I Rumeni e il romanzo
di Antonio Sparzani
È uscito il numero di dicembre 2010 de L’atelier du roman, la rivista trimestrale di ricerca e dialogo sul romanzo da cui già vi ho tradotto qualcosa (qui e qui). Voglio segnalare questo numero 64 – Les Roumains et le roman perché mi è parso particolarmente stimolante. Invece di incollare qui un noioso indice, vi traduco l’Ouverture, scritta, come da prassi consolidata, dal direttore, Lakis Proguidis. È come un indice, ma più piacevole da leggere e comunica di più e meglio. Gli Incontri di cui si parla sono appunto i Rencontres che tutti i partecipanti alla redazione tengono ogni anno, in una località della Grecia.
NOTEFormidabile! Questo numero ha il suo ispiratore (Ion Mihaileanu), la sua guida (B. Elvin) e il suo mecenate (l’Institut culturel roumain). Un grazie a tutti e tre.
Abbiamo amici che dànno buoni consigli e, per giunta, con i tempi che corrono, abbiamo il sostegno finanziario di una istituzione culturale, cosa mai chiedere più di così per sentirci appagati? Purché, naturalmente, questa fortunata coincidenza si rispecchi nei contenuti.
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Perché la Romania? Perché Ion Mihaileanu ci ha fatto conoscere Caragiale. Perché Denis Wetterwald ci ha parlato con entusiasmo di Cartarescu. Perché abbiamo ammirato i film di Radu Mihaileanu 1 e le commedie teatrali di Matéi Visniec. Perché Adrian Mihalache è venuto due volte agli Incontri dell’Atelier du roman a Nauplia. Perché B. Elvin, direttore de La lettre Internationale rumena, è nostro amico e collaboratore. Perché Alice d’Andigné conosce assai bene la letteratura rumena. In poche parole, perché l’argomento era già nell’aria da qualche tempo.
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In una trasmissione radiofonica della scorsa estate Radu Mihaileanu si è ricordato con nostalgia delle serate semi-clandestine passate a Bucarest tra amici, all’inizio degli anni ottanta. Ridere, bere, scambiarsi fogli samizdat, parlare di libri, di film e d’amore, aver paura, aver bisogno degli altri, raccontare storielle su Ceausescu, farsi nuovi amici … La vera vita artistica era là. Mentre qui …
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Altrove, abbiamo libri di specialisti eruditi sulla letteratura rumena, abbiamo dei costosi album pubblicati all’estero, degli stand dedicati nelle fiere, degli elenchi, dei riferimenti, dei riassunti, degli atti (con fotografia degli autori menzionati), dei saggi, dei panorami, dei dizionari, delle enciclopedie, dei siti specializzati (cliccare qui), dei prospetti, dei dossier. Qui, abbiamo l’atelier. Non ci si entra per essere informati, ma per essere sedotti.
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Perché la Romania? Perché là, e questo è il punto essenziale, batte ancora ‒ lo dicono ineludibili indizi ‒ il cuore dell’altra Europa, dell’Europa che, in ogni altro luogo, abbiamo seppellito. L’Europa della follia, del dubbio e della non sottomissione alle mode e agli ukase dei nostri riferimenti culturali.
*** ***Una delle sciocchezze che assai frequentemente circolano nella nuova critica è questa: «Dopo Proust e Joyce non si ha più il diritto di scrivere un romanzo come Balzac». È una sciocchezza perché nessun romanziere, né suo contemporaneo né suo successore diretto, ha mai scritto un romanzo come Balzac.
[Jacques Laurent, Roman du roman, 1977]
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Ringraziamenti: Simona Brînzaru e Georges Galanakis per il loro insostituibile aiuto.
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Siamo in fine d’anno. Guardiamo al futuro. Marzo: «La Grecia e l’Europa», in occasione della pubblicazione in francese del romanzo di Yannis Kiourtsakis, Le Dicôlon. Giugno: «c’è un mondo al di fuori delle immagini?» ‒ il numero dedicato al XII Incontro. Settembre: «Jacques Laurent o la libertà». Dicembre: «l’Africa attraverso il romanzo». E per tutti i mesi e gli anni che verranno, la nostra preoccupazione permanente per le sorti della lingua francese.
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Gli scrittori rumeni. Che grande monotonia se parlassimo solo di questo. E così ho preso una pentola bella grande, e vi ho messo dentro i vecchi e i nuovi, un po’ d’intrattenimento, delle riviste, umoristi, un po’ di teatro, qualche saggio, vari estratti, Nosferatu (per dare il sapore) e, per non lasciare la Romania nella sua solitudine, vi ho messo un pizzico d’Africa (Boniface Mongo‒Mboussa), qualche riflessione fresca sulla Democrazia (Massimo Rizzante) ‒ molto importante la Democrazia ‒ e ho sparso qua e là delle considerazioni romanzesco-pittoriche provenienti dalla più bruciante attualità francese (Benoît Duteurtre). Di solito, una simile assai classica ricetta di contrappunto dovrebbe funzionare.
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Cari e illustri lettori, al mondo non c’è soltanto la letteratura. Ci sono anche i contratti che vengono proposti agli scrittori. Talvolta è perfino urgente parlarne, perché questo riguarda tutti. E lo fa qui Hervé Hamon, a nome della Societé des gens de lettres (SGDL) ‒ che tengo molto a ringraziare per l’accoglienza calorosa della festa annuale de L’atelier du roman.
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Quelli che vengono da Parigi per assistere agli Incontri annuali de l’Atelier du roman ci dicono di non trovare da nessun’altra parte questo clima gioioso di agape letteraria. Noi non facciamo nulla di eccezionale, cerchiamo di far rivivere i ricordi di Radu Mihaileanu. Certo, non c’è più Ceausescu. Ma abbiamo il FMI. Non è la stessa cosa, lo so. Dal FMI non si ride; E allora? Grazie, Jean-Jacques.
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Soprattutto non chiedeteci perché in questo omaggio agli scrittori rumeni non abbiamo parlato di questo o di quella. Fatelo voi. Scrivete. Su tutti i nostri argomenti il dialogo continua. E non è il nostro ultimo numero.
L.P.
- vedi ad esempio Il Concerto.🡅
grazie Sparz!
L’Atelier du roman è giunto al 17° anno di vita. Ha mantenuto nel tempo le sue caratteristiche fondamentali: libertà, anticonformismo, apertura sovranazionale, partecipazione costante di romanzieri e saggisti, critica del presente e capacità di accogliere le sue voci più originali.
max
[…] pena il romanzo, vale la pena l’autore. Qui di seguito il testo di Bruno Maillé dell’Atelier du Roman […]