Townscape

Lasse 0-2

 

di Daniele Ventre

0.

Il venditore di giornali afferma qualche cosa di reciso
sulle testate esposte lungo il vetro opaco.
In tre parlano di sé fra sé e se stessi lungo il vetro opaco.
Non è che ci abbiano pensato a ripulirlo dalle incrostazioni.
Qualcuno va di corsa dall’edicolante e non afferma
qualche cosa di reciso. Tutto quanto gli si fa leggero.
Non è suo compito cercare di risolvere il gomitolo.
In questi pochi passi corre per cammini brevi.

1.

Il tipo sulla gauche anche vorrebbe non parlare
alla sua piccola brigata degli amici e alla tribù in suburbio
per i tabù in subbuglio, ai suoi compagni delle biglie e delle bocce
-e il tipo sulla droite eh lui non è che sia così diverso: infatti è peggio-
nemmeno poi vorrebbe intavolare tutti quei discorsi a tutti quanti:
perché lo sai che tutti quanti sono andati dove non si sa
e sono assenti d’un’assenza che si taglia a fette col coltello
da nebbia di prosciutto denso cittadino, da periferia lombarda,
da lombalgia, lombaggine. Sarebbe divertente frequentare
il pub dei giovinastri e raccontare qualche cosa ai ragazzetti
-ma sono pochi quelli che ti ascoltano perché la maggior parte infine crede
di intenderne abbastanza. Ma abbastanza poi non basta per davvero.
Magari gli sarebbe anche piaciuto fare da attrazione
per i curiosi, al tipo sulla gauche –e però il tipo sulla droite,
ove ci sia, non è che faccia troppa differenza nel suburbio, infatti è peggio:
non è che faccia troppa differenza nel subbuglio –fare da attrazione
per i curiosi come quando un incidente sulla strada suburrana
lascia qualche traccia sull’asfalto –forse gesso o sangue.
Infine si riduce con il suo completo grigio senza petto
e senza tetto a raccontarla giusta alla sua piccola brigata
sulla strada di paese (e non soltanto di paese) –alla tribù, alla ghenga:
agli unici a cui forse di domenica potresti raccontarla
parlare senza dire nulla –leggere le solite notizie
sul vetro opaco e sgraffignarle al venditore di giornali
e non pagare il quotidiano scomodo da leggere.
E ricordarsi coi compagni di quartiere e di parrocchia
che certo avranno fatto tante cose insieme spesso
e tante cose che però non dicono d’averle fatte
da intenderne abbastanza. Il succo del messaggio
che il tipo sulla gauche e il tipo sulla droite infine intendono
trasmettere ai ragazzi, ai giovinastri d’oratorio e di parrocchia
è correre con libertà perché non c’è da perdere
e soprattutto non ce n’è da guadagnare. Si guadagna certo
l’indifferenza generale –perché poi il regime democratico
ha aperto questa via di dire tutto nell’indifferenza generale
nell’ignoranza del particolare –l’approssimazione
e la prossimità sovrane –e non si graffia segno
per distinguersi fra gli altri: tutto resta poi nell’indistinto
per disintossicarsi. Tanto il tipo sulla droite e il tipo sulla gauche
e il tipo sulla riva e il tipo sulla cima sono qui per ignorarli
e leggere notizie sempre uguali sul giornale opaco:
il tipo sulla droite e sulla gauche in fondo sono tutti e due
sulla riva –insieme aspettano un cadavere che passi
per intonare il funerale all’esistenza d’alcunché che sia qualcosa
e leggerne pacati il necrologio sulla pagina finale.

2.

In paese –qui fra gente di provincia –di provincia periferica
dell’impero sul tramonto –vi racconto quello che è successo:
voglio dirlo molto breve. Fino a qualche annetto fa il comune
ci pagava lo spettacolo: pagava musicanti la domenica.
Musicanti storici: la banda dei cantanti del paese –rockettari qualche volta:
il mestiere si tramanda ai figli d’arte –sia che fossero legittimi
o bastardi –soprattutto senza gloria: qualche volta mercenari,
ma più spesso, merce rara. Ne parlavano i giornali nelle edicole:
manifesti sulla chiesa, all’oratorio, sulle mura del comune e della casa
del popolo – davvero, c’era un popolo e una casa: ancora
non c’era stato il terremoto e la speculazione con le piazze vuote
e solitarie di domenica e il risanamento che ha sanato la salute
-ne ha fatto malattie. Poi ne parlavano perfino nelle scuole
elementari e medie e superiori -le scuole alte, dicono
i vecchi del paese –gli unici rimasti. Poi c’è stato il terremoto
le piazze vuote, la speculazione coi negozi chiusi
perché l’affitto esagerato –esagerate le bollette –spesso
limitato il traffico per zone e multe –c’era da far cassa
per gli impiegati del comune diventati immuni. C’erano peraltro
le trasmittenti e i baracchini dei radioamatori solitari
e gli amori solitari delle dediche alla radio. Si cercava,
diciamolo che si cercava -datemi per buona questa favola
che tutti si cercava –ognuno a ricercare il suo tesoro,
qualcuno disegnando scarabocchi, qualcun altro andando
di paesino in paesino –lo si è visto già in paese qui da noi:
e la ricerca andava avanti, ma non si capiva poi che cosa
si ricercasse con assiduità al paese dei balocchi,
fra imprese di pitocchi e facili ritocchi di bilancio
-ma ai musicanti come sempre non toccava il becco di una baiocco:
nel paese dei baiocchi trafugati gli asini imperavano
sull’umida provincia dell’impero sul tramonto. Il paesaggio intanto
sul tramonto ci sembrava fluido, nebuloso, paritario,
caotico, agonistico, agonale fra l’agone e l’agonia:
e venne il tempo dei rappresentanti dei prodotti Papillon
che ti svegliavano col clacson del furgone frigorifero
per vendere gelati e surgelati il pomeriggio in pieno luglio:
li stramaledicevi allegramente per la loro perversione
di mantenerti sveglio a tutti costi –Ma che cosa cerchi infine?
-Dormire. Lo ripetevamo spesso noi clienti stanchi.
Nessuno ci ascoltava, ma non era furbo come Ulisse.
Alcuni cominciarono a montare tende in piazza
per il loro concertino o misero palchetti e sgabellini
e ci salivano a parlare in villa comunale fra panchine
e fontane –il nostro speaker’s corner di paese. Qualche volta
venivano sporadici turisti –si doveva abborracciare un po’ per loro
sommarie indicazioni da cartina –di tabacco, tornasole o luna-park
che si cercasse. Qualcun altro si rinchiuse in casa
abbandonato al gaming senza posa –da morente digitale
-e qualcun altro ancora si portava il baracchino in piazza
improvvisandosi amatore della radio o di chi sa che altro,
se rispondessero gli alieni o gli astronauti in orbita –le stelle
velate dai lampioni e dalla nebbia nel frattempo rimanevano in silenzio
sulla grande piazza vuota.

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).