sente la tua parola in carne, non la parola
che è nella mente, la parola di un prigioniero non si ferma,
ma è chiusa in lui.
Grazie a Orsola per l’iniziativa.
è morto Giuliano Toraldo di Francia, il giornalista Sposini ancora no.
[…] il mio pezzo e l’appello dell’Associazione Pulitzer sono stati ripresi anche da Nazione Indiana, grazie a Orsola […]
http://www.flashartonline.it/interno.php?pagina=news_det&id=1650&det=ok&news=Ai-Weiwei-%C3%A8-ancora-in-carcere
http://www.flashartonline.it/interno.php?pagina=news_det&id=1517&det=ok&news=Demolito-lo-studio-di-Ai-Weiwei
http://www.aiweiwei.com
Forse perché i ricchi, ancorché artisti, non fanno molta pena.
Un povero
è come un cieco
non ha bisogno di offese
ma di baci
o di essere ucciso.
Dove sono gli Artisti?
Dove sono i ragazzi come me?
Dove sono le persone comuni?
Perchè tanti hanno problemi più importanti di questo?
Ho provato a parlare ai miei amici del caso Wei wei: nessuno sapeva chi era .. e molti hanno bollato il caso come “il solito accanimento contro la Cina” e/o ” anche gli Stati Uniti etc…”.
Non mi resta che dire grazie a chi ne parla!