La morte e la città di B.
di Giovanni Catelli
Un assassino si muove nella città di B.
E’ venuto con l’autunno, con i primi freddi e le giornate brevi, quando la folla si dirada nelle strade, le persone iniziano a tornare sole nel buio.
La prima ragazza è stata trovata, distesa come nel sonno, nel vasto e desolato quartiere fra la stazione e la fortezza, dove rade officine s’alternano a garage, a villette silenziose, a prati senza nome, dove giungono stridori e lamenti di vagoni, dallo scalo ferroviario; giaceva senza scarpe, senza borsa, si scorgevano tra l’erba le sue lievi calze bianche.
Nello stesso quartiere, poche vie più lontano, dove il cavalcavia sorvola i binari e una sterpaglia morta, la seconda ragazza è stata ritrovata, si dice sepolta in un tombino.
Il buio scende sempre, quasi alla stessa ora, e le vie sono vuote, la città è grande, molti guardano davanti a sé camminando, ma non è sicuro che vedano, o che vogliano vedere.
Le voci aumentano, le persone iniziano a sapere, ma ufficialmente non accade nulla, il Paese è tranquillo, delitti non ne accadono, le morti sono eventi naturali, di cui non si dà notizia sulla stampa. E’ più frequente, però, scorgere per la città le macchine della Polizia, che avanzano guardinghe, preda di una strana lentezza, di una cauta circospezione, quasi osservassero, attraverso i fari fiochi, la marcia delle persone, i moti della folla. Anche le pattuglie che circolano a piedi sono cresciute di numero, gli agenti si muovono in tre, un graduato con il cappello da ufficiale e due poliziotti, squadrano i passanti con attenzione, indagano il loro fragile segreto.
I giorni trascorrono e la terza ragazza viene ritrovata, in un altro quartiere, nell’erba tra due alti palazzi, senza scarpe e senza cellulare; ora i particolari sui ritrovamenti si fanno più precisi, e la preoccupazione aumenta, nel silenzio delle notizie ufficiali e nella tranquillità apparente delle autorità ; si dice che le ragazze non siano state semplicemente uccise; le fantasie popolari aumentano, le donne cercano di non rientrare sole nelle ore del buio.
Quando la quarta ragazza viene ritrovata, a pochi passi dall’ingresso di uno stabile, un terrore freddo si distende sulla città, dopo il calare del sole, mentre le prime nevi ricoprono i prati, ed appaiono le impronte di chi passa.
Il gelo dell’inverno è arrivato, la neve cade copiosa sulle strade, sui prati, sui terreni vaghi di nessuno, imbianca le pietre dolorose della fortezza, il lungo viale che porta in città, scompaiono le tracce dell’autunno e nuove tracce si disegnano sulla neve gelata. Il silenzio si fa più intenso, gli eventi restano sospesi nell’aria, a lungo, prima di accadere, le voci si fanno più fioche, e la paura non si vede, il silenzio la sommerge, mentre la neve cade, incessante.
Tutti restano in attesa, mentre le temperature scendono, lontane sotto lo zero, e nulla sembra più accadere, la mano dell’inverno ha fermato, per incanto, la morte, la memoria può adagiarsi nella pace del presente, la vita è tranquilla nei bollettini ufficiali, non si fa cenno d’indagini o catture, non si trovano corpi nelle strade, non ve ne sono mai stati.
Ora, solo, si può attendere, è così lieve credere al presente, perché ricordare il passato, già così vicino, il paesaggio è incantevole, una neve soffice, pulita, abbondante, ricopre l’intero mondo, i cittadini sono più lieti, salutano sereni e chiedono di feste, parenti, notizie luminose: tutta la realtà è sospesa fino a nuovo ordine, il gelo è troppo forte per pensare ad uccidere, i prati silenziosi sono sepolti e remoti, in una quieta oscurità.
Tutti, già, aspettano la primavera.
Tutti.