Universitari e potere 1: i sette di Göttingen

di Antonio Sparzani

Già scrivevo qui, che «La tranquilla cittadina di Göttingen sta sul fiume Leine, nel sud della Bassa Sassonia, ai piedi delle colline dello Harz, luogo quanto mai caro alla letteratura tedesca (ricordare, prego, la notte di Valpurga del Faust I).» Aggiungevo anche che vi fu, verso la metà dell’Ottocento un episodio, che divenne famoso all’epoca, di ribellione al potere da parte di alcuni docenti universitari. Ribellione che essi in buona misura pagarono. E siccome questo mi sembra un antecedente interessante, e raro, di altre storie più recenti, lo vorrei ricordare più in dettaglio.

Siamo a metà dell’Ottocento, e la Germania non è ancora unificata: è anzi scomposta in vari regni. L’unificazione avverrà con la Prussia poche decine di anni dopo. Il regno di Hannover è molto imparentato con la Gran Bretagna perché da più di un secolo la casa regnante in Gran Bretagna, succeduta agli Stuart, è la casa di Hannover (che gli inglesi scrivono puntualmente con una “n” sola: Hanover, che inoltre accentano sulla prima vocale: Hànover), installata sul trono di San Giacomo dal 1714, con Giorgio I. Comincia da questo anno la cosiddetta personal union, cioè l’unificazione, sotto lo scettro dello stesso regnante, del territorio di Hannover da un lato e Gran Bretagna e Irlanda dall’altro. La cosa prosegue fino al 1801, quando formalmente diventa unione tra Hannover e Regno Unito (United Kingdom, denominazione ancora oggi usata e che oggi comprende Inghilterra, Galles, Scozia. Irlanda del Nord e varie isole).
Nel Settecento regnano i “Giorgi”, sempre in litigio tra loro per storie di successione, come ben si può immaginare. Il potere non rasserena.
Questi monarchi sono comprensibilmente molto interessati a quel che avviene nel regno di Hannover ‒ i primi due sono di lingua madre e nascita tedesca e delegano a un primo ministro gli avvenimenti oltre Manica. Per dirne una, il musicista di corte di Giorgio I, a Hannover, è Georg Friedrich Händel. Giorgio III sarà invece diverso ‒ nato e cresciuto in Gran Bretagna, sotto il suo regno succederanno cose che riguarderanno pesantemente il Regno Unito, quali l’indipendenza americana e le guerre napoleoniche.

L’iniziativa che qui ci interessa è però quella di Giorgio II di fondare una università per l’appunto nel regno di Hannover, a Göttingen, nel sud del paese.
La cittadina vantava origini medioevali – menzionata per la prima volta come Gutingi nel 953 – e una notevole influenza ai tempi della Lega Anseatica. Giorgio II ‒ che si chiamava in verità Georg-August ‒ apre l’università nel 1737. Ancora oggi essa è ufficialmente denominata Georg‒August‒Universität, familiarmente detta Georgia-Augusta. L’università divenne rapidamente un centro di studi tra i più importanti d’Europa: attirava studenti brillanti anche dall’estero, e forniva loro una preparazione solida e di prim’ordine.
Alla morte di Guglielmo IV (che regnò in quanto terzo figlio di Giorgio III) nel 1837, sempre regnante su Regno Unito e Hannover, si pose il problema della successione: la prima in ordine era Victoria, figlia del quarto figlio di Giorgio III, ma ella non poteva regnare in Hannover, dove ancora era in vigore la legge salica, legge antica assai ‒ risaliva al re Merovingio Clodoveo I, circa 510 ‒ che però veniva accuratamente ricordata e riconsiderata quando si trattava di impedire alle donne di ereditare qualcosa, anche e soprattutto, una qualche forma di potere; si potrebbe aggiungere che oggidì essa non è più in vigore, formalmente, ma viene ancora, surrettiziamente, largamente applicata. In Gran Bretagna comunque non c’era più e in Hannover sì, così che nel 1837 finì la personal union e la Gran Bretagna andò a Victoria, la famosa regina Vittoria, la più longeva regina di sempre, e il regno di Hannover andò a Ernest August, un fratello di Guglielmo IV. La cosa importante è che, durante il regno di Guglielmo IV, interpretando le timide ma assai diffuse esigenze di libertà dal giogo delle monarchie assolute che ancora dominavano in Europa, il 26 settembre 1833 era stata concessa nel regno di Hannover ‒ anche in seguito alle numerose agitazioni degli studenti universitari dell’inizio degli anni ’30, eco dei moti parigini del luglio 1830 ‒ una Costituzione, o legge fondamentale dello stato (Staatsgrundgesetz, chi volesse leggersela vada qui) che, pur mantenendo ancora molte prerogative del sovrano, introduceva tuttavia un ruolo importante per il parlamento (formato da due camere) e significative libertà democratiche per i cittadini. Libertà che in Gran Bretagna già erano vigenti e che rimasero inalterate durante tutto il regno della regina Vittoria, e anche in seguito, com’è ben noto. Anzi, il potere legale della regina Vittoria, familiarmente denominata la nonna d’Europa per le svariate dozzine di nipoti che seminò nelle corti europee, era già assai limitato dalle funzioni attribuite ai suoi primi ministri, i più famosi William Ewart Gladstone e Benjamin Disraeli.

Il problema sorse nel regno di Hannover quando, interrotta la personal union, salì al potere, come si diceva, il fratello di Guglielmo, Ernesto Augusto, zio di Vittoria e assai meno liberal, si direbbe oggi. 1 Questi ebbe subito ad argomentare che non essendo stato consultato quando s’era trattato di promulgare la nuova Costituzione, non si riteneva ad essa vincolato. Così il 5 luglio, il fratello era morto il 20 giugno, annunciò che l’avrebbe cambiata e il 1 novembre successivo l’abolì del tutto.

Voi capite che i veri sovrani sentono solo nelle proprie mani il prurito del potere e pertanto non amano le costituzioni, per giunta scritte da altri.

Il primo che si mosse per contrastare questa manovra fu lo storico e giurista, membro del Senato dell’università, e tra coloro che avevano largamente collaborato a stendere la Costituzione, Christoph Friedrich Dahlmann: questi si rivolse in un primo tempo al Senato di cui faceva parte, ma ottenne, un secco rifiuto, i suoi 41 colleghi dissero allegramente no a qualunque protesta, tanto più che si era tutti presi, era per l’appunto il 1837, dai festeggiamenti per il centenario della fondazione dell’università. Le feste ‒ allora come ora ‒ fanno spesso gioco al potere, sono piacevoli, attraggono e distraggono.
Quando però l’ostinato Dahlmann si rivolse a tutti i professori in servizio ottenne ben 6 autorevoli adesioni alla protesta. Questi i nomi dei coraggiosi da allora noti come i sette di Göttingen, die Göttinger sieben:

Wilhelm Eduard Albrecht, esperto di diritto pubblico
Friedrich Christoph Dahlmann, storico
Heinrich Ewald, orientalista
Georg Gottfried Gervinus, storico della letteratura
Jacob Grimm, germanista
Wilhelm Grimm, germanista
Wilhelm Eduard Weber, fisico.

I più noti sono certamente i fratelli Grimm, autori di ben note fiabe per grandi e piccoli (qui per chi — non si sa mai — ne voglia rileggere qualcuna, da Biancaneve a Cenerentola, a Pollicino e via fiabeggiando) e il fisico Weber, esperto di misure di campi magnetici, e il cui nome è appunto quello dell’unità di misura del flusso magnetico nel sistema MKSA.

Dunque i sette firmarono la protesta formale, consegnata il 18 novembre. Il 4 dicembre dovettero comparire davanti a un tribunale universitario e il 14 dicembre furono sollevati ‒ come si dice anche in tedesco con ineffabile perifrasi (ihrer Ämter enthoben) ‒ dall’incarico. Dahlmann, Gervinus e Jacob Grimm, dato che per di più avevano diffuso lo scritto fuori dai confini del regno, ebbero tre giorni di tempo per lasciare Göttingen e furono espulsi dal territorio dello stato.

Va detto da un lato che vi fu un notevole moto popolare di solidarietà con i firmatari: ai tre espulsi venne assicurato uno stipendio con una sottoscrizione pubblica. e al di fuori dei confini del regno di Hannover la risonanza dell’episodio fu piuttosto elevata. E fu probabilmente uno dei molti pensabili precedenti della rivoluzione che percorse anche la Germania nel 1848.

Così scrisse Jacob Grimm un anno più tardi, nello scritto Über meine Entlassung [Sul mio licenziamento]:

«Die Geschichte zeigt uns edle und freie Männer, welche es wagten, vor dem Angesicht der Könige die volle Wahrheit zu sagen; das Befugtsein gehört denen, die den Mut dazu haben. Oft hat ihr Bekenntnis gefruchtet, zuweilen hat es sie verderbt, nicht ihren Namen. Auch die Poesie, der Geschichte Widerschein, unterläßt es nicht, Handlungen der Fürsten nach der Gerechtigkeit zu wägen. Solche Beispiele lösen dem Untertanen seine Zunge, da wo die Not drängt, und trösten über jeden Ausgang.»

[La storia ci mostra alcuni uomini nobili e liberi che hanno rischiato di dire tutta la verità sulla faccia del re; ed è a chi ha questo coraggio che appartiene l’autorità per farlo. Spesso la loro professione di fede ha dato i suoi frutti, talvolta li ha rovinati, ma non i loro nomi. Anche la poesia, riflesso della storia, non trascura di misurare le azioni dei principi col metro della giustizia. Questi esempi sciolgono la lingua ai sudditi: quando il pericolo incombe, lo consolano di qualsiasi esito futuro.] (traduzione mia, un po’ rozza e letterale)

Questo è il monumento in bronzo che la città di Hannover ha dedicato ai sette di Göttingen.

NOTE
  1. Questo personaggio fu certamente il più reazionario di tutta la sua pur non troppo liberale famiglia: fu arruolato nella massoneria in Inghilterra fin dal 1796 e, una volta installatosi a Hannover, fondò lì la grande loggia di Hannover, di cui naturalmente fu Gran Maestro.🡅

5 COMMENTS

  1. Caro Sparz, visto il tuo accenno alle storie più recenti, devo dedurne che c’è un re anche qui da noi?

    Forse è questa la differenza tra chi chiede agli altri (ma non ti metto in questo gruppo) di fare gesti, e chi pensa che essendoci ancora qui da noi, sebbene malandata, una democrazia e non un re incostituzionale, l’atto primario sia di di mandare a casa l’avversario attraverso un cambiamento politico, e non con la (spesso populistica) democrazia della chiamata morale.

    Si andrà a votare nei prossimi mesi, a quanto pare, posso approfittare qui per invitare a mia volta tutti, anche quelli così puri da non aver votato negli anni passati, di andare a votare anche se il partito o il candidato che dovrà scegliere non sarà puro e perfetto come lui, per aiutarci a ottenere il modesto risultato, sappiamo che sarà modesto, di non avere come capo del governo quello che abbiamo attualmente?
    E’ una cosa che può fare anche il semplice cittadino, senza dover essere per forza uno scrittore.

  2. @alcor, scusami
    non mi pare giusto che tu svilisca e deformi chi ha opinioni diverse dalle tue (sai bene che non c’etra il moralismo nè il populismo nè il giacobinismo), in merito alla vicenda mondadori, utilizzando a pretesto questo bellissimo articolo.

  3. Grazie, Sparz, per questo bellissimo post. Gli Hanoverians – visti dal coté britannico – sono stati uno dei miei crucci giovanili… Molto salutare per me vederli così diversamente contestualizzati.

  4. vorrei che si parlasse di più della cultura tedesca e si traducessero piu’ testi dal tedesco e dallo spagnolo oltre che dall’inglese e dal francese.
    mi piace il tocco lieve (ma assolutamente non banale) dell’autore.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.