authors + gammm :::
lunedì 18 giugno 2007 / ore 18:00 / libreria VIVALIBRI / Roma
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monday 18 june 2007 / at 6:00 pm / VIVALIBRI bookshop / Rome
– Piazza Santa Maria Liberatrice 23/26 –
authors + gammm :::
[ 3 ]
with the presence & reading of
Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Susana Gardner, Marco Giovenale, Christophe Marchand-Kiss, Andrea Raos, Joe Ross, Massimo Sannelli, Jennifer Scappettone, Michele Zaffarano
texts in Italian and English and French
[ 3 ]
Terzo incontro di lettura di redattori e autori del sito GAMMM, dopo la data presso la Casa della poesia (23 novembre 2006, Milano) e la Camera verde (20 gennaio 2007, Roma). Ora la libreria VIVALIBRI (a Roma) ospita una nuova lettura con testi inglesi e italiani. Saranno presenti i poeti: Susana Gardner (direttrice di DUSIE, http://dusie.org), Jen Scappettone (Università di Chicago), Joe Ross (autore di “Strati”, nella collana Felix, edizioni La camera verde), Christophe Marchand-Kiss (co-fondatore della rivista Zoom-Zoum), e Andrea Raos (https://nazioneindiana.com). Evento a cura di http://gammm.org, http://fluxishare.blogspot.com e http://flux.blogsome.com, con LO-FI c/o Libreria del Testaccio (tel. +39067546153).
§
Libreria del Testaccio VIVALIBRI
Piazza Santa Maria Liberatrice 23/26
00153 Roma – tel. 06.5746153
“with the presence & reading of”.
Voglio fare la shampista in Vaticano ha scritto ieri una trans su un cartello del Gay Pride. Ed è subito poesia. Rivelazione. Nessuno di voi si propone come aiuto shampista? Vi passerebbe la fregola…
Auguri!
@Morgillo:
con balsamo o senza?
domanda ironica, la mia.
ciao
;-)
Con balsamo. Mi piace riccia.
Si potrebbe avere un piccolo assaggio dei testi poetici che verranno letti?
se non ora, nel futuro più prossimo?
non potrò essere presente e mi farebbe piacere!
grazie
angelina
Cara Angelina, negli archivi di ni e di gammm (per iniziare, e via estendendo) dovresti trovare, se non proprio i testi di domani sera, almeno un po’ di cose dei vari autori.
Grazie a te, ciao,
Non c’e Bertrand Schefer? (a parte che in Bacheca Luminamenti reputa Raos inadeguato…)
@Andrea,
grazie, andrò a curiosare!
sono contenta che avrò l’occasione di sentirti leggere, venerdì prossimo, Vèronique dice che sei bravissimo!
ciao
:)
Angelina
Grazie, buona ricerca.
(ah, la lettura è giovedì.)
Grazie!
a presto!
Angy
;-)
sono andato al reading di ieri.
mi astengo da commenti et valutazioni: sarebbero troppo ampie, ma soprattutto irriterebbero alcune anime, come sempre mi succede qui ormai.
allora dico solo che mi è piaciuta la poesia che fa Bortolotti.
molto.
@Tash
a me interesserebbe molto sapere qualcosa di più!
c’era anche la musica?
come sono questi poeti, tipi schivi?
dai, racconta….
niente musica.
se sono tipi schivi o no, non solo non mi importa, ma non si capiva.
essi non si atteggiavano a schivi, sembravano normali persone giovani et civili: che altro dirti?
posso solo aggiungere che si trattava di parole che a me, tranne ripeto quelle scritte da Bortolotti, parvero assolutamente non necessarie, che non aggiungono né tolgono nulla al mondo in cui vengono pronunciate, che si perdevano nell’aria e nella memoria come quasi tutte le altre parole che sentiamo pronunciare ogni giorno le quali a loro volta non aggiungono o tolgono nulla, eccetera.
la poesia come campo delle parole necessarie e non-sostituibili da tempo ha lasciato posto alla poesia come flusso di parole non necessarie, dal quale il senso scaturisce a tratti, ma si direbbe per via combinatoria, più che per volontà del poeta di affrontarlo.
questo valeva per gli italiani, come per gli americani e per il francese.
aggiungo infine che il modo di leggere – somigliante in alcuni casi alla cantilena del battitore d’aste mentre in altri assumeva accenti e accelerazioni marinettiane, tuttavia mai piano, sempre contro-intuitivo e “straniante” – non agevolava in alcun modo l’ascoltatore, che alla fine martoriato da tutto questo, usciva all’aperto, abbandonando l’esperienza e rinuciando ad ascoltare gli utlimi due o tre poeti.
ma sicuramente sbaglio.
A Tashtego.
Mi dispiace di non esserci stato (mi avrebbe fatto piacere conoscerti, tra l’altro).
Quindi non potrei dire nulla su una lettura a cui non ho assistito; tantomeno mi metterò a difendere per principio gli amici (anche cari) che c’erano.
Però ho l’impressione che un problema potrebbe essere stato il numero di poeti; una decina sono tantissimi, è praticamente impossibile mantenere la soglia di attenzione al livello richiesto da scritture di quel tipo per un tempo così lungo.
Non mi stupisce che ti sia piaciuto Bortolotti (non foss’altro perché è molto bravo), anche se sono quasi certo che una definizione della poesia come “campo delle parole necessarie e non-sostituibili” lo lascerebbe molto freddo. Probabilmente ti ha colpito perché la sua è una scrittura di facile esecuzione in pubblico (e sia chiaro che è un complimento). Altri poeti fra quelli qui sopra (non li conosco tutti) sono molto più “scritti”, ed è ai loro libri che sarebbe meglio rivolgersi, almeno per un primo approccio.
Poi so che a te non interessano le scritture che “slogano” la lingua, ed è tuo diritto. Mi ritengo solo fortunato di non esserci stato, a questo punto, perché mi avresti massacrato…
Ti scrivo in privato per chiederti un’altra cosa.
Ciao,
A
ciao andrea.
mi piacerebbe che tu ti soffermassi, qui, sul concetto di slogatura poetica della lingua.
mi aiuterebbe a capire.
Poeti è una parola grossa. Scriviamo più semplicemente performers. In fondo vorrebbero solo suonare il trombone. O fare puzzette. Rutti? Manifestare a se stessi il soffio vitale. Morti?
ps:
anche io voglio sapere cosa si intende per:
slogatura poetica della lingua.
ciao,
L
@Tash,
a volte anche io penso che i poeti quando leggono vanno troppo veloci, quasi non volessero lasciarti il tempo di capire, con quel tono ‘morto’, più che cadenzato, che potrebbe irretire la mente,
a volte così fascinoso….
a Tashtego, sulla slogatura.
Mah, niente de che, quando scrivevo quel commento avevo in mente certi lavori di fratturazione della sintassi che come lettore mi hanno sempre interessato, e nei quali ho voluto arrischiarmi di recente. Fratturazione e/o messa sotto tensione estrema; il primo esempio che mi era venuto in mente, pescato a caso nei miei gusti personali, era Tasso, per dire.
Stamattina ripensavo anche a Verso la poesia totale, di Adriano Spatola. Se non lo conosci già e se riesci a recuperarlo in qualche biblioteca o (se sei fortunato) da un antiquario, te lo consiglio, penso che potrebbe interessarti. Non che lui fosse nemico del “linguaggio comune”, tutt’altro, ma mostra molto bene l’infinità di sfumature che è possibile percepire, a maggiore o minore distanza, in posizione di scarto rispetto ad esso. Un libro per molti versi archeologico (la prima edizione è del 1969) e, secondo me, proprio per questo ancora più fecondo.
non mi muovo molto bene tra gli archivi di ni e gammm…
ma ho curiosato in internet e ho trovato
“La sapienza trasmessa dagli antichi”.
accanto c’è una foto, gli occhi chiusi,
così posso immaginare la tua voce.
due righe solo per ringraziare tashtego (per i complimenti e per essere venuto) e per spezzare una lancia a favore dei miei compari di ieri sera. posso facilmente ammettere di non essere in sintonia con alcuni dei testi presentati ma vorrei sottolineare la cosa che mi è davvero piaciuta delle lettura, cioè la compresenza tra il casuale e l’elettivo di tanti work in progess che venivano da storie, luoghi e persone così diversi, distanti, etc.
ok. le due righe le ho superate. concludo con: è vero, non credo alle parole necessarie, e me la cavo con poco ;-)
Angelina,
Tu vedrai, Andrea è un’uomo bello e molto sensibile. La sua poesia assomiglia a lui; intelligente, un po’ disincantata, a volte ironica, ma sempre a fiore di pelle.
Mi fermo qui, perché penso che Andrea non ami troppo i complimenti.
@Vèronique,
Grazie!
Sei molto gentile e sensibile anche tu.
ciao
angelina
grazie a te, gherardo.
molto bello anche il tuo blog, canopo.
anche a me occorrerebbero parecchie righe (e forse anche un po’ più di chiarezza sull’argomento) per argomentare il senso dell’aggettivo “necessario” applicato alle parole della poesia.
è che l’altro ieri sono uscito di lì con una impressione che ho saputo definire solo come di “non-necessità”.
molto altro non saprei dire.
salvo che naturalmente quasi mai le parole che usiamo sono assolutamente necessarie, tranne forse “aiuto” quando stai affogando.
diciamo allora che possiamo percepirle come necessarie per la capacità che possono avere di radicarsi nelle nostre menti di lettori, ascoltatori.
esiste anche quell’altra necessità, legata alla posizione di una parola all’interno di un costrutto poetico, dove vorresti che tutto si tenesse.
il discorso sulle “parole necessarie”, almeno per come l’ho inteso io, riprende un paio di post di andrea su p.o.l. e l’editing.
cmq, si riallaccia all’idea di una fondazione del testo esterna al testo stesso (la forma, la realtà, il pubblico) e non in quanto “proposta di letteratura”.
anch’io non posso dire di avere le idee chiare, in effetti, solo che, volenti o nolenti, una delle caratteristiche più significative di questi ultimi anni sia la proliferazione dei discorsi e dei testi (letterari o meno) e, di conseguenza, le considerazioni basate sulla loro rarefazione non mi sembrano in grado di coprire questo aspetto.
dopodiché, ammetto che in alcuni dei testi su cui lavoro, tra cui quelli presentati a roma, cerco di lavorare su una specie di concinnitas, di esattezza e di sentenziosità (diciamolo pure ;-) ma è solo una delle possibilità che mi do, in effetti.
ciao
la parola necessaria, Tash si è formato sullo stress dei materiali